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Gabriele Anello
Benvenuti nel mondo del Kawasaki Frontale
31 ago 2021
31 ago 2021
Storia recente della migliore squadra giapponese in circolazione.
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Gabriele Anello
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21 dicembre 2020. C’è aria di festa al Todoroki Stadium, nella prefettura di Kanagawa, e non solo per il Natale che è ormai vicino. Lo stadio è pieno nonostante non ci sia nessuna partita da giocare: nei giorni vicini a un Natale comunque anomalo per via del COVID, i tifosi del Kawasaki Frontale sono riuniti per omaggiare un giocatore che a loro ha dato molto. Ha 40 anni appena compiuti e ha deciso di ritirarsi ormai da un po', veste la maglia numero 14. È la stessa dal 2003, quando – con una laurea in letteratura inglese alla Chuo University – era entrato in squadra. Ha un’espressione di solito sbarazzina, che però trasmuta di fronte agli applausi, agli omaggi dei compagni, e finisce per spezzarsi del tutto di fronte alla lettera del figlio sul perché per lui rappresenti un esempio.


 

Il giocatore in questione è Kengo Nakamura, nato a Kodaira, un distretto di Tokyo. Il 21 dicembre del 2020 è il giorno più importante della sua vita, perché sta dicendo addio a una parte di vita e alla squadra della sua vita, il Kawasaki Frontale.



Non è facile descrivere cosa rappresenti Nakamura per il Frontale e per la J. League. Mi affido anche alla commozione dello stadio, che dovrebbe dare una prima misura di tutto questo. È strano come un addio così sentito sia in realtà un nuovo inizio per il club: ha appena vinto il terzo titolo in quattro anni di J. League, con il record di punti di ogni stagione professionistica in Giappone, e in pochi giorni alzerà anche la Coppa dell’Imperatore.


 

Oggi Nakamura è impegnato nelle pubbliche relazioni per il club, alternandosi su un’ampia serie di canali – da calciatori giapponesi diventati vlogger alla J. League, passando per DAZN Giappone –, ma la sua squadra non ha mollato un centimetro. Il Kawasaki Frontale ha iniziato il 2021 con il botto, vincendo la Supercoppa giapponese e totalizzando 15 vittorie e quattro pareggi in 19 giornate di campionato. Certo, al rientro dalla pausa per l'Olimpiade ha rallentato un po', perdendo la prima partita dopo 31 risultati positivi di fila a Fukuoka. Ma questo non cambia il succo: e cioè che il Frontale oggi è un club vincente come non lo è mai stato. C'è stato un momento, anzi, in cui il Frontale era considerato alla stregua di un equivalente giapponese del “Bayer Neverkusen”, il soprannome che era stato affibiato alla squadra tedesca quando aveva perso tutte le finali di un possibile triplete alla fine della stagione 2001/2002.


 

Ma quant’è lunga la salita?


Il Kawasaki Frontale non è né tra i club storici della J. League, né era tra quelli più vincenti fino a qualche anno fa. Con i colori neroazzurri – ispirati al Grêmio – e un nome di chiara desinenza italiana, il Frontale ha giocato una breve stagione nella prima divisione giapponese nel 2000, tornando in pianta stabile dal 2004. Nonostante la crescita immediata, però, i titoli inizialmente faticavano ad arrivare. Se citavo il Bayer Leverkusen 2002, c’è un motivo: fino a quattro anni fa, il Frontale non aveva ancora vinto nulla, arrivando però secondo quattro volte in una decade e perdendo quattro finali di coppa nazionale. In tutto questo, il Frontale non aveva nemmeno mai contato su giocatori di respiro internazionale (Eiji Kawashima e Jong Tae-se sono forse i nomi più conosciuti sul palcoscenico internazionale transitati al Todoroki Stadium).


 

In questo scenario, Kengo Nakamura è stato il comune denominatore: mezzala di grande talento, con fiuto per il gol e più di 50 presenze in nazionale, Nakamura era diventato il capitano di una squadra conosciuta perché perdeva. Un altro momento che fotografa questa tendenza è la finale di J. League Cup del 2017, persa contro il Cerezo Osaka (poche settimane dopo essersi sciolti in Champions League contro gli Urawa Red Diamonds). In uno strano scherzo del destino, anche il Cerezo era alla prima chance di vincere un titolo, nonostante fosse all’epoca una squadra dal blasone più grande del Frontale. Al fischio finale, la telecamera aveva stretto su Nakamura, che a fatica riusciva a trattenere le lacrime. Si era strofinato i capelli, non riuscendo a credere che il treno di un possibile trionfo gli sia passato di nuovo davanti. Aveva guardato i festeggiamenti come una statua di sale.


 

Ancora non sapeva che la ruota stava finalmente per girare.


 

Nel 2017 il Frontale è in corsa nuovamente per vincere il titolo. A tre giornate dalla fine il distacco dai Kashima Antlers – capolisti in classifica – è di quattro punti. Sembra impossibile recuperare, ma si arriva all’ultima giornata con due punti di distanza. Il Frontale deve vincere in casa contro il già retrocesso Omiya Ardija e sperare che gli Antlers – di scena a Shizuoka – si inceppino di nuovo. Dopo un’ora di gioco, il Frontale ha già portato a casa la propria gara: una tripletta di Yu Kobayashi – MVP di quell’anno – e il gol di Abe hanno già chiuso la contesa. Si attendono solo aggiornamenti da Shizuoka, dove lo 0-0 persiste e la differenza reti premierebbe allora il Frontale, finendo per una volta dall’altra parte della storia, scippando un titolo all’ultimo.


 

I pianeti si allineano in maniera strana: nell’ultima azione della gara, Tatsuya Hasegawa segna il 5-0 in campo aperto. Nessuno ha sentito il fischio finale, ma non si riprende a giocare. Negli stessi istanti, la partita a Shizuoka è finita e gli Antlers non hanno vinto: il Kawasaki Frontale è campione. Dalla festa per il gol si passa a festeggiare un titolo che rappresenta la fine di una maledizione.



La telecamera non esita a mollare gli altri festeggiamenti e a dirigersi subito da Nakamura: è chino, a terra, come se un peso enorme gli si fosse tolto dalle spalle. Piange in maniera incontrollata e nessuno ha quasi il coraggio di alzarlo. Solo pacche sulla testa, finché non è Yu Kobayashi – da quasi un decennio in squadra – ad abbracciarlo, quasi a spremergli via tutte le delusioni degli anni passati.


 

Da quel pomeriggio del 2017, il Kawasaki Frontale si è sbloccato. La lista dei titoli comprende altri due titoli J. League (2018 e 2020), una J. League Cup (2019), due Supercoppe di Giappone (2019 e 2021) e una Coppa dell’Imperatore (2020). A questi titoli, va aggiunta anche un po’ di ribalta internazionale, come quando il Frontale sconfisse il Chelsea in un’amichevole estiva del 2019.


 

Perché il Frontale è speciale?


Il Frontale, però, non è speciale solo perché è diventato una squadra vincente. Innanzitutto, è una società che non cambia spesso la guida tecnica. Sotto Yahiro Kazama – rimasto in sella quasi cinque anni, dal 2012 al 2016 –, il Frontale era diventato una squadra iper-offensiva, tanto segnare una media di 62,8 gol all’anno in quattro stagioni. Kazama aveva anche rivitalizzato la carriera di Yoshito Ōkubo – visto in Europa con Maiorca e Wolfsburg –, che oggi è il primatista di gol in J1 (190) e grazie a lui era persino tornato in Nazionale.


 

Quando il Frontale ha perso l’ennesimo trofeo al fotofinish, però, ha finalmente deciso di cambiare, affidando la panchina a Toru Oniki. Ex compagno di Nakamura al Frontale (ci ha giocato dal 2000 al 2006), Oniki ha portato una mentalità che gli deriva dal passato da giocatore agli Antlers, una squadra storicamente meno divertente da guardare ma più concreta. Ha quindi aggiustato la difesa, senza rinunciare alla creatività offensiva dei giocatori più talentuosi. Nello staff del Frontale per un decennio, Oniki ha osservato da vicino i difetti della squadra, correggendoli. Non è un caso che il Frontale abbia avuto la miglior difesa nel 2018 e tenga una media di 30 gol subiti per anno, di gran lunga inferiore a Kazama, persino migliorando la produzione offensiva (nel 2020, il Frontale ha segnato 88 gol in 34 partite).



Il gol nel Tamagawa Clasico contro il FC Tokyo, in particolare, è un capolavoro di perfezione.


 

Nel 4-3-3 di Oniki, la linea difensiva è rimasta quasi sempre la stessa, contando sugli stessi interpreti: Jung Sung-ryong in porta, Taniguchi e Jesiel come centrali. Sulle fasce ci sono stati dei minimi cambiamenti: Noborizato e Kurumaya si sono alternati a sinistra, mentre a destra – dopo l’addio di Elsinho, un pezzo da 90 – il Frontale ha reclutato Miki Yamane, che sta vivendo una metamorfosi impressionante (ha anche debuttato in Nazionale). A centrocampo, il club è stato in grado di rimpiazzare la partenza di Hidemasa Morita – ora al Santa Clara, in Portogallo – e tenersi una dose di talento indiscutibile. Con centrocampisti così tecnici è stato più facile far arrivare la palla a una delle due ali, dove Kaoru Mitoma o Akihiro Ienaga – giocatori molto diversi, ma estremamente efficaci – sono stati in grado di risolvere le partite da soli o assistere il centravanti di turno.


 

Tutto ha funzionato così bene che, nella Top 11 del 2020, il Frontale ha messo nove giocatori su undici, di fatto monopolizzando la formazione migliore del campionato nella migliore stagione della loro storia. E chissà, la cosa si potrebbe ripetere anche nel 2021, con Oniki, che ha di recente stabilito il record di manager più veloce a raggiunger 100 vittorie in J1, che non sembra affatto intenzionato a fermarsi.


 

Dietro al recente successo dei Frontale non c'è però solo un ottimo allenatore, ma anche una grande società, che per un club giapponese è una rarità. Anche in epoca pre-COVID, era difficile vedere partire uno dei loro giocatori verso l’Europa. E questo ha fatto sì che molti dei giocatori chiave della squadra siano diventati vere e proprie colonne portanti della storia del club: Yu Kobayashi ha segnato quasi 130 gol in J1, Shogo Taniguchi (247 presenze tutte con la maglia nerazzurra del Kawasaki Frontale), invece, è di fatto il capitano. E poi ci sono i vari Kurumaya, Noborizato o Oshima (se la salute lo assistesse).


 

La squadra si è poi rafforzata con una serie di acquisti molto intelligenti. Jung Sung-ryong, ai Frontale dal 2016, sembrava finito dopo la Coppa d’Asia del 2015, ma a 36 anni ha ritrovato la giovinezza. Quando quest'anno Hidemasa Morita è andato in Portogallo, al Santa Clara, il Frontale ne ha approfittato per rilevare João Schmidt, che qualcuno ricorderà a Bergamo. Infine, Daiya Tono (6 gol la scorsa stagione) due anni fa giocava in quarta serie con l’Honda FC, la squadra della famosa casa automobilistica.



Passare dal calcio amatoriale al livello più alto del calcio giapponese: fatto.


 

Tra questi colpi va citato anche quello di Leandro Damião. Dopo aver vinto la Libertadores con l’Internacional e sfiorato l’oro olimpico a Londra 2012, sembrava che il centravanti dovesse andare al Tottenham o al Napoli. Fallito quel salto, Damião è rimasto in Brasile, dove è però sparito dai radar, girando per varie squadre. Quando ha firmato per il Frontale nel 2019, si temeva che fosse il segno della resa. Invece, Damião si è messo in gioco, si è giocato il posto con Kobayashi e oggi sembra aver ritrovato l’esplosività che l’aveva caratterizzato da giovane. Con 21 gol in 34 gare, si potrebbe quasi dire che sta giocando la stagione migliore della sua carriera. Oltre alla quasi totale mancanza di cessioni praticamente e alla capacità di rivitalizzare carriere come quella di Damião il lavoro del Frontale si vede anche da altri aspetti, ugualmente importanti ma meno evidenti.


 

Il futuro


Come forse si capiva già dalle storie dei cosiddetti senatori, il Frontale fa infatti che del settore giovanile uno dei suoi principali punti di forza. Lo si capisce anche dalla nuova generazione di talenti, che ha sfruttato la pandemia per inserirsi in squadra in pianta stabile. Yasuto Wakizaka è l’erede naturale di Kengo Nakamura; Reo Hatate è un coltellino svizzero nato ala e ora trasformatosi in terzino; Ao Tanaka ha dimostrato un livello tale da dimostrare di essere pronto per giocare in Europa, firmando alla fine per il Fortuna Dusseldorf. Di tutti loro, però, il nome di Kaoru Mitoma è quello che ha stupito di più. In campo quasi per caso alla ripresa del campionato (Hasegawa era infortunato), l’ala ha spazzato via la concorrenza: 13 gol e 13 assist in 30 partite di J1, con il premio di MVP sfiorato. Rookie dell’anno, è rimasto al Frontale, finché al Brighton non hanno deciso di prenderlo per quasi tre milioni di euro (e prestarlo inizialmente all’Union Saint-Gilloise, un club affiliato in Belgio).


 


Veloce come il vento, Mitoma avrebbe potuto esordire anche prima. Nel 2016, il Frontale gli offrì un contratto e lui rifiutò, convinto che un’esperienza universitaria l’avrebbe aiutato a crescere. La University of Tsukuba ancora ringrazia.


 

Il 2021 non ha cambiato la prospettiva del Frontale: un inizio folgorante fatto di 49 punti in 19 gare di campionato, sebbene le partenze recenti di Tanaka e Mitoma potrebbe far rallentare il ritmo. La squadra potrebbe puntare al poker di trofei, con la speranza di vincere J. League, Coppa dell’Imperatore e J. League Cup, ma soprattutto fare il grande salto in Asia. L’AFC Champions League non ha lo stesso peso dell’equivalente europea, ma è l’unico grande trofeo che manca a questa dinastia nipponica.


 

Oltre ai possibili trofei, però, il futuro per il Frontale significa forse anche un nuovo stadio, che dovrebbe alzare la capienza fino a 35mila spettatori. Tifosi che ricorderanno con piacere questa squadra: infatti, a pandemia finita, viene da chiedersi quanti rimarranno, perché tre-quattro di questi giocatori sembrano avere il livello per poter avere una carriera in Europa. Ma anche se dovesse succedere, perché il Frontale non dovrebbe rimpiazzarli a dovere? Ci torna utile la storia di Kengo Nakamura, che nel 2019 ha superato un terribile infortunio che l’aveva quasi spinto al ritiro, per tornare giusto in tempo per godersi il 2020 da favola del club. E se il Frontale fosse della stessa pasta del suo capitano?


 

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