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Foto di Paola Garbuio / LaPresse
Serie A Emanuele Atturo 3 marzo 2021 6'

Il Verona va in guerra con Barak

Il centrocampista ceco si è ritrovato nella squadra di Juric e sta giocando una grande campionato.

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Quando manca più o meno un quarto d’ora alla fine, la Juventus ha un gol di vantaggio e sembra in controllo della complicata sfida contro il Verona. Non era stata una prestazione brillante, e la violenta fase difensiva dell’Hellas aveva esploso tutte le contraddizioni della squadra di Pirlo. Eppure i gialloblù fino a quel momento avevano creato poco, confermando una volta di più di essere una squadra più a suo agio quando può correre dietro al pallone che con il pallone. Nel secondo tempo, nel Verona, però è entrato forse il suo miglior giocatore di calcio, Miguel Veloso, ed è lui, al 77’ a pulire un pallone complicato sulla trequarti.

 

Bentancur e Cristiano Ronaldo lo stringono in pressing come un hot-dog e lui sembra francamente troppo lento per questo calcio. Appena prima di perdere palla, però, Veloso la scarica a Zaccagni, e come nel rugby arriva una sovrapposizione veloce alla sua sinistra, quella di Lazovic. Quando l’esterno dell’Hellas crossa la Juventus è messa male, e lascia un due contro due in area di rigore. Il pallone scavalca il duello tra de Ligt e Lasagna e coglie Danilo in controtempo. L’unico a leggere bene quel cross è Antonin Barak, che con la fronte colpisce il pallone dritto davanti a sé, segnando il gol del definitivo pareggio.

 

È il sesto gol in campionato di Barak, che è il giocatore del Verona ad aver segnato di più. Un dato che ci dice delle difficoltà della squadra di Juric a trovare un finalizzatore affidabile, ma che di riflesso ci dice anche che finora Barak è stata un’ottima soluzione ai problemi negli ultimi metri. Ma le funzioni che il ceco ricopre nel sistema dell’Hellas sono molteplici e non si limitano al gol.

 

Finalizzatore

«Juric dice a noi centrocampisti di andare in area e di finire a concludere» ha detto Barak in un’intervista e – nonostante l’uso di Tameze da falso nove e dei miglioramenti di Zaccagni –  nessuno dei centrocampisti svolge questo compito nel Verona come lui.

 

Fra i giocatori con più di 1000 minuti è quello con più tiri (1,6 per 90 minuti) e che tira di più in area di rigore (0,9). Fra i centrocampisti della Serie A è il quinto per la quantità di tiri provati nell’area avversaria, e davanti a lui ci sono giocatori dall’attitudine offensiva più spiccata come Luis Alberto, Zielinski e Pellegrini.

 

Il Verona è una squadra che ama attaccare in ampiezza, e farlo soprattutto sul lato sinistro, quello della catena Dimarco-Zaccagni; dell’abilità balistica del primo e delle conduzioni palla al piede del secondo. Quando l’Hellas attacca da quel lato, Barak si aggiunge sempre a Lasagna o a Kalinic in area di rigore, attaccando spesso il secondo palo, talvolta anche il primo.

Quello alla Juventus – un esempio preciso dei suoi movimenti in area – è il secondo di testa segnato consecutivamente, dopo quello al Parma, con uno stacco sul primo palo dopo un calcio d’angolo. Non è un colpitore di testa molto tecnico, ma è alto, difficile da spostare, ed è bravissimo in una delle qualità più intangibili per un calciatore, quella dei tempi d’inserimento.

 

Barak sa dosare benissimo le sue corse negli ultimi trenta metri, scegliendo sempre bene il momento per accelerare o decelerare. Nel gol al Napoli, per esempio, si è mosso sornione nell’half-space di sinistra, ha spostato la testa per controllare gli spazi tre o quattro volte, poi si è infilato nel buco lasciato dal Napoli. Poi, certo, c’è un passaggio d’esterno sublime di Zaccagni, ma Barak esegue una giocata perfetta nella sua pulizia, coronata col tiro d’interno sul secondo palo.

 

Contro il Benevento ha segnato attaccando il primo palo da numero 9, e poi ha fatto un piccolo capolavoro col secondo gol. Con Zaccagni raddoppiato sul lato sinistro ha attaccato lentamente lo spazio al limite dell’area, facendosi trovare sullo scarico; poi ha segnato con un tiro d’esterno sul secondo palo davvero raffinato. Non scopriamo oggi le qualità da finalizzatore di Barak, che al primo anno all’Udinese aveva segnato 7 gol, ma stiamo ormai parlando di tre anni fa, tre anni nei quali tra qualche problema fisico e il caos della squadra bianconera, Barak non è più riuscito a esprimersi.

 

 

Torre

La sua bravura nei duelli aerei è sfruttata da Juric a tutto campo, non solo nella definizione dell’azione, quindi, ma anche per risalire il campo, cucire il gioco sulla trequarti, riconquistare le seconde palle. In questo senso Barak viene utilizzato in maniera abbastanza simile a Milinkovic-Savic nella Lazio: la prima soluzione per il lancio lungo del portiere, il primo giocatore ad accorciare verso la punta, quello che attacca l’area di rigore sul secondo palo per sfruttare la sua altezza (c’è solo un centimetro di differenza fra i due).

 

Il paragone non è campato in aria, soprattutto per la funzione che svolgono in campo, ma anche per il modo unico in cui riescono ad abbinare potenza fisica e qualità nel tocco del pallone. Persino una certa rapidità di piedi in spazi stretti. Barak non ha né l’estro né la qualità tecnica di Milinkovic, ma la sua influenza pervasiva in tutte le fasi del gioco del Verona è simile a quella che ha il serbo per la Lazio.

 

Guardate quest’azione qua sotto, per esempio: Barak va a staccare di testa e a vincere un duello aereo in cui partiva sfavorito, poi attacca il corridoio di destra e scarica un filtrante verso l’esterno.

 

 

Barak è il quarto centrocampista della Serie A per duelli aerei giocati, dietro Juraj Kucka, Milinkovic e Morten Thorsby (il Michael Jordan della categoria, 8,8 duelli aerei per 90 minuti). Il Verona del resto è una squadra che ama attaccare in modo diretto e che vuole creare un contesto di gioco molto fisico. Se non può costruire dal basso sposta il pallone nella metà campo avversaria per vincere i duelli sulle seconde palle e recuperarle in alto – è la seconda squadra in Serie A per numero di recuperi offensivi, dietro solo all’Atalanta.

 

Barak allora, in questo scenario, viene usato  per ripulire i palloni sulla trequarti o almeno per indirizzare in modo favorevole le seconde palle e il pressing dei compagni. Il suo profilo, quindi, è simile a certi centrocampisti alti e formidabili nei duelli aerei, ma allo stesso modo a loro agio con la palla tra i piedi; bravi nei duelli aerei, a muoversi vicino a una punta e a inserirsi in area di rigore. Senza scomodare il Fellaini dell’Everton, questo Milinkovic-Savic o anche l’uso che Moyes sta facendo di Tomas Soucek nel West Ham.

 

Cucitore di gioco

Con i giocatori che abbiamo citato Barak condivide anche una presenza curiosa in campo, storta ed elegante al tempo stesso. Alto un metro e novanta, coi calzettoni bassi, i capelli color paglia e lunghi tirati all’indietro come un eroe della Edda. Come potete immaginare, è appassionato di surf; ma in modo meno scontato è anche un ex praticante di arti marziali miste che, dice, lo hanno aiutato a modellare la muscolatura. Riesce a muoversi con sorprendente rapidità in spazi stretti.

 

Nell’assist contro il Genoa trova uno spunto da ala in dribbling, proseguito con un cross di destro, il piede debole, tutt’altro che banale. Contro la Roma ha dato quest’ultimo passaggio a Lasagna dopo un’intelligente conduzione in dribbling tra diversi giocatori avversari.

 

Stiamo pur sempre parlando di un giocatore cresciuto col mito di Tomas Rosicky.

 

Barak quindi parte nominalmente da trequartista di destra, ma da lì si muove per ricoprire una molteplicità di funzioni per il campo. Si può abbassare per alimentare il palleggio quando la palla è dal suo lato; quando la palla è a sinistra può inserirsi alle spalle della difesa avversaria, accorciare in zona palla, oppure, quando la palla arriva sul fondo, attaccare l’area di rigore.

 

Non ha picchi di vera eccellenza nel suo gioco, ma fa tutto piuttosto bene. In un’intervista si auto-definito un “tuttocampista”. Rispetto ai tempi dell’Udinese pare aver evoluto il suo gioco: prima sembrava poter interpretare solo il ruolo della mezzala ultra-verticale e senza compromessi, che andava a una sola velocità. Oggi, col Verona, ha imparato a giocare semplice e a sbagliare poco. Ha una grande intensità nei contrasti e nella contesa dei palloni sporchi che caratterizza una squadra come l’Hellas.

 

Arrivato da poco, quando gli hanno chiesto cosa pensa di Juric e del suo modo di lavorare è andato dritto al punto: «Prima di tutto l’intensità, senza quella qui non si può giocare. Se qualcuno vuole fare la passeggiata durante gli allenamenti non può giocare».

 

Qualche anno fa, quando era all’Udinese, Pavel Nedved aveva voluto incontrarlo al termine di una sfida contro la Juventus. Aveva definito Barak «pronto per una grande squadra». Poi la sua crescita si è arrestata all’improvviso, a causa anche di un infortunio strano che lo ha tenuto fuori un anno – una protusione discale. La scorsa stagione è entrato in aperta polemica con la dirigenza dell’Udinese; Pierpaolo Marino, il dt, ha dichiarato che i valori di Barak durante gli allenamenti erano sotto gli standard, e che chiedeva la cessione ogni settimana. Un’immagine che stride col resto. Al Lecce, con Liverani, ha ricominciato a giocare e oggi, all’Hellas, a 26 anni, è uno dei centrocampisti più peculiari e belli da veder giocare.

 

Tags : antonin barakverona

Emanuele Atturo è nato a Roma (1988). Laureato in Semiotica, è caporedattore de l'Ultimo Uomo. Ha scritto "Roger Federer è esistito davvero" (66thand2nd, 2021).

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