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Daniele V. Morrone
Il Clásico che ha affondato Lopetegui
29 ott 2018
29 ott 2018
La manita del Barcellona al Real Madrid ha significati e conseguenze profonde.
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Daniele V. Morrone
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Valverde sceglie di lasciare in appoggio a destra il solo Sergi Roberto, che si dimostra ancora una volta in grado di reggere da solo una zona ampissima di campo. Almeno se la squadra è in grado di mantenere il possesso con continuità.



 

 

Quello che però ha fatto la differenza nel piano gara di Valverde è stata la pressione. Senza Messi in campo il tecnico ha accettato l’idea di organizzare prima di tutto un pressing che permettesse alla squadra di recuperare il pallone su diverse altezze. Questo - ancor più che la circolazione del pallone - ha reso la vita difficilissima alla squadra di Lopetegui.

 

Una pressione non ortodossa: Suárez e la mezzala sinistra Arthur Melo andavano sui due centrali del Real Madrid; gli esterni Coutinho e Rafinha restevano più bassi a seguire la salita dei terzini; Busquets e Rakitic ruotavano per seguire il centrocampo avversario quando si abbassava. Così il Barcellona ha costretto il Real Madrid a tornare sempre indietro per poter andare avanti. La strategia è stata permessa dal grande dinamismo di Arthur: il numero 8 ha guidato la pressione partendo da Modric e alzando pian piano la squadra. A quel punto il Madrid è stato costretto a tornare indietro. Quando la squadra di Lopetegui ha provato ad uscire palla a terra il Barcellona è riuscito a recuperarla in alto con continuità e senza il minimo sforzo (gli unici a correre in avanti erano Suárez e Arthur). Il Barcellona ha dominato il primo tempo senza dover faticare più di tanto, sfruttando al massimo il momento storico negativo degli avversari.

 

La partita e la strategia iniziale del Real Madrid è difficilmente commentabile, soprattutto perché condizionata alla radice dall’aspetto psicologico. I Blancos hanno faticato innanzitutto a stare mentalmente dentro la partita, una squadra scollata nella pressione e con un linguaggio del corpo che comunicava resa incondizionata prima ancora che il Barça segnasse il primo gol.

 

Se questa doveva essere la partita del riscatto si è trasformata invece in un incubo. Una partita che ha confermato quanto le motivazioni siano essenziali per un piano tattico ben eseguito a questi livelli. Non sappiamo cosa avesse realmente in mente Lopetegui, quello che abbiamo visto non può essere un piano gara. Per dare l’idea della passività vista in campo nel primo tempo: in 45’ il Madrid ha tentato in tutto 3 dribbling, completandone appena uno. Sono passati pochi mesi dalla vittoria in Champions League, eppure della squadra che manipolava lo spazio attraverso la tecnica non sembra esserci traccia.

 




In questo grafico di passaggi e posizioni medie del Real Madrid nel primo tempo si vede l’incapacità della squadra di trovare pattern di gioco consolidati che non siano il passaggio di Marcelo verso un Isco che si accentra dalla fascia sinistra.

 


Lopetegui ha provato a mettere in campo contemporanemente tutti i pesi massimi dello spogliatoio. Magari sperava in una reazione d’orgoglio e di carisma. Nacho terzino destro adattato invece di Odriozola, per sostituire Carvajal indisponibile, è l’unica decisione tecnica imputabile all’allenatore rispetto al teorico undici migliore. Una decisione che si è rivelata alla fine pesantissima perché l’interpretazione del ruolo da parte di Nacho ha facilitato la vita a Valverde. Nacho seguiva Coutinho, i cui movimenti sono però a rientrare proprio nella zona a metà tra lui e il compagno Varane, occupato dai movimenti di Suárez.

 

Con Modric impegnato a seguire Arthur, l’unico che poteva occuparsi delle salite di Jordi Alba era Gareth Bale. Il passato da terzino e la velocità potevano aiutarlo, ma non si può chiedere alla propria ala e principale fonte di pericolo offensivo di andare in copertura ogni azione. Al Barça è bastato pazientare un minimo con il possesso prima di cambiare gioco dietro la linea difensiva del Madrid, dove può ricevere indisturbato Jordi Alba. Una strategia semplice: usare Coutinho come minaccia per andare invece da Jordi Alba.

 


 
Non è un caso se il gol che sblocca la partita arriva proprio così, con una manovra paziente fatta di 30 passaggi consecutivi che portano al lancio per Jordi Alba e al conseguente cross per Coutinho finito a tagliare in area. In questi due grafici si vedono i passaggi ricevuti da Jordi Alba nel primo tempo e quelli dell’azione del gol.

 

Bisogna sottolineare le prestazioni individuali di Coutinho e Arthur. Coutinho, oltre al gol, ha interpretato molto bene la partita senza il pallone; Arthur, in una squadra che continua a non far circolare il pallone alla velocità adeguata, è diventato l’ago della bilancia della manovra centrale. Il suo Clásico è risultato ingiocabile per il centrocampo passivo del Madrid. Sulle sue tracce Lopetegui ha mandato Modric, che però non poteva seguire il brasiliano per tutto il campo, come la partita avrebbe richiesto. Arthur è stato letteralmente ubiquo nel primo tempo: con i suoi movimenti in appoggio al portatore in uscita del pallone e poi con il suo spostarsi tra le linee con l’avanzare della manovra ha aiutato anche i compagni di reparto Busquets e Rakitic a funzionare meglio. Il contesto della gara nel primo tempo ha esaltato i pregi di Arthur. Il suo primo Clásico in carriera ha avuto attorno un’aura da predestinato.



 

 


Passaggi ricevuti e fatti da Arthur nel primo tempo. Impressionante la capacità di alternare la precisione sia nel passaggio corto che nel lungo.


 



 



 



 



 



 


Si vede subito come il Madrid occupi in modo diverso gli spazi in campo con il 3-4-1-2 (in questo caso Bale e Isco si sono invertiti) e riesce finalmente a far circolare il pallone.


 



 



 



 



 



 





Il nostro indice degli xG dice che il solo Luis Suárez è valso 1.53 xG (rigore escluso). Se sommiamo questo a tutto il lavoro fatto senza palla è impossibile non lodare la partita del pistolero orfano di Messi.

 

L’azione del 5-1 con cui si concretizza la manita è un concentrato di tecnica in velocità di Dembélé, che ha servito uno splendido assist per Vidal. I canonici 2 minuti a partita in cui Ousmane Dembélé sembra il giocatore più forte al mondo.



È stato un trionfo personale per Valverde, che ha scelto un piano gara semplice ma tremendamente efficace. Dopo la sconfitta della Roma il suo ciclo sembrava già finito, ma ora pare aver ritrovato il filo tattico perduto. Il Barcellona è tornata ad essere una squadra che indirizza il proprio attacco tramite il possesso a centrocampo, e che arriva ad attaccare attraverso pattern specifici  (il famoso lancio per Jordi Alba su tutti). Al contempo è attenta a non perdere palla in zone pericolose per esporre troppo una linea difensiva che non sembra in grado di proteggere Ter Stegen.

 

Se il Madrid partirà quindi a novembre con un nuovo progetto - con una rosa a metà tra la via vecchia e quella nuova - il Barcellona potrà invece correre su una strada tattica già tracciata. Un sentiero che intanto gli ha permesso di umiliare i rivali storici anche senza il miglior giocatore al mondo in campo.

 

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