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Il calcio rischioso del Barcellona non è più sostenibile?
27 ott 2025
Nel Clasico il sistema difensivo blaugrana è imploso.
(articolo)
10 min
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Foto IMAGO / Guillermo Martinez
(copertina) Foto IMAGO / Guillermo Martinez
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Il Clásico è diventato una sfida a chi segna più gol: una tendenza che con Flick si è esasperata. Il Barcellona ha vinto con un 4-0 il primo, 5-2 il secondo in Supercoppa, 3-2 il terzo in Coppa del Re e 4-3 in quello finale in Liga.

Il 4-0 della scorsa stagione, giocato al Bernabeu il 26 ottobre, aveva portato con sé il tema della linea alta del Barcellona e del suo successo. Mbappé era stato portato 8 volte in fuorigioco (12 totali il Real Madrid), con tanto di gol annullato alla mezz’ora che poteva valere l’1-0. Sull’onda dell’entusiasmo per il successo del proprio piano gara, nel secondo tempo il Barcellona ha dilagato, registrando una delle vittorie simbolo della stagione.

Esattamente un anno dopo proprio sulla difesa del Barcellona ha girato ancora il Clásico, questa volta vinto dal Real Madrid. Il risultato di 2-1 finale sta anche stretto al Real Madrid, che se pure ha rischiato qualcosa negli ultimi minuti (soprattutto un’occasione sprecata da Koundé solo contro Courtois), ha comunque sbagliato un rigore con Mbappé e chiuso con ben più di 3 xG (a seconda di chi ha fatto il calcolo si va sopra e sotto i 3 e mezzo) su 23 tiri totali e ben 10 in porta. Doveva essere il Clásico di Lamine Yamal, che ha infiammato la vigilia con le sue dichiarazioni, ma stavolta non gli è andata bene. Non è ancora al 100% fisicamente (sta combattendo da settimane con la pubalgia) e le sue parole, probabilmente, gli si sono rigirate contro. Il Real Madrid, pizzicato sul vivo, ha avuto un impatto deciso sulla partita, alimentato dalla spinta dei tifosi. È stato quindi il Clásico della restaurazione delle stelle del Real Madrid, anche della strategia di Xabi Alonso, capace di colpire i punti deboli della squadra di Flick.

Era il suo primo Clásico da allenatore e Xabi Alonso si è mosso con un piano specifico: ovviamente al centro dell’attacco c’è Mbappé, ma poi solo un’ala pura, Vinicius a sinistra; Bellingham si metteva sulla trequarti con Camavinga e Arda Güler come mezzali davanti al mediano Tchouameni. L’idea è quella di avere un centrocampo più folto e mai in inferiorità numerica per attaccare invece la linea difensiva del Barcellona su due fronti specifici: la verticalizzazione centrale per la corsa di Mbappé o il cambio di gioco per l’uno contro uno di Vinicius contro Koundé, così nel frattempo da riempire l’area con Bellingham oltre a Mbappé. Entrambe le cose hanno funzionato subito a dovere. Nel primo tempo il Real Madrid ha vinto la partita e in modo netto anche la battaglia tattica.

Il Real Madrid segna subito, ed è già fuorigioco. Siamo al minuto 11 e un recupero alto di Arda Guler porta la palla a Mbappé, che segna di prima intenzione un gol notevole. Un gol che esprime il suo senso di onnipotenza in questo momento. Era fuorigioco, come detto, ma dopo altri dieci minuti è arrivato un gol valido.

Il vantaggio del Real Madrid mostra la realizzazione del piano gara di Xabi Alonso, ma anche la fragilità del sistema difensivo di Flick. Bellingham riesce a posizionarsi lontano dalla marcatura di Pedri e poi, con una giravolta, si mette fronte alla porta, dove può servire il movimento in profondità di Mbappé dietro la linea. Il passaggio di Bellingham scorre distante al lato di Cubarsí e perfettamente tarato sulla corsa di Mbappé, che può stoppare solo fuori area e segnare una volta entrato dentro. Questi gol di Mbappé, segnati così, stanno diventando una ricorrenza in stagione. Brilla la scelta del tempo, affinato rispetto alla scorsa.

Mentre Bellingham si libera per ricevere, Mbappé è in posizione di fuorigioco, ma quando Bellingham si gira per lanciare in avanti, il francese rimane fermo prima di scattare.

Guardiamo la linea alta, e l’incapacità di mettere Mbappé in fuorigioco, ma va anche sottolineato come chi ha fatto l’assist non era sotto pressione. La linea del Barcellona è a trequarti di campo ma il filtrante arriva a palla scoperta, una situazione in cui la difesa viene esposta al massimo. Anche per l’assenza di un giocatore chiave come Raphinha, davanti, il Barcellona non ha mostrato la determinazione e la capacità di giocare ad alto ritmo che contraddistingue la squadra di Flick, risultando una squadra piatta al momento di attaccare.

Le azioni difensive sono arrivate a una distanza media di 38 metri, la più bassa da quando c’è Flick, segno di un pressing che non ha funzionato a dovere. Una situazione che si è riverberata sull’efficacia della linea: giocando con una linea alta, riuscire ad arrivare sul pallone sulla trequarti avversaria (che sia in pressing o riaggressione) permette di mantenere le distanze corte e aiutare la linea stessa a gestire l’attacco avversario, andare a vuoto col pressing (o in riaggressione) allunga la squadra, e a quel punto la linea alta è posta contro costante stimolo dal rivale che ha più spazio per verticalizzare e più occasioni per azzeccare l’azione giusta.

In questa partita Pedri ha recuperato solo 2 palloni, il minimo stagionale per lui. La scelta di verticalizzare su Mbappé centralmente da parte di Xabi Alonso è la stessa di Ancelotti un anno fa, ma in questo contesto ha funzionato. La capacità difensiva di una squadra come il Barcellona non può essere misurata solo sul comportamento della linea difensiva come blocco a sé stante, ma come parte del meccanismo del recupero immediato del pallone attraverso il pressing. Se le distanze sono lunghe, la linea difensiva a centrocampo non porta a quanto sperato.

Vale la pena ripeterlo: la squadra di Flick ha un approccio difensivo ottimista, cioè volto al voler recuperare subito il pallone una volta perso, più che a pensare come difendere la propria area dalla manovra rivale, e questo approccio si esprime in una feroce pressione alta di tutti i giocatori in concerto, con una linea altissima che restringe il campo di gioco (se la linea è praticamente a metà campo la zona dove può giocare inizialmente la squadra avversaria appena recupera palla è solo la propria metà campo). Se, però, la pressione non arriva con i tempi giusti e la linea difensiva non è attenta, allora il campo di gioco sarà anche ristretto inizialmente, ma si apre in una prateria con la verticalizzazione giusta per la corsa giusta.

Le squadre della Liga si sono attrezzate per aggirare questa situazione utilizzando varie tattiche, tra cui ad esempio la presenza di un attaccante che parte fuorigioco ma che verrà servito solo dopo la conduzione di un compagno che lo riporta dietro la linea della palla; oppure l’utilizzo di una corsa in verticale di un giocatore dalla seconda linea per creare scompiglio. Nel caso del Real Madrid è bastato, a fronte di un Barcellona poco continuo nello sforzo in pressing (per via delle due ali, Rashford e Lamine Yamal, soprattutto), utilizzare uno come Mbappé da servire in verticale per avere a priori occasioni da gol.

Anche senza trovare il gol, il Real Madrid ha mostrato più e più volte, per tutto il primo tempo, di riuscire con la verticalizzazione giusta a mettere un suo giocatore in grado di arrivare alla conclusione in area. L’occasione maggiore è arrivata con il cross di Tchouameni per Huijsen, ma c’è stata anche quella ormai classica del filtrante sulla corsa di Mbappé contro la linea difensiva, che in un’occasione ha preferito passarla a Vinicius.

Il gol del momentaneo pareggio del Barcellona è arrivato da una pressione alta ben eseguita, con Pedri che si è mangiato Arda Güler rubandogli palla e portando poi a un cross basso di Rashford per Fermin Lopez. Da una pressione mal eseguita, invece, è nato il gol del nuovo vantaggio del Real Madrid, pochi minuti dopo.

Il Barcellona ha battuto un angolo e da una grande parata di Courtois il rimpallo ha favorito Vinicius, che ha ricevuto poco fuori la sua area e non è stato contrastato né da Pedri né da Koundé, portando lo stesso Pedri a doverlo fermare con un fallo per impedirgli di arrivare palla al piede in area. Da quella punizione a centrocampo nata per necessità, è arrivata l’azione dello stesso Vinicius, che ricevendo largo e puntando Koundé fino in area di rigore ha portato al gol.

La difesa della propria area non è mai stata un punto forte della squadra di Flick, anche per via dei profili di difensori a disposizione. Solo Araujo è un centrale fisicamente strutturato (anche se non brilla per concentrazione) e la squadra è fatta di centrocampisti abituati solo a difendere in avanti.

Nel gol del 2-1 salta il recupero di Koundé in fascia e si genera una catena di accoppiamenti sfalsati che porta Bellingham a calciare a un passo dalla porta.

Sul cross di Vinicius la difesa del Barcellona è in parità numerica in area piccola, solo che sia de Jong che Cubarsí vanno a marcare Huijsen e quando Cubarsí non riesce a intercettare il pallone dietro di lui Bellingham è solo.

La partenza estiva di Iñigo Martínez per l’Arabia Saudita è stato un colpo non da poco per la linea difensiva di Flick. Il basco era il regista del reparto, colui che guidava la linea. Con il suo carisma e la sua mentalità aggressiva era l’incaricato di riportare in campo la tattica a priori rischiosa di Flick.

Da inizio stagione il tecnico tedesco ha provato varie combinazioni per trovare il compagno di reparto giusto per Cubarsí, arrivando infine alla scelta di Eric García come centrale di sinistra. È un difensore meno aggressivo nelle uscite e meno carismatico nel guidare la linea. È significativo che il Barcellona abbia chiuso la partita senza entrambi i due centrali titolari: al 74’ è entrato Araujo per Eric García e poi al 83’ è uscito Cubarsí per far entrare l’ala Roony Bardghji, con arretramento di Frenkie de Jong al centro della difesa per l’assalto finale.

Va detto che la scorsa stagione dopo dieci giornate, alla vigilia quindi del Clásico che avrebbe vinto per 4-0, il Barcellona aveva subito 10 gol. Non molti di più dei 12 attuali dopo 10 giornate, Clásico incluso. E se la scorsa stagione dopo 10 giornate aveva segnato 33 gol, in questa (in cui ha dovuto fare a meno del tridente titolare più volte) è comunque a quota 25 gol.

Da un attacco in grado di garantire più di 3 gol di media a partita, è passato a 2.5, sempre tantissimi in termini di media ma, se si va a vedere nel dettaglio, in trasferta diventa si abbassa e non è più all’altezza. Fuori da casa il Barcellona ha segnato 12 gol, ma ne ha subiti 10: un crollo in termini di tenuta difensiva che finisce per rendere insufficiente la produzione offensiva.

La migliore versione del Barcellona di Flick è lontana da quanto visto in questo inizio di stagione. Dove lo scorso anno la squadra era riuscita a combinare una strategia ad alto rischio con un attacco spaziale, e competere così contro chiunque, oggi come oggi è rimasta la strategia ad alto rischio ma non c’è più un’esecuzione all’altezza, sia offensiva che difensiva.

Il Barcellona non è stato in grado di gestire un PSG privo delle proprie stelle offensive e un Real Madrid ancora ad inizio progetto, perdendo con entrambe. Flick si trova ora in un momento delicato del suo ciclo. Il sottile equilibrio trovato la scorsa stagione sembra difficile da raggiungere ma cambiare troppo a fondo l’identità non pare nelle corde del personaggio, della sua mentalità. Non esistono compromessi, nel calcio di Flick. Lo abbiamo visto in passato con Bayern e Germania: una volta che l’equilibrio si è rotto non è stato più ritrovato.

Per sua fortuna il ritorno a pieno regime della formazione titolare potrebbe dare nuova linfa, ma il suo Barcellona rimane, anche nella versione al completo, una squadra che galleggia sul confine tra vittoria roboante e sconfitta sbattendo contro il muro di un’applicazione non perfetta dei propri meccanismi tipica di una squadra che non cerca equilibrio.

Il Real Madrid, da parte sua, ha mostrato il talento e la mentalità per potersi approfittare del momento dei rivali storici e portarsi così al primo allungo stagionale. I 5 punti di distacco in classifica non sono tanti, ma sono anche abbastanza per poter dire che in questo inizio di stagione della Liga la squadra da battere è quella di Xabi Alonso.

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