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Marco D'Ottavi
L'energia di Barella è contagiosa
20 apr 2023
20 apr 2023
Il centrocampista italiano è la cartina al tornasole dell'Inter.
(di)
Marco D'Ottavi
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IMAGO / HochZwei/Syndication
(foto) IMAGO / HochZwei/Syndication
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L’arbitro ha appena fischiato il calcio d’inizio e Nicolò Barella sta già correndo. Sul verde brillante di San Siro, con lo stadio pieno e le sciarpe alte sopra le teste, possiamo quasi vedere la sua energia, come se fosse un aura o la barra verde sopra la testa in un videogioco di calcio. L’Inter ha iniziato la partita in maniera aggressiva, non accettando di subire il palleggio del Benfica, e nessuno è più aggressivo di Barella. Dopo un minuto recupera un pallone, sbaglia un passaggio, poi insegue la ripartenza dei portoghesi per 50 metri, fino a costringerli a tornare indietro. Pressa tutti Barella, anche il portiere, anche i compagni - viene da pensare - come se volesse pressarli a essere come lui, come se con le sue corse dovesse mantenere accese le mille luci di San Siro. ___STEADY_PAYWALL___ Correre non è necessariamente una cosa buona in una partita di calcio, perché il rischio è di farlo a vuoto. Per Barella, però, questo assunto non sembra essere vero, almeno in notti come queste. Corre avanti, corre indietro, è il primo attaccante e l’ultimo difensore. Nei primi cinque minuti di partita ha già fatto un numero di scatti che manderebbe fuori giri una qualunque persona normale. Scatti che, anche quando sembrano inutili, danno una piccola scossa alla partita.

Alcune delle corse di Barella nei primi 5 minuti di gioco.

Sia chiaro: il gioco passava per gli smarcamenti di Brozovic, Onana è stato un playmaker aggiunto, la difesa ha retto alla grande, Lautaro e Dzeko hanno fatto le cose giuste al momento giusto. Però, in ogni momento della partita in cui serviva quel qualcosa in più, c’era Barella: è lui a recuperare su una palla persa che poteva costare una ripartenza pericolosa al 5’, è lui a scendere rapidamente accanto ad Acerbi al 6’ appena prima che il palleggio dell’Inter finisca per ingolfarsi, a chiudere su Aursnes che potrebbe mettere un cross invitante al 10’. Nel foglio delle statistiche, alla fine, Barella non sarà il migliore in niente, ma sarà presente in tutto, sempre nella parte alta: contrasti, recuperi, cross, azioni nella trequarti avversaria.

Della prestazione di Barella ha parlato anche Dario Saltari in Ultimi Fuochi, il nostro podcast quotidiano.

E poi è lui a inclinare il confronto verso l’Inter dopo 13’. È un'azione corale, che parte dal lancio di Onana, preciso per la testa di Dzeko, che non vince in maniera pulita il duello con Otamendi, ma che è più lesto dell'avversario a intuire la traiettoria dopo il rimbalzo, che continua per la caparbietà di Lautaro. Ma se diventa gol, è perché Barella sa essere un giocatore speciale, anche in modo spettacolare. La croqueta con cui elude la scivolata di Grimaldo e al tempo stesso la passa di nuovo a Lautaro sembra uscita da un video di giocate di Xavi sotto anfetamina, ma è appena l’inizio della sua azione. Perché Lautaro gliela ridà come se scottasse, mentre Barella - ovviamente - sta correndo in avanti. E qui c’è una prima cosa non banale: perché il pallone è arretrato e lo deve controllare non con l’interno destro, come sarebbe normale ricevendo un passaggio in diagonale da sinistra a destra dentro l’area di rigore, ma deve girarsi di tre quarti, sempre mentre corre, e portarsela avanti col sinistro. Questo finisce per ingannare Antonio Silva, perché il pallone è leggermente dietro a Barella e, invece di intervenire, gli rimane davanti per coprire la porta. Barella ha un attimo in cui sembra stia per inciampare, perché ora ha il problema di portarsi il pallone da dietro a davanti al corpo senza cascarci sopra. Ci riesce - perché comunque è di gomma - ma a questo punto ha un nuovo problema, ben più grande, perché Antonio Silva è a pochi centimetri da lui e di tirare non se ne parla neanche lontanamente. Trovare soluzioni in area di rigore, di solito, è ciò che rende grandi gli attaccanti. Farlo negli ultimi 16 metri è più difficile che fare la stessa cosa a centrocampo. Barella, però, lo sappiamo, a questa qualità camaleontica di poter essere, se il momento lo richiede e lui è nelle giornate buone, un arcigno difensore e un raffinato centravanti. Con un colpo di tacco che pesca a piene mani dall’epica cristianoronaldesca manda al bar Antonio Silva e - addirittura - gambe a terra Chiquinho, che intanto aveva recuperato alle spalle.

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Dopo tocca al tiro, a giro sotto l’incrocio col piede debole, ma abbiamo già capito che stupirsi per queste giocate di Barella è solo una doppia fatica. Fatica che, al contrario, a lui non sembra toccarlo. Dopo aver segnato un gol speciale, in una notte speciale, che dà all’Inter un vantaggio essenziale per affrontare i restanti settantasette minuti senza angoscia, Barella riparte. Insegue un avversario al 14’, fa uno scatto a vuoto al 15’ per dare una linea di passaggio a Lautaro, recupera un pallone con una scivolata al 16’ su Rafa Silva, che dopo se lo guarda come guarderebbe chi gli ha appena rubato un parcheggio da sotto gli occhi.

Per tutto il doppio confronto, Barella (ma anche Mkhitaryan, a dire il vero) è stato troppo più sveglio, troppo più pronto del centrocampo del Benfica, finendo sempre per vincere i duelli individuali, forzare errori, recuperare palloni. All’interno di una prova di squadra ai limiti della perfezione, le sue prestazioni tra andata e ritorno hanno mostrato un’incisività e una completezza che è raro vedere oggi - alcune cose fatte da Barella nei 180’ contro il Benfica: due gol (primo italiano a riuscirci tra andata e ritorno dei quarti da Christian Vieri), un tunnel, diversi recuperi in scivolata o meno, un tiro al volo in girata di mezzo collo che se non fosse stato respinto avrebbe bucato la rete, una palla geniale per Dzeko.Dopo i primi venti minuti, Barella si è calmato come tutta l’Inter. È stato il gol, certo, ma anche una strategia di squadra: aggressivi all’inizio per non far prendere campo al Benfica e dargli fiducia, più compassati poi per controllare la partita e non dare ritmo all’avversario. L’Inter ha iniziato a usare il palleggio come arma difensiva. In questo tipo di partita l’esuberanza di Barella risulta meno evidente, ma non sparisce. Al 33’, ad esempio, ha spazzato l’area di rigore in sforbiciata. Un gesto non tanto eroico o spettacolare, ma più indicativo di come anche sottotraccia Barella deve produrre contenuti, avere quel tipo di eccessività che ben si sposta con il calcio di oggi. Quasi per paradosso, Barella sembra incidere su una partita anche quando non tocca il pallone, semplicemente perché la sua intensità diventa una minaccia implicita. Prendiamo l’azione al 52’: su un pallone vacante innocuo, Barella si è lanciato come se fosse davvero possibile intervenire. Prima di lui c’erano quattro difensori del Benfica, ma alla fine Grimaldo è dovuto andare di testa indietro a Vlachodimos.

Qualche minuto dopo risaliva il campo a mille all’ora scambiando coi compagni e mettendo in crisi Otamendi, che ha salvato con una scivolata di mestiere una potenziale occasione pericolosa. Poi, di nuovo, controllava un campanile a seguire, eludendo l’intervento di Joao Mario. Tutte giocate a loro modo piccole o comunque non particolarmente decisive, che però ogni volta venivano accompagnate da un piccolo boato di San Siro. In notti così, Barella è anche il calciatore ideale da tifare. Non il fenomeno, ma quello che fomenta, che fa la cosa giusta per la squadra, quella che vorremmo fare noi se fossimo su quel campo (e avessimo l’atletismo e il talento di Barella). Insomma, una partita di grandi e piccole cose (è lui dal nulla ad andare a pressare Otamendi, costringendolo a un colpo di testa sghembo che finirà in rimessa laterale; rimessa laterale da cui partirà il secondo gol dell’Inter) che ha dato un tono alla prestazione di squadra. Nei settantacinque minuti in cui è stato in campo, Barella è stato sempre concentrato, affilato. Non si è perso nelle lamentele ai compagni quando non gli passavano un pallone o in proteste verso l’arbitro. Tutta la sua energia è stata convogliata nelle corse in avanti per allungare la difesa del Benfica, nei raddoppi sulla fascia, nelle corse indietro per tamponare le ripartenze dei portoghesi, nel fare la cosa giusta al momento giusto. Non è un caso, forse, che l’Inter si sia disunita proprio dopo la sua sostituzione. Ovviamente è dovuto anche al punteggio, un vantaggio di 4 gol che ha spinto i nerazzurri a mollare il controllo tecnico e mentale sulla partita, ma ieri sera era possibile immaginare una realtà in cui Barella, ancora in campo, avrebbe svegliato la squadra dopo il gol di Antonio Silva o sarebbe arrivato sul pallone che poi Musa ha messo in rete, lì dove Gosens è scivolato perdendo il tempo (o al posto di Brozovic, non avrebbe preso quel tunnel). Insomma, in questa stagione l’energia nervosa di Barella sembra la cartina al tornasole dell’Inter. Ieri non è stato probabilmente neanche il migliore in campo (Lautaro?) o quello più coinvolto nel palleggio (Brozovic) o nella creazione di occasioni (Lautaro), ma è guardando lui, il suo linguaggio del corpo, la sua carica, che si può capire come andrà una partita dell’Inter. Prima del fischio d'inizio, mentre l’inno della Champions League ancora suonava, amplificato dalle voci dei settantacinquemila presenti, la telecamera ha inquadrato di sfuggita Barella, che sembrava godersi ogni secondo.

Avremmo dovuto capire da quella faccia come sarebbe andata la partita? Forse sì. Da una parte è facile accendersi in queste notti, quando il mondo sta a guardare e il risultato vale dieci volte tanto, ma allo stesso tempo - per riuscirci - bisogna avere quel tipo di talento, quel livello di calcio. Non che avevamo bisogno di conferme, ma ieri Barella ce lo ha confermato. È uno dei migliori calciatori prodotti dal nostro paese negli ultimi anni, e non c'è nessun dubbio. Ora, per l'Inter, è importante che Barella sia questa versione di se stesso anche contro il Milan. Una partita dove ogni goccia di energia nervosa sarà fondamentale. Se Barella riuscirà a farla diventare il motore della sua prestazione, beh: ci sarà da divertirsi.

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