
La semifinale d’andata di Conference League tra Betis e Fiorentina ha mantenuto le promesse della vigilia, offrendo una sfida difficile e pieni di spunti, che per certi versi ha confermato punti di forza e debolezza delle due squadre.
Per affrontare la formazione andalusa Raffaele Palladino si è affidato all’undici che gli ha permesso di ritrovare equilibrio e continuità nelle ultime settimane. Quindi l'ormai consueta linea a tre con Pietro Comuzzo centrale, Luca Ranieri sul centro-sinistra e Marin Pongračić sul centro-destra davanti a David de Gea; una mediana con Danilo Cataldi come vertice basso, e Nicolò Fagioli e Rolando Mandragora come mezzali; Robin Gosens a sinistra e Fabiano Parisi a destra (vista l'assenza di Dodo, alle prese con i postumi dell'appendicite); davanti due punte mobili come Lucas Beltrán e Albert Guðmundsson.
Anche l'allenatore del Betis, Manuel Pellegrini, ha fatto affidamento sulle sue certezze, con il classico 4-2-3-1 che dispone Antony, Isco e Abde Ezzalzouli a ridosso di Cédric Bakambu.
La Fiorentina ha iniziato la gara con un pressing molto alto e aggressivo, uomo su uomo. In questo contesto, è stato particolarmente interessante ciò che è avvenuto sulla fascia sinistra degli ospiti. Da quel lato di campo infatti Palladino chiedeva a Gosens di alzarsi molto per andare a prendere alto Aitor Ruibal, laterale destro della linea arretrata del Betis. Questo movimento aggressivo del quinto tedesco comportava una serie di scalate che finivano per portare Ranieri ad alzarsi su Antony, lasciando Comuzzo a marcare Bakambu.
È probabile che Pellegrini abbia provato a sfruttare questa situazione a proprio favore. E infatti il gol del vantaggio dei padroni di casa è nato proprio da una giocata sviluppata sul lato destro dell’attacco del Betis, nato da un duello in profondità vinto proprio da Bakambu su Comuzzo. L’attaccante francese ha concluso la sua azione con l'assist per l’accorrente Abde, che ha segnato rischiando di gettare alle ortiche una delle occasioni più facili della sua vita. Il tiro a pochi metri dalla porta vuota ha infatti incocciato sulla traversa prima di rimbalzare al di là della linea di porta.

Questo tipo di uscita sulla destra è stata cercata dal Betis più volte nel corso del primo tempo, anche al di là del gol segnato. Soprattutto i primi quindici minuti sono stati piuttosto difficili per la Fiorentina, che ha fatto fatica a resistere al dominio avversario. Il Betis, in questo senso, ha confermato di essere una squadra costruita per esercitare un controllo tecnico sulla partita e Pellegrini ha reso onore al suo soprannome, "l'ingegnere", un uomo cioè in grado di adattare il modello al materiale a disposizione.
All'interno della struttura tattica pensata da Pellegrini ha brillato in particolare il talento di Isco, e forse non poteva essere altrimenti. Leader tecnico della squadra, l’ex Real Madrid si è mosso continuamente lungo la trequarti offensiva, calamitando verso di sé i palloni giocati dai compagni (alla fine saranno 73 i tocchi effettuati dal numero 22 biancoverde, il maggior numero fra i suoi secondo i dati raccolti da Fbref) e gestendoli con la solita arguzia, tanto da rendere difficile contenerlo per la mediana viola, fra l’altro costretta a rinunciare quasi subito all’infortunato Cataldi (rilevato dopo venti minuti di gioco dal più offensivo Adli).
Dopo questa prima fase tutta biancoverde, però, la Fiorentina è riuscita a uscire dal torpore e ad acquistare maggior sicurezza nel palleggio. Contro un Betis che difendeva 4-4-2 in blocco medio, con attenzione rivolta soprattutto all’occupazione dei corridoi centrali del campo, la formazione gigliata ha trovato campo da poter attaccare soprattutto lungo le corsie laterali.

Il blocco difensivo 4-4-2 della squadra di Pellegrini.
Proprio dalle fasce è nata l’occasione al 21' di Mandragora. Il centrocampista viola, ormai trasformato a tutti gli effetti da Palladino in un incursore (sono già otto le reti in stagione all’attivo, delle quali 5 in questa Conference League), con un bel colpo di testa ha spedito di poco a lato da posizione favorevole una palla esterna messa in mezzo da Gosens.
A inizio ripresa la Fiorentina è uscita meglio dai blocchi, cominciando a sfruttare con più continuità gli spazi laterali concessi dal Betis. Come spesso accade, però, nel suo momento migliore è arrivata la seconda rete del Betis, figlia di una prodezza individuale (di destro) di Antony, abile a raccogliere un rimpallo dopo una prima conclusione ribattuta da Ranieri.
Il doppio svantaggio non ha però abbattuto la squadra di Palladino, che ha continuato a macinare gioco. Hanno aiutato anche le sostituzioni, con Moise Kean al posto di uno spaesato Beltrán, e poi Michael Folorunsho a destra al posto di Parisi e Amir Richardson in mezzo al posto di Fagioli. L’obiettivo era quello di aumentare l’impatto fisico della squadra, dotandola a destra di un incursore che potesse andare al tiro o al cross sul suo piede forte.
Con una formazione più adatta a prendere l'ampiezza, quindi, la Fiorentina ha continuato a martellare esternamente gli avversari. E proprio da una situazione laterale è nato il gol dell’1-2: una palla lunga, questa volta giocata da Mandragora per Gosens. Il tedesco ha superato Aitor Ruibal e poi ha servito l’accorrente Ranieri, bravo a superare con un preciso sinistro il portiere andaluso Fran Vieites.

Mandragora da terzo centrale gioca la palla verso Gosens, con Ranieri (in quel momento attaccante aggiunto) pronto a inserirsi a rimorchio.
Per il centrale viola si tratta del secondo gol in Conference, un dato non indifferente per un difensore.
Il risultato finale ovviamente non chiude nessuna porta in vista del ritorno, ma può essere utile interrogarsi su ciò che la partita ci ha detto al di là del risultato. La Fiorentina di Palladino, infatti, continua a dimostrare di trovarsi meglio quando può giocare di rimessa, un contesto che il Betis non sempre le ha concesso. La Viola è stata costretta a un possesso relativamente alto (55%) e forse non è un caso che alla fine abbia prodotto poco in termini offensivi (appena un xG secondo il modello di Fbref).
La Fiorentina, in vista del ritorno, dovrebbe trovare qualche risorsa in più nell'ultimo terzo di campo, anche perché con Adli titolare perde molto in solidità, ed è probabile che ci sia bisogno di lui al Franchi per recuperare il risultato.
La partita, poi, ha confermato che esiste una Fiorentina con Kean e una senza di lui. Nel primo tempo, con l’ex juventino in panchina, la squadra ha fatto fatica a rendersi pericolosa e nel secondo si è visto perché. La presenza fisica, la possibilità che Kean dà alla Fiorentina di appoggiarsi alle sue spalle, di utilizzarlo come perno per risalire il campo, è fondamentale per una squadra che ancora sembra fare fatica ad amalgamarsi e a trovare altri modi per squarciare il campo, in attesa della crescita di Albert Gudmundsson.
Il Betis è quello che ci aspettavamo: una squadra dall’identità ben chiara che è riuscita a ridare vita a tutta una serie di giocatori che, per motivi di età o tecnici, si sono trovati fuori da contesti di più alto livello. Offensivamente i vari Isco, Antony e Pablo Fornals saranno un problema anche al ritorno, ed è quindi nella sua fase di non possesso che devono essere trovate le strade che portano alla finale. Kean, sicuramente, può dare fastidio a Natan e a Bartra, e anche sulle corsie laterali Gosens ha fatto vedere una superiorità che al Franchi potrà essere sfruttata di nuovo.
A Firenze, la prossima settimana, con ogni probabilità si sfideranno quindi due squadre che dovranno uscire dalle rispettive comfort zone. La Fiorentina sarà verosimilmente chiamata a sostenere un possesso più prolungato mentre il Betis potrebbe dover gestire sequenze più estese di difesa posizionale. Sarà insomma la capacità di adattarsi a un habitat inospitale ciò che probabilmente farà la differenza nella semifinale di ritorno.