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Fabio Barcellona
Per la Juventus il bicchiere è ancora mezzo vuoto
07 set 2022
07 set 2022
La sconfitta contro il PSG ha confermato i difetti della squadra di Allegri.
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Fabio Barcellona
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Antonio Borga/Eurasia Sport Images/Getty Images
(foto) Antonio Borga/Eurasia Sport Images/Getty Images
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L’ultima volta che aveva giocato contro il PSG al Parc des Princes, la Juventus aveva vinto per ben 6-1. Era la finale di andata della Supercoppa Europea del 1996, conquistata dai bianconeri dopo la vittoria per 3-1 nella gara di ritorno giocata a Palermo. Dopo avere vinto la Champions League la stagione precedente e la Coppa Intercontinentale un paio di mesi prima, la Juventus pareva davvero la squadra migliore del mondo, tanto più dopo gli acquisti di Zidane e Christian Vieri, che parevamo aver ulteriormente potenziato la rosa che aveva battuto l’Ajax nella finale di Roma dell’anno prima. In quella stagione la Juventus avrebbe vinto un’altra partita per 6-1 – a San Siro contro un decadente Milan di Sacchi – e avrebbe strapazzato l’Ajax in semifinale di Champions League, per perdere inopinatamente contro lo sfavorito Borussia Dortmund in finale.

Venticinque anni dopo l’ultima esibizione al Parc des Princes, la Juventus è molto distante da quella squadra piena di entusiasmo che sembrava dovesse conquistare il mondo. La ricaduta dall’infortunio di inizio stagione di Angel Di Maria e la notizia dell’intervento chirurgico a cui dovrà essere sottoposto Paul Pogba dopo il fallimento delle cure conservative per i suoi problemi al menisco del ginocchio, poi, hanno reso l'umore ancora più nero, se non fossero bastate le prime prestazioni della squadra in campionato, deludenti almeno dal punto di vista del gioco. D'altra parte, lo stesso Allegri ha dichiarato che essere realisti significava pensare di vincere la partita con il Benfica in casa, più che quella di ieri contro il PSG.

In ogni caso, per affrontare il 3-4-3 con cui Christophe Galtier ha impostato il suo Paris Saint Germain, l'allenatore livornese ha scelto uno schieramento a specchio, una sorta di 3-4-3 non perfettamente simmetrico, con Milik, schierato al fianco destro di Vlahovic, più avanzato di Miretti che si è invece mosso in una posizione ibrida tra quella di mezzala sinistra e quella di trequartista al fianco sinistro del proprio centravanti. Una formazione, quindi, a metà tra il 3-4-3 e il 3-5-2. Questa disposizione a specchio lasciava presagire una Juventus a aggressiva sull’uomo, con duelli uno contro uno a tutto campo, agevolati dalla relativa semplicità nello scegliere i riferimenti da attaccare. Ed effettivamente nei primi minuti di gioco la Juventus ha messo in campo una buona intensità, producendo una transizione guidata da Miretti e poi da Vlahovic, che ha portato a un pericoloso cross di Kostic per la testa di Milik.

Miretti e Milik sui braccetti avversari, Cuadrado su Nuno Mendes, gli interni sui centrocampisti avversari e Bremer alto su Neymar. La Juve prova ad essere aggressiva.

Sembrava il preludio a un pressing più intenso del solito sugli avversari e invece, alla prima occasione di possesso consolidato per il PSG, con la Juventus abbassata nei pressi del limite dell’area, un fantastico triangolo tra Neymar e Mbappé ha portato subito in vantaggio i parigini. Senza volere per questo sminuire la bravura dei campioni del PSG e l’imprevedibilità della giocata, l’occasione ha mostrato, per la prima volta nella partita, i limiti dell’approccio bianconero, che, rimasto a metà del guado tra aggressività e prudenza, ha finito per rifugiarsi in un atteggiamento troppo timido e conservativo nella fase di recupero palla.

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Sul passaggio di Mbappé verso Neymar, Bremer sembra volere rompere la linea e uscire aggressivamente sul connazionale. Dopo un attimo di titubanza, però, rimane in linea, pronto a coprire l’inserimento alle sue spalle di Mbappé. Neymar è così libero di inventare la scucchiaiata sulla testa di Bremer, che non riesce a coprire la profondità, dove Mbappé finalizza splendidamente. Anche Bonucci, libero da marcature, paga un atteggiamento troppo passivo reagendo con poca prontezza alla situazione di palla scoperta di Neymar.

Anche in occasione del secondo gol,Verratti, che comincia l’azione, ha la possibilità di ricevere e giocare a palla scoperta. In questo caso è Danilo a rimanere incerto sul da farsi: pare voler aggredire il centrocampista avversario ma poi ci ripensa e decide di coprire, invano, la profondità attaccata da Hakimi.

Danilo non accorcia su Verratti, permettendo al PSG di creare un 3 contro 2 e al centrocampista italiano di trovare la profondità.

Il gol del raddoppio è giunto al termine di una fase del match in cui, pur senza finalizzare, il PSG è riuscito a dominare il possesso palla. Ha abbassato il baricentro difensivo della Juventus grazie al continuo movimento dei due interni, Vitinha e Verratti, sempre pronti a trovare spazi dove ricevere. Anche giocatori che immaginiamo più statici senza palla, come Messi e Neymar, hanno dato fastidio alla Juventus muovendosi per il campo per regalare la loro qualità al palleggio della squadra. La fluidità posizionale dei centrocampisti e delle due mezzepunte del PSG toglieva ogni riferimento ai due interni della Juventus e a Bremer e Danilo. In questo modo la Juventus era condannata a subire il palleggio avversario, praticamente inattaccabile per via della tecnica sopraffina degli interpreti ma anche della passività degli uomini di Allegri. Le due cose, combinate, hanno dato al PSG una continua superiorità numerica e posizionale.

In fase di possesso il PSG, specie dopo avere raggiunto il doppio vantaggio, ha diradato le fasi di pressing aggressivo viste nella prima parte del match, con Neymar impegnato ad avere solo un occhio di riguardo per la posizione di Paredes, accomodandosi su una difesa dello spazio più passiva, concentrata sulla protezione del centro del campo. In questa fase la Juventus ha avuto più facilità a superare il primo ostacolo difensivo avversario – la linea Messi, Neymar, Mbappé - ma aveva comunque enormi problemi a penetrare il blocco basso della squadra di Galtier. Con il solo Miretti in continuo movimento per provare a creare linee di passaggio avanzate utili ai compagni, i giocatori della Juventus erano troppo statici per potere muovere il blocco difensivo del PSG e la circolazione palla era, per forze di cose, orizzontale e inefficace a creare pericoli. L’unico vera occasione da gol del primo tempo è arrivata tra le due reti del PSG, quando un bel cross dalla trequarti campo di Cuadrado ha trovato la testa di Milik. Troppo poco per pensare di impensierire una squadra come quella parigina.

I cambi di Allegri

Viste le difficoltà offensive della sua squadra e forse anche quelle del PSG nel difendere sui cross, Allegri all’intervallo è intervenuto pesantemente sull’assetto della sua squadra, passando al 4-4-2 con l’ingresso di McKennie al posto di Miretti. Lo statunitense ha occupato la posizione di esterno destro, Cuadrado è arretrato in quella di terzino destro, con Danilo sul lato opposto. L’idea di Allegri forse era quella di passare dall’esterno per generare pericoli per la difesa del PSG, rinunciando alle qualità di Miretti tra le linee.

Il 4-4-2 bianconero è rimasto in effetti compatto senza palla, rinunciando all’idea di seguire uomo su uomo i mobilissimi giocatori avversari e, approfittando della rinuncia al pressing dei parigini, è riuscito anche a guadagnare campo in fase d’attacco.Con Milik utilizzato come attaccante di raccordo per alzare la linea del possesso, la Juventus ha provato quindi a mettere palloni dall’esterno dentro l’area del PSG. La strategia ha insomma funzionato ed è stata premiata, se così si può dire, dall’uscita a vuoto di Donnarumma su calcio d'angolo che ha favorito il gol del pareggio di testa di Weston McKennie. Un paio di minuti dopo la Juventus è addirittura arrivata vicino al pareggio, merito di un colpo di testa di Vlahovic su un cross da destra di Cuadrado che ha costretto Donnarumma a una difficile parata a terra e ha confermato le enormi difficoltà aeree della difesa del PSG.

Sembrava l’inizio di una nuova fase del match, in cui la Juventus, lavorando sulle fasce con la catena terzino-esterno contro Hakimi e Nuno Mendes, avrebbe potuto aggirare il blocco basso del PSG mettendone a nudo le difficoltà sui cross. In particolare la squadra di Allegri ha provato a insistere sul lato sinistro del campo, cercando di sfruttare il piede sinistro di Kostic e, sul lato debole, le capacità di inserimento di McKennie. L’assenza di alternative ha però reso presto prevedibile il gioco bianconero che ha trovato sempre maggiori difficoltà a creare spazi puliti sull’esterno del campo. La trasmissione del pallone verso le fasce era lenta e priva di un efficace lavoro preparatorio che aprisse varchi sull’esterno e ritardasse gli scivolamenti laterali del blocco difensivo del PSG. Le ricezioni di Kostic da un lato e di McKennie-Cuadrado dall’altro erano quasi sempre statiche e costringevano gli esterni, poco inclini al dribbling e all'uno contro uno (soprattutto contro esterni esplosivi come Hakimi e Nuno Mendes), al riciclo del possesso all’indietro.

Il passaggio finale al 4-3-3, con l’ingresso in campo di Locatelli per Milik, non ha aiutato la Juventus, che perdeva peso al centro dell’area senza guadagnare in efficacia nella creazione di spazi utili per giungere in maniera migliore alla rifinitura. I bianconeri nei minuti finali non sono mai riusciti a mettere davvero sotto pressione la difesa bassa del PSG (nonostante non si fosse dimostrata impenetrabile fino a quel momento) e la squadra di Galtier ha quindi portato a casa i tre punti minacciando in ripartenza il gol del 3-1.

La partita ha lasciato sensazioni agrodolci. La Juventus, vulnerabilissima, sotto di due gol dopo appena venti minuti di gioco, è parsa sull’orlo del crollo, eppure è riuscita ad assestarsi. Per questo, il risultato finale e la possibilità concreta fino all’ultimo minuto di raggiungere il pareggio, sono sembrati un segnale positivo per la deludente Juventus di inizio stagione. In effetti la squadra non si è sfaldata, è rimasta in partita e, approfittando delle debolezze avversarie, è stata capace di rientrare nel match tenendolo aperto sino al fischio finale. Facendo la tara alla qualità tecnica e alla pericolosità offensiva del PSG, però, forse la Juventus poteva fare qualcosa di più. Il piano gara iniziale sembrava prevedere un atteggiamento più aggressivo sui portatori di palla, che forse avrebbe pagato maggiori dividendi se il talento avversario non avesse intimorito la pressione dei bianconeri, che sono rimasti a metà strada tra l'aggressività di difendere in avanti e la prudenza nel coprire la profondità. Il PSG ha approfittato delle difficoltà organizzative della fase di non possesso bianconera per dominare il pallone, abbassare la difesa di Allegri e realizzare le reti del doppio vantaggio. Con le correzioni avvenute alla fine del primo tempo le cose sono leggermente migliorate, ma la Juventus ha continuato a fare fatica a creare occasioni da gol, nonostante la difesa del PSG fosse tutt'altro che perfetta nella difesa delle palle alte. In questi momenti si è sentita forte la mancanza di movimenti codificati che muovessero il blocco basso avversario, che non ha mai corso davvero il rischio di disordinarsi.

Al netto della qualità dell'avversario, che potrebbe segnare ben più di due gol a qualsiasi squadra al mondo, è la prestazione a rimanere sostanzialmente deludente. Il bicchiere della Juventus è complessivamente mezzo vuoto e il lavoro da fare per Massimiliano Allegri è ancora tanto.

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