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Flavio Fusi
Vittime sacrificali
25 nov 2015
25 nov 2015
Una Roma velleitaria, confusa e incosciente va incontro a un'altra disfatta europea.
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Flavio Fusi
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Il rigido inverno bielorusso ha fatto sì che la gara tra BATE Borisov e Bayer fosse anticipata alle 18:00, concedendo alla Roma il lusso di poter scendere in campo al Camp Nou consapevole che la partita con il Barcellona non avrebbe inciso in maniera particolare sul passaggio del girone. Una vittoria avrebbe però consentito alla Roma di qualificarsi agli ottavi con una giornata di anticipo, ma considerato l’atteggiamento tattico e psicologico dei giallorossi è difficile credere che l’idea di vincere al Camp Nou abbia mai sfiorato le menti di Garcia e dei suoi giocatori.

 

I blaugrana si sono schierati con il loro tipico 4-3-3. Tra i pali spazio a ter Stegen, il portiere di coppa. Coppia centrale formata da Piqué e Vermaelen, che sostituiva l’infortunato Mascherano. Daniel Alves a destra e Jordi Alba a sinistra hanno completato la linea difensiva a quattro. Luis Enrique ha preferito risparmiare anche Iniesta, non al 100% dopo la prestazione

del "Clásico": il jolly Sergi Roberto, capace come Florenzi di giocare su tutte e tre le linee, ne ha preso il posto a centrocampo, accanto a Rakitic e di fronte al pivote Busquets. Messi, al rientro dal primo minuto dopo l’infortunio, ha ricostituito il tridente terribile insieme a Suárez e Neymar.

 

Garcia ha schierato un modulo teoricamente più accorto, posizionando gli esterni offensivi sulla linea di centrocampo in un 4-1-4-1. Davanti alla porta di Szczesny, linea difensiva a quattro formata, da destra a sinistra da Maicon, Manolas, Rüdiger e Digne. L’ex blaugrana Seydou Keita ha agito davanti alla difesa al posto di De Rossi, ancora alla prese con il dolore alla coscia sinistra. Pjanic e Nainggolan hanno ricoperto il classico ruolo da mezzali, con Florenzi largo a destra e Iago Falque sulla corsia opposta. In avanti Dzeko ha agito da unico riferimento offensivo.

 



La Roma ha aggredito il Barcellona nella propria metà campo solo nelle primissime battute iniziali: Pjanic si alzava per schermare Busquets alle spalle di Dzeko, che comunque rimaneva isolato contro Piqué e Vermaelen, sempre molto larghi e consapevoli di poter chiamare tranquillamente in causa anche ter Stegen. Falque e Florenzi si alzavano timidamente sui terzini, a loro volta avanzati.

 


Dzeko pressa Piqué, ma per il centrale del Barça è un gioco da ragazzi evadere la pressione appoggiandosi sul suo portiere, che a sua volta trova Vermaelen sull’altro lato del campo.



 

Questa strategia, pur applicata per una manciata di minuti, non si è rivelata particolarmente efficace, con Dzeko e Pjanic costretti a farsi tutto il campo in orizzontale ogniqualvolta il pallone passava da un centrale all’altro. Nella fase di pressione alta la Roma finiva in inferiorità numerica: quattro giocatori, tra cui Florenzi e Falque, molto timidi nello spingersi in avanti per non lasciare Maicon e Digne in balia di Messi e Neymar, contro cinque giocatori più uno (ter Stegen) del Barça.

 

Abbandonata la dispendiosa, e soprattutto vana, strategia di pressare i blaugrana in inferiorità numerica la Roma si è rintanata in una specie di 4-4-2 compatto verticalmente e alto sul campo (l’altezza media dei nove fuorigioco provocati è di 27,7m), in cui Pjanic si univa a Dzeko nello schermare Busquets. L’intento era di forzare la squadra di Luis Enrique a costruire passando dalle corsie e a quel punto far scorrere i due bosniaci sul lato palla per intrappolare il terzino blaugrana con il supporto dell’esterno.

 


Il 4-4-2 della Roma, che lasciava libertà di azione ai centrali del Barcellona, preoccupandosi di porre Busquets in zona ombra.



 

Anche questa strategia è fallita a più riprese per varie cause: la resistenza al pressing di Daniel Alves e Jordi Alba, la mancata coordinazione dei movimenti dei giallorossi e la struttura in possesso del Barça che, fedele ai principi del gioco di posizione, riusciva facilmente a offrire sempre una linea di passaggio.

 



In ogni caso, la vulnerabilità del 4-4-2, in breve ritornato a essere 4-1-4-1 con Dzeko ancora più isolato, risiedeva più che altro nella linea alta, in cui sinergia, coordinazione e comunicazione latitavano sistematicamente e nella mancata aggressione dei due centrali, tutt’altro che timidi nello spingersi in avanti. La superiorità numerica e posizionale creata dall’avanzata dei difensori del Barcellona causava un effetto domino per cui il portatore di palla aveva piena libertà di azione. Si creavano puntualmente situazioni di palla scoperta a cui, in barba a qualsiasi principio difensivo di base, Garcia rispondeva con la trappola del fuorigioco (oltretutto eseguita in modo maldestro).

 

https://www.youtube.com/watch?v=q0X7BZIl5wM

Rudi dovrebbe forse prestare attenzione a ciò che dice Emery nel video.



 

Dalla metà del secondo minuto di gioco fino al gol dell’1-0, il Barcellona ha costruito tutte le sue azioni da gol approfittando delle falle difensive della Roma. Non importava che fosse Piqué, Busquets, Messi o Neymar a lanciare un compagno in profondità: il risultato era sempre lo stesso, ovvero un uomo pescato alle spalle della difesa mal allineata.

 


Una collezione dei fuorigioco mancati dalla Roma fino al 15.esimo minuto di gioco, quando sul lancio di Neymar a liberare Alves, Suárez porterà in vantaggio i padroni di casa.



 

Subito il primo gol, i giocatori della Roma erano forse già con la testa alla gara con il BATE, come se la partita fosse stata già data per persa, nonostante 75 minuti più recupero ancora da giocare. La mancanza di pressione sul giro palla del Barça si è fatta se possibile ancora più allarmante e i blaugrana hanno così potuto costruire il 2-0, il gol con la maggior sequenza di passaggi consecutivi in questa edizione della Champions League. Nell’occasione, dieci giocatori del Barcellona hanno toccato il pallone, scambiandosi 27 passaggi, senza che la Roma abbia nemmeno abbozzato una reazione.

 



I 27 passaggi consecutivi che hanno portato al gol di Messi.



 

Se il pressing della Roma non solo non funzionava, ma era quasi del tutto assente, quello del Barça si è rivelato di rara efficacia persino per lo standard dei catalani. In particolar modo il contropressing, ovvero il pressing portato immediatamente dopo la perdita del possesso al fine di impedire all’avversario di contrattaccare, ha annullato anche le (esigue) velleità di contropiede della Roma. L’abilità nel palleggio e la solide basi della struttura posizionale, permettevano al Barça di perdere palla solo in zone lontane dalla propria porta, in media a 40,6 m dai pali di ter Stegen e di non correre praticamente rischi, se si esclude la grande occasione fallita da Dzeko sullo 0-0.

 


Il contropressing del Barcellona ha soffocato qualsiasi iniziativa della Roma durante il primo tempo.



 



Anche nella cattiva gestione del pallone la Roma ci ha messo del suo. Keita e Maicon avevano altri ritmi rispetto agli avversari e in diverse occasioni sono parsi lenti e compassati anche in fase di non possesso.

 

Inoltre, è come se la Roma si fosse costruita un alibi psicologico con la presenza di Dzeko in attacco. Anche nei rari casi in cui i giallorossi avevano la possibilità di giocare il pallone, la sfera veniva gestita frettolosamente, come se scottasse, ricorrendo al lancio in direzione dell’isolato centravanti bosniaco, affidandosi alle sue abilità nel gioco aereo.

 

Le azioni migliori prodotte dalla Roma sono scaturite dai piedi di Iturbe (l’unico in grado di operare almeno un dribbling, 3 in totale, nei 90 minuti), gettato nella mischia a inizio secondo tempo, quando la situazione era già ampiamente compromessa, con il Barcellona avanti 3-0.

 

Considerate le contemporanee assenze di Salah e Gervinho, fondamentali in una partita da giocare al contrattacco, la decisione da parte di Garcia di lasciare in panchina Iturbe, l’unico contropiedista rimasto tra i giocatori disponibili, è quanto meno biasimabile. Paradossalmente però, il riassestamento della formazione giallorossa al momento dell’ingresso di Iturbe ha causato ulteriori problemi difensivi. L’argentino ha agito sul centro-destra, più vicino a Dzeko, mentre Pjanic, soprattutto in fase difensiva, doveva porsi largo nel 4-4-2 del secondo tempo. Il bosniaco, come era prevedibile, ha dimostrato di non trovarsi a suo agio nel ruolo, lasciando spesso Maicon in balia di Neymar, come nell’occasione del 5-0.

 


Sul gol del 5-0, il cambio di gioco di Messi pesca Neymar. Pjanic è in colpevole ritardo nello scorrimento sul lato palla (situazione sofferta generalmente dalla Roma, spesso compatta verticalmente, ma quasi mai orizzontalmente) e lascia Maicon isolato contro il connazionale, che ha anche il supporto di Jordi Alba. Neymar mette in mezzo per Messi, Szczesny salva, ma l’argentino è il più lesto ed effettua il tap-in.



 

Garcia ha spostato Iturbe effettivamente largo solo dopo il 6-0. Proprio il sesto gol di Adriano è il paradigma dell’arrendevolezza di questa Roma, con Maicon, Manolas e Uçan rimasti immobili sulla parata di Szczesny, consentendo ad Adriano di ribadire in rete sulla respinta.

 


Il 6-0 di Adriano. Maicon, Manolas e Uçan con le mani sui fianchi danno già per scontata la trasformazione di Neymar.



 

Con la partita che non aveva più nulla da dire, Dzeko si è procurato e ha fallito un rigore, prima di segnare il gol della bandiera nel minuto di recupero, finalizzando l’unico contropiede efficace costruito dalla Roma.

 



La Roma del Camp Nou è stata esattamente quello che Sabatini le

di non essere, la “vittima sacrificale” sull’altare dei blaugrana. È vero che affrontava un Barcellona nel momento migliore della sua stagione, ma l’approccio tattico e mentale alla gara si è dimostrato del tutto inadeguato, come se la sfida coi blaugrana fosse da giocarsi solo perché in calendario, senza reali ambizioni di risultato. Garcia è stato in balia di Luis Enrique per tutta la partita, incapace di organizzare un piano di gara che andasse oltre l’istruzione mantenere le linee compatte, ovvero quello che non era riuscito a fare il Real di Benítez.

 

Il confronto con il Barça è stato impietoso non solo dal punto dei vista del punteggio e delle statistiche (12 tiri in porta contro 4, 70,8% di possesso contro il 29,2%, 15 occasioni create contro 5), ma anche su quello dell’organizzazione: il Barcellona è una formazione di campioni che giocano come fossero uno solo, l’11 di Garcia visto ieri è un’insieme di giocatori con poca personalità e senza alcuna traccia di un’unità di intenti. La fase difensiva di questa Roma è sempre più sconcertante: i difensori non hanno alcun punto di riferimento e sono incapaci di agire ordinatamente in linea. Con i 6 di ieri, i giallorossi hanno già subito 31 gol in 18 partite stagionali.

 

Un anno fa il 7-1 subito dal Bayern fu devastante per le certezze e le sorti della stagione della Roma. Questo 6-1 ha una genesi diversa, ma andrà gestito con estrema delicatezza perché non abbia ripercussioni simili.

 
 



 
 

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