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Dario Vismara
I Phoenix Suns sono oltre il concetto di all-in
19 giu 2023
19 giu 2023
Lo scambio per Bradley Beal li costringe a vincere, e in fretta.
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Dario Vismara
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IMAGO / ZUMA Wire
(foto) IMAGO / ZUMA Wire
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Solamente pochi giorni fa, quando hanno cominciato a rincorrersi le voci sul possibile addio di Bradley Beal agli Washington Wizards, Brian Windhorst di ESPN aveva avvisato tutti: «Molta gente rimarrà sorpresa di quanto poco costerà prenderlo, perché quel contratto non è attraente». Dopo pochi giorni, la sua previsione è diventata realtà: gli Wizards hanno ceduto il loro All-Star per quello che è forse il “ritorno” più scarno che si sia visto in tempi recenti per un giocatore del suo calibro, considerando che nel pacchetto messo insieme dai Phoenix Suns non c’è neanche un giocatore che rimarrà a roster nel prossimo futuro né una prima scelta al Draft sicura. Ai Suns infatti è bastato cedere i contratti di Chris Paul e di Landry Shamet (entrambi non garantiti dopo la stagione 2023-24), inserire un numero ancora imprecisato di seconde scelte al Draft (da un minimo di quattro a un massimo di sette) e due “pick swap” (nel 2024 e nel 2026, gli unici due scambi di scelte rimasti ai Suns che hanno già impegnato il resto del loro futuro al Draft nello scambio per Kevin Durant coi Brooklyn Nets) per portarsi a casa un realizzatore come Beal, formando un nuovo “Big Three” in Arizona per cercare di raggiungere un titolo NBA che, a questo punto, è il risultato minimo da ottenere visto quanto sta investendo il proprietario Mat Ishbia e quanto costerà questo roster negli anni a venire.L’alba dei nuovi Big Three in ArizonaVolendo ridurre la questione all’osso per quanto riguarda i Phoenix Suns: se hai la possibilità di spendere così poco in termini di asset per prendere uno come Bradley Beal (e, soprattutto, se il suo proprietario è d’accordo e anzi spinge in prima persona per farlo), lo fai senza pensare troppo alle complicazioni future. Ci sono svariati motivi per cui questo scambio può rivelarsi pericoloso sul lungo periodo: il primo e certamente più pesante è il pantagruelico contratto di Beal, quinto giocatore più pagato di tutta la lega pur essendo ben lontano dall’essere un top-5, a oltre 200 milioni di dollari complessivi nei prossimi quattro anni tra cui una player option nell’ultima stagione a 57 milioni, quando avrà già 33 anni. Il secondo, legato al primo, è la presenza della “no-trade clause” che viaggerà con lui fino in Arizona, legando quindi le mani dei Suns che, nel caso in cui vogliano cederlo nuovamente, dovranno prima concordare la destinazione con Beal (ci torniamo dopo). Il terzo è il fit cestistico con le altre due stelle della squadra Devin Booker e Kevin Durant, ma soprattutto le ripercussioni che avrà sulla costruzione del resto del roster, perché i Suns — già piuttosto limitati in termini di flessibilità sul mercato dai contratti al massimo salariale di Booker, Durant e Deandre Ayton — sono destinati a essere legati mani e piedi a questo nucleo per molti anni a venire.A ben vedere, però, questa era l’ultima “finestra” possibile per uno scambio del genere. Dall’1 di luglio infatti entrerà in vigore la prima parte delle regole per le squadre che superano il second apron, cioè una soglia di monte salari posizionata 17.5 milioni di dollari sopra la luxury tax, limitando di molto le possibilità delle squadre che la sorpassano e azzerando o quasi la flessibilità di quelle che lo fanno in anni consecutivi.

Bobby Marks ha riassunto qui tutte le limitazioni per le squadre che superano quella soglia, tra cui la retrocessione automatica della propria prima scelta al Draft all’ultima posizione. Per fare un esempio concreto: i Golden State Warriors nel 2020 non avrebbero avuto la scelta che è poi diventata James Wiseman alla 2, venendo retrocessi d’ufficio alla 30.

I Suns avrebbero teoricamente la possibilità di recuperare un po' di flessibilità cedendo Ayton per recuperare uno o più giocatori dai contratti più piccoli in grado di riempire una rotazione che al momento è veramente ridotta all’osso, senza doversi affidare ai minimi salariali per completare il roster, ma non è chiaro se sul mercato ci sia uno scambio in grado di dare loro un equo valore per la loro prima scelta assoluta del Draft 2018. Magari con il nuovo allenatore Frank Vogel anche il coinvolgimento del bahamense nelle sorti della squadra, arrivato ai minimi termini verso la fine dell’esperienza con Monty Williams, si rinvigorirà ulteriormente. Ma in ogni caso il suo contratto rimane l’ultimo pezzo in mano ai Suns per costruire una squadra da titolo, anche se di caselle da riempire ne mancano davvero molte.Invece di andare a cercare comprimari in grado di portare tiro e difesa attorno a Durant e Booker, i Suns aggiungono un altro attaccante di altissimo profilo, un giocatore con 30 punti nelle mani reduce da una delle sue migliori stagioni in termini di efficienza (55.1% di percentuale effettiva, secondo miglior dato della carriera) a cui verrà chiesto molto meno in termini di playmaking per i compagni, nella speranza che il minor carico offensivo sulle sue spalle gli permetta di essere un difensore migliore rispetto a quanto visto nelle ultime stagioni a Washington, nelle quali la difesa era finita — per usare un eufemismo — piuttosto indietro tra le sue priorità.I Suns hanno certamente una quantità di shot-making vista raramente tutta assieme su un campo di pallacanestro e ci saranno dei quarti in cui, semplicemente, non ci sarà nulla che si potrà fare contro il loro attacco. Trovare una squadra in grado di avere due difensori da mandare contro Booker e KD era già complicato di suo; trovarne anche un terzo per Beal è una missione impossibile. Di solo talento, questo è un gruppo da 50 vittorie in regular season senza neanche sapere come verrà completato il roster dal quinto al quindicesimo giocatore. E questo, quasi automaticamente, ti dà una chance di competere per il titolo o almeno pensare di potercela fare, sempre che la salute sia mediamente benevola.Beal, Booker e Durant sono tutti giocatori con un passato di infortuni alle spalle: la speranza e la scommessa dei Suns è che, dovendo tutti e tre fare “meno” rispetto a quelle che sono le richieste normali per gente del loro talento in termini di Usage, il carico sia meno pesante permettendo di rimanere più freschi nel corso della regular season ed evitare quantomeno infortuni muscolari. C’è in ogni caso un po’ di ridondanza nei loro skill set da dover risolvere: a tutti e tre piace moltissimo tirare dalla media distanza e sono molto meno a loro agio nell’arrivare al ferro; tutti e tre sono eccellenti tiratori ma non particolarmente avvezzi a mantenere alti volumi di conclusioni da tre punti; tutti e tre sono giocatori capaci di passare il pallone, ma nessuno spicca in maniera evidente per playmaking e volontà di mettere in ritmo i compagni di squadra. Il rischio che facciano “scopa” l’uno con l’altro è indiscutibile.Il nuovo allenatore Frank Vogel, insomma, avrà un bel lavoro da fare per fare in modo che gli spazi in campo siano sempre ben divisi senza compromettere le spaziature ed evitare che le tre stelle finiscano per “pestarsi i piedi” l’uno con l’altro. Servirà poi identificare i giusti giocatori di complemento da mettergli attorno: la serie contro i Denver Nuggets ha evidenziato quanto siano importanti “gli altri” in grado di esaltare i pregi delle stelle e nasconderne i difetti, e non è un caso che i vari Kentavious Caldwell-Pope, Bruce Brown e Christian Braun appena arrivati si siano incastrati subito alla perfezione con l’impalcatura creata in precedenza.Purtroppo per loro i Suns hanno pochi dati su cui poter lavorare: Durant ha giocato solamente otto partite nella passata regular season e anche i playoff non hanno dato particolari indicazioni su quali siano i giocatori ideali da mettere attorno a lui e a Booker, visto che l’infortunio di Chris Paul e la sparizione mentale di Ayton sono due variabili troppo grosse per non pesare sulla valutazione finale della cavalcata ai playoff. A conti fatti, però, i Suns sono stati gli unici in grado di battere due volte i Nuggets campioni in una serie: da qui riparte un gruppo per il quale il titolo non è importante, ma l’unica cosa che conta.Una rivoluzione arrivata fuori tempo massimoAvete presente il detto “Chi è causa del suo mal pianga se stesso”, no? Se sono finiti a cedere il loro miglior giocatore dell’ultimo decennio per pochissimi asset, gli Washington Wizards possono solo incolpare la loro scarsa lungimiranza e/o la cocciutaggine nel non riconoscere che non avevano alcuna chance di competere per il titolo. Magari le offerte arrivate in questi anni per Beal non sono state molto superiori a questa, o magari l’editto del proprietario Ted Leonsis (a cui in ogni caso vanno ascritte la maggior parte delle colpe) è sempre stato quello di non cedere la loro superstar. Ma non è un caso che la prima mossa fatta — evidentemente dopo averne discusso anche in fase di negoziazione del contratto — da parte del nuovo capo della dirigenza Michael Winger sia stata quella di cedere Beal, peraltro ritrovandosi in una situazione impossibile.

Il meglio dell’ultima stagione di Beal nella capitale, dove comunque è stato un giocatore amato e rispettato per quello che ha dato dopo essere arrivato nel 2012.

La “no-trade clause” inserita nel contratto limitava enormemente non solo il numero di squadre a cui Beal poteva essere interessato (di fatto ridotto a due: Miami e Phoenix), ma anche il numero di asset che queste squadre potevano essere interessate a cedere (perché offrire se non c’è nessun altra offerta da battere?). Tra le due offerte, gli Wizards hanno preferito quella che dava loro maggiori opportunità di ricominciare da capo il più in fretta possibile: avessero accettato quella di Miami — che secondo quanto riferito aveva messo sul piatto Kyle Lowry, Duncan Robinson e almeno una prima scelta al Draft, ma non Tyler Herro —, magari avrebbero avuto indietro qualcosa in termini cestistici, ma senza lo spazio salariale che, in mancanza di tutto il resto, è l’unico asset che le squadre senza speranza possono pensare di avere, oltre al maggior numero di palline della Lottery possibili (leggi: tanking). E non è nemmeno detto che Beal fosse così interessato a South Beach, viste le origini californiane della famiglia di sua moglie e il discreto conflitto di interessi tra il suo agente Mark Bartelstein e suo figlio Josh, diventato CEO dei Suns — dando quindi anche al suo procuratore una certa inclinazione a portare il suo più grande assistito nella franchigia per cui lavora il figlio.Date le circostanze, quindi, la nuova dirigenza degli Wizards ha fatto quello che ha potuto, raggiungendo quantomeno due scopi: quello di liberare il cap (il giocatore attualmente sotto contratto più pagato nel 2024-25 sarà Daniel Gafford a 13.3 milioni di dollari) e quello di dare una direzione chiara alla franchigia (quella della ricostruzione) dopo anni a galleggiare nel limbo del torneo play-in. La scelta numero 8 del prossimo Draft sarà cruciale per dare almeno un po’ di speranza ai tifosi — il playmaker di Arkansas Anthony Black sembra il maggiore indiziato per prendere le redini della squadra — e mantenere il possesso della propria scelta al Draft dei prossimi tre anni (protetta-12 nel 2024, 10 nel 2025 e 8 nel 2026 prima di convertirsi in due seconde scelte per i New York Knicks) diventa di importanza fondamentale, così come utilizzare il salary cap come “terreno di scarico” per i contratti sgraditi dalle altre squadre con fretta di vincere.Tutte le squadre prima o poi vanno incontro a un momento in cui ricostruire diventa l’unica opzione logica da percorrere. Gli Washington Wizards sono andati fuori tempo massimo e hanno finito per pagarne il prezzo, ma come si suol dire: meglio tardi che mai.

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