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Fondamentali: Barcellona-Napoli 3-1
10 ago 2020
10 ago 2020
Ancora una volta, la differenza l'ha fatta Messi.
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Nella partita più importante della stagione del Napoli, Gennaro Gattuso si presentato al Camp Nou pensando di giocarsela, e quindi ha abbandonato il piano gara più conservativo della partita di andata e ha optato invece per affrontare l’avversario senza timori reverenziali. Se alla vigilia della partita aveva paragonato l'impresa che aveva davanti a sé, battere il Barcellona, a scalare l’Everest, a fine partita ha ammesso invece che il Barcellona non è più quello di un tempo: «Non pressa come faceva prima, con tanta veemenza. La mia sensazione è che il Barcellona non stia molto bene. Per questo credo che il piano corretto contro una squadra così è che devi mantenere il possesso palla».

Avendo a disposizione la sua formazione ideale, Gattuso ha schierato il Napoli per mettere in pratica le sue idee di gioco: ha alzato la linea difensiva, chiedendo ai terzini di spingersi molto in avanti, per contendere il possesso al Barcellona (un’idea ambiziosa al Camp Nou, anche se vuoto) e poi si è appoggiato al dinamismo dei giocatori schierati, a partire dal tridente offensivo senza un centravanti di peso. È stata una prova di forza del tecnico, ovviamente, data anche dal fatto che per passare il Napoli era costretto a segnare almeno un gol. Gattuso ne era consapevole, così come era consapevole che il coraggio mancato all’andata aveva portato a una grande occasione sprecata, perché questo Barcellona è una squadra fragile senza la palla.

Anche Quique Setién era consapevole del momento della sua squadra, e accettando lo stato di forma non eccellente del Barcellona ha deciso di puntare sul pragmatismo e l’esperienza delle proprie stelle. Setién ha detto a fine partita: «Non siamo così bravi da riuscire a controllare il gioco tutta la partita. Ci piacerebbe controllare ogni partita, ma è impossibile». E da subito si è notato come l’approccio del Barça fosse quello più speculativo possibile: posizionarsi con un baricentro a mezz’altezza, con una linea difensiva alta senza però pressare, così da contestare il pallone a centrocampo senza perdere l’equilibrio e scoprirsi al centro, spingendo il rivale ad avanzare sulle fasce - il Napoli, infatti, ha giocato il pallone passando per la fascia centrale del campo solo per il 22% delle proprie azioni.

La formazione del Barcellona era quella prevedibile alla vigilia, viste le assenze di Busquets e Vidal, con però uno scambio di posizioni che si rivelerà decisivo per capire il piano di Setién: il trequartista centrale del 4-3-1-2 non era Messi, ma Griezmann. La mossa è stata sorprendente, visto il percorso della squadra fino a oggi, ma coerente con il piano gara reattivo di Setién, e si è comunque mostrata subito utile per come il francese si è impegnato in fase difensiva, alternandosi tra lo schermare Demme e il portare pressione al centro, un tipo di impegno tattico che Messi non è abituato a fare.

In fase di possesso, con Jordi Alba a dare ampiezza a sinistra e i centrocampisti a muoversi tra le linee nei tre corridoi verticali, Griezmann poteva muoversi per portare fuori posizione il mediano Demme e liberare quindi spazio per l’inserimento di una delle due mezzali.

Il 35,5% del gioco del Barcellona passa per la fascia centrale del campo e in questo grafico di passaggi e posizioni medie si vede bene come Griezmann occupi la trequarti centrale per generare superiorità numerica e liberare Messi.

Il Napoli ha imposto il ritmo all’inizio della partita, con il Barcellona che era evidentemente in campo con l’idea di tenerlo basso per evitare sorprese ma che non era riuscito ad adeguarsi a quello scelto dalla squadra di Gattuso. Inizialmente il Napoli ha sfruttato l’ampiezza del campo, come notato anche da Setién a fine gara: «A questa squadra è difficile rubarle palla. Quando hanno superato il nostro pressing, ci hanno fatto molti cambi di gioco e lo abbiamo pagato».

I 15 passaggi lunghi tentati da Koulibaly (di cui 9 riusciti) sono un record tra i giocatori in campo e mostra come l'idea di Gattuso fosse quella di cambiare gioco sull’uomo libero sulla fascia opposta passando per il centro della difesa. Una volta risalito il campo, il Napoli cercava di creare un lato forte con l’arrivo anche di Zielinski (molto abile nel capire quando avvicinarsi e quando allontanarsi portandosi via l’uomo e lasciando il 2 contro 1 in fascia).

Proprio dalla catena formata a sinistra, dopo neanche due minuti, Mertens avrebbe potuto cambiare la partita grazie a un rimpallo favorevole sul passaggio di Insigne che gli ha fatto finire la palla sui piedi, ma il pallone colpito di mezzo stinco, invece che di collo, ha colpito il palo esterno.

Pronti via e il cambio di gioco di Fabián trova solo Mario Rui, che può condurre fino sulla trequarti e impostare l’azione che porta al tiro Mertens, con un 3 contro 2 su Sergi Roberto e Semedo.

Il Napoli, obbligato a segnare, è stato impreciso nell’ultimo terzo di campo, sprecando in sostanza il vantaggio territoriale che riusciva a crearsi. Il primo tempo di Mertens è stato ottimo dal punto di vista del sacrificio e del lavoro tattico, ma non all’altezza poi in area; stessa cosa per Insigne mentre per Callejón, alla sua ultima presenza in maglia azzurra, purtroppo si deve parlare di una partita non all’altezza del resto della sua esperienza, è stato troppo poco propositivo nell'interpretare il ruolo - fondamentale - di uomo libero sul lato debole.

In questo grafico di passaggi e posizioni medie si vede il baricentro alto del Napoli e come lo schieramento sia speculare nelle due catene di fascia, con però Callejón non abbastanza avanzato nelle ricezioni.

Se da una parte è mancato sempre un centesimo per fare un euro, il pragmatico piano di Setién è stato premiato soprattutto perché ha permesso a Messi di capire dove poteva far male agli avversari. Partendo dal mezzo spazio di destra, Messi si allargava sulla fascia quando lo riteneva opportuno e da lì riceveva con spazio e tempo per la giocata. Mario Rui e Koulibaly faticavano a leggere la sua posizione (in rapporto ai movimenti di Sergi Roberto e Semedo). I movimenti di Messi non erano un piano tattico studiato a tavolino e non è stato certo un caso se da lì sono nate le azioni risolutive del Barcellona, a partire dal suo gol per il 2-0.

https://twitter.com/SkySport/status/1292371861897195520

Al momento dello stop Messi ha il tempo di alzare la testa e di caricare in conduzione verso l’area, neanche il raddoppio di Insigne e Mario Rui per indirizzarlo verso l’esterno, e poi l’arrivo di Koulibaly prima e Manolas poi a sbarrargli la strada verso la porta, riescono a impedirgli di arrivare alla conclusione. Escluso il terzino destro, Messi ha saltato tutta la linea difensiva del Napoli.

Il rigore causato da Messi, anticipando Koulibaly e facendosi calciare la caviglia, ha permesso al Barcellona di andare sul 3-0 chiudendo in sostanza la partita, ma l'argentino non si è più ripreso dalla botta, rimanendo in campo fino allo scadere praticamente camminando (e adesso è in dubbio per il quarto con il Bayern Monaco).

Con il vantaggio acquisito, Setién ha deciso di poter speculare per tutto il secondo tempo, nonostante il rigore del 3-1 di Insegne avesse portato il Napoli a due gol dalla qualificazione. Il Napoli è entrato in campo deciso a cercare di accorciare ulteriormente le distanze, approcciando la seconda frazione con grande aggressività, e il Barcellona è sembrato ben contento di lasciargli il pallone, provando a essere pericoloso sfruttando il campo alle spalle del Napoli una volta recuperata palla nei pressi della propria area, lanciando proprio sul claudicante Messi.

Forse proprio per la strategia vista nel secondo tempo El País ha titolato: «Il Barça si riassume in Messi», e non va comunque tanto lontano dalla sensazione generale della partita, anche se le prestazioni di Frenkie de Jong e Gerard Piqué andrebbero altrettanto esaltate. Il giovane olandese, soprattutto, nel ruolo di mezzala sinistra ha completato una partita finalmente all’altezza delle grandi aspettative per la sua prima stagione in Catalogna: libero di muoversi vicino alla difesa in fase di uscita della palla, la sua capacità di leggere dove intervenire per aiutare la manovra, e poi la sua protezione del pallone e la conduzione per superare la pressione, lo hanno reso l’unico dei giocatori arretrati a dare un cambio di ritmo alla squadra. Praticamente da solo nel primo tempo ha forzato il baricentro del Napoli più indietro di quanto avrebbe voluto Gattuso.

Da parte sua, Piqué ha retto la difesa posizionale della squadra nel secondo tempo, con il Napoli che ha avuto il controllo territoriale riuscendo ad arrivare tranquillamente a giocare il pallone fin dentro l’area di rigore. Addirittura, nella seconda parte del secondo tempo Setién ha optato per un 4-4-2 stretto su tre linee a protezione della fascia centrale del campo (facendo uscire Griezmann per il giovane centrocampista Monchu), con una squadra che non pressava e che però non sapeva nemmeno difendere posizionalmente oltre ad arretrare il proprio baricentro fino alla propria area. In quel contesto, le chiusure e gli interventi di correzione di Piqué nei pressi dell’area piccola sono stati decisivi.

Il Barcellona è stato salvato dalle individualità e dall’esperienza, un’idea veramente poco in linea con il teorico calcio di Setién. Il contesto tattico non impediva al Napoli di avere le sue occasioni in area, ma è bastato per passare indenne anche il secondo tempo (nonostante i cambi offensivi di Gattuso: Lobotka per Demme all’inizio della ripresa, poi Politano e Lozano per Zielinski e Callejón al 70esimo e infine Milik e Elmas per Insigne e Fabián all’80esimo, per chiudere la gara con un 4-2-3-1 iperoffensivo).

L’ultima carta di Gattuso sembra poter funzionare, ma il massimo che ne esce fuori è il gol annullato a Milik per fuorigioco su lancio di Mario Rui.

Posto un secondo tempo e un inizio di partita coraggioso, in cui il Napoli è stato superiore alla squadra di casa, sono bastati i minuti di fuoco di Messi per annullare quanto di buono costruito dalla squadra di Gattuso, almeno fino al gol del 2-0. Da lì in poi è apparso Messi e l’inerzia è sfuggita dal controllo del Napoli per il resto del primo tempo.

L’invenzione di Messi è un’azione praticamente indifendibile, degna di un genio, a cui il Napoli ha reagito arretrando istintivamente il proprio baricentro e uscendo dal proprio piano gara per il resto del primo tempo, consegnandosi prima al gol annullato a Messi e poi al rigore da lui procurato. Una fase di gara costata carissima, che Gattuso a fine partita ha definito un “blackout di 30 minuti”, dove però si è decisa la partita.

Il Napoli ha creato di più e con occasioni teoricamente migliori, ma non è riuscito a segnare. Il Barcellona invece ha Messi.

Ha ragione allora Gattuso a rammaricarsi per l’occasione sprecata, perché non serviva un’impresa per battere questo Barcellona e il Napoli ha mostrato di avere le idee di gioco per mettersi in condizione di farlo.

È mancata sì l’esecuzione nella cosa più importante che c’è nel calcio, segnare il gol, ma ancora di più la freddezza nel resistere alla tentazione del fatalismo contro un avversario sulla carta più forte, che aveva segnato in modo fortunoso il gol del vantaggio e ha dalla sua chi è in grado di tirare fuori dal cilindro la magia al momento giusto. Lì il Napoli ha perso la qualificazione, sono bastati pochi minuti perché si creasse uno svantaggio troppo grande da recuperare, e forse lì sta la differenza tra una squadra abituata a certi palcoscenici e chi si sente ancora invece un invitato.

Un Napoli che quasi si è accontentato di giocare alla pari contro Messi e compagni invece di pensare realmente di poterli battere. Ma se questa era la prima occasione per mostrare il volto europeo della squadra di Gattuso è comunque una buona base su cui costruire il percorso della prossima stagione, in cui sarà chiamato a provare a vincere l’Europa League partendo tra le favorite.

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