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Federico Principi
5 domande sulle ATP Finals
11 nov 2018
11 nov 2018
5 domande sulle ATP Finals, che cominciano oggi.
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Federico Principi
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Nonostante la sconfitta in finale a Parigi-Bercy contro Karen Khachanov, Novak Djokovic arriva all'appuntamento con le ATP Finals da favorito, pronto ad aggiudicarsi il "Master" per la sesta volta in carriera. Il livello di gioco mostrato

a Shanghai - con l'eccezione del torneo di Toronto - è stato costante ed elevatissimo. Va detto però che all'ultimo Master 1000 della stagione Djokovic si è presentato un po' debilitato fisicamente, anche a causa di un raffreddore, ma anche la sua intensità mentale non è sembrata sempre granitica come nelle partite dominate a Shanghai solo qualche settimana prima.

 

La superficie piuttosto lenta di Parigi-Bercy lo ha più volte messo in difficoltà quando si trattava di caricare la palla, sia nei quarti di finale contro Marin Cilic - soprattutto quelle senza peso da trequarti campo – sia in finale contro Karen Khachanov, partita nella quale ha perso il duello negli scambi lunghi in finale. Il russo si è aggiudicato il punto per 35 volte negli scambi sopra i 4 colpi, contro i 26 di Djokovic,e per 9-7 quelli sopra i 9 colpi, controllando la partita soprattutto con il suo dritto estremamente arrotato (favorito, appunto, dalla superficie lenta di Parigi-Bercy).

 

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Djokovic concede il contro-break a Khachanov sbagliando un dritto facile da caricare da trequarti campo. In precedenza si vede come fin dalla risposta il russo riesca a imprimere molto spin alla palla: per Djokovic è stato faticoso manovrare per tutta la partita contro quella pesantezza di palla.


 

 

È stata la seconda sconfitta di Djokovic contro un Next Gen (dopo quella di Roma 2017), a cui ha lasciato vincere il primo trofeo in carriera a livello ATP. Sia nella finale di Parigi-Bercy di pochi giorni fa con Khachanov, sia soprattutto in quella di Roma contro Zverev, il serbo era sembrato scendere in campo con un approccio mentale non centrato, facendo anche fatica a recuperare quelle motivazioni che in appuntamenti come tornei del Grande Slam, o come le ATP Finals, emergono con molta più facilità. Per questo motivo sarà molto più difficile per i suoi avversari (soprattutto per Alexander Zverev che è nel suo girone) incunearsi nei buchi di rendimento del numero 1 del mondo, che saranno più brevi e meno intensi.

 

Nonostante la probabile somiglianza della superficie di Parigi-Bercy con quella delle ATP Finals, è presumibile che Djokovic affronterà il "Master" di fine anno con un linguaggio del corpo più solido e impenetrabile di quello in alcuni casi svagato dell'ultimo Master 1000. La lentezza dei campi della "O2 Arena" amplierà anzi il divario tra il serbo e il suo principale rivale (forse l'unico), Roger Federer - che prediligerebbe senza dubbio un terreno indoor più rapido come quello di Basilea - oltre che rendere più difficile ai tre grandi battitori inseriti nel girone di Djokovic (Zverev, Cilic e Isner) di sorprendere il serbo grazie a un'eventuale prestazione perfetta al servizio.

 

Roger Federer, che nell'ultimo confronto diretto pochi giorni fa ha perso solamente al tie-break del terzo set e ha avuto diverse chance per vincere, sarà per distacco il principale avversario di Djokovic, soprattutto in relazione alla propria condizione fisica nettamente cresciuta a Parigi-Bercy rispetto praticamente a tutto il resto della stagione, eccetto l'Australian Open. Dal punto di vista atletico, Federer ha sofferto praticamente in ogni aspetto del suo gioco: dalla brillantezza del timing nell'esecuzione del dritto in corsa, alla rapidità dei piedi verso il lato sinistro sia per anticipare il rovescio su una palla carica, sia per piazzarsi con il tempo giusto per giocare il dritto anomalo o a sventaglio.

 

Le difficoltà fisiche di Federer sono testimoniate anche sul lato statistico. Qui sotto, in grafica, vengono rappresentati i punti di impatto della palla dello svizzero nel match di quarti di finale contro Bautista Agut nell'ultima edizione del torneo di Shanghai, poche settimane fa:

 



 

Il fatto che riesca a colpire la palla per ben il 40% delle volte dentro al campo parrebbe sintomatico di buona salute. Tuttavia è interessante fare un parallelo contro lo stesso avversario, sullo stesso campo di Shanghai, ma in un'edizione del torneo che Federer vinse con autorità - nel 2014 - e con ben altra condizione fisica. Nella grafica sotto si nota come le percentuali dei punti di impatto siano praticamente identiche a quelle di quest'anno: eppure nel frattempo c'è stato il clamoroso miglioramento di Federer nell'esecuzione del rovescio in anticipo, che dovrebbe consentirgli oggi di colpire dentro al campo molto più spesso che in passato, ma che si va invece a controbilanciare con una relativa lentezza dei piedi che oggi gli impedisce di cercare sempre efficacemente la palla in avanti.

 


Così nel 2014: praticamente le stesse percentuali.


 

A Shanghai il rovescio di Federer è andato particolarmente in difficoltà non tanto sulle palle piatte di Bautista Agut, o dei rovesci bimani di Nishikori e Coric, quanto soprattutto su quelle cariche e arrotate dei dritti proprio del croato e del giapponese, che toglievano a Federer la precisione nel timing dell'anticipo e lo costringevano troppo spesso a dei back difensivi. Ma la ritrovata condizione fisica ha permesso invece allo svizzero di recuperare contemporaneamente anche il rovescio lungolinea in anticipo, in particolare nella partita contro Djokovic: nelle fasi finali addirittura sembrava il serbo quello più in difficoltà negli scambi contro un avversario ritornato ad essere efficiente da ambo i lati del campo.

 

L'andamento della semifinale di Parigi-Bercy è stato fondamentale per ravvivare le aspettative verso le ATP Finals che, altrimenti, si sarebbero ridotte ad un’attesa della vittoria finale di Djokovic. Ovviamente Novak conserva i gradi di favorito, ma lui stesso avrebbe voluto arrivarci con qualche certezza in più e, soprattutto, senza aver ridato fiducia a un campione pronto ad approfittare di ogni singola opportunità per batterlo di nuovo, su un palcoscenico particolarmente gradito.

 



Il grande punto interrogativo su Alexander Zverev non si è dissipato nel corso di questa stagione: la questione riguarda non tanto le sue abilità di poter stare con i primi giocatori del mondo, confermate anche nel 2018 con l'aggiunta di una maggiore solidità di rendimento sulla terra battuta, quanto soprattutto la capacità di compiere quell'ultimo salto di qualità, non solo negli Slam. Una stagione che non ha chiarito se è davvero lui il Next Gen più promettente e con il potenziale più elevato, o "solamente" quello arrivato prima degli altri.

 

I risultati roboanti raggiunti da Khachanov e

, oltre che da Chung a inizio anno, sono il chiaro segnale di una generazione ormai definitivamente affacciata ai piani alti ma che ripone nuovamente nel solo Zverev la possibilità di affermarsi in un palcoscenico importante come le ATP Finals, in mezzo a una selva di giocatori molto più esperti. Un contesto che introduce a un discorso più generale sul mutamento della geografia anagrafica del tennis negli ultimi 10 anni e che, sostanzialmente, decreta ormai definitivamente quanto le giovani speranze di oggi abbiano bisogno di tantissimo lavoro ed esperienza per poter rivaleggiare alla pari con i giocatori più maturi nel lungo periodo.

 

Nonostante sia il giocatore che quest'anno ha ottenuto in assoluto il maggior numero di punti nei Master 1000, Zverev ha mostrato soprattutto recentemente la sua discontinuità, sia come risultati che come rendimento in una singola partita. Anche il cosiddetto "supercoach", nel suo caso Ivan Lendl, nel breve periodo non sembra avergli dato troppo giovamento, anche se in una visione più lungimirante sembra essere una scelta assolutamente corretta. Come con il suo precedente allievo (Andy Murray) Lendl avrà il compito principalmente di correggere all'incirca lo stesso tipo di difetto, ovvero la passività con il dritto sia nella ricerca della palla, che conseguentemente nelle scelte tattiche: per ora non sembra esserci riuscito, con l'eccezione forse di una maggiore sicurezza raggiunta da Zverev con il dritto a sventaglio, ma è soprattutto da gennaio in poi che si dovranno vedere risultati tangibili.

 

Per il momento Zverev è ancora in una condizione mentale di relativa precarietà ed è finito nel girone più difficile, quello con Djokovic, Cilic e Isner. Lo scorso anno batté il croato prima di cedere a Federer e soprattutto a Sock, pagando in quel caso la sua abituale discontinuità. In questa edizione delle ATP Finals il giovane tedesco potrebbe potenzialmente perdere tutte e tre le partite del girone e per questo motivo un eventuale passaggio alle semifinali sarebbe già un ottimo segnale di maturità. La superficie non rapidissima potrebbe dargli una mano contro Isner e Cilic, ma Zverev dovrà dovrà aumentare la sua solidità mentale sia in queste ATP Finals che in vista della stagione 2019, così da poter ottenere finalmente un risultato degno del suo talento nei tornei del Grande Slam.

 



A partire dallo scorso US Open, nel quale avrebbe potuto lottare per la vittoria del torneo se fosse passato indenne dal tie-break del quinto set contro Nadal ai quarti, Dominic Thiem ha fatto vedere un primo salto di qualità sulle superfici veloci che gli tornerà utile in carriera su qualsiasi tipo di terreno. Nel finale di stagione ha inanellato alcuni risultati solo relativamente deludenti, visto quanto storicamente ha sempre faticato su superfici indoor o comunque molto rapide: dopo aver perso sul velocissimo campo di Shanghai contro Matthew Ebden, Thiem è uscito sconfitto molto nettamente contro Kei Nishikori a Vienna e contro Karen Khachanov a Parigi-Bercy, ma ha comunque messo a referto alcune vittorie contro avversari difficili su quei campi. In Austria, in casa, ha sconfitto Sam Querrey e nell'ultimo Master 1000 ha avuto la meglio su Borna Coric e un Jack Sock parzialmente ritrovato su un terreno favorevole.

 

Da Thiem alle ATP Finals ci si aspetta non tanto un risultato di spicco, quanto soprattutto una prova convincente a livello tecnico-tattico dopo la deludente edizione disputata la scorsa stagione. Nel 2017 l'austriaco aveva battuto solamente Carreño Busta, un giocatore altrettanto poco adatto alle condizioni di gioco ma meno forte di lui, e aveva perso sia contro Dimitrov che, sonoramente, contro Goffin. In questa edizione Thiem sembra avere un girone più duro, con Federer, Anderson e Nishikori, ma con nuove armi a disposizione non sembra partire battuto, approfittando anche della superficie piuttosto simile a quella di Parigi-Bercy.

 

In particolare, Thiem sembra aver finalmente capito di avere una buona attitudine a colpire il rovescio in anticipo, oltre alla sua grande qualità nel caricare la palla da dietro. Come si vede nella grafica sotto, riferita al 2017, non è tanto il numero di risposte colpite in anticipo ad essere aumentato, ma l'austriaco ha finalmente capito che la stessa capacità di impattare la risposta in avanti la può trasferire anche negli scambi, e sulle superfici veloci ha enormemente diminuito la tendenza ad arretrare e a caricare la palla di top spin, forzandosi di stare più vicino al campo e riuscendoci con maggiore successo.

 


Le risposte di Thiem sulle seconde palle in tutte le partite sui campi in cemento nei Master 1000 nel 2017.


 

Anche in passato Thiem ha mostrato delle buone capacità di colpire la seconda palla dentro al campo, perfino quasi due metri dentro la linea di fondo: sull'erba di Stoccarda nel 2016 (torneo da lui vinto), per esempio, aveva colpito il 96% di risposte sulla seconda dentro al campo. Questa attitudine lo costringeva però ad accorciare le aperture e a sacrificare la velocità della palla, per farla però tornare più presto sul campo avversario. Come si vede sopra, l'anno scorso la differenza media di velocità era di ben 29 km/h (128,7 km/h colpendo da dietro, contro i 99,7 da dentro al campo), ma è un compromesso che Thiem accetta oggi ancor più volentieri, forzando la propria natura per non essere competitivo solo nella stagione su terra.

 

Come altri giocatori con il rovescio a una mano con ampia apertura, come ad esempio

, Thiem sui campi veloci si forza anche a giocare il rovescio tagliato vicino al campo perché non sempre riesce a completare la preparazione e contemporaneamente a giocarlo in top in anticipo. La grafica qua sotto dimostra come, all'ultimo torneo a Parigi-Bercy, Thiem abbia giocato praticamente un rovescio tagliato su due, quasi sempre in diagonale e anche abbastanza profondo, e questo potrebbe tornargli utile alle ATP Finals soprattutto nel match di esordio contro Kevin Anderson.

 



 

Non sarà tra i favoriti, ma Thiem avrà l'opportunità di testare il proprio livello fuori dalla terra battuta, in un contesto dove ogni avversario gioca al massimo. Buona parte della consapevolezza e delle possibilità di Thiem di poter ottenere risultati di rilievo nei tornei importanti nel 2019 passano soprattutto per delle prestazioni alle ATP Finals molto più convincenti rispetto a quelle dello scorso anno.

 



Dopo il trionfo della cosiddetta "Lost Generation"

, con la finale tra Dimitrov e Goffin e un altro esponente (Sock) in semifinale, le ATP Finals di quest'anno hanno ormai dissipato ogni dubbio sul fatto che ormai nel tennis la continuità ad alti livelli e nel lungo periodo presupponga diversi anni di esperienza nel circuito e di lavoro sul proprio fisico. Rispetto all'epoca d'oro di qualche anno fa sono venuti a mancare Murray e Wawrinka, ma ancora una volta a prenderne il posto sono stati quasi esclusivamente i giocatori più esperti: Anderson, Cilic, Isner e Nishikori, oltre a del Potro - un altro over 30 - che si era precedentemente qualificato e ha dovuto rinunciare.

 

Questa tendenza non può essere considerata casuale, in virtù anche del fatto che i giovanissimi - non solo Zverev, ma anche Tsitsipas e ora Khachanov - ottengono molti più successi nei Master 1000 di quanto non facciano negli Slam, dove le partite sono più lunghe e difficili da condurre. Le sfide alle ATP Finals, però, si pongono in una posizione di mezzo: l'intensità mentale con la quale vengono affrontate dai giocatori è paragonabile a quella delle partite dei tornei dello Slam, ma la distanza dei 2 set su 3 le rende più facilmente "comprensibili" dai giocatori, che hanno meno tempo e possibilità per incappare in passaggi a vuoto.

 

Lo scorso anno, per la superficie piuttosto lenta e per l'intensità messa in campo dai tennisti,sono uscite fuori partite molto tattiche e con molti terzi set, un contesto che dovrebbe favorire maggiormente i giocatori più esperti. Dal lato opposto i giocatori più giovani (Zverev e Thiem) sono anche quelli più adatti ai campi più lenti tra quelli qualificati, per cui soprattutto il tedesco - in virtù del suo fenomenale servizio, che si rende molto efficace anche nei campi indoor come la "O2 Arena" – potrebbe dire la sua.

 

I giocatori maggiormente penalizzati da una superficie simile a quella di Parigi-Bercy, e a quella delle Finals dello scorso anno, sono Kevin Anderson e John Isner. Il sudafricano a Shanghai, su un terreno velocissimo, ha fatto partita pari contro un Djokovic in forma stellare, molto più di quanto dica il punteggio (7-6 6-3), ma su questo campo parte sfavorito contro Federer e forse anche contro Nishikori, oltre che rischiare pure contro Thiem in caso di grande partita in risposta dell'austriaco. Isner a sua volta sembra avere un compito ancora più proibitivo nel girone con Djokovic, Zverev e Cilic, nel quale parte sfavorito contro tutti e tre, anche se contro il tedesco ha disputato molte partite estremamente combattute anche sulla terra, superficie che dovrebbe esaltare nettamente Zverev. Ma da una tipologia di giocatore come quella di Isner è lecito aspettarsi numerose battaglie nei tie-break, dai quali con quel servizio può uscire fuori qualsiasi risultato.

 

Chi sembra invece sulla carta favorito a passare il girone, accanto a Djokovic e Federer, sono Cilic e Nishikori rispettivamente. Per il giapponese si tratterebbe di un risultato eccezionale, al termine di una stagione senza acuti ma di una continuità impressionante di risultati ad alto livello, dopo il bruttissimo infortunio al polso destro dello scorso anno, che Nishikori ancora si massaggia a volte in partita e su cui si vedono ancora gli effetti nella scarsa sicurezza sul dritto. Cilic invece ha nuovamente mancato delle chance importanti anche in questa stagione - soprattutto a Wimbledon nella sconfitta contro il terraiolo Guido Pella, mentre era avanti 2 set a zero - ma sulle superfici più lente è sembrato in crescita nella gestione del dritto e nell'impostazione del ritmo negli scambi, e anche a Parigi-Bercy è andato a un passo dal battere Djokovic regalando con molti errori il contro-break nel terzo set, che a un certo punto conduceva.

 

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Cilic carica molto bene di rotazione e pesantezza il dritto in entrambe le direzioni, in modo efficace sulla superficie lenta di Bercy. Il croato gestisce bene il ritmo, rallenta con il back per poi accelerare al momento opportuno. Un'attitudine che può tornare molto utile alle ATP Finals.


 

In sostanza, i giocatori più esperti sembrano ancora un gradino sopra, anche per una questione di adattamento alle condizioni di gioco. Il discorso riguarda per lo meno il passaggio del girone, perché il Djokovic degli ultimi mesi e il Federer in crescita di Parigi-Bercy lasciano veramente pochissimi margini per un vincitore a sorpresa, forse con l'eccezione di Marin Cilic in caso di settimana perfetta.

 



Il bello di un torneo come questo è che tutti i discorsi sui favoriti, vanno poi ad infrangersi contro la dura legge degli scontri diretti. Nel gruppo "Guga Kuerten" sembra esserci spazio per tantissimi incontri interessanti: Zverev viene da una striscia di 5 vittorie consecutive nei confronti diretti contro Cilic che dura dal febbraio 2016, ma in questo momento non sembra avere la continuità necessaria per impensierirlo. Lo stesso Cilic in questa stagione ha giocato tantissimi incontri combattuti contro Djokovic, e dopo aver perso addirittura i primi 14 confronti diretti con il serbo in carriera sembra finalmente aver trovato una chiave di lettura per affrontarlo nel giusto modo dal punto di vista tecnico-tattico, oltre che essere generalmente migliorato.

 

Vale sempre la pena, inoltre, osservare con attenzione il confronto tra Djokovic e Zverev che ogni volta evoca quella famosa finale di Roma che lanciò definitivamente il tedesco tra i grandissimi. L'ultimo confronto a Shanghai si è chiuso in una vera e propria esecuzione capitale (6-2 6-1 per il serbo) nella quale è stata chiaramente visibile la discontinuità che pervade il giovanissimo tedesco, partito molto forte ma ben presto ingabbiato mentalmente dalla pressione di Djokovic e dal fortissimo condizionamento psicologico della sua solidissima fase difensiva.

 


Zverev preparò in modo anche lucido la famosa finale contro Djokovic a Roma 2017: rinunciò al suo servizio preferito - al centro da destra - per cercare più spesso possibile la risposta di dritto di Djokovic, da ambo i lati, ritenendola meno solida di quella bimane. Una scelta che potrebbe ripetere alle Finals e che potrebbe essere fondamentale, visti i grossi limiti di Zverev nella mobilità all'uscita dal suo servizio.


 

Nell'altro girone la sfida tra Anderson e Nishikori, oltre che essere sulla carta forse lo spareggio per il secondo posto e per le semifinali, rappresenta il più grande confronto di stili che i gironi possano offrire. Una partita in realtà tra due giocatori molto più completi di quanto possa sembrare, con il sudafricano che senza dubbio è il giocatore con la migliore capacità negli spostamenti laterali nella storia del tennis - forse ancora per diversi anni a venire - tra quelli alti più di 2 metri, e il giapponese che, pur essendo il più basso qualificato a Londra, è diventato uno dei migliori giocatori di rete, per lo meno tra i singolaristi. C'è poi la possibilità per Federer di prendersi una vendetta dal sapore amaro, restituendo a Kevin Anderson la dolorosissima sconfitta subita nell'epico match di

, senza tuttavia poter mai riavere indietro l'occasione di trionfare in quell'edizione dei Championships, o forse addirittura mai più.

 

Molta carne che incomincerà a bruciare al fuoco fin dalla prima giornata di oggi, ma ovviamente le partite più spettacolari dovrebbero essere quelle conclusive. Lo scorso anno le Finals non brillarono per qualità, ma lo fecero invece per intensità agonistica. Entrambi questi parametri, quello della qualità tecnica e dell'energia mentale, hanno raggiunto valori elevatissimi nell'ultimo confronto diretto tra Federer e Djokovic, il 47esimo, in semifinale a Parigi-Bercy. Forse la distanza che tuttora questi due giocatori hanno nei confronti degli altri 6 qualificati, nonostante il bisogno di rinnovamento dei personaggi, pone il tennis nelle condizioni di sperare in un nuovo entusiasmante capitolo della loro sfida.

 

 

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