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Dario Pergolizzi
Al Liverpool è bastato poco
14 mar 2019
14 mar 2019
La squadra di Klopp è approdata ai quarti dopo aver battuto un Bayern opaco nelle individualità e nell'organizzazione collettiva.
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Dario Pergolizzi
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Gli ottavi di finale d'andata tra Bayern Monaco e Liverpool giocati ad Anfield erano stati caratterizzati da uno stallo paziente di entrambe le squadre, più prudenti del previsto e orientate al contenimento delle occasioni e al controllo ordinato degli spazi. All’Allianz Arena, le squadre di Kovac e Klopp hanno dato vita invece a una versione più frenetica della partita precedente, dove i contenuti difensivi hanno lasciato il posto presto alle transizioni dopo che entrambe le porte sono state violate.

 

Le due squadre si sono presentate con gli stessi sistemi di gioco dello 0-0 di andata: nel 4-2-3-1 del Bayern, Rafinha ha preso il posto dello squalificato Kimmich e Ribery dell’acciaccato Coman. Sono stati invece confermati Hummels e Sule al centro della difesa, con Alaba sulla sinistra; Thiago e Javi in mediana, James sulla trequarti con il francese e Gnabry alle spalle di Lewandowski. Il solito 4-3-3 di Klopp ha visto invece il rientro di Van Dijk in difesa accanto a Matip, Alexander-Arnold e Robertson sulle fasce; con Wijnaldum, Henderson e Milner (al posto di Keita) dietro all’intoccabile trio Salah, Firmino, Mané.

 



L’approccio del Liverpool è stato chiaro fin dalle prime battute: lasciare al Bayern il possesso del pallone, aggredendoli però in maniera abbastanza decisa già dai primi passaggi, nei pressi dell’area. I tedeschi, per garantirsi la superiorità numerica in fase di costruzione contro i tanti uomini di Klopp, abbassavano i centrali di fianco a Neuer e cercavano di alzare contemporaneamente i terzini, facendo fluttuare uno dei due mediani (prevalentemente Thiago) dietro la linea degli attaccanti del Liverpool. Il Bayern ha cercato dunque di aprirsi ed allungarsi parecchio in fase di possesso, per sfruttare l’aggressività degli ospiti e trovare spazio alle loro spalle, a centrocampo o dietro la difesa.

 

Teoricamente il piano aveva senso. Ma l’estrema organizzazione delle pressioni individuali e delle scalate orientate di Klopp ha messo in crisi i bavaresi: le mezzali accorciavano repentinamente sui mediani di Kovac, innescati dalla ricezione di questi ultimi. James Rodriguez è stato da subito tagliato fuori, dato che l’unico modo che il Bayern aveva per cercare di non perder palla all’altezza del centrocampo era appoggiarsi alle catene laterali o tornare indietro. Così, il colombiano si è mosso parecchio per trovare una ricezione adeguata, spesso anche abbassandosi fino in difesa: alla fine del primo tempo aveva già percorso 6.21km, secondo solo a Milner. La situazione per lui è persino peggiorata dopo l’ingresso in campo di Fabinho, entrato per sostituire l’infortunato Henderson: il brasiliano lo ha seguito a uomo dalla linea di centrocampo in giù, venendo sempre coperto con puntualità. La partita dell’ex Monaco è stata ottima sotto il punto di vista dell’aggressività senza palla, ma un po’ confusionaria nella gestione dei possessi, con solo 23 passaggi riusciti.

 

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Il pressing del Liverpool ha raggiunto il suo obiettivo, cioè sporcare le giocate in uscita, anche in maniera indiretta per esempio attraverso un fallo, e ostruire le linee di passaggio avversarie, marcando sull’anticipo chi andava in appoggio al portatore. E pensare che a fine partita la sfida delle palle recuperate è stata vinta dal Bayern Monaco, per 68 a 65, e che i bavaresi hanno anche avuto in Thiago il migliore in campo sotto questo aspetto (14). La squadra di Kovac, però, ha recuperato palla soprattutto nella propria metà campo, e in parte sono arrivati più per l'imprecisione offensiva del Liverpool, sempre frenetico nelle verticalizzazioni rapide ad alto coefficiente di difficoltà, che per una reale strategia organizzata nel recupero del pallone.

 


Il Bayern ha recuperato più palloni, ma pochi nella metà campo avversaria.


 

Importante ago della bilancia per i movimenti dei "Reds" è stato Wijnaldum, chiamato a dare supporto attraverso coperture preventive e raddoppi a Salah e alle frequenti sortite offensive di Alexander-Arnold. Anche il terzino inglese ha giocato una partita di grande quantità difensiva, limitando Ribery, ma anche offensiva, arrivando al cross ben 10 volte e sovrapponendosi spesso. Sull’altra fascia, invece, Robertson ha avuto diversi problemi: il terzino scozzese ha sofferto in più di una occasione la rapidità negli smarcamenti in profondità di Gnabry, circostanza che ha poi causato l’autorete di Matip ma poi ripetutasi intorno al 60esimo.

 

Al suo fianco, invece, Van Dijk ha sfoggiato l’ennesima prova di superba tranquillità e precisione: pulito nella circolazione e nelle letture difensive, l’olandese ha impreziosito la sua partita con il gol del 2-1 su corner con un terzo tempo magistrale su Hummels, e con il lancio millimetrico di una cinquantina di metri che ha propiziato il gol di Mané. Il centrale di Klopp è ormai da oltre un anno su livelli di rendimento dei top del ruolo, per tecnica e atletismo, riuscendo ad avere anche un’influenza carismatica sul rendimento della sua squadra, che trae sicurezza dalle sue capacità di difendere in campo lungo e dalle sue sortite in avanti.

 

Dall’altra parte, Hummels ha disputato almeno 70 minuti di ottima caratura, uscendo puntuale verso l’esterno o in avanti e gestendo molto bene diversi duelli aerei, e prendendosi anche abbastanza responsabilità nel palleggio. Tuttavia, soprattutto quando il Bayern ha perso le distanze tra i reparti, è andato anche lui in affanno, e ha potuto fare ben poco contro un Liverpool ormai galvanizzato.

 

In realtà, è stata la partita dei due reparti offensivi ad essere radicalmente differente. Ancora una volta Firmino si è dimostrato decisivo nei movimenti incontro per legare il gioco e nel fraseggio corto e rapido, resistendo anche alla tenacia di Hummels, mentre Lewandowski, chiamato spesso a dover fare da collante, ha sofferto abbastanza ed è rimasto abbastanza isolato, patendo anche l’applicazione del fuorigioco della linea del Liverpool. Con un Salah ancora una volta più creatore di gioco che finalizzatore, a prendersi la scena è stato quindi Sadio Mané, che ha raggiunto i dieci gol in dieci partite consecutive. In questa stagione, il senegalese sta contribuendo in maniera sistematica (e ancor più precisa rispetto alla scorsa) al riempimento dell’area di rigore e alla finalizzazione delle azioni.

 



Qui Michael Cox si riferisce in realtà al gol contro il West Ham, ma che si può perfettamente applicare anche per l’1-0 contro il Bayern.




Mané ha sviluppato una grande naturalezza nell’utilizzo di entrambi i piedi, oltre a una leggerezza e rapidità nel girarsi su se stesso che hanno pochi altri giocatori al mondo. Sul primo gol, dopo aver messo in difficoltà Rafinha con uno scatto in profondità, ha utilizzato l’esterno del piede destro prima per un controllo orientato verso l’interno del campo, che ha messo in crisi l'uscita leggermente in ritardo di Neuer. Poi, dopo aver coperto la palla e averla spostata con un movimento armonioso sul sinistro, ha concluso in scioltezza con un mezzo pallonetto. È proprio questa spontaneità nell’alternare le scelte, unita a una velocità di esecuzione unica, a rendere Mané uno dei giocatori offensivi più temibili al mondo, al momento.

 



Ma al di là della differenza tra le individualità delle due squadre, il risultato è spiegabile anche con l'approccio dei due collettivi, radicalmente diverso. Quest’anno, infatti, il Liverpool è riuscito a trovare costanza contaminando la sua verticalità con qualche misura prudenziale in più, accettando più volentieri momenti dal ritmo basso e riuscendo anche a colmare il gap realizzativo di Salah, che quest’anno sembra meno inarrestabile, con le prestazioni sempre sopra le righe di Firmino e Mané.

 

Se da una parte l’hype per i nuovi acquisti Fabinho e Keita si è presto sgonfiato, dall’altra alcuni profili hanno trovato la giusta conferma: giocatori come Henderson, Robertson, Alexander-Arnold e Wijnaldum sono meno celebrati dei compagni d'attacco ma sono allo stesso modo determinanti ai fini dell’equilibrio e della diversificazione della manovra.

 

Il Bayern, invece, ha confermato di attraversare un’annata infelice non solo per l'esaurimento di alcuni dei suoi giocatori simbolo (Ribery, ieri, è sembrato molto in difficoltà) ma anche per una certa aridità tattica. La scarsità di idee nelle fasi di possesso palla è emersa anche contro il Liverpool, che ha dimostrato come tagliando fuori James Rodriguez e disturbando Thiago Alcantara, i tedeschi facciano parecchia fatica a sorprendere l’avversario. Pur avendo un parco di ali ancora oggi temibili per i loro guizzi individuali, la sensazione è che forse a tutto l’ambiente farebbe bene una rinfrescata: cercare l’isolamento sistematico degli esterni, cambiare campo, lanciare lungo su Lewandowski e allungare l’avversario per sfruttare la fisicità sembrano principi non più efficaci come un tempo per questa rosa, che sembra aver bisogno di un rinnovamento.

 

Insomma, il Liverpool è sicuramente una squadra temibile, varia e in controllo anche abbassando i giri, ma il Bayern sembra vittima di un’opacità generale che in parte toglie peso specifico alla sua vittoria. La squadra di Kovac ha vanificato diverse potenzialità interessanti in possesso e non sembra più riuscire a trarre vantaggio dall'esperienza dei suoi uomini migliori, come Lewandovski e Ribery.

 

Nonostante ciò, con l’eliminazione dell’Atletico Madrid, la squadra di Klopp non può fare altro che considerarsi come una delle favorite per un posto al Wanda Metropolitano. Il gioco del Liverpool è potenzialmente letale per tutte le altre concorrenti, connazionali incluse, per via della sua gestione delle transizioni, della modulazione dei ritmi e delle individualità sempre più performanti. Armi che legittimano le ambizioni di questo gruppo, oggi ancora più maturo, e probabilmente ospite indesiderato dei quarti di finale per tutte le altre concorrenti.

 

 

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