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Emanuele Mongiardo
Le responsabilità di Sarri nella sconfitta della Lazio
06 mar 2024
06 mar 2024
Il Bayern Monaco ha dominato il ritorno degli ottavi di Champions League.
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Emanuele Mongiardo
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IMAGO / Ulmer/Teamfoto
(foto) IMAGO / Ulmer/Teamfoto
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Nonostante l’ottima partita dell’andata e il periodo disastroso del Bayern, alla fine la Lazio non ce l’ha fatta a sovvertire i pronostici e a qualificarsi per i quarti di finale di Champions League. La sconfitta di ieri rischia di gettare più ombre del dovuto sulla stagione. L’eliminazione all’Allianz Arena era ampiamente pronosticabile, nonostante l’1-0 dell’Olimpico. La Champions, però, era uno degli ultimi appigli rimasti in una stagione difficile, soprattutto in campionato, dove la squadra di Sarri occupa il nono posto. Non era realistico pretendere il passaggio del turno dalla Lazio, perché, nonostante i risultati recenti, il Bayern rimaneva una squadra nettamente più forte. Anche nel 3-0 di Monaco, però, è possibile rintracciare le lacune che i biancocelesti si portano dietro dal primo anno della gestione Sarri e che hanno pregiudicato la stagione attuale. Non fosse bastato il dislivello di talento, infatti, ieri sera la Lazio ha esposto tutti i propri punti deboli, esaltando quelle caratteristiche che rendono eccezionale il Bayern a prescindere da chi sia il suo allenatore. Rispetto all’andata, Sarri ha schierato Pellegrini terzino sinistro, con Marusić a destra. A centrocampo, poi, Vecino ha sostituito Cataldi, nella speranza di aggiungere più solidità in fase difensiva. In attacco, il rientrante Zaccagni ha ripreso il suo posto sulla sinistra, con Felipe Anderson dirottato a destra e Immobile centravanti. Anche Tuchel ha cambiato alcuni uomini rispetto all’andata. Detto della squalifica di Upamecano, al centro della difesa il tecnico tedesco ha preferito Dier a Kim come compagno di de Ligt nel 4-2-3-1 di partenza. Kimmich è tornato nell’antico ruolo di terzino destro, così a centrocampo, al fianco di Goretzka, si è sistemato il classe 2004 Aleksandar Pavlović. La batteria d’attacco era la stessa dell’Olimpico, con Musiala sulla sinistra, Sané a destra e Müller alle spalle di Kane. La faticosa fase difensiva della Lazio Fin dalla vigilia dell'andata, una delle preoccupazioni più grandi riguardava la fase difensiva della squadra di Sarri e come avrebbe tenuto di fronte alle caratteristiche tecniche e atletiche dei bavaresi. Dai tempi di Flick, i giocatori del Bayern, nelle loro migliori giornate, fanno correre il pallone con una precisione e una velocità insostenibili, trovando gli uomini alle spalle del centrocampo oppure in ampiezza e, infine, sovraccaricando l’area avversaria. Per il modo di difendere della Lazio, una zona pura che rende chiarissimo agli avversari i buchi tra le maglie biancocelesti in cui poter ricevere e colpire, il Bayern era forse l’avversario peggiore. La fase difensiva della Lazio di Sarri trasmette una sensazione di fatica estrema per i giocatori: bisogna scivolare da un lato all’altro, rispettare le distanze coi compagni e, al momento delle uscite, stare attenti a coprire le linee di passaggio. Tutto ciò senza quasi mai arrivare a contrasto: i giocatori scivolano, magari fanno anche l’uscita in avanti, ma non si avvicinano mai a sufficienza all’avversario, che può tornare indietro e giocare liberamente verso un altro compagno, fino a trovare il varco giusto. La fase di non possesso della Lazio alle volte sembra una lunga esercitazione difensiva, dove in teoria non c’è nulla di sbagliato negli scivolamenti, ma in cui, nella pratica, gli avversari alla fine riescono facilmente a far filtrare il pallone dove vogliono. Ad esempio, con la squadra ieri disposta in un blocco medio sulla costruzione del Bayern, ai bavaresi bastava alzare i terzini all’altezza del centrocampo per costringere la Lazio a correre affannosamente all’indietro. In costruzione gli uomini di Tuchel si disponevano con un 3+1, con Goretzka che si abbassava da centrale sinistro, de Ligt che si apriva da centrale destro e Pavlovic metodista. In questo modo Kimmich a destra e Guerreiro a sinistra potevano alzarsi leggermente all’altezza del centrocampo, senza avanzare così tanto da diventare ali. Sané e Musiala, invece, stringevano nei mezzi spazi. Kimmich e Guerreiro dovevano rimanere un po’ più alti rispetto a Zaccagni e Felipe, le ali della Lazio. In fase difensiva, nel 4-1-4-1 di Sarri le ali dovevano stare strette per aiutare le mezzali a chiudere le linee di passaggi verso i giocatori tra le linee (Musiala e Sané). Così i centrali bavaresi, se le linee interne erano bloccate, aprivano verso i terzini con passaggi eseguiti a ritmo alto e con i giri giusti: sulla ricezione, Kimmich o Guerreiro si ritrovavano ben più avanti rispetto a Zaccagni e Felipe, che così avevano troppi metri da recuperare all’indietro. Alla Lazio non rimaneva altro che rinculare e piazzarsi a difesa dell’area: semplicemente, contro il Bayern la palla girava troppo velocemente e il campo era troppo grande per coprirlo con gli scivolamenti di una zona così pura.

Sarri ha limitato leggermente quel tipo di uscita nel momento in cui si è deciso a rompere la linea difensiva e a far salire i suoi terzini sulla ricezione di Kimmich e Guerreiro alle spalle di Zaccagni e Felipe. Il problema, però, è che anche quando i terzini si sono staccati in avanti, difficilmente sono arrivati a contestare il possesso: come detto, i giocatori della Lazio, nel sistema difensivo di Sarri, escono in avanti, si avvicinano, ma non mettono mai la gamba, finiscono per limitarsi a coprire la linea di passaggio in avanti per poi tornare indietro. In più, quel movimento ad alzarsi dei terzini laziali poteva creare un buco tra sé e i centrali, occupato dal taglio verso l’esterno di Sané o Musiala, un altro tipo di sviluppo che la Lazio soffre terribilmente (si è visto spesso nelle partite contro l’Inter), soprattutto sul lato di Romagnoli, che fatica ad abbandonare il centro.

Concedere il passaggio sull’esterno per Sarri era il male minore. Perché in una delle poche occasioni del primo tempo in cui la Lazio non ha lavorato bene nello schermare il centro, il Bayern ha creato una lunga sequenza di attacchi al termine della quale è arrivato il gol. Tutto è nato da un filtrante di Dier per Sané che aveva trovato spazio tra Zaccagni e Luis Alberto. La Lazio si era ricompattata solo a ridosso della propria area. Con insistenza, dopo aver chiuso l’avversario all’angolo, il Bayern ha trovato il gol su un’altra situazione ricorrente. La Lazio, infatti, cerca di stare stretta quando si trova a difendere la propria porta. Con Pellegrini che rimaneva vicino ai centrali, c’era spazio sul lato corto dell’area di rigore per l’inserimento in corsa di Kimmich dalle retrovie o per il movimento alle sue spalle di Müller. Pavlović riusciva a pescarli con un’apertura a "palombella" verso il lato corto dell’area che di solito è una giocata tipica di Kimmich: i lanci, ieri sera, sono sembrati il piatto forte del giovane centrocampista tedesco. Una volta indirizzato il pallone sul lato corto dell’area, la difesa della Lazio si abbassava quasi sulla linea di porta. Lo faceva, però, in maniera troppo piatta, concedendo spazio per il passaggio a rimorchio sul dischetto del rigore: non c’era la cosiddetta diagonale negativa, tipica ad esempio del Napoli di Sarri, con cui la difesa si disponeva dal fondo verso il dischetto proprio per negare quel tipo di passaggio. Né qualcuno dei centrali decideva di staccarsi sull’uomo a rimorchio o Vecino ripiegava da difensore aggiunto (qualcosa che faceva spesso, sempre a Napoli, Jorginho). È così che è nato il gol. La Lazio era compatta su due linee a ridosso della propria area. Con Pellegrini stretto, Müller aveva attaccato lo spazio sul suo fianco in profondità, chiamando il lancio a Pavlović.

La difesa, per seguire il traversone, si era schiacciata sulla linea di porta e così, di testa, Müller aveva potuto servire a rimorchio Guerreiro tutto solo sul dischetto. Il difensore più vicino era Romagnoli, che avrebbe potuto staccarsi su Guerreiro: Romagnoli, però, si era preoccupato solo di abbassarsi sul cross, dando addirittura le spalle a Guerreiro. Del giocatore del Bayern sul dischetto sembra preoccuparsi solo Gila, che però è più lontano di Romagnoli e, quando si stacca, non fa in tempo a intervenire. Guerreiro cicca il tiro ma involontariamente serve Kane, che in tuffo supera Provedel.

Subire gol in casa del Bayern forse era inevitabile, ma in Champions il problema non è mai solo prendere gol, quanto piuttosto il modo in cui lo si incassa: è la competizione in cui più di tutte è importante resistere alla tormenta, perché col risultato in bilico la tensione è talmente alta che l’episodio favorevole può capitare in qualsiasi momento. Dopo l’1-0 di Kane, invece, la Lazio non è riuscita a reggere i sei minuti che la dividevano dall’intervallo. Oltre al momento in cui è arrivato il gol del 2-0, l’altro grande problema della Lazio è stato come provare a costruirsi un gol: in casa di un avversario di quel livello sarebbe stato impensabile preparare la gara per arrivare alla fine sullo 0-0. Quello della produzione offensiva è un problema grave tanto quanto la fase difensiva. Anche all’andata, benché abbia trovato l’episodio del rigore di Upamecano, la Lazio aveva saputo sì risalire il campo, ma giunta negli ultimi trenta metri aveva avuto ben poche armi a disposizione. È un peccato, perché Sarri è riuscito ad impiantare delle uscite palla con cui attirare gli avversari e ricavarsi lo spazio per correre. Tuttavia, superata la pressione e raggiunto il limite dell’area, la Lazio non ha talento sufficiente né, forse, movimenti adeguati per colpire contro avversari di livello più alto. Anche l’occasione di testa di Immobile, di cui si è parlato molto come possibile "sliding door" della partita, nasce da una bella uscita palla in cui però, alla fine, la Lazio ricava solo un cross velleitario di Zaccagni dal vertice dell’area: senza la deviazione di de Ligt non ci sarebbe stata occasione alcuna per il capitano. Cosa c’è nel futuro della Lazio? La sconfitte pone domande serie sul futuro della Lazio e di Sarri sulla sua panchina. L'allenatore toscano è ai ferri corti con il proprio presidente sul tema del calciomercato, nonostante in estate la rosa sia stata cambiata molto per venire incontro alle sue esigenze. Semplicemente, quest'anno Sarri non sembra essere riuscito a trovare la chiave. La Lazio è una squadra incredibilmente fragile, che non controlla mai il contesto e che si rimette alla volontà degli avversari. È difficile mantenere in piedi un sistema difensivo simile per tutti i novanta minuti e non è un caso che ci siano state gare, come ad esempio quella col Bologna in casa, in cui la Lazio è partita alla grande ma, alla lunga, ha finito per rimanere preda dei soliti errori. Anche offensivamente la Lazio sembra più dipendente rispetto alle scorse stagioni dal talento dei propri giocatori migliori. Il fatto che Guendouzi, un centrocampista di grande sostanza con la sua capacità di correre in avanti con la palla e indietro senza, sia uno dei migliori giocatori di questa stagione è indicativo dei problemi strutturali dei biancocelesti. Ci sono poi alcune scelte nella gestione dei giocatori difficili da capire. Per esempio, se l’idea della Lazio è di difendersi in maniera collettiva con gli scivolamenti, perché scegliere come metodista Vecino per il suo presunto apporto fisico? Considerando, oltretutto, che l’uruguagio non è mai stato un interditore puro. Non sarebbe stato meglio proporre Cataldi, che avrebbe forse potuto dare qualche percentuale di possesso in più alla Lazio e quindi qualche minuto in meno passato a difendere? Ieri, in alcune delle poche occasioni in cui la squadra ha tenuto palla con continuità, sono state delle imprecisioni di Vecino a restituire palla al Bayern. Il regista basso ha sempre avuto un’importanza capitale per Sarri, che ha portato in Serie A un centrocampista minuto proveniente dalle serie inferiori come Valdifiori e ha reso un giocatore di spessore internazionale Jorginho, che per fisico e intensità non sembra nemmeno un centrocampista di questa epoca: possibile che si tratti dello stesso allenatore che sceglie Vecino come regista solo per l’apporto atletico? Possibile che non riesca a far salire di livello né Kamada né soprattutto Rovella? Sono interrogativi che continueranno a pesare sulla stagione della Lazio, che adesso inevitabilmente deve puntare molto sulla Coppa Italia, dove affronterà un avversario ostico come la Juventus di Allegri. In questi tre anni i bianconeri sono sembrati un enigma irrisolvibile per la Lazio, per cui il tempo delle riflessioni sembra definitivamente iniziato.

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