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Il bello dell’Europa League 2021 vol. 10
19 mar 2021
Momenti utopici di una competizione da sogno.
(articolo)
29 min
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Conosci la tua squadra di Europa League: Shakhtar Donetsk

Negli ultimi vent’anni anni lo Shakthar Donetsk imperversa nel calcio europeo come un’entità indecifrabile, slegata da storia e geografia. Lo Shakhtar è l’incubo di una squadra del tardo capitalismo: senza legami col suo territorio, creata quasi dal nulla grazie all’immissione coatta di capitali e alle competenze di mercenari da tutto il mondo. La storia è cambiata dopo l’acquisto di Rinat Akhmetov della società nel 1995. Il primo allenatore a vincere il campionato con lo Shakhtar Donetsk, ormai una ventina d’anni fa, è stato Nevio Scala, il primo straniero ad allenare la squadra. Nel 2004 è arrivato il profeta Mircea Lucescu, che ha creato una squadra ricca di talenti brasiliani che si trasferiscono nelle prigioni dorate dell’Ucraina solo per vivere un calcio intriso di gioco di posizione spagnolo e pressing olandese. Dal 2014 lo sradicamento diventa massimo quando scoppia la guerra del Donbass: la regione vuole l’indipendenza e l’Ucraina la bombarda. Da qualche anno la Donbass Arena è bucata dalla bombe, cavi metallici che pendono tra i piloni, detriti ovunque. Lo Shakhtar, nel frattempo, continua a giocare, trasferendosi ogni volta a Kiev, e a costruire squadre di calcio raffinate e dallo spiccato gusto estetico. Mentre fuori ci sono letteralmente le bombe e la morte. Il suo senso, quindi, è stato per certi versi un’anticipazione di ciò che avremmo vissuto nel calcio pandemico: un’industria dell’intrattenimento inarrestabile mentre le persone muoiono.

Ma perché lo Shakhtar compra così tanti brasiliani? Ovviamente c’è un discorso di convenienza economica che si sposa con quella tecnica. Lo Shakhtar pesca i giocatori soprattutto dall’Under-20, in un’età in cui costano ancora poco, e i giocatori hanno l’occasione di svilupparsi e mettersi in mostra in una squadra che gioca sempre le competizioni europee. Tutto è cominciato con i contatti di Mircea Lucescu con gli agenti brasiliani, uno in particolare: il franco-algerino Franck Henouda. Un uomo con una storia assurda: prima di lavorare nel calcio era al Club Med. A cambiargli la carriera è stata la scoperta del portiere Claudio Taffarel.

Poi il rapporto tra brasiliani e Shakhtar è diventato un atto di fede: «Ho sempre amato il calcio brasiliano» ha detto Lucescu. Allo Shakhtar parlano dei calciatori brasiliani come puri agenti di felicità: «I calciatori brasiliani aggiungono i colori al nostro gioco». «Volevamo attirare i tifosi. È lì che ci è venuta l’idea di comprare giocatori brasiliani. Se volevo qualcos’altro avremmo comprato argentini e uruguaiani. Solo i brasiliani mettono in piedi uno show» ha detto Lucescu. Quest’anno, tra Champions ed Europa League, lo show è stato il solito: partite di possesso palla estenuanti, giocatori con un controllo molecolare del pallone in spazi stretti, un po’ di fumosità. Diversi talenti messi in mostra, partite eccezionali contro il Real Madrid, eccezionali in negativo contro il Borussia Monchengladbach. Poi questa eliminazione contro la Roma, che col vecchio allenatore dello Shakhtar, si è dimostrata solo più furba e completa. In ogni caso, lo show non sembra doversi fermare.


Come andranno i quarti di finale

Granada-Manchester United

Zero-zero all’andata tiratissimo e super violento e rissoso. Il Granada la mette sulla guerra nella giungla sin dal primo minuto di gioco. Provoca, scalcia, dà dei pugnetti sul costato a palla lontana - forti il giusto perché il VAR non possa intervenire. I giornali inglesi all’indomani scrivono che il Granada, gli spagnoli e la Spagna in generale è un popolo inferiore che non ha alcun senso dello sport e della decenza umana. Chiedono a Solskjaer cosa ne pensa e lui dice che dalla panchina non si vedeva niente. Al ritorno altra partita morta con poco da dire e tiri in porta rari come un disco di Burial. Segna Maguire in mischia nel secondo tempo supplementare su sponda di Lindelof.

Villarreal - Dinamo Zagabria

Visti i problemi legali dell’allenatore della Dinamo Zagabria, la squadra croata chiederà a Unai Emery se può allenare anche loro per i quarti di finale. Emery accetterà perché comunque è il modo più sicuro per arrivare in semifinale della Coppa che ama più dei suoi figli. Per comodità i giocatori si ritroveranno ad allenarsi insieme nel giardino di casa Emery, dove passeranno due settimane in armonia imparando ad amare l’Europa League. In campo le due squadre si sfideranno con passione, ma rispetto. Dopo uno 0-0 al Maksimir, al ritorno sarà una doppietta di Bacca, diventato il mentore della comitiva per i suoi trascorsi nella Coppa, a decidere la sfida. I giocatori comunque si troveranno così bene a casa dell’allenatore spagnolo che decideranno di rimanere lì. Emery fonderà una comune basata sui principi dell’Europa League dove calciatori Europa League potranno andare a trovare se stessi. Sarà un successo.

Roma - Ajax

Roma e Ajax daranno vita al quarto di finale gran lunga più spettacolare. Le due squadre si affronteranno a viso aperto, all’andata gli olandesi vinceranno 4-3. Al ritorno, passata la sbornia del turno di Champions, avranno gli occhi del mondo addosso, perché il calcio è sempre alla ricerca di una bella storia. In un Olimpico tristemente vuoto la Roma sentirà l’obbligo morale di riscattare dolorose eliminazioni della sua storia europea. Una gigantesca operazione commerciale costringerà però a mettere in campo Pietro Castellitto negli ultimi 15 minuti di gioco, come lancio della Serie TV su Francesco Totti. In molti non si accorgeranno della differenza con Borja Mayoral e alla fine sarà proprio l'attore a decidere la sfida in favore dei giallorossi.

Arsenal-Slavia Praga

L’unico motivo per cui l’Arsenal non si farà eliminare dallo Slavia Praga è per non perdere l’occasione di farsi eliminare da Emery in semifinale. Per l’occasione il tecnico rilascerà una conferenza stampa in inglese, e con un inglese dai tratti sempre più impressionistici, e gesticolato fino alle estreme possibilità della mimica umana.


Dimmi che brasiliano della storia dello Shakhtar preferisci e ti dirò chi sei

Brandao

Primo della stirpe dei brasiliani allo Shakhtar, ha giocato in Brasile, Ucraina, Francia e Grecia. All’Olympique Marsiglia aveva un po’ l’aria da Drogba dei poveri, con i capelli lunghi raccolti all’indietro, il fisico alto e slanciato.

Se Brandao è il tuo giocatore preferito sei uno che nella bio su twitter ha scritto “backpackers”. Fai arrampicata e non c’è un secondo della tua vita in cui non stai provando a rimorchiare qualcuno, e al contempo a far finta che non te ne frega niente. Hai sempre l’aria indaffarata, su Tinder hai messo foto in cui ti arrampichi sulle pareti, ma in angoli strategici in cui i muscoli sono alla giusta tensione.

Ilsinho

Un giorno i tuoi vecchi compagni di scuola tirano fuori una vecchia foto e si ricordano di te. Si sentono in colpa di non averti invitato alla pizzata, ma si erano scordati. A scuola ti confondevi nella carta da parati, e sono passati vent’anni. Come facevano a ricordarsi di te. Si chiedono che fine hai fatto, che fai nella vita. Qualcuno dice di averti amico su Facebook, si sforza di ricordarsi. Tu fai la guardia giurata, vivi ancora con tua madre, hai l’hobby delle armi ad aria compressa. Non te la passi male, sei un irregolare, la vita dei tuoi vecchi compagni non ti interessa, il loro oblio è il tuo orgoglio.

Douglas Costa

Lavori in un’azienda di comunicazione nel settore marketing. Hai avuto una sola storia d’amore importante, poi ha pensato che le donne non meritavano la tua attenzione. Ne cambi una a settimana, i tuoi amici ti invidiano, per il tuo lavoro, la tua simpatia e i tuoi pettorali. Tu, però, dentro soffri, e ogni martedì chiedi alla tua terapista se riuscirai mai a ricucire la distanza tra quello che sei e quello che sembri.

Fernandinho

Rappresentante d’istituto, politica universitaria, una carriera intera nei giovani del PD. Il volontariato alla Festa dell’Unità di Agliana. La stessa fidanzata da tutta la vita, l’hai conosciuta a scout. Ora hai 35 anni, lavori nella pubblica amministrazione e pensi di essere felice. Questo è quello che dici quando ogni domenica vai a trovare i tuoi che si sono trasferiti in campagna. Quando ti chiedono perché non hai figli la tua compagna abbassa lo sguardo e tu non sai cosa rispondere.

Willian

Ti sei laureato in giurisprudenza a 25 anni con lode e bacio accademico, tutto pronto per l’ingresso trionfale nello studio di papà nel quartiere Prati, dove già hai svolto qualche lavoretto tra una sessione d’esami e l’altra. Una sera però un amico ti fa vedere Zeitgeist: the movie e capisci che non vuoi più essere un ingranaggio nel sistema capitalistico. Ti trasferisci in Alaska con una roulotte grazie a un assegno che mamma ha falsificato dal libretto di papà.


Non vendere la pelle dell’Orsic prima di averlo ucciso*

Mislav Orsic era arrivato allo Spezia nel 2013. Era un Nazionale under-21 croato, giocava nell’Inter Zapresic ma non era un considerato un predestinato. Un conto, però, è non sembrare predestinati, un altro è fare la panchina in Serie B a Rivas, Carrozza, Catellani e Giannetti. Orsic ha giocato meno di 300 minuti distribuiti su 11 presenze e dopo pochi mesi si parlava di un suo ritorno in Croazia. Al Rijeka Orsic non riesce neanche a debuttare, lo mandano in prestito al Celje, in Slovenia, come fosse una scarpa vecchia. Segna un solo gol in una decina di presenze: la sua carriera pare triste e francamente senza senso. Servirebbe l’investigazione di un agente segreto per capire come ha fatto, poi, a finire a giocare in Corea del Sud. La squadra che lo accoglie si chiama Jeonnam Dragons e i suoi compagni di squadra non riesco a pronunciare il suo nome, che ha il problema di avere due lettere in più del normale. Quindi devono cambiargli il nome da Orsic e Orsha. «È comodo chiamarlo Orsha, e mi piace» dice il capitano della squadra. In Corea la sua carriera funziona così bene che si guadagna un trasferimento in Cina, al Changchun Yatai. Non riesce ad ambientarsi e dopo un anno torna in Corea all’Ulsan Hyundai. È come se avesse vissuto una carriera al contrario, con la coda malinconica all’inizio e il riscatto alla fine. Solo dal 2019, a 27 anni, il talento di Orsic comincia a essere riconosciuto. Dopo essere tornato in Croazia, alla Dinamo Zagabria, e dopo l’esordio in Nazionale. La scorsa stagione ha segnato una tripletta all’Atalanta, finalizzando con freddezza azioni costruiti dagli altri. A rubargli la scena era stato Dani Olmo, dribblomane che aveva squagliato il sistema di marcature a uomo dell’Atalanta. Oggi Olmo è al RB Lipsia mentre Orsic, con la maglia numero 99, è ancora al suo posto nella Dinamo Zagabria. Ha superato i 20 gol lo scorso anno ed è sulla buona strada per riuscirci anche in questo. La sua reputazione è arrivata a un punto tale che Mourinho, dopo la partita, ha dichiarato di aver studiato i gol di Orsic prima della partita, di averli mostrati ai suoi giocatori per avvisarli sui contorni del pericolo. Non è servito a molto, visto che Orsic ha segnato in modi che, sostanzialmente, non possono essere evitati.

Il primo gol è anche il più bello e impossibile. Ha ricevuto palla in transizione dalla mattonella classica dell’ala sinistra, col primo controllo con l’interno sinistro si è ricavato un po’ di spazio, ma poi c’era da mettere la palla all’incrocio dei pali opposto. Orsic lo ha fatto calciando di mezzo esterno con una tecnica raffinata e che appartiene a pochi.

https://twitter.com/SkySport/status/1372902640120688640?s=20

Nel secondo chiude con un piatto perentorio un inserimento precipitoso in area di rigore. Nel terzo, di nuovo, segna prendendo una palla innocua e mettendola in porta. È partito poco oltre il centrocampo e ha dribblato tre giocatori passandogli in mezzo con quello stile di dribbling da sciatori che lo accomuna ad altri talenti croati come Prosinecki e Kovacic. In Croazia si dice sia piuttosto discontinuo ma non basta a capire perché la sua carriera ha preso delle strade così inusuali: la dolcezza del suo primo controllo è evidente, la capacità e la varietà tecnica del suo calcio verso la porta anche. A 29 anni potrebbe essere tardi per immaginare una sua carriera ad altissimi livelli, ma in un mercato senza soldi e con disperato bisogno di idee ci sarà pure qualcuno a voler scommettere su questo late bloomer.

*Battuta rubata a Riccardo Trevisani


“Lads, it’s Tottenham”

Qualche anno fa Roy Keane ha raccontato di quando, prima di una partita contro il Tottenham, Alex Ferguson ha subito messo le cose in chiaro in uno dei suoi leggendari discorsi prima del fischio d’inizio. «Non avevamo bisogno di un grande discorso», ha dichiarato Roy Keane «Eravamo in casa del Tottenham. Ho pensato: “Ti prego non parlarci del Tottenham: lo sappiamo tutti che squadra è, sono carini e ordinati ma poi noi gli passiamo sopra”. Lui è entrato e ha detto: “Lads, it’s Tottenham” (cioè: “Ragazzi, è il Tottenham”), e ha finito”. Da quel giorno la frase di Ferguson è diventata un meme da utilizzare nei momenti in cui il Tottenham si comportava da Tottenham, come ha fatto ieri a Zagabria facendosi recuperare il vantaggio dell’andata per 2-0. Dopo l’incredibile tripletta di Orsic inevitabilmente la frase è riemersa, fondendosi con la notizia della condanna a quasi 5 anni di carcere arrivata pochi giorni prima per l’allenatore della Dinamo Zagabria, Zoran Mamic (ci arriviamo), e dando vita a una nuova wave di meme Super Sayan. Tipo questo:

https://twitter.com/Dazzathfc1882/status/1372639795868995585

questo:

https://twitter.com/9jordsss/status/1372645342919933952

e questo:

https://twitter.com/MrKeshaiv/status/1372643798313009159


La storia di Zoran Mamic

L’ex allenatore della Dinamo Zagabria, in realtà, non era fisicamente in carcere e, anzi, a fine partita è andato negli spogliatoi a festeggiare con i suoi giocatori, abbracciandoli quasi uno ad uno (nel video qui sotto è quello con quel maglione pesante grigio con il cappuccio che forse avete visto già addosso a Pep Guardiola).

Zoran Mamic si era dimesso solo quattro giorni fa, dopo che la Corte Suprema della Croazia aveva confermato in via definitiva la condanna per lui a 4 anni e 8 mesi di carcere per frode fiscale (per la legge croata, con una condanna di quattro mesi più alta sarebbe dovuto andare davvero in carcere direttamente). Zoran Mamic è il fratello minore di Zdravko Mamic - procuratore, ex direttore esecutivo della Dinamo Zagabria e deus ex machina del calcio croato, anche lui condannato in via definitiva a sei anni e mezzo di reclusione. Insieme, i fratelli Mamic, attraverso un sistema di collusioni dentro alla Dinamo e alle istituzioni sportive croate, sono riusciti a prelevare dai conti della squadra e di alcuni giocatori sotto procura una cifra intorno ai 15 milioni di euro non dichiarati al fisco. Il loro processo è arrivato a conclusione, come detto, il 15 marzo ma andava avanti da anni, con alcuni colpi di scena degni di Game of Thrones.

Zdravko Mamic entra ed esce dalla Croazia da anni, a seconda dell’andamento della giustizia: spesso è andato negli Emirati Arabi Uniti (dove anche Zoran Mamic ha allenato l’Al Ain dal 2017 al 2019), altre volte invece in Bosnia, suo paese d’origine, dove circa tre anni fa è stato gambizzato in un agguato. Zdravko Mamic è stato, tra gli altri, procuratore di Luka Modric - che secondo l’accusa avrebbe dovuto corrispondergli per anni circa la metà del suo stipendio, a volte consegnandogli i soldi a mano. Qualche anno fa proprio Modric fu al centro delle polemiche in Croazia per essersi rimangiato la sua testimonianza nel processo e per questa ragione il centrocampista del Real Madrid fu anche accusato temporaneamente di spergiuro. In Bosnia Zdravko Mamic è fuggito di nuovo il giorno prima della pronuncia della Corte Suprema croata, dichiarando poi sulla sua pagina Facebook di aver saputo della condanna in anticipo da un ex arbitro che aveva accidentalmente sentito i giudici discutere (ok).

Zoran Mamic, invece, è rimasto ma, come aveva precedentemente dichiarato, si è dimesso da allenatore della Dinamo il giorno in cui la sua accusa è stata confermata. Era tornato in Croazia nel ruolo di direttore sportivo nell’estate del 2019, a circa un anno dalla condanna d’appello, dopo aver passato sei mesi ad allenare l’Al-Hilal, in Arabia Saudita. Appena tornato, alla sua prima conferenza stampa, aveva dichiarato: «Cos’è la morale? Molti giornalisti mi hanno già condannato. Ma il verdetto non è ancora definitivo e nel nostro sistema esiste la presunzione d’innocenza». La scorsa estate è tornato ad essere l’allenatore della Dinamo, a circa cinque anni dall’ultima volta in cui si era seduto sulla sua panchina. Allora aveva chiuso con una fase a gironi di Champions League in cui la Dinamo aveva battuto l’Arsenal all'esordio, senza però riuscire a qualificarsi né per la fase ad eliminazione diretta né all’Europa League da terza, dopo aver perso tutte le altre partite. Oggi, ancora una volta, la sua avventura si è fermata sul più bello.


Quella volta in cui Joe Hart si era dimenticato di essere stato appena eliminato dalla Dinamo Zagabria

https://twitter.com/goal/status/1372864838200872962




La reazione dei tifosi della Dinamo Zagabria

Quando Orsic ha squarciato la difesa del Tottenham per la terza volta, tutti abbiamo pensato a cosa sarebbe potuto essere. Con i tifosi, lo stadio Maksimir sarebbe esploso come una supernova, regalando uno spettacolo unico. Una parte rilevante della narrazione del calcio balcanico è nel calore delle tifoserie, come abbiamo raccontato altre volte in questa rubrica. I tifosi della Dinamo hanno però pensato di risolvere la cosa portando lo stadio in strada. In tempi di distanziamento sociale non il massimo, ma insomma: non sta a noi fare moralismi. I tifosi poi sono stati raggiunti dai stessi giocatori, che hanno festeggiato con loro.




Quanti anni ha?

Quanti anni ha, per esempio, Allan McGregor, estremo difensore della porta del Glasgow Rangers fresco campione di Scozia? McGregor ha esordito nei Rangers nel 2001, quando aveva 19 anni e Nanni Moretti aveva vinto la Palma d’oro al Festival di Cannes con La stanza del figlio. Nel 2012, a seguito dei problemi finanziari del club, è riuscito a svincolarsi ed è tornato a casa solo da vecchio, partecipando però alla storica risalita dei Rangers e a questa storica vittoria del campionato. Oggi ha 64 anni.

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Una buona serata per lo Slavia, una brutta per Kolar

Stava andando tutto bene per lo Slavia, in grado di dominare in trasferta i Glasgow Rangers di Gerrard, che quest’anno ha segnato tipo un milione di gol. A un certo punto però Kemar Roofe è entrato con lo scarpino in pieno sulla faccia del portiere dello Slavia Ondrej Kolar. Un impatto tremendo che preferiamo risparmiarvi, così come le immagini successive del portiere steso a terra con il volto coperto di sangue. Kolar è uscito in barella, ma è rimasto a vedere la vittoria dei suoi compagni. Roofe è stato espulso e - per non venire meno a un classico istinto dei giocatori - ha provato a protestare come se non fosse un’entrata da rosso. In tutto questo dolore, ci è rimasto almeno un tweet divertente.

https://twitter.com/Jack0fThieves/status/1372675133635227651


Mourinho vorrebbe uccidere i suoi giocatori

https://twitter.com/btsportfootball/status/1372655242949632007

Come immagino saprete, dopo l’amara sconfitta di ieri sera Josè Mourinho ha pensato di fare un gesto di grande sportività andando ad applaudire la Dinamo Zagabria negli spogliatoi. Ma era un gesto di sportività o un modo per far sentire ancora più inutili e colpevoli i suoi giocatori?

Nell’intervista post-partita ha raggiunto picchi retorici esistenziali, con un’abilità comunicativa consumata forse più nell’efficacia che nello stile. Il suo discorso parte dall’idea che lui conosceva le insidie della partita e che aveva fatto di tutto per comunicarle ai suoi giocatori: «Giocate la partita per essere dominanti. Non cercate un’altra direzione, nemmeno quella dello zero a zero». I giocatori, però, non lo hanno capito.

I complimenti alla Dinamo Zagabria raggiungono toni epici, per rendere ancora più evidenti le colpe dei suoi giocatori: «La Dinamo ha lasciato il cuore, l’energia, il sangue. E alla fine anche lacrime di gioia. Sono stati umili e hanno dato tutto. Devo congratularmi con loro». Adesso arriva il brutto: «Dall’altra parte, la mia squadra. Ripeto, la mia squadra. Non sembrava stessero giocando una partita importante»; e ora arriva la distinzione più importante: «se per qualcuno non era importante, per me lo era». Mourinho quindi ha fatto un discorso emotivamente molto denso, e con la faccia appesa e gli occhi tristi è riuscito a far passare il messaggio della sua devastazione personale. È servita a rafforzare il messaggio, quello per cui alla squadra, invece, non fregava niente. Ha detto che lui aveva rispetto, per sé stesso, per la sua storia, per il suo lavoro. Sottintendendo quindi che la sua squadra non l’aveva avuto.

La fine di Mourinho è iniziata quando ha perso dalle mani i suoi giocatori, ha iniziato a usarli per congratularsi con sé stesso più che per avere un sincero rapporto. Ne abbiamo scritto qui, dei suoi litigi, delle sue polemiche. Quando è arrivato al Tottenham - e lo abbiamo visto in All or nothing - ha iniziato a trattare il gruppo con sufficienza, gli ricordava che dovevano diventare un mucchio di stronzi che vincevano le partite, che fino a quel momento erano stati belli e buoni. Beh, oggi possiamo dire che, almeno da questo punto di vista, il suo lavoro non sta pagando.


Chi sa solo di Europa League non sa niente di Europa League

L’attaccante con più gol in Europa League? El Tigre. Uno dei giocatori più assurdi visti in Europa League negli ultimi anni? El Bufalo. E poi, altri calciatori con soprannomi di animali che hanno giocato in Europa League (quindi sto ignorando la Coppa Uefa): La Foquita Farfan, El Toro Lautaro Martinez, La formica atomica Sebastian Giovinco. Che dite è abbastanza per fare un quiz a tema zoologico? Direi di sì, visto che è tipo il 100esimo quiz sull’Europa League e le idee iniziano a scarseggiare, probabilmente per colpa di Guardiola. Dopotutto se c’è una cosa che mette tutti d’accordo, dopo l’Europa League sono gli animali. Gli animali non costruiscono dal basso, non usano la VAR a loro piacimento, non scrivono editoriali. Gli animali però spesso costituiscono l’araldica delle squadre e, come abbiamo visto, dei calciatori. Inoltre gli animali sono spesso più intelligenti e simpatici delle squadre di Champions League, sicuramente ci tengono più compagnia. Insomma, se volete sentire parlare ancora di animali, compratevi L’Anello di Salmone, ora è tempo di quiz.

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1) Quanti gol ha segnato il Gallo Belotti in Europa League?

a) 2

b) nessuno

c) 6

2) Perché il giocatori del Leicester sono conosciuti come Le volpi?

a)Perché la contea di Leicestershire è dove è nata la caccia alla volpe moderna

b) Perché il primo allenatore della squadra si chiamava Richard Fox

c) Perché al campo di allenamento del Leicester è facile incontrare delle volpi

3) El Conejo Saviola, ovvero il coniglio, quante partite ha giocato in Europa League?

a) 0, solo Coppa Uefa

b) 23

c) 15

4) E la gallina Maxi Lopez?

a) 4

b) 29

c)16

5) In che partita di Europa League c’è stata una coccolosa invasione di campo di un cane?

a) Stella Rossa - Istanbul Basaksehir

b) Slavia Praga - Sheriff

c) Vardar-Rosenborg

6) Tra questa lista di squadre che hanno partecipato all’Europa League e il loro simbolo animale c’è un solo errore, sapresti individuarlo?

Lille - Mastino

Napoli - Ciuccio

Roma - Lupa

Wolfsberger - Lupo

Sparta Praga - Toro

Tottenham - Gallo da battaglia

Ludogorets - Aquila

Benfica - Aquila

Young Boys - Orso

Risposte:

1) b: Nessuno. Il Gallo ha segnato al 6 gol nei preliminari di Europa League, ma non è mai arrivato alla fase a gironi.

2) a: La contea di Leicestershire è famosa per la caccia alla volpe. Qui si teneva la Quorn Hunt, la più rinomata del mondo.

3) c: 15, tutte con la maglia del Benfica tra il 2009 e il 2011, segnando anche 5 gol.

4) a: 4, con 3 gol, nella magica stagione del Toro di Ventura.

5) c: In Vardar-Rosenberg. Un husky, per la precisione, che si è fatto accarezzare dal portiere di casa.

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6) Sparta Praga - Toro. Il simbolo dello Sparta Praga è una S e il ferro.


Quanto pesa il pallone dell’Europa League?

La regola 2 del gioco del calcio stabilisce che il pallone debba essere sferico, e vabbè, con una circonferenza compresa tra 68 cm e 70 cm e un peso compreso tra 410 e 450 grammi (corrispondente a circa 1 libbra nel sistema imperiale). Deve essere inoltre gonfiato a una pressione compresa tra 0,6 e 1,1 atmosfera sul livello del mare, e ricoperta da cuoio o altro materiale idoneo. A questo peso, però, va aggiunto il peso dei sogni. Per questo possiamo affermare con assoluta certezza, che tra tutti i palloni, quello dell’Europa League è il più pesante (anche se a vederlo sembra il contrario veramente).


Una rubrica di cui onestamente ci eravamo scordati: Organizza la tua trasferta online

Prendi un treno, amico mio, oppure un pullman, la bici, addirittura la tua macchina e vieni a Roma (quando sarà possibile). Intanto, visitiamola con la fantasia. Roma è forse il posto migliore dove potete capitare, se non ci capitate davvero. La storia, l’arte e la cultura superano gli ingorghi del GRA per trovare persone disposte a dire che, insomma, Roma caput mundi. Poi uno ci va davvero e dice cose tipo: “eh, però gli autobus, le buche, la disorganizzazione, la sporcizia”. Ma non siamo qui per farci dire come dovrebbe essere la capitale del nostro Paese (e poi chi l’ha detto che queste cose siano sbagliate per una città?), siamo qui per far finta di visitare con la fantasia un posto in cui comunque la maggior parte di voi sarà già stato o magari ci vive e la conosce meglio di me che scrivo (e certo che se usate questa rubrica per informarvi davvero, forse dovreste farvi un paio di domande).

Un museo: Museo Napoleonico

Uno dice: “perché devo venire a Roma per vedere un Museo su Napoleone?” Onestamente non lo so, magari vi piace un sacco quella storia lì, quest’anno ricorre anche il 200esimo anniversario della sua morte. Il museo è in un bel palazzo, dentro ci sono grandi tele, ma anche arredamento, stanze, storia della famiglia Bonaparte. Se volete sentirvi dentro a Barry Lyndon per un paio d’ore, vi troverete bene. Inoltre sempre nello stesso complesso del Palazzo Primoli c’è la Casa Museo Mario Praz, che è esattamente come vi immaginereste la casa di un intellettuale del ‘900 che amava collezionare oggetti. Andate anche lì.

Una porta: la porta alchemica di Piazza Vittorio

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All’interno di una grande piazza in stile vittoriano appena ristrutturata, si trova questa porta su cui il marchese Savelli di Palombara fece incidere strani simboli magici. La storia racconta che sono opera di un famoso alchimista che aveva passato la notte nel giardino della villa del marchese a cercare un'erba capace di produrre oro. La mattina l’alchimista era scomparso attraverso quella porta lasciando dietro di sé alcune scaglie d’oro e appunto il foglio con i simboli, non riuscendo a decifrarli il marchese li fece incidere sulla porta. Venite per la porta, restate per il quartiere Esquilino.

Un piatto: supplì

Non credo possano davvero definirsi un piatto, visto che si mangiano con le mani, ma i supplì sono la cosa migliore della cucina romana. Farli a casa è da pazzi, io vi avverto, ma tanto lo scopo di questa parte della rubrica è disincentivare la vostra volontà di cucinare. Se siete convinti: prima di tutto fate un bel ragù. Come si fa il ragù? Cercate su Google. Perché una ricetta romana inizia con un procedimento non romano? Non lo so, non fate domande. Al ragù aggiungete il riso e continuate a cuocere finchè non sembra tutto dannatamente buono. Adesso però arriva il difficile: fate freddare il riso senza mangiarlo. Una volta freddo ne prendete un po’, ci infilate dentro della mozzarella perfettamente sgocciolata e ne fate una palla, la passate nell’uovo e poi nel pangrattato. Molti sottovalutano il pangrattato, ma è la parte fondamentale, cercate un buon pangrattato, né troppo fino né troppo grosso. A questo punto arriva il momento di friggere, un’operazione che personalmente mi sento di sconsigliarvi, sia perché me lo impone la deontologia professionale, sia perché se leggete questa rubrica probabilmente non avete idea di come si faccia.

Un ufficio: l’ufficio de L’Ultimo Uomo

No scherzo, non siamo così autoreferenziali.

Un souvenir: un sampietrino

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Si possono vendere i sampietrini? Non ne ho idea. Qui lo fanno, ma li chiamano con la n, sanpietrini e un po’ mi puzza che non siano originali. I sampietrini sono la singola cosa più unica di Roma. Chi ha pensato di costruire delle strade con delle pietre al posto dell’asfalto? Perché la città di Roma non si affretta a mettere fine a questa tortura? Il Sampietrino rappresenta molto bene la città: affascinante in una foto scattata lungo l’Appia Antica, scomodissima per il resto.

Un mezzo: il Tram 19

Volete salire su un mezzo costruito prima della vostra nascita che attraversa lentissimo tutta Roma, ma non volete un cavallo? Il tram 19 fa per voi: partenza nel quadrante est della città, arrivo ai piedi di Città del Vaticano, in mezzo Trieste-Salario, un ponte sul Tevere e Prati. Portatevi il pranzo al sacco.




Gruppi anni 70 in cui poteva suonare Alan Patrick

Alan Patrick è un calciatore brasiliano dello Shakhtar. Magari vi può suonare strano questo nome, ma per dire c’è anche un lottatore MMA con lo stesso nome, sempre brasiliano. Comunque a me sembrava strano, una di quelle storie in cui il padre era fan di Alan Smith (quello del Leeds) e Patrick Wiggins, l’astronomo americano. Alan Patrick, più che da centrocampista è un nome da persona che ha fatto successo facendo musica negli anni ‘70 e che adesso vive ritirato nel sud della Francia.

The Alan Parsons Project

Vabbè, quasi scontato: se Alan Parsons era il capo del progetto, perché Alan Patrick non poteva essere una delle chitarre?

Gong

Immaginate: furgone che viaggia lungo le strade assolate del Queensland, maglie psichedeliche, collane intrecciate, sigarette accese, chitarre a portata di mano. Si discute di come continuare la Trilogia di Radio Gnome Invisible. Seduto in fondo, con molti pensieri per la testa, il bassista Alan Patrick.

Sounds Of Unity and Love

Oppure: Cleveland, 1970. La musica dei gospel esce dalle chiese cristiane-metodiste e sposa il clima di pace e amore che inizia a circolare per le strade. A Lee Lovett, Gus Hawkins e Paul Stubblefield si aggiunge Alan Patrick e le sue dita magiche. Sarà un successo breve ma memorabile.

Earth, Wind & Fire

Tra le decine e decine di musicisti passati per questo storico gruppo, Alan Patrick è quello che ha lasciato l’impressione migliore tra i colleghi.


Giocatore più Europa League: Miralem Sulejmani

Quanto ci abbiamo creduto: 8

Quanto è stato realmente forte: 6

Quanto è caduto in disgrazia: 9

Quanto sembra depresso: 9

Non ricordo più in quale edizione, ma a un certo punto Miralem Sulejmani era fortissimo a PES. Almeno era fortissimo nella versione stracciona a cui giocavo io, dove per qualche motivo bisognava prendere solo giocatori sconosciuti. Insomma, è difficile per me valutare ora quanto è stato davvero forte Miralem Sulejmani, ma quanto meno abbastanza per farsi comprare dall’Ajax dopo una grande stagione dell'Heerenveen a neanche 20 anni. Fino all’acquisto di Neres e poi Haller (che però non può essere in questa rubrica visto che l’Ajax si è dimenticato di inserirlo nelle liste dell’Europa League) Sulejmani era l’acquisto più oneroso della storia dei Lanceri. Insomma questo livello di hype qui c’era intorno a lui.

Sulejmani era tipo da grandi gol

Sulejmani giocava accanto a Suarez e Huntelaar e il suo destino doveva essere quello di tutti i migliori talenti passati da quelle parti: essere rivenduto a peso d’oro. Piano piano però il serbo è diventato in qualche modo un giocatore “da Ajax”, rimanendo nella squadra olandese per ben cinque stagioni, prima di firmare come parametro zero per il Benfica. Dopo due stagioni in Portogallo si è trasferito allo Young Boys, dove gioca ormai da cinque stagioni. Prima della sfida con il suo vecchio club ha detto «Non immaginavo la pressione che si sente quando si gioca con un club così grande». Eppure in una maniera molto periferica, Sulejmani ha giocato solo in grandi squadre, squadre che puntano a vincere e, mentre noi ci dimenticavamo di lui, il suo palmares è cresciuto sempre di più. Quanti giocatori possono dire di aver vinto 8 campionati (3 olandesi, 2 portoghesi, 3 svizzeri) più altre 6 coppe nazionali sparse?


Ousseynou Ba ci ricorda cosa significa giocare in Europa League

Con meno di 10 minuti da recuperare e la sua squadra in vantaggio all’Emirates Stadium ma con due gol da recuperare, Ba è stato espulso. Un’espulsione severa: dopo aver preso un primo giallo per aver sbracciato su Martinelli, Ba ha colpito con un pugno il pallone, un gesto non violento, più frustrazione che di insulto all’arbitro, che però è stato intransigente e gli ha mostrato il secondo giallo. A quel punto Ba è scoppiato in un pianto sconsolato.

Se non è questo amore per l’Europa League, non sappiamo cosa lo sia.


Gol più Europa League: Orsic

Virilità: 10

Assurdità: 10

Anti-epicità: 0

Paura della morte: 0

Sta diventando sempre più difficile definire cosa o chi è un gol Europa League anche per noi che questa rubrica l’abbiamo inventata e quindi possiamo fare come ci pare. Ad esempio questa settimana la sfida era tra l’autogol di Vallejo contro il Molde - un autogol ridicolo, assurdo e inutile, nella partita meno seguita degli ottavi - e il terzo gol di Orsic contro il Tottenham, che è all’opposto spettro dei gol possibili. Sapete anche voi perché possono tutti e due essere gol Europa League, ed è proprio questo il bello. Alla fine l’ha spuntata Orsic perché bisogna rendere il giusto merito a un momento di assoluta rottura dell’ordine costituito: un giocatore che fino a due anni fa giocava in Corea che segna tre gol per eliminare il Tottenham. L'ultimo quello decisivo è un gol pazzesco, dopo che il primo era stato un gol semplicemente irreale. Se anche voi trovate impossibile questa cosa, siete in buona compagna. Eppure è successo, ecco come nascono i gol Europa League.


Chi merita di chiamarsi “diavoli”, il Milan o il Manchester United?

Matt Busby, storico manager del Manchester United, ha preso ispirazione dalla squadra di rugby di Salford che, impegnata in un tour di partite negli anni ‘30 in Francia, era stata ribattezzata “Les diables rouges”. Ha così convinto di risidegnare persino lo stemma del club negli anni ‘70 mettendo un diavolo che potesse suonare intimidatorio (per chi non lo sapesse: la cultura occidentale, specie quella di stampo cattolica, associa l’icona del diavolo alla cattiveria, all’oscurità e al male assoluto).

Per quanto riguarda il Milan, invece, l’idea fu del fondatore Herbert Kilpin. Quando deve immaginarsi come sarà la sua squadra dirà «Saremo una squadra di diavoli. I nostri colori saranno il rosso come il fuoco e il nero come la paura che incuteremo agli avversari! Il diavolo non ha paura di assidersi su qualsiasi braciere e mette la coda ovunque». Insomma, roba potente. Se quella di Busby sembra una semplice operazione di marketing, il Milan nasce come una squadra di diavoli in sé, non c’è storia.


Cose che accadono solo in Europa League

Bentornati all’unica meta rubrica che l’autore scrive solo se anche lui è meta convinto. Al contrario di quello che è il pensiero comune (meno squadre, meno assurdità) è stato un turno incredibilmente pieno di cose Europa League: un allenatore in carcere che batte Mourinho, un portiere che non sarà più lo stesso, un allenatore con la coppola, un allenatore che ne insulta un altro, lo Slavia Praga. Ma le cose davvero importanti che succedono in Europa League le teniamo per questa rubrica, che è come il Santo Graal in Indiana Jones, per arrivarci devi avere almeno due ore libere.

L’Europa League, ma se a giocarla fossero delle foche

L’Europa League, ma se fosse un parco acquatico

L’Europa League, ma se fosse una gara di lancio del giavellotto

L'Europa League, ma se fosse un immagine che racconta il nostro umore nell'ultimo anno

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L’Europa League, ma se fosse un servizio per Sport Illustrated

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E con questo ci salutiamo e ci ribecchiamo tra qualche settimana.


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