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NBA Redazione basket 18 agosto 2016 13'

Avanti i migliori

Dopo i quarti, a Rio sono rimaste le quattro squadre più forti del torneo.

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1) Sono stati dei quarti di finale abbastanza anti-climatici: ci si aspettavano scontri entusiasmanti ed equilibrio diffuso, ne sono usciti tre blowout e solo una partita tirata, quella delle 3 del mattino.

 

Dario Vismara

La prospettiva di vedere quattro partite di alto livello una di fila all’altra era talmente allettante da farmi ragionare su come essere presente a Tokyo tra quattro anni anche solo per quella giornata lì, ma se il risultato è quello che si è visto ieri, allora forse è meglio dare un po’ di respiro al mio conto in banca. Lo scarto medio di 26 punti nelle tre partite iniziali ha fatto scendere l’hype che si era creato attorno ai quarti di finale in maniera drammatica, solo parzialmente riscattato da un Serbia-Croazia equilibrata solo per il tracollo dei serbi nell’ultimo quarto. Purtroppo le partite di basket non sono puntate di una serie televisiva e non possiamo prendercela con nessuno sceneggiatore, ma speriamo che le quattro partite che restano per assegnare le medaglie mantengano alto il livello del torneo, che è stato eccellente.

 

Davide Bortoluzzi

Siamo di fronte a coincidenze sfortunate, ma anche all’oggettivo cambio di passo messo in atto da tre delle quattro favorite al podio. Esclusa l’Australia per le altre tre semifinaliste ci si attendeva un cammino meno tortuoso, visto ovviamente in ottica relativa per ciascuno dei tre team. L’inizio sottotono di queste squadre, unito all’esplosione degli australiani aveva creato delle aspettative che si sono di fatto scontrate con il reale e l’oggettivo: le quattro squadre rimaste sono una spanna sopra le altre otto.

 

Marco D’Ottavi

I gironi ci avevano un po’ illuso, forse proprio per l’idea di equilibrio che si era creata, non necessariamente dovuta ad una parità di capacità delle squadre di arrivare in fondo. Spagna e Lituania – evidentemente – si sono scambiate la condizione fisica e mentale nello scontro diretto e hanno rovinato le due partite più interessanti per opposti motivi. Su Argentina-USA era più il cuore a farci sperare ci fosse possibilità di partita pari, i reali valori delle due squadre dovevano farci sospettare una partita del genere. Però adesso ho grandissima fiducia per le semifinali e so che non mi deluderanno.

 

 

2) Quale squadra tra le eliminate ha deluso di più?

 

Dario Ronzulli

Mi ha sorpreso che la Lituania abbia perso così male con l’Australia: Kalnietis ha predicato davanti ad un muro, dovendosi prendere anche tiri non suoi; Valanciunas è stato per sua stessa ammissione inguardabile – e dovremo interrogarci presto su che fine abbia fatto quello che fino a 3 anni fa era senza dubbio un giocatore di enorme prospettiva; come con la Spagna nel girone, la squadra ha mentalmente mollato prestissimo, e in un quarto di finale olimpico la cosa è ancora più grave.

 

Davide

La nazionale lituana aveva iniziato questo torneo confermando quanto di buono fatto vedere negli scorsi europei, una squadra versatile, capace di colpire in molti modi diversi. Dopo le vittorie convincenti nelle prime tre giornate, il blowout con la Spagna ha decisamente cambiato qualcosa, in primis nella testa dei giocatori di Kazslauskas. La squadra coriacea che aveva saputo usare la stazza dei propri esterni in maniera così efficace si è schiantata contro il muro iberico, con Valanciunas brutalizzato dal 35enne Gasol. Oltre che la bruciante eliminazione, un ulteriore elemento di preoccupazione sta proprio nell’involuzione di uno dei giocatori più rappresentativi dell’intero movimento lituano.

 

Marco

La Lituania ci aveva abituato ad arrivare in questi tornei senza mai avere la squadra più forte, né i favori del pronostico. Poi però si iniziava a giocare e tutti ci ricordavamo della sua fantastica pallacanestro. Anche questo torneo Olimpico sembrava partito con queste premesse, poi si è bloccata troppo presto. Non credo sia stato il contraccolpo della sconfitta contro la Spagna: nelle ultime partite è mancato tutto quello che doveva esserci intorno a Kalnietis, che poverino ha imbroccato il torneo della vita mentre i suoi compagni affondavano. Con l’Australia non ci hanno neanche provato e non c’è stato neanche un minuto in cui la partita è sembrata in discussione. I lituani hanno dimostrato grandi limiti a livello di esecuzione e organizzazione difensiva e per quanto riguarda Valanciunas non so che dire: è fisicamente impossibilitato a giocare la sua pallacanestro? Non gli va? In ogni caso quello che doveva essere uno dei migliori lunghi della sua generazione è risultato essere dannoso per la squadra. Il loro futuro è limitato dal fatto che Porzingis sia nato in Lettonia.

 

Dario V

A mio modo di vedere non si può che indicare la Francia: non è tanto il risultato finale, perché essere eliminati da questa versione della Spagna non è un fallimento, ma è il modo in cui sono stati surclassati a livello di intensità e concentrazione a essere deludente. Il torneo di Nicolas Batum, in particolare, è incomprensibile: sembra tornato quello di due anni fa a Portland, quando giocava in maniera abulica e inconsistente quasi trascinandosi per il campo, senza lasciare traccia della sua presenza. Le cifre finali della sua partita con la Spagna sono il ritratto della spedizione francese: 0 punti, 2 errori al tiro, 1 assist, 2 recuperi e null’altro in 18 minuti ectoplasmatici. Nel post-partita ha dichiarato che la partita con la Spagna è il riflesso di quanto successo negli ultimi due anni con la Nazionale, “nei quali il mio ruolo è cambiato e ho fatto fatica ad adattarmi. […] Ho provato a mettere il mio ego da parte per la nazionale francese: faccio quello che mi viene chiesto, ma so di poter fare molto meglio”. Sostanzialmente, dopo i Mondiali 2014 giocati in maniera eccellente Batum si aspettava che la Francia passasse dalle sue mani, mentre è rimasta saldamente in quelle di Parker e Diaw oltre che De Colo e Huertel per motivi tattici. Vedremo come evolverà la situazione nei prossimi anni, se Batum farà ancora parte della Nazionale.

 

Lorenzo Neri

Mi accodo a Dario V sui francesi, da cui ci si aspettava qualcosa di più dopo un Pre-Olimpico vinto con le marce basse, trovandosi di fronte avversari mediocri nel girone (Filippine e Nuova Zelanda) e ancora una squadra acerba – e allenata male – in Finale come il Canada. E invece in Brasile è arrivata la stessa versione vista nelle Filippine, solo che di fronte si sono trovate squadre ben più preparate sotto tutti i punti di vista. Coach Collet non è mai sembrato a suo agio nella gestione della squadra e oltre all’emarginazione tattica di Batum, ha regalato minuti incomprensibili a un giocatore evanescente come Mickael Gelabale – una vera tassa difensivamente e un impegno impalpabile – e adottato rotazioni inusuali e perpetrate con poco senso logico in certi momenti della gara, come l’uso di Lauvergne contro lunghi che gli mangiavano in testa o la carta bianca a Huertel in regia quando contava con DeColo, Parker e Batum disponibili. Una pessima Olimpiade per l’allenatore francese.

 

Ce fut une magnifique aventure… 🇫🇷 Merci ! 3/3 pic.twitter.com/P1FB8CIEQQ

— Tony Parker (@tonyparker) 17 agosto 2016

 È stata anche l’ultima partita con la nazionale di monsieur Tony Parker, semplicemente il giocatore francese più forte di sempre

 

 

3) Facciamoci forza assieme: cinque righe a testa per salutare la Generaciòn Dorada.

 

Dario R

È stato uno dei capitoli più intensi ed emozionanti della Storia del basket. Un gruppo di giocatori/amici che ha preso una Nazionale di medio-basso livello e l’ha portata al vertice del mondo. Un ciclo maravilloso, irripetibile e che ti obbliga a prenderti un cappello e una sedia in modo da poterti alzare e levare il copricapo in segno di profondo rispetto.

 

Lorenzo

Devo fare una confessione: quando nel 2004 quella meravigliosa versione dell’Italbasket se la trovò di fronte per giocarsi l’oro, io non riuscivo in nessuna maniera a tifare contro di loro. Eppure te ne davano di motivi per farlo: erano l’ultimo ostacolo a un risultato storico per la nostra Nazionale, floppavano e picchiavano e si lamentavano, stavano rovinando la partita della vita di Rodolfo Rombaldoni (!). Ma quello che vedevi in campo non era una squadra dal talento individuale – ovviamente salvo i Manu, Scola e Nocioni nel loro prime – ma una che faceva della coesione il più grande e il più determinante talento collettivo degli ultimi 20 anni, almeno in campo FIBA. E allora capivi che anche un argento lo avresti apprezzato ugualmente se erano loro a batterti all’ultimo atto. Non sarà affatto facile trovare qualcosa di questo genere in futuro.

 

Davide

Mi collego a quanto detto da Lorenzo per parlare di nostalgia, sentimento che trova la sua naturale evocazione quando si parla di Sud America. Questo gruppo di giocatori porta alla mente gli anni d’oro di una pallacanestro che ormai non c’è più, quella dei derby italiani in Eurolega, quella dell’argento olimpico, l’epoca in cui l’oceano Atlantico non è mai sembrato così tanto stretto. Per me, guardare una partita dell’Argentina equivaleva ad immergersi in una ricerca continua del tempo perduto. Ora lasciatemi piangere un po’.

 

Dario V

Dell’ultima partita della Generaciòn Dorada mi rimarrà questa istantanea: il playmaker che passa la metà campo, passaggio verso Ginobili sul lato destro, taglio sotto canestro pescato in maniera sempre diversa da Manu senza nemmeno aver bisogno di vedere il compagno di squadra, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

 

Anche quando non riesce, rimane di una bellezza assurda. Sembra Messi quando riceve largo e “crea archi” per i tagli dei compagni.

 

È all’incirca il primo taglio che insegnano quando si passa ad un attacco a metà campo, ma i tempi e i modi con cui la nazionale argentina (o meglio: Manu Ginobili, visto che la provava anche con Parker e Duncan a San Antonio, dove la chiamavano “weak fly”) cerca e trova questa giocata sono la testimonianza più fedele di un gruppo irripetibile. Gracias.

 

Marco

Io sono figlio della migrazione italiana in Argentina: mio padre è nato lì, e lo sento un paese vicino anche di più di quanto non lo facciano già tutti (l’Argentina è una nazione veramente inflazionata per quanto riguarda l’amore degli altri). Basterebbe questo a spiegare la mia empatia verso el alma. Poi mettici che un giorno, quando iniziavo a capire quanto fosse davvero pazzesco il basket, mi capitò di guardare una partita della Virtus Bologna su Rai 3. Era il 2000, l’NBA era ancora lontana, e tra le V nere giocava un argentino magrolino che era nettamente il più forte di tutti. Da quel momento in poi ho sempre tifato per lui tranne quella sera d’estate del 2004, ma va bene anche così.

 

manu

 

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Tags : basketmanu ginobiliolimpiadirio 2016

La redazione basket è composta da gente molto alacre che vorrebbe giocare a basket ma che purtroppo sarebbe troppo bassa anche per il campionato filippino. Almeno due membri della redazione basket sono convinti che il film A Beautiful Mind parli di loro.

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