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Mattia Pianezzi
Biathlon per principianti
27 feb 2018
27 feb 2018
Introduzione a uno sport per veri duri.
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Mattia Pianezzi
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Disclaimer: mi dovranno scusare i biatleti per la mia scarsa preparazione, non ho mai fatto sci né tantomeno sparato a niente, quindi non possono avere quel livello di conoscenza che si ha solo con gli sport che si sono effettivamente praticati; e però il biathlon è lo sport che trovo più interessante tra le specialità invernali, ne parlo a tutti quelli che mi capitano a tiro e non vedevo l'ora di scriverne, visto che a PyeongChang 2018 hanno appena finito di sciare e sparare e magari con l'occasione questo sport ha acquistato qualche nuovo appassionato.

 

Il biathlon è una combinazione semplice di due discipline complesse: il tiro a segno con la carabina e lo sci di fondo. Il tiro a segno è abbastanza intuitivo (spari ad un bersaglio), mentre lo sci di fondo non necessariamente: è quella specialità in cui sciatori percorrono chilometri e chilometri in salita e discesa aiutandosi con bastoni, più o meno lunghi a seconda della tecnica utilizzata, per più di un’ora, solitamente per raggiungere un traguardo nel minor tempo possibile. Esiste una tecnica classica di sci, che utilizza bastoni più corti, e una chiamata skating, più moderna e con bastoni più lunghi; quest’ultima è quella utilizzata nel biathlon.

 

Lo sci di fondo è una gara (a cronometro o con partenza in linea) di velocità e resistenza su percorsi innevati. Gli inventori delle discipline invernali hanno una leggera fissazione con questo sport e lo utilizzano come base per ogni sfida da veri duri. Ad esempio, a un certo punto hanno pensato di mischiare lo sci di fondo con quell’altra follia che è il salto con gli sci, eseguito alle volte prima o dopo aver fatto quindici chilometri. È bene sottolineare, se non fosse chiaro a tutti, che si tratta di una delle discipline più faticose del mondo. La frequenza cardiaca a riposo degli sciatori di fondo è di 24 bpm, un numero che sta tra quelli dell’orso in letargo e l’elefante.

 

Le due discipline si intersecano in maniera ordinata, con gli atleti che raggiungono a forza di sci e bastoni un determinato punto di tiro e si mettono in posizione per tirare a cinque bersagli circolari. Da ognuna delle quattro postazioni previste si tira in maniera differente, sempre nell’ordine a terra-in piedi-a terra-in piedi.

 

La parte più difficile di tutto lo sport sta proprio nel passaggio dallo sforzo fisico totale dello sci di fondo alla necessaria calma del tiro col fucile: in una manciata di secondi (ma non troppi, sennò si perde tempo) bisogna trovare la pace interiore e sparare. Questa parte è proprio la discriminante tra chi può praticare il biathlon e chi non può: se non sai sparare rischi tanto, perché il biathlon prevede delle penalità per ogni bersaglio mancato – un minuto da aggiungere al tempo totale nelle gare a cronometro, circa 150 metri di penalità (che, per gli sciatori d’élite, equivale a circa 25-30 secondi) in quelle con partenza in linea. Recuperare un minuto a colpi di sci (o comunque trenta secondi) è molto più provante a livello di prestazione che aspettare cinque secondi in più e ponderare meglio il tiro.

 

Il problema è quindi come si arriva ad impugnare la carabina: in questo il biathlon ha un suo lato marziale, ma anche una parte zen, per cui bisogna dosare le forze e controllare perfettamente il respiro. Tutti i biatleti si portano appresso (come se lo sci di fondo fosse una passeggiata di suo) il fucile calibro 22 lr (sta per Long Range) a caricamento manuale, che pesa almeno 3,5 chilogrammi, a mo’ di zaino, con relative munizioni. Si arriva alle postazioni stremati. I bersagli di tiro stanno a cinquanta metri di distanza e il loro diametro è di 4,5 cm per i tiri da terra e di 11,5 cm per quelli in piedi: per capirci, è come se dalla linea di porta di uno stadio di calcio, dopo aver corso come pazzi, doveste sparare con un fucile, da proni, un bersaglio più piccolo di un bicchiere di plastica standard, o da in piedi dentro una

.

 


Ma come ci è saltato in mente di praticare uno sport così faticoso e cervellotico? Il biathlon ha una storia lunga e delle origini lontanissime. Deriva probabilmente da antiche pratiche venatorie, a quanto pare tramandate dagli dei in persona. In particolare da un antico dio pagano chiamato Ullr, ovvero la Gloria (sì, anche quella della vittoria), che ha insegnato agli uomini a cacciare con gli sci nel 3000 a.C.

 


Primo biatleta vivente.


 

L’altro ambito antico in cui possiamo vedere un’approssimazione di ciò che poi sarà il biathlon, è ovviamente quello militare: le truppe finlandesi utilizzavano soldati sugli sci già nel XVI secolo contro la Danimarca, e si contano reggimenti su sci nei secoli successivi nei paesi scandinavi e in Russia. Ad esempio, Gustavo I, nella guerra di liberazione di Svezia, affrontò i danesi e li vinse proprio grazie a truppe sugli sci (i danesi, a quanto pare, non si aspettano mai di essere attaccati da truppe sugli sci).

 

La prima competizione esclusivamente sportiva di biathlon avvenne nel 1767 al confine tra Svezia e Norvegia, quando dei reggimenti di frontiera si sfidarono in una gara di sci portando la carabina mista per un tiro al bersaglio a distanza di cinquanta passi; si vinceva vil danaro (20 talleri svedesi). I paesi scandinavi si appassionarono al biathlon e nel 1861 (quattro anni dopo la fondazione della prima squadra di calcio, lo Sheffield FC) in Norvegia fu fondato il Trysil Rifle and Ski Club, il primo club di sci che si occupava anche di promuovere il tiro a segno come parte di un programma di difesa. Fino al 1984 nel paese del black metal il biathlon faceva parte del programma nazionale Det frivillige Skyttervesen, l’allenamento civile al tiro per la protezione nazionale.

 

La natura militare di questo sport lo portò ad essere ammesso alle olimpiadi come “pattuglia militare” a squadre nel 1924 (bissò nel 1928, 1936 e 1948), con percorsi di 25 chilometri con dislivelli tra i 500 e i 1200 metri per gli uomini, e 15 chilometri con dislivelli tra 300 e 700 metri per le donne per le donne; i bersagli erano a 50 metri ma si poteva partecipare soltanto in squadre così composte: ufficiale, sottufficiale e due soldati. Non ebbe grandissimo successo nei comitati olimpici e venne scartato dopo la Seconda Guerra Mondiale, sia per mondare ogni forma di ricerca di supremazia belligerante dai giochi olimpici, ma soprattutto perché gli stati appassionati (già pochi) non riuscivano ad accordarsi su un regolamento condiviso. Rientrò dalla porta sul retro, come biathlon, grazie ai circuiti sportivi dell’URSS e alla Svezia. Nel 1958 in Austria si tenne il primo campionato del mondo di biathlon e due anni dopo la specialità fu ammessa alle olimpiadi.

 

Il biathlon attuale è una rivisitazione civile del biathlon militare, ma continua a contenere una concezione superomistica di questi uomini delle nevi con il controllo totale del proprio corpo e del suo funzionamento. Nel Biathlon non si vince attraverso parametri un po’ soggettivi, come la compostezza o la bellezza dei movimenti, ci sono solo dei tempi e dei fucili. Spari bene e ti muovi. Dal 1958 la formula principale del biathlon è stata espansa sia agli atleti di sesso femminile che a tipologie differenti di competizione: individuali a cronometro, sprint a cronometro (con un percorso meno lungo e meno bersagli), inseguimento (gli atleti partono uno dopo l’altro a seconda dei loro tempi di qualificazione o di una gara precedente), partenza in linea (tutti insieme), staffetta a quattro, staffetta mista e il purtroppo obsoleto a squadra, in cui si parte in quattro tutti insieme e si deve sparare tutti insieme (due in piedi, due proni) e arrivare al massimo a quindici secondi di distanza il primo dall’ultimo.

 


Granatiere di pattuglia imperiale russa, 1900 circa.


 

Anche i russi erano particolarmente affezionati al biathlon, sia pre che post 1917: tutt’oggi è il secondo sport invernale più seguito dopo l’hockey. Questo, oltre alla necessità di preparazione sugli sci per le truppe russe, perché Stalin istituì nel 1931 il programma di allenamento e cultura fisica, abbreviato GTO (trascrizione di ГТО), che comprendeva tra i suoi 21 test anche lo sci e il tiro al bersaglio. Il programma è stato eliminato dopo la disgregazione dell’URSS nel 1991, ma i milioni di abitanti della confederazione erano stati allenati perfettamente ad entrambi gli sport compresi nel biathlon per sessant’anni, quindi ne conoscono le difficolta e le regole per retaggio culturale, un po’ come la nostra conoscenza obbligata del gioco del calcio.

 

Dal 1958 al 1977 i migliori cinque biatleti al mondo venivano dall’URSS; tra i migliori 25, la metà proveniva dalla confederazione sovietica, con grande gioia del Partito. Quando nel 1964 i biatleti Privalov e Melanin tornarono dai giochi invernali di Innsbruck con una medaglia d’argento e una d’oro, Krusciov li accolse al Cremlino e si congratulò con loro brindando con lo champagne: «Bel lavoro, ragazzi! Avete sparato bene e con accuratezza. Se il nostro nemico passa i nostri confini, sparategli in fronte!» La vittoria di Melanin nei venti chilometri, con un vantaggio di oltre tre minuti, resta ad oggi il maggiore margine di vittoria nella storia del biathlon olimpionico, nonostante l’atleta fosse stato principalmente uno sciatore che ha imparato a sparare solo sotto le armi (ed infatti fallì nell’edizione del 1960). In ogni caso Putin ha deciso di reintrodurre il GTO nel 2014, quindi vedremo altri grandi biatleti russi presto, o dovremmo stare attenti quando passeggeremo sulle frontiere innevate.

 



Il più grande atleta della storia del biathlon è il norvegese Ole Einar Bjørndalen, chiamato con poca originalità “Il re del biathlon”. Ha conquistato 13 medaglie olimpiche e 45 medaglie ai campionati mondiali, oltre a 95 vittorie della coppa del mondo del nostro sport che unisce sci di fondo e tiro a segno preferito. È praticamente il boss finale del biathlon. Purtroppo quest’anno, che di anni ne ha 44, non è riuscito a far parte del team norvegese di biathlon che si è diretto a Pyeongchang, però è comunque il secondo più iridato della storia delle olimpiadi invernali. Questo superman nel 2001 ha anche vinto il Beach Volley Ball Tournament a Laguna Beach, e nel suo tempo libero fa arrampicata. Fate voi.

 


Se non sapete chi portarvi appresso durante l’apocalisse zombie… (foto di Stanko Gruden / Getty Images).


 

La più grande atleta donna del biathlon è Magdalena Neuner, velocissima nello sci di fondo e abile col fucile, che ha conquistato 3 medaglie olimpiche, 17 medaglie ai campionati mondiali e 34 vittorie nella coppa del mondo, tallonata (ma solo nelle medaglie olimpiche, per campionati e coppe siamo distanti) da Anastasiya Kuzmina (non la ballerina di Ballando con le stelle) e da Dar"ja Domračava con 6 medaglie olimpiche, 7 ai mondiali e 6 vittorie in coppa del mondo. Insomma, le donne se la battono.

 



La cosa a quanto pare più assurda successa nel biathlon è la strana disavventura capitata proprio a Dar"ja Domračava, biatleta bielorussa in coppa del mondo nel 2009, quando arrivò prima con qualche secondo di vantaggio in seconda linea e si mise a risparare in piedi, sparando cinque volte senza accorgersi che le altre fossero tutte sdraiate, prendendosi quindi cinque punti di penalità. Nessuno ha riso, però, per questa disavventura perché Domračava faceva parte del KGB bielorusso. Quest’evento è compreso in questo video di fail nel biathlon qua sotto: non capisco se è l’umorismo germanico che mi manca (titolo in tedesco, commenti in tedesco) o la conoscenza non accurata dello sport che non mi fa cogliere l’ironia, ma immagino che se facciate vedere gli stop di Sturaro a Dar"ja Domračava reagirebbe nello stesso modo.

 



 

C'è tutto un umorismo nordico tra biathlon e Ikea che se lo usassimo noi sarebbe anche un po' razzista.

 



 

Questo video qui sotto, invece, è quello che pensano del biathlon, quelli non conoscono il biathlon.

 



 

Esiste anche una versione elfica del biathlon che è il biathlon fatta con le mountain bike e il tiro con l’arco.

 



 

Il videogioco qui sotto è il modo in cui io ho visto per la prima volta il biathlon e come l’ho sempre immaginato prima di vederlo in televisione: sfondi a 256 colori, tutine pixelose, una difficoltà incomprensibile e un freddo cane. Non c’ero andato troppo lontano.

 



 

Più vicino ad un test di sopravvivenza che ad uno sport vero e proprio, e anche per questo incredibile nella richiesta atletica per chi decide di cimentarcisi, il biathlon è la versione The Revenant delle vostre gite in montagna con in mezzo uomini biondissimi e dagli zigomi alti, agenti del KGB, piani quinquennali e tutine aderenti.

 

Non capisco come non possa essere il vostro sport preferito da qui in avanti.

 

 

 

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