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Macchina da gol
22 feb 2016
22 feb 2016
L'ultimo Bayern di Guardiola: meno possesso, più occasioni.
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È terribile perdere. La sconfitta provoca profondo dolore. Ogni volta che la subisco, io mi punisco mentalmente e penso nella mia mente all'intera partita. Dove ho sbagliato?

Garry Kasparov, Gran Maestro scacchista e idolo di Pep Guardiola

Nei suoi primi due anni in Baviera, Pep Guardiola ha conquistato la metà esatta delle competizioni a cui ha partecipato, eppure se non vincesse la Champions League quest’anno in pochi potrebbero ritenere la sua esperienza al Bayern Monaco un successo e qualcuno, magari, parlerebbe addirittura di fallimento. Senz'altro lascerebbe una sensazione di incompiutezza acuita dall’andamento delle due stagioni, che si sono sviluppate su una parabola tanto simile da risultare quasi paradossale.

Sia nel primo che nel secondo anno di sua gestione, il Bayern è stato modellato su un gioco di posizione ragionato, mirato ad avvolgere e a stritolare gli avversari attraverso continui cambi di campo, che ha raggiunto il proprio picco con l’arrivo della pausa invernale, e che poi ha trovato le prime imperfezioni negli automatismi al ritorno in campo. In entrambe le stagioni i giocatori chiave del Bayern hanno subìto infortuni in coincidenza con il momento più caldo della stagione e il dominio sugli avversari è svanito ad aprile. Cioè quando il Bayern, in entrambi i casi, ha incontrato per la prima volta in semifinale di Champions, una squadra alla pari, uscendone pesantemente sconfitto. La squadra che ha battuto il Bayern ha poi sempre alzato la coppa ed è innegabile quanto queste sconfitte abbiano pesato nell’immaginario collettivo: facendo apparire quella di Guardiola come una squadra incapace di competere appena il livello di gioco si alza.

Due anni fa, il Bayern è stato punito con disarmante facilità delle ripartenze del Real Madrid di Ancelotti, mentre l’anno scorso ha perso contro il Barcellona di Luis Enrique senza mai riuscire a tirare nello specchio della porta. Quanto successo in queste due semifinali ha pesato soprattutto sul Bayern stesso, e sulle convinzioni di Guardiola, che è partito dalla sconfitta come moto per l’evoluzione della propria squadra.

La grande scommessa

Ormai sappiamo che questo sarà l’ultimo anno di Guardiola in Baviera: Pep è convinto che una squadra deve sempre avere margini di miglioramento e che se questi margini si assottigliano fino a coincidere con il valore della squadra, allora significa che il compito dell’allenatore è finito. Il margine di miglioramento che Guardiola ha visto quest’anno è stato pensato proprio per un’eventuale sfida con il Barcellona: se lo scorso anno i bavaresi sono stati eliminati senza mai tirare in porta, il Bayern versione 2015/16 è una squadra costruita sull’idea di moltiplicare le proprie occasioni da gol.

Per vincere questa scommessa Guardiola è venuto meno ad alcuni suoi principi: ora il Bayern trova le sue sicurezze non più nella capacità di mantenere il possesso, ma nella quantità di occasioni da gol che è in grado di produrre durante una partita. In parziale controtendenza con le altre candidate per la Champions League, come Barcellona, PSG e Real Madrid, non è più il centro del campo il focus dell’attenzione del Bayern. O almeno non lo è più quanto nelle scorse stagioni, segnate dall’invenzione dei falsi terzini (cioè dal movimento con cui i terzini diventavano una coppia di centrocampisti centrali con cui mantenere il possesso basso anche sotto pressione) e dall’acquisto di maestri della gestione della palla, come Thiago e Xabi Alonso.

Non che il Bayern non voglia mantenere il possesso del pallone, ma adesso è più per inclinazione naturale che per progetto di gioco complessivo: i princìpi sono tutti piegati a raggiungere nel modo più efficace e diretto possibile l’area di rigore avversaria. Per questo obiettivo Guardiola ha aumentato gli attaccanti in campo (lui che ha vinto una Champions esaltando il falso 9) e su questo ha impostato tutta la campagna acquisti estiva: Douglas Costa e Coman sono stati presi per avere giocatori in grado di saltare l’uomo e andare in area o crossare; Vidal per avere un incursore di primo livello. E per essere sicuro di avere grandi finalizzatori, ha lavorato con particolare attenzione sul modo migliore per avere in campo contemporaneamente Lewandowski e Thomas Müller, così da garantirsi sempre almeno uno dei due nell’area di rigore.

A questo punto il numero magico non è più "70", come la percentuale del possesso palla ideale per essere sicuri di avere il controllo della partita, bensì "20": il numero di conclusioni in porta minime per garantirsi il dominio. Il Bayern è diventato una fabbrica di occasioni da gol, in grado di tirare 21 volte a partita, 5 più dello Stoccarda, secondo nella classifica in Bundesliga e che ha numeri uguali alla Juve e al Barcellona, per dare un’idea dell’assurdità del dato. Di questi tiri, 12 vengono dall’area e ben 2 a partita dall’area piccola. 8 tiri finiscono sempre nello specchio: una cifra enorme per qualsiasi portiere. Questa capacità di mettere sotto pressione la porta avversaria con costanza è ciò che infonde sicurezza alla squadra di Guardiola.

Vidal guida la transizione e si appoggia a Coman libero su lato debole. Contemporaneamente sia Müller che Lewandowski attaccano l’area da posizioni diversi per andare a ricevere il cross. In questo caso Lewandowski si trova nella posizione solitamente occupata da Müller de centro destra, ma non è un problema il cambio di posizione anche durante l’attacco posizionale: con lo scambio continuo di uomini Müller può anche scambiarsi di posizione con Robben finendo sulla fascia più volte durante una partita.

Lewandowski tira 5 volte a partita da dentro l’area, Müller 3. Praticamente i due migliori finalizzatori sono messi sempre in condizione di avere un numero adeguato di conclusioni in porta da una zona pericolosa e non è quindi un caso che la media gol dei due attaccanti sia al momento irreale (soprattutto se sommata): il polacco è a quota 22 gol in 21 partite e il tedesco a 17 in 20.

Questi numeri non parlano poi della perfetta intesa tra i due nella spartizione dei ruoli. Lewandowski presidia l’area ed è finalmente preciso negli appoggi per i compagni, mentre Müller rimane libero da ogni compito rigido ed può andarsi a cercare lo spazio migliore per incidere, da vero Raumdeuter.

Uno dei maggiori successi di Guardiola in questa stagione rappresenta proprio l’aver ritrovato il miglior Müller, insieme a un Thiago Alcantara finalmente continuo, a cui può essere affidata la responsabilità di consolidare il possesso. Alle certezze ritrovate si aggiunge anche l’esplosione veloce di Douglas Costa, interprete perfetto del nuovo calcio più diretto, capace di saltare l’uomo praticamente con certezza. Caratteristica che smentisce il luogo comune secondo cui il calcio di posizione sarebbe avverso al dribbling. Come dice bene l’allenatore spagnolo Óscar a riguardo: «I giocatori tendono sempre meno ad andare all'uno contro uno perché si considera il dribbling un'azione individuale che va a scapito della squadra. Bisogna rovesciare la prospettiva e considerare la componente collettiva del dribbling, ovvero la possibilità che questa giocata mi dà liberando spazio e concedendo tempo per una giocata successiva».

Per certi versi la nuova versione del Bayern Monaco somiglia a una sintesi hegeliana tra il vecchio gioco a “fiammate” di Heynckes e quello più posizionale di Guardiola dei primi due anni. Il sistema si sviluppa con un gioco di posizione in fase di impostazione, che però diventa diretto attraverso una velocizzazione della giocata. Per semplificare: elaborazione lenta della palla dalla difesa per i piedi di Xabi Alonso o Boateng, lancio diretto per i piedi di Douglas Costa o Robben, dribbling per saltare l’uomo e chiamare quindi l’intervento del compagno di reparto, cross in area per i piedi di Lewandowski o Müller: gol. Una filosofia che unisce, appunto, le idee di Guardiola e l’anima più tradizionalmente tedesca del Bayern. Difficile pensare di poter spingere oltre una squadra del genere.

https://twitter.com/MC_of_A/status/675358126158295042

Caro vecchio gioco di posizione

All’inizio dell’avventura in Baviera di Pep, scriveva Valentino Tola che: «Il calcio di Guardiola si basa su un principio banalissimo: quando un giocatore ha il pallone avanza finché ha spazio, siccome sta avanzando libero, prima o poi un avversario gli si avvicinerà per contrastarlo, quest’avversario però, abbandonando la propria posizione, lascerà necessariamente smarcato un compagno del giocatore in possesso del pallone, e così via (una banalità che però forse nessuno ha applicato con la coerenza e la precisione del Barça 2008-2012). Una successione di superiorità, che inizia sin dal portiere, chiamato a giocare più possibile coi piedi, e che sale da una linea all’altra trovando sempre l’uomo libero che faccia avanzare la manovra».

Questo principio del gioco di posizione è rimasto saldo soprattutto nella fase di uscita del pallone dalla difesa. La superiorità numerica si ottiene adattandosi al rivale: se questo pressa con due attaccanti il Bayern gioca con i due centrali, i due terzini in posizione laterale a dare l’opzione larga e il mediano davanti alla difesa (quindi Xabi Alonso) che si abbassa per disegnare un triangolo. In questo modo si ottiene un 3 contro 1 di partenza che diventa un 5 contro 2 con la palla in movimento (che con l’abbassarsi dei due trequartisti centrali in caso di pressione alta, e la presenza di Neuer come libero, diventa addirittura un blocco di 8 giocatori attivi nell’uscita del pallone dalla difesa).

Una situazione decisamente fluida e marcata da un ritmo lento e che può vedere al contempo anche la difesa a tre, con uno dei due terzini che si alza e si accentra sulla linea del mediano per formare un doble pivote, o addirittura entrambi i terzini all’altezza del mediano se l’avversario abbandona totalmente la pressione.

Il grafico tratto da Spielverlagerung mostra bene la suddivisione del campo quando la difesa passa a tre con uno dei due terzini che si alza in linea con Xabi Alonso. Il gioco di posizione puro del Bayern in questa fase viene portato in ogni porzione del campo creando una superiorità numerica costante in fase di possesso, con almeno un altro giocatore capace di aiutare i tre che già fanno parte della zona del pallone.

Questa flessibilità nella struttura di base ha comunque un punto non negoziabile: la presenza di ali posizionate sempre molto avanzate e con i piedi sulla linea laterale per offrire l’opzione del lancio nella loro zona da parte del centrale che imposta appena si crea una situazione di lato debole. A quel punto la parità numerica tra l’ala che riceve e il terzino avversario può essere battuta grazie all’abilità del giocatore del Bayern di saltare l’uomo (praticamente una certezza avendo Douglas Costa o Robben). Ritorna anche qui il principio di cercare sempre la superiorità numerica, ma viene applicato attraverso il metodo tedesco della verticalizzazione lunga per l’esterno che deve arrivare in area con il cross.

In questo contesto sono tornati in voga i falsi terzini, che aiutano Xabi Alonso tanto nel supporto del possesso, quanto in copertura preventiva della profondità in caso di perdita del pallone. Il ritorno ai falsi terzini permette peraltro ad Alaba e Lahm di giocare nella loro zona preferita, dove possono sfruttare le loro doti di "passatori" verso gli esterni d'attacco. Una volta lanciato verso l’esterno, nel caso in cui non si riesca a superare l’uomo subito, Guardiola chiede al terzino di fascia di avvicinarsi al portatore di palla per garantirgli uno sbocco, per poi cambiare campo e provare la stessa azione dalla fascia opposta.

Il ruolo di falso terzino aiuta a mascherare il declino atletico di Lahm, che così può giocare in una zona di campo dove non gli viene richiesto un grande dispendio atletico, ma soprattutto ha portato a un ulteriore passo in avanti nello sviluppo di un vero fenomeno come Alaba: il triangolo a sinistra tra lui, Thiago e Douglas Costa (o Coman) assorbe il 35% del volume di gioco facendo della fascia sinistra la zona più utilizzata dal Bayern. In quella zona si garantisce gestione del pallone, esplosività e cambio di ritmo e Alaba, a 23 anni, con gli 81 passaggi a partita, ha ormai superato per volume di gioco il capitano Lahm (76 a partita), segnando da questa stagione l’ufficialità del passaggio di consegne tra due dei terzini più forti degli ultimi dieci anni. Secondo Guardiola: «Tra 10 anni David (Alaba) verrà considerato uno dei migliori giocatori della storia del Bayern».

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Problemi in difesa?

La piaga degli infortuni in difesa, arrivata con il rientro dalla pausa, ha scombussolato i piani di Guardiola: i quattro i centrali sono indisponibili tutti contemporaneamente, con Benatia tornato solo questo weekend. Il giocatore che manca più di tutti ovviamente è Boateng, che con la sua facilità di calcio è risultato perfetto nella nuova versione del sistema: il tedesco lancia 12 volte a partita (e 7 volte i suoi lanci vanno a buon fine), ed è quindi il primo giocatore del Bayern per verticalizzazioni (più di Xabi Alonso e Neuer). Mentre per sostituire Benatia o Javi Martinez, è bastato spostare Alaba al centro della difesa (perdendo però tanto dell’Alaba falso terzino e “tuttocampista”) dandogli gli stessi compiti di circolazione di palla, sostituire Boateng è decisamente più difficile.

Dal mercato è arrivato il tedesco Tasçi, da subito ritenuto da Guardiola inadatto per il ruolo di lanciatore, e allora ecco l’invenzione del centrocampista ventunenne Joshua Kimmich al centro della difesa: un mediano che non arriva al metro e ottanta in cui Guardiola ha visto la capacità di gestire il pallone sotto pressione e soprattutto buone letture difensive, per una sorta di "esperimento Mascherano" ancora più marcato. Da quando è stato spostato al centro della difesa (dove ha giocato 5 partite consecutive e molto probabilmente affronterà la Juve all’andata), Kimmich ha tentato 8 lanci a partita, sostituendosi quindi completamente a Boateng negli ingranaggi del sistema. È chiaro che una difesa Alaba-Kimmich non è in grado di gestire senza problemi un attacco manovrato, nonostante il talento nelle letture di Kimmich e il fisico da alieno di Alaba.

Quello che conta però è sempre l’atteggiamento complessivo di squadra. Con il baricentro medio così alto e con la pressione costante sulla difesa avversaria, la linea difensiva del Bayern può essere portata praticamente a centrocampo, aiutando Kimmich e Alaba che si ritrovano così quasi nel loro ruolo naturale, con Neuer come libero a coprirli. È un atteggiamento rischioso, che porta con sé delle difficoltà nella gestione delle transizioni negative, soprattutto se vengono perse le seconde palle: in quel caso l’avversario si trova con tanto spazio libero ai lati dei centrali e con la possibilità di avanzare almeno in parità numerica.

Per correggere i problemi sulle seconde palle, senza Alaba come falso terzino, il Bayern diventa quindi dipendente dal dinamismo del solo Vidal. Se la seconda palla è persa e Vidal non è in zona per correggere sono dolori.

Chi ha fermato la valanga

Nonostante questi ultimi problemi in fase difensiva, si contano sulle dita di una mano le squadre che hanno saputo sfruttare davvero le debolezze della squadra di Guardiola. Una delle maggiori difficoltà quando si affronta il Bayern è che la squadra è messa in campo in modo sempre diverso. Il Bayern cambia modulo durante la partita in modo talmente fluido da non essere catalogabile in modo preciso. Parte magari con quello che può sembrare un 4-1-4-1, ma poi modifica in corsa tre o quattro volte la posizione in campo dei giocatori. Guardiola, del resto, considera la posizione in campo e la catalogazione dei moduli al pari di “numeri di telefono”, non molto significativi, cioè: ogni giocatore ha in consegna un ruolo e dei compiti che per essere eseguiti possono prevedere la variazione della propria posizione in campo, con la squadra che deve adattarsi di conseguenza in modo liquido, come un organismo intelligente.

Le partite in cui gli avversari non sono andati in confusione e non si sono lasciati travolgere dal Bayern sono tre: la sconfitta con l’Arsenal all’andata in Champions League, quella col Borussia Monchengladbach in Bundesliga e il recente pareggio per 0-0 con il Leverkusen:

Il 4-4-2 dell’Arsenal è formato da giocatori veloci nella conduzione come Oxlade-Chamberlin e abili nel servire la verticalizzazione giusta come Özil, che proprio sulle fasce ha colpito il sistema del falso terzino, costringendo Guardiola ad abbassare Thiago a centrocampo, formando un 4-2-4 che però non ha creato le occasioni da gol sperate, nonostante ben due registi vicini. L’Arsenal concederà numerose occasioni da gol al Bayern, ma vincerà la partita 2-0.

Il caso del Gladbach è forse il più utile per la Juventus visto che i tedeschi hanno utilizzato un sistema di difesa a 5 con scivolamenti continui per evitare l’inferiorità numerica: l’esterno basso sul lato della palla è stato supportato dal terzo centrale di difesa per contrastare il cross dell'avversario, mentre l’esterno basso sul lato opposto è salito nella zona centrale per andare subito a recuperare palla sul cambio di gioco e lanciare il contropiede. Con l’assenza contemporanea di Alaba e Thiago il risultato è che, sì, il Bayern ha creato la solita enorme quantità offensiva, ma con meno precisione (81% di passaggi riusciti invece del solito 88%), risultando così incapace di ribaltare la situazione se non provando a inondare di cross l’area difesa sempre da almeno tre giocatori del Gladbach e quindi mai con gli attaccanti in parità numerica. In questo caso Lahm sta per andare all’ennesimo cross per Javi Martinez al centro dell’area. Per un esterno basso che va sul capitano del Bayern però c’è un centrocampista che corre in area per mantenere la linea di 5. Da notare come Müller venga marcato da due giocatori più uno che si avvicina e di come un centrocampista scappi per posizionarsi in condizione di ricevere il lancio nello spazio lasciato libero da Lahm in caso di attacco fallito del Bayern.

Ecco la partita completa dell’unica sconfitta in Bundesliga della stagione del Bayern.

La capacità della Juventus di difendere l’area di rigore e di utilizzare lo stesso sistema di scivolamento per rendere difficoltoso il lavoro delle ali del Bayern potrebbe essere la ricetta giusta per mettere il granello di sabbia nel sistema bavarese. Meglio questo approccio di quello del Bayer Leverkusen, forse veramente troppo radicale per essere preso in considerazione.

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Per il Leverkusen la ricetta è stata quella di rendere la partita ingiocabile per tutti. Le “aspirine” hanno puntato a rendere confusionaria l’uscita del pallone dalla difesa, caricando le zone dove finiva la palla di uomini in pressione con una difesa altissima, in modo da togliere l’opzione dei lanci lunghi, e di uomini pronti in raddoppio sul portatore a centrocampo con la difesa schierata. Con il risultato di portare a livelli minimi la precisione nei passaggi (77% è una cifra veramente bassissima per il Bayern) e di spezzettare la partita il più possibile. Il Bayern ha prodotto così meno occasioni, vedendosi privare del proprio punto di forza più riconoscibile. Un lavoro che arriva alla tattica passando per la psicologia, e che forse solo un “teologo negativo” come Schmidt può eseguire.

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Alla ricerca della compiutezza

Se l’idea della dirigenza del Bayern era quella di portare un tecnico in grado di elevare il gioco bavarese fino a creare un brand riconoscibile e unico, si può dire che con la nuova versione del Bayern l’esperimento è riuscito almeno sul campo. L’idea di giocare un calcio "di controllo" nella propria metà campo e ultraoffensivo in quella avversaria (rispolverando anche elementi della “piramide” o 2-3-5 durante ogni singola partita) è un buon modo per essere realmente unici al mondo.

Ecco un esempio dell’ormai famosa linea a cinque, in questo caso contro il Darmstadt. Una punta in Lewandowski e due giocatori a muoversi ai suoi lati più i due esterni perennemente presenti in ogni modulo di quest’anno per Guardiola

Eppure in Germania, nonostante la probabile conquista della terza Bundes consecutiva, il rapporto con i media non è mai decollato: «Perché non scrivete delle tante belle cose che dico sui miei giocatori? Ci sono media qui in Germania che non mi hanno fatto una singola domanda di calcio da quando sono qui. Non so neanche più perché gli allenatori fanno conferenze stampa».

L’impressione è che per dare un vero senso di compiutezza a questi tre anni non basterà vincere ancora una volta la Bundesliga. L’arrivo in finale di Champions League rappresenta l’obiettivo minimo per considerare l’esperienza in Germania un reale successo, non solo per il bagaglio di esperienze di Guardiola, ma anche per l’impatto generale della sua squadra. Per la dimostrazione che si può coniugare sperimentalismo tattico e risultati sul campo. Forse è proprio l’obbligo di dover raggiungere un obiettivo così ambizioso ad aver costretto Guardiola a giocare al rialzo con le proprie idee tattiche, venendo meno ad alcuni suoi principi.

Il Bayern Monaco, se è al 100%, è una macchina da gol modellata per essere letale nel doppio confronto, indipendentemente dall’avversario che si trova di fronte. Guardiola vuole giocare l’eventuale sfida con il Barcellona della MSN non più sul piano di chi tiene più il pallone ma su quale sistema sarà capace di creare più occasioni da gol. Prima però c’è la Juventus.

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