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Aubameyang è ancora uno dei migliori a 36 anni
26 nov 2025
Segna il 75% dei gol dell'Olympique Marsiglia.
(articolo)
6 min
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Foto IMAGO / ANP
(copertina) Foto IMAGO / ANP
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Nell’estate del 2024 il ciclo di Pierre Emerick Aubameyang nel calcio ad alti livelli sembrava finito. Aveva concluso tutti i passi di rito per finire la carriera: attaccante mercenario di grandi squadre per pochi mesi (Barcellona, Chelsea), passaggio in un club più piccolo ma di culto (OM) e infine l’Arabia Saudita. Come lavarsi i denti, chiudere le tapparelle, infilarsi il pigiama prima di andare a dormire. In quell’estate Aubameyang si era trasferito all’Al Qadisya, rampante club saudita con tanti soldi e pochi argomenti per convincere i giocatori a trasferirsi. I soldi, in quel caso, erano bastati.

L’Olympique Marsiglia ha incassato 10 milioni per un trentacinquenne, lui 8 milioni e mezzo per due anni. E questi otto milioni e mezzo di motivi hanno convinto Aubameyang ad andarsene dall’Europa. Nonostante, ancora a 35 anni, fosse uno dei migliori. Aveva chiuso la stagione con 17 gol in Ligue 1 e 10 in Europa League. Capocannoniere della competizione. 30 gol stagionali complessivi. Troppi per un giocatore che pensa che il meglio sia alle sue spalle.

In Arabia Saudita Aubameyang gioca un anno. Segna 21 gol in 36 presenze. Ogni 10 tiri, quasi 2 sono gol. Alla fine della sua prima stagione rescinde il contratto, non ha senso per lui restare lì. In estate il suo ritorno romantico all’OM, per riprendere una storia che sentiva interrotta. Alla sua presentazione i tifosi hanno sventolato bandiere e fumoni, hanno cantato cori per lui e per la squadra. Aubameyang si è presentato con occhiali arancioni senza montatura, sorridente e stilosissimo.

Tre mesi dopo segna una doppietta in Champions League contro il Newcastle e permette all’Olympique Marsiglia di rimontare una partita cominciata male, raddrizzando la classifica. Una doppietta che oggi fa il giro di internet. L’ha segnata in quattro minuti e uno dei due gol è piuttosto incredibile.

Aubameyang fa quello che ha fatto per tutta la vita: attaccare la profondità, scappare oltre la linea difensiva. La palla gliela dà Darryl Bakola, 17 anni meno di lui. Quando è nato, nel 2007, Aubameyang giocava nella Primavera del Milan. Nick Pope, il portiere del Newcastle, esce non si capisce perché. Era una minaccia davvero lontana per provare ad accorciare il campo in avanti. Tuttavia Pope esce e Aubameyang è costretto a saltarlo scartando sul lato. È una sua azione tipica, con cui ha segnato anche il suo primo gol con la maglia dell’OM, due anni fa. Stavolta però è molto defilato: lo specchio della porta è stretto e lontano, lui arriva in corsa, leggermente fuori equilibrio. Potrebbe fermarsi, alzare la testa, valutare se può servire Hojbjerg che si sta buttando in area. Invece Aubameyang tira subito. È un gesto così difficile che dopo aver calciato cade. Il tiro è forte e inizialmente sembra uscire, però prende un effetto estremo e la palla curva e rientra in porta.

Quattro minuti dopo un altro gol da grande centravanti. Timothy Weah crossa forte e a mezza altezza una palla che corre verso il primo palo, Aubameyang taglia e in allungo, con la punta e un pezzo di suola, butta la palla in porta. Ancora con poco specchio a disposizione, in condizioni di equilibrio precario. Uno di quei gol in cui il centravanti è immarcabile, perché quando taglia davanti un giocatore veloce che prende il tempo c’è poco che un difensore possa fare.

Nel primo tempo aveva mancato diverse occasioni. È sempre stato un giocatore che ha bisogno di varie occasioni per far gol, e imprevedibile nella sua freddezza. Nel secondo tempo ne ha poi realizzati due con un coefficiente di difficoltà decisamente più alto. «Avevamo delle buone sensazioni su Aubameyang nel secondo tempo» ha detto De Zerbi. Il tecnico aveva definito "una scatola di cioccolatini" il suo ritorno al club. E così siamo in questa strana condizione in cui il passato torna nel presente, e nel 2025 abbiamo una leggera vertigine a considerare Aubameyang come uno dei migliori centravanti d’Europa. Però questo è. In meno di 1200 minuti stagionali ha segnato 8 gol e servito 7 assist: 15 partecipazioni a gol, una ogni 76 minuti. La sua influenza sulla fase offensiva dell’OM è gigantesca: Aubameyang entra nel 75% dei gol segnati dalla squadra di De Zerbi. Per questo il tecnico dopo la partita ha detto: «Aubameyang ha un solo difetto: ha 36 anni. Mi piacerebbe che giocasse per altri 10 anni». Il suo tasso di conversione delle occasioni è più o meno in linea con gli xG: è sempre stato un centravanti che si ricava tante occasioni proprio per la sua capacità di muoversi attorno alle difese.

Quando è tornato in estate qualcuno era scettico. Abbiamo visto quanto anche pochi mesi nei campionati del golfo possano ridurre l’impatto competitivo dei calciatori. Si disabituano all’intensità fisica e mentale, come se perdessero attrito con le partite di calcio più difficili. Aubameyang corre con la stessa leggerezza di quando aveva 25 anni e banchettava tra gli spazi della Premier League. Va un po’ meno veloce, è meno esplosivo e potente, ma compensa con un’intelligenza e una qualità di scelte ed esecuzioni che sembra essersi persino raffinata nel tempo.

Forse l’errore di Aubameyang è stato credere di essere finito dopo la sua stagione difficile al Chelsea, quella 2022/23. Una stagione piena di problemi, un trasferimento che lui ha definito - senza mezzi termini - un errore. Un trasferimento nato per i ciclici problemi tecnici dei catalani. «Il Barcellona doveva vendere uno tra me e Depay e ha ricevuto solo un’offerta per me dal Chesea». Veniva da una stagione in cui aveva segnato 11 gol in 16 presenze col Barcellona di Xabi, un giocatore sempre letale quando ha spazio da attaccare e una palla da spingere in porta. Aveva preso quella decisione perché legato a Londra, ma ha trovato una squadra piena di guai, che ha esonerato Tuchel dopo poche giornate. Era andato lì anche per lui, che lo aveva allenato al Dortmund.

Oggi all’Olympique Marsiglia ha trovato una squadra che mette sempre gli attaccanti in condizioni ideali, circondato da ali che giocano per lui e che, soprattutto, attraggono i difensori e aprono gli spazi. Aubameyang è sempre stato un fenomeno dei movimenti senza palla, nel tempismo degli scatti oltre la linea; uno con una sensibilità ai limiti del mistico nel capire quando muoversi e dove muoversi. In un campionato piuttosto aperto tatticamente come la Ligue 1 queste qualità sono mortali per le difese, che se lo vedono arrivare davanti al portiere senza capire come ha fatto. Contro il Nizza - nel suo gol più recente in Ligue 1 - è letteralmente sbucato dal nulla.

Quando deve finalizzare, è spesso leggero come la sua corsa, con tocchi sotto, tiri d’interno ingannevoli, conclusioni furbe. Di testa segna più oggi che a inizio carriera. Quando sbaglia sembra troppo leggero, frivolo.

È impossibile, guardando Aubayemang così a suo agio tra le difese avversarie, così preciso davanti alla porta, non pensare alla crisi dei centravanti in Europa. Tolti Haaland e Mbappé, l’unico centravanti che ha avuto un buon inizio di stagione - nei cinque maggiori campionati - è Panichelli dello Strasburgo. Per il resto, si segna poco e con un senso di fatica che pare crescere di settimana in settimana.

Un panorama in cui è diventato rinfrescante veder giocare Aubameyang, apprezzare il suo rapporto intimo con la porta avversaria. Esultare a 36 anni in uno stadio incandescente ai suoi piedi. Un anno fa lo avrebbe immaginato?

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