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Daniele V. Morrone
Attenzione a Kubo
09 mar 2023
09 mar 2023
Il giocatore giapponese della Real Sociedad è una delle rivelazioni di questa stagione.
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Daniele V. Morrone
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IMAGO / AFLOSPORT
(foto) IMAGO / AFLOSPORT
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Abbastanza a sorpresa, la Real Sociedad è in piena corsa per la qualificazione alla prossima Champions League. La squadra basca nelle ultime quattro stagioni si è sempre qualificata all’Europa League ma in questa sembra aver fatto un ulteriore salto di qualità. Parte del merito va a uno dei suoi giocatori più peculiari e interessanti, Takefusa Kubo, chiamato spesso anche Take, che si sta dimostrando uno dei migliori giocatori di questa stagione stagione di Liga. Pur provenendo da due posti lontanissimi tra loro come il Giappone e la Norvegia, la storia di Take Kubo ha diversi punti di contatto con quella di Martin Odegaard. Kubo, come Odegaard, è un ragazzo prodigio che ha lasciato casa giovanissimo, è passato per il Real Madrid senza lasciare traccia e ha fatto fatica a sbocciare nei vari prestiti. Per entrambi il punto di svolta è stato rappresentato proprio dalla Real Sociedad, che per il giovane talento norvegese ha rappresentato un trampolino di lancio per l’Arsenal che quest'anno lotta per la vittoria della Premier League. La squadra di San Sebastián, benestante città sulla costa dei Paesi Baschi famosa per la sua cucina e per la pittoresca baia della Concha su cui è affacciata, si sta dimostrando il posto ideale per rilanciare - o meglio resettare - la carriera di giovani che sembravano non poter più raggiungere quello che il loro talento prometteva (ai nomi già fatti si può aggiungere anche quello di Alexander Isak, passato la scorsa estate al Newcastle per 70 milioni). La ricetta è data una squadra costruita in larga parte su giocatori tecnici e intelligenti, che in campo sono messi a loro agio da un calcio offensivo dato dalla gestione del pallone e dei movimenti senza palla. La dice Kubo stesso: «Mi piace molto il modo in cui la squadra lavora, il suo calcio, soprattutto perché è formata da giocatori forti, molto tecnici e che si muovono in modo fluido davanti. Mi sento molto a mio agio». Una situazione in cui diventa più facile aggregare giocatori tecnici come lui: «Questa squadra fa brillare i giocatori a cui piace tenere palla, quelli con qualità tecnica». Ma anche uno spogliatoio stabile in un ambiente tranquillo, lontano dalle pressioni di Madrid e Barcellona, ma anche Valencia e Siviglia. A San Sebastian si è trasferito anche il fratello minore di Kubo, che gioca nelle giovanili della squadra e sembra perfettamente a suo agio. Ha persino trovato un ristorante giapponese autentico nel quartiere Antiguo. Nato nel 2001 a Kawasaki, città industriale schiacciata tra la grande area metropolitana di Tokyo e il grande porto di Yokohama, non ha grandi ricordi della zona in cui è cresciuto, anche perché l’ha lasciata giovanissimo, quando viene notato in un scuola calcio del Barcellona in Giappone e invitato poi a 10 anni ad entrare nella Masia. Kubo è nella stessa squadra con Ansu Fati e Eric García, e a livello giovanile è devastante. Per lo stile di gioco e la struttura fisica inevitabilmente viene soprannominato il Messi giapponese: «Ci sono ancora giornalisti che mi chiamano così. È un onore essere paragonato a un calciatore grande come Messi, ma ho ancora molta strada da fare per diventare come lui un giorno», dirà quasi dieci anni dopo. Dopo tre anni a Barcellona però la sanzione della FIFA, che aveva inflitto la pena al club catalano aver fatto entrare minorenni extracomunitari nel settore giovanile senza che i genitori lavorassero in Spagna, lo costringe ad abbandonare la Masia, decide di tornare in Giappone e concludere la sua formazione calcistica nel Tokyo giocando sotto età a livello giovanile. «Per un ragazzino di 13 anni è molto difficile, vuoi giocare a calcio e non sai perché sei stato cacciato dal Paese. In effetti, ancora oggi non so perché sia successo. Se un ragazzo vuole giocare a calcio in un buon club non capisco perché non possa farlo, perché non glielo permettano». In Giappone comunque è una grande promessa, fa arrivare tifosi anche per le sue partite nelle squadre giovanili e a 15 anni e 5 mesi esordisce con la prima squadra del Tokyo. Da lì poi non ha mai passato più di una stagione nella stessa squadra: già a 17 anni passa in prestito allo Yokohama Marinos, poi torna al Tokyo e quando con la maggiore età può trasferirsi in Europa già si mette a sfogliare la margherita per scegliere tra le migliori squadre del continente che da tempo mandavano gli scout a seguirne le partite. C’è ovviamente il Barcellona che lo vorrebbe riportare in Catalogna, ma anche il PSG e soprattutto un Real Madrid che sta facendo incetta dei migliori giovani del calcio mondiale. Quando accetta l’offerta della "Casa Blanca" nell’estate 2019 è già convocato in Nazionale e sta giocando una Copa América (in cui il Giappone viene invitato) dove emerge come uno dei giocatori rivelazione. Torna quindi in Spagna, dove d'altra parte vista l'esperienza al Barcellona non ha nessuna questione di adattamento da dover affrontare, parla perfettamente spagnolo. Kubo anzi rifugge gli stereotipi del calciatore giapponese: «Le persone solitamente pensano che sono un introverso, ma è falso». Kubo è sicuro di sé, con la battuta facile. Quando in conferenza stampa gli chiedono cosa gli piace fare risponde: «Mi piace vedere le partite di calcio, mi piace leggere libri e mi piace parlare. Mi piace parlare tanto». Cosa che ha stupito i compagni nella Real Sociedad, ha detto Álex Remiro: «È molto socievole. Non mi aspettavo che fosse così divertente e loquace». Kubo dice di aver accettato la corte del Real Madrid perché gli è piaciuto il piano che avevano presentato per lo sviluppo della sua carriera nei 5 anni di contratto con loro. Come sappiamo però le cose fino a pochi mesi fa non sono andate come pensava e come speravano i tifosi giapponesi: pur partecipando e facendo bene nel tour estivo del Real Madrid, Kubo non esordisce nemmeno. Viene mandato in prestito al Mallorca per giocare titolare nella Liga. È lui a chiedere di andare via, per il Real Madrid avrebbe potuto affrontare la stagione allenandosi con la prima squadra e giocando con la seconda nella serie inferiore. Ma Kubo si sente già pronto per il calcio dei professionisti anche in Spagna. «Abbiamo fugato i nostri dubbi non appena abbiamo parlato con lui. Le sue risposte erano quelle di un ventiseienne. Io ho un figlio di 19 anni e, se li confrontiamo, Take sembra molto più vecchio». Dice il secondo di Vicente Moreno, l’allenatore del Mallorca, quando gli chiedono di Kubo. Da lì arriva una stagione con pochi lampi in una squadra che retrocede. Il gioco lo costringe a correre lungo la fascia e toccare pochi palloni ben lontano dall’area. Dovendosi adattare a un calcio molto diverso a quello in cui si era mosso fino ad allora, sempre in squadre che vogliono arrivare a grandi traguardi ed essere protagoniste col pallone, riesce comunque a chiudere con un rispettabile score personale di 4 gol e 5 assist. Come prima stagione da titolare, un inizio di tutto rispetto. Il passo successivo, quello in una squadra da ambizioni più grandi come il Villarreal di Emery, si dimostra un passo falso. Emery non sembra ritenerlo pronto atleticamente per il suo calcio verticale e preferisce quindi utilizzarlo come risorsa a partita in corso; lo prova un po’ ovunque tra l’ala e la seconda punta durante l’autunno della pandemia del 2020, senza mai però dargli pienamente fiducia. A gennaio decide di passare al Getafe di Bordalás, una squadra di metà classifica ancora più reattiva e poco intenzionata ad avere il pallone, dove viene schierato ala di un 4-4-2 con gli stessi risultati poco convincenti del Villarreal. Anche per Bordalás è ancora acerbo fisicamente: «Kubo è un giocatore che deve crescere e migliorare fisicamente». Ora Kubo ne parla come di un passaggio però utile per lavorare su una sfera del suo gioco carente: «La gente mi dice che non era il mio stile di gioco, ma credo di essere cambiato molto a livello difensivo. Il lavoro difensivo che Bordalás richiedeva era molto diverso da quello degli altri allenatori e mi è stato molto utile, credo di difendere molto meglio grazie a lui». Va detto che effettivamente ora è uno dei giocatori offensivi della Liga che si spende di più difensivamente: in questa stagione recupera 3.87 palloni per 90 minuti, frutto soprattutto di contrasti. Un dato che sicuro starà rendendo fiero Bordalás. Kubo però sembra aver appena iniziato a esplorare il suo potenziale. Certo, la crescita di un giocatore giovane non è detto che debba essere per forza con una traiettoria esponenziale, le flessioni ci sono per tutti - gli infortuni, le incomprensioni con l’allenatore. Per rimettere in moto la crescita sceglie allora di tornare indietro al Mallorca un’altra stagione. Altra scelta che si rivelerà sbagliata. Il Mallorca non soltanto riprende in prestito Kubo, ma prende dal Valencia a titolo definitivo il coreano Kang-in Lee. La strategia è evidente: sono coetanei, hanno una storia simile visto che entrambi sono arrivati nel calcio spagnolo giovanissimi e sono i due giocatori giovani asiatici più talentuosi. Il reparto marketing ringrazia per l'espansione a Oriente, ma il campo è meno compiaciuto. Bisogna aggiungere il fatto che giocano nella stessa zona del campo essendo entrambi rifinitori mancini. I due fanno amicizia subito, ma dopo una brutta sconfitta per 6-1 proprio contro il Real Madrid a inizio stagione diventa evidente che una squadra che lotta per non retrocedere non può aspettare la maturazione di entrambi. Un infortunio al menisco di Kubo che lo tiene fuori dal campo per due mesi aiuta la scelta dell’allenatore per fare una staffetta tra i due, che però sembra non aiutare nessuno. La mancanza di continuità in campo rende difficile ad entrambi non avere pressioni addosso quando vengono scelti e alla fine per entrambi è una brutta annata (nessuno dei due segna più di un gol in Liga). Non è un caso che siano entrambi sbocciati proprio la stagione successiva, con Kang-in rimasto a Mallorca e protagonista dell’ottimo campionato da metà classifica della sua squadra. In estate Kubo, sapendo che non partirebbe titolare nel Real Madrid, decide per lasciare la squadra definitivamente. Tra i club che si offrono per acquistarlo c’è la Real Sociedad che già in passato aveva provato a prenderlo in prestito. L'affare si fa per 6 milioni più il 50% sulla plusvalenza dell’eventuale futura vendita e una clausola per riacquistarlo ad una cifra prestabilita.

Kubo vede nella Real Sociedad la squadra giusta al momento giusto della sua carriera: «Sono andato a parlare con il presidente a Madrid, che ha una società lì, e mi ha detto che mi stavano seguendo da tre anni e mi hanno spiegato tutto. Anche io lo sapevo. A quel punto ho deciso di firmare per la Real, perché è un club che mi vuole, un presidente e un direttore sportivo che mi vogliono e un allenatore che mi vuole». Ancora una volta il reparto marketing della squadra a cui passa stappa quello buono, i social della Real Sociedad hanno un’impennata di visite senza precedenti per una squadra dal seguito più che altro regionale.Questa volta, però, il trasferimento funziona anche sul campo. Kubo inanella grandi prestazioni, portando i tifosi giapponesi a entusiasmarsi. DAZN in Giappone ha i diritti per la Liga e presenta solo 3 partite a settimana con la telecronaca in giapponese: sono sempre solo quelle che coinvolgono Barcellona, Real Madrid e grazie a Kubo in questa stagione anche Real Sociedad. Dice a settembre, quando gli chiedono della sua esplosione: «Non riesco a spiegare bene nemmeno io cosa mi stia succedendo. Quello che ricordo è che, quando ero in albergo durante il precampionato, pensavo che questa poteva essere la mia ultima occasione per fare il salto di qualità come calciatore. E al momento penso che sto facendo quello che ci si aspetta da me». Ci sono talenti che si esaltano quando possono canalizzare su sé stessi il flusso di gioco e per questo rendono ancora di più in squadre in cui c’è scarsità attorno a loro, in cui sono i trascinatori. Che possiamo dire funzionino meglio in contesti in cui tutto il peso creativo ricade sulle loro spalle. In Serie A erano così Bernardeschi nella Fiorentina e Verdi nel Bologna, nella Liga c’è Iago Aspas nel Celta e nella Premier League era così Jack Grealish nell’Aston Villa. Tutti giocatori che non hanno funzionato in contesti diversi dai trascinatori assoluti, che poi quando sono passati in squadre in cui c’è abbondanza di talento tendono a diluire il proprio, a perdere lucentezza fino a diventare marginali. Poi invece ci sono talenti che nella scarsità si perdono, che per esaltarsi hanno bisogno di giocatori che parlano la stessa lingua calcistica accanto. Kubo è uno di questi e credo sia per questo che sta funzionando alla Real Sociedad. Le tre caratteristiche più evidenti del talento di Kubo sono i dribbling nello stretto, la capacità associativa e la tecnica nel calcio. Evidentemente tre cose che funzionano meglio se è più strutturato il contesto in cui si muove, rispetto uno in cui deve caricarsi tutto il peso creativo della squadra sulle spalle. Un esempio può essere il gol simbolo della sua stagione, quello segnato nel derby basco contro l’Athletic Club del 14 gennaio. Kubo sta giocando seconda punta accanto al norvegese Sorloth, alle spalle ha David Silva sulla trequarti, Mikel Merino e Braís Mendez come mezzali di un centrocampo a rombo col regista Zubimendi come vertice basso. Con la difesa alta e il pressing costante la Real Sociedad è tutta concentrata in 40 metri di campo in lunghezza e il centrocampo è composto tutto da giocatori tecnici. Kubo può muoversi per ricevere tra le linee sapendo di avere sempre qualcuno che può servirlo e qualcuno da servire.

Al minuto 37 la costruzione dall’Athletic Club viene attaccata con un raddoppio sul centrocampista Vesga, che perde palla ai danni di David Silva. Il canario alza la testa sulla trequarti e vede subito Kubo alla sua sinistra pronto a tagliare verso l’area, fa allora partire un filtrante rasoterra che mette Kubo in condizione di ricevere al limite dell’area con solo il difensore centrale Vivian davanti. In questa situazione esce fuori cosa rende Kubo un giocatore non comune: la palla arriva da destra e lui è mancino, sullo stop arriverebbe l'intervento dell’avversario in anticipo, lui allora sfrutta la velocità e la traiettoria del passaggio per superarlo con un tunnel, gli basta toccarla col sinistro al momento giusto. Questo tocco manda completamente fuori giri il centrale e gli spalanca lo spazio in area, che attacca subito per calciare in porta aprendo il piatto. Ha toccato la palla solo due volte: per il tunnel e per il tiro.

Kubo è sempre stato un giocatore che fa avanzare il pallone in campo partendo in progressione e questo può erroneamente far pensare che sia meglio utilizzarlo sull'esterno per poi sfruttarne le doti in rifinitura. Da come sta giocando in questa stagione, invece, sembra chiaro che le sue doti in progressione abbiano più senso più vicino all’area. In questa stagione, secondo i dati forniti da Fbrf, ha 3.7 progressioni palla al piede (che significa essere tra i migliori della Liga, non al livello di specialisti come Dembélé, Vinicius o Raphinha, ma in linea con giocatori che sono tra i migliori rifinitori come Antoine Griezmann e Nabil Fekir) e di queste 2.22 arrivano fino dentro l’area di rigore (in questo caso è tra i 10 che ne fanno di più nella Liga, al livello di ali dribblomani come Samu Chukwueze e Nico Williams). A questo si possono aggiungere i 2.9 passaggi progressivi. Questa caratteristica si sposa perfettamente con quelle dei compagni, con il gioco di posizione che Imanol Alguacil ha impostato nella Real Sociedad. Una squadra che recupera palla alta e sfrutta poi la verticalità con tanti uomini se si presenta l’occasione. Un altro esempio può essere l’azione contro il Celta Vigo del 18 febbraio. Sono passati solo 3 minuti di partita quando una palla persa sotto pressione dal centrocampista del Celta Vigo finisce proprio sui piedi di Kubo che non ci pensa due volte a partite in conduzione avendo spazio davanti a sé. I due difensori centrali del Celta scelgono di scappare all’indietro per proteggere l’area, mentre il centrocampista che aveva perso palla si fionda su Kubo per cercare di rimediare all’errore. La troppa foga con cui accorre sul pallone però viene sfruttata da Kubo che con un rapido spostamento del pallone, lo fa scivolare davanti a lui e lo aggira senza troppi problemi usando l’esterno del piede prima di cambiare marcia alla corsa. Si trova poco oltre il cerchio di centrocampo ed è già chiara la situazione: davanti a lui ha due compagni di squadra come Sorloth e Braís (quello che andando in pressione aveva fatto nascere l’azione) che stanno correndo verso l’area e i due difensori centrali avversari. Alla sua sinistra in diagonale ha il compagno di squadra Oyarzabal che si è lasciato il terzino avversario ben lontano alle spalle con lo scatto. Kubo fa la scelta migliore passando col piatto del suo sinistro verso lo spazio che Oyarzabal si sta mangiando a tutta velocità. Il pallone rasoterra taglia in diagonale dal centro verso sinistra tutta la trequarti fino a ben dentro l’area di rigore. Oyarzabal non deve neanche stopparlo, gli basta raggiungerlo in corsa e scaricare il tiro in porta col collo del piede forte sul primo palo.

In questa azione Kubo ha fatto il suo quinto assist della stagione, ma in realtà si era capito fin da subito che le cose avrebbero potuto funzinare. Già alla prima partita nella Liga è arrivato un gol, quello della vittoria contro il Cádiz, in cui con un taglio preciso in area ha ricevuto un lancio da centrocampo di Mikel Merino. Stop col collo interno del sinistro e tiro col collo del destro dopo il rimbalzo a terra, prima che l’uscita del portiere lo raggiunga. Dirà ai microfoni che il gol è un segno dei suoi miglioramenti sotto porta: «

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