Se c’era un momento giusto per affrontare il Barcellona era questo: il Napoli, senza essere all’interno di una stagione positiva, aveva tutti i migliori giocatori disponibili e aveva visto con i suoi occhi tutti i limiti dell’avversario all’andata. Anche il fatto che si giocasse all’Olimpico di Montjuic e non al Camp Nou era un piccolo vantaggio, dato l’impatto ambientale minore.
Al Napoli, quindi, non sarebbe servita un’impresa per superare gli ottavi, una partita perfetta di quelle che accadono raramente, soprattutto in stagioni negative come questa. Sarebbe servito però un approccio deciso, molto diverso da quello che ha avuto la squadra di Calzona e che ha facilitato la vita al Barcellona. I primi venti minuti hanno inevitabilmente condizionato il resto della gara, e quanto di buono si è visto dopo da parte del Napoli non è bastato a recuperare un Barcellona aggrappato, in campo, ai suoi ragazzini più che ai veterani.
Una partenza choc
Rispetto all’andata, l’unico cambiamento di Calzona è stato nella catena di sinistra: al posto di Olivera e Cajuste hanno agito Mario Rui come terzino e Hamed Traorè come mezzala, una scelta dettata dalla voglia di gestire meglio il pallone tra le linee. Proprio le triangolazioni sulle catene di fascia per arrivare al cross sono una delle poche varianti evidenti nel suo Napoli, per quanto poco tempo abbia avuto per lavorare.
Così il Napoli può provare a servire Osimehn al centro dell’area e allo stesso tempo tenere Kvaratskhelia nel vivo del gioco, con le mezzali alte sul campo e usando Lobotka per ribaltare il gioco più che per un palleggio ravvicinato. Una manovra fluida, tra la verticalità immediata per Osimhen e la ricerca delle fasce per il cross, che poteva incastrarsi bene con le scelte di Xavi, costretto a ripensare la squadra viste le assenze di Pedri e de Jong. Il tecnico ha optato per un sistema più incline alla pressione alta, con lo sgusciante Fermín messo a uomo su Lobotka, il giocatore più temuto a parole da Xavi alla vigilia. Un pressing che spingeva il Napoli verso una verticalità immediata, per sfruttare la linea difensiva alta e mandarlo in fuorigioco, situazione che si è ripetuta più volte e che ha messo in mostra la buona chimica della coppia Araujo-Cubarsí, con il primo impegnato in un duello fisico con Osimehn e il secondo più incline alle coperture.
Palla in diagonale di Anguissa per Politano che di prima trova Osimehn dietro la linea. Questo pattern viene incoraggiato dal Barcellona e neutralizzato dalla linea difensiva che manda poi in fuorigioco il centravanti nigeriano.
Col pallone, poi, il Barcellona si schierava con un 3-2-5 (o 3-2-2-3), con la salita a sinistra di Cancelo da ala pura, l’atteggiamento più bloccato di Koundé a destra e l’entrata nel mezzo spazio di sinistra di Raphinha. Niente di nuovo o particolarmente complicato, ma l’ottima partenza dei singoli ha permesso al Barcellona di incidere fin da subito proprio col pallone. Cubarsí - il difensore centrale più giovane a partire titolare in un ottavo di Champions League, superando curiosamente di qualche giorno Beppe Bergomi con l’Inter nella stagione 1980-81 - è stato calmo e preciso, Fermín è stato abile nel muoversi negli spazi e la tecnica di Lamine Yamal ha incorniciato il tutto.
La prima azione pericolosa del Barcellona è arrivata al 12’ con Cubarsí che dalla propria metà campo lancia lungo per il taglio di Fermín dietro la linea difensiva, che si ritrova uno contro uno Meret, salvato dalla parabola del pallonetto troppo alta. Sempre dai piedi di Cubarsí parte l’azione del primo gol, appena due minuti dopo: lo spagnolo si accorge che Politano, che dovrebbe andare su di lui, è stato tenuto alto in fascia da Raphinha e allora attende la pressione di Anguissa e poi va in verticale da Cancelo largo in fascia, che dopo lo stop serve proprio Raphinha mossosi alle spalle di Politano. Con la linea difensiva del Napoli che entra nel panico e caracolla verso la porta è fin troppo facile per il brasiliano effettuare un cross basso a centro area, dove ci sono Lewandowski e soprattutto Fermín, che è quello che calcia liberissimo all’altezza del dischetto.
Non è tanto aver subito gol nei primi minuti di partita e la facilità con cui è successo, che contro il Barcellona può sempre capitare. È la risposta successiva del Napoli e, di conseguenza, il secondo incassato due minuti dopo a essere preoccupante, oltre che decisivo. Il tempo è relativo nel calcio e nelle partite di Champions possono succedere molte cose, soprattutto contro una squadra fragile come questo Barcellona. La fretta con cui il Napoli ha provato ad andare subito in verticale, la ricerca immediata del cross per arrivare in area il prima possibile, la voglia di portare subito così alte le mezzali e spingere con un fronte offensivo così ampio non era quello che in quel momento chiedeva la partita al Napoli. Buttarsi all’arrembaggio subito dopo il gol subito, ha aperto il campo a giocatori veloci e tecnici come Raphinha, Cancelo e soprattutto Lamine Yamal.
Il 2-0 arriva proprio dalla prima azione del Napoli dopo il gol subito, con la squadra che si riversa nella metà campo avversaria facendo girare il pallone in velocità e portando Kvaratskhelia a condurre un pallone in fascia mentre ben 5 giocatori si buttano in area di rigore e altri due (Di Lorenzo e Lobotka) sono al limite. Una volta che il cross di Mario Rui viene respinto da Araujo, al Barcellona, basta vincere il duello con Lamine Yamal su Lobotka per trovarsi una prateria davanti da attaccare in una situazione di 4 contro 4. Se il primo tiro di Raphinha si stampa sul palo, la respinta di Cancelo finisce in rete.
La calma aiuta
Senza più niente da perdere il Napoli ha trovato la forza di rimanere in partita. Non era scontato, anche perché quello che non funzionava prima (i lanci lunghi) ha continuato a non funzionare, ma quello che era mancato è apparso piano piano: il gioco nella fascia centrale. Il merito va soprattutto a Lobotka e Traorè, il primo capace di gestire meglio la marcatura di Fermín, capendo i momenti in cui andarsi a prendere il pallone e quelli in cui muoversi e basta e il secondo capendo meglio quando e come muoversi tra le linee per aiutarlo e creare un appoggio più affidabile sulla trequarti. Il gol che ha riaperto le partita arriva proprio nel momento in cui il Napoli è riuscito a gestire il possesso con calma, senza buttarsi alla rinfusa in avanti. Non è un caso forse che è un gol che nasce dai piedi di Rrahmani, che dopo aver scaricato il pallone su consiglio di Lobotka in fascia a Di Lorenzo, si accorge dello spazio lasciato libero dallo slovacco da poter attaccare centralmente.
Il gol con taglio in area del difensore centrale è in questo momento storico marchio registrato delle squadre di Serie A.
Dopo questo gol, la partita è stata aperta a lungo. Il Barcellona non riusciva più a pressare con la stessa efficacia e entra nel panico ogni volta che il pallone si avvicina alla propria area di rigore. Un cambio di paradigma che lascia ancora più rimpianti per come è arrivato il secondo gol.
L'importanza dei cambi
Come dicevamo, però, nel calcio della Champions League tutto può cambiare da un momento all'altro e questa volta sono state le scelte degli allenatori a indirizzare il proseguimento della partita, intorno all'ora di gioco. Xavi fa entrare i centrocampisti Romeu e Sergi Roberto per Christensen e Fermín, una mossa che impatta subito la gara, sia per come è entrato Sergi Roberto, sia per lo spostamento di Gündogan sulla trequarti, migliorando il gioco tra le linee del Barcellona. La risposta di Calzona è stata l'ingresso di Olivera per Mario Rui e Lindstrom per Politano e non ha avuto lo stesso effetto sul gioco, anche se è proprio da una combinazione tra i due la partita poteva cambiare: sul cross di Olivera Lindstrom si inserisce con i tempi giusti, ma il suo colpo di testa, non impossibile, finisce a lato.
L'azione nasce da un taglio profondissimo di Kvaratskhelia fino sulla fascia destra, cosa che porta Cancelo a marcare lui e lasciare libero Lindstrom. La ricetta per battere il Barcellona è creare disordine, per poter poi attaccare i giocatori poco concentrati difensivamente come Cancelo, ma il Napoli non l’ha fatto abbastanza.
Una manciata di minuti dopo arriva il gol che chiude la qualificazione. Il Barcellona raccoglie i frutti della mossa di Xavi grazie a un triangolo al limite dell’area tra Sergi Roberto, partito nel mezzo spazio sinistro, e Gündogan al centro. Il catalano dopo lo stop è rapido e intelligente nel servire Lewandowski, per uno dei gol più facili della sua carriera.
Siamo nel 2024 e Sergi Roberto riesce ancora ad essere decisivo nel Barcellona, anche solo per come gestisce palla e permette a Gündogan di giocare vicino all’area. Da sottolineare anche il movimento in area di Lewandowski a creare spazio per Sergi Roberto.
Il Napoli esce così dalla Champions League non riuscendo a superare un Barcellona non certo pimpante e mostrando una versione poco brillante delle sue due stelle. L’ennesima delusione europea per una squadra che poteva provare a raddrizzare una stagione con una vittoria di prestigio. Ora ha tutto un finale di stagione complicato: nessun trofeo da vincere, una distanza realisticamente eccessiva dal quarto (o quinto) posto. Senza un vero obiettivo davanti, forse la scelta migliore è pensare già ora al futuro, dando magari più spazio ai vari Traorè, Raspadori, Ngonge e Lindstrom per capire bene se possono fare parte del nuovo progetto, qualunque esso sarà. La cosa bella del calcio è che nonostante la delusione presente, c’è sempre la prossima stagione.