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Emanuele Mongiardo
Non più un underdog
02 ott 2018
02 ott 2018
Il derby di Madrid lo ha confermato: la squadra di Simeone ha fatto un ulteriore salto di qualità.
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Emanuele Mongiardo
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Con l'eliminazione dal girone della scorsa Champions League, il ciclo di Simeone all'Atletico Madrid sembrava esaurito. La società in estate non aveva potuto rafforzare la rosa a causa del blocco del mercato e la squadra sembrava aver raggiunto il limite del proprio orizzonte di crescita. Dopo quattro anni di eliminazioni in Champions per mano del Real Madrid e con un organico troppo corto per arginare la tirannia di Messi in Liga, la scorsa stagione rischiava di ridimensionare l'Atletico. In sottofondo le voci di un trasferimento di Griezmann si facevano sempre più insistenti.

 

Per fortuna è arrivato gennaio, e con lui anche Vitolo e Diego Costa. L'Atletico si è ricompattato e,

, ha riscattato ogni delusione grazie alla vittoria in Europa League. Un trionfo giunto al culmine di un percorso autoritario, in cui nessuno avversario è riuscito a scalfire una difesa abituata a giocare in apnea contro i migliori attaccanti del mondo. È stato il trionfo del calcio di Simeone nella sua forma più reattiva: è bastato approfittare degli errori altrui (lo scivolone di Koscielny, la palla persa da Zambo Anguissa) per imporsi senza troppo sforzo come la squadra migliore della competizione.

 

A meno di un anno dall'eliminazione in Champions, quindi, la situazione si è capovolta: Griezmann ha rinnovato ancora una volta e Simeone sembra voler aprire il suo calcio a nuove prospettive, con l'ambizione di raggiungere a maggio la finale di Champions League al Wanda-Metropolitano.

 

Il mercato estivo è stato una boccata d'aria fresca. Al di là di rincalzi di valore come Kalinic e Arias e di un potenziale crack come Gelson Martins, Rodri e Lemar, i pezzi pregiati del mercato estivo, aggiungono sfumature tecniche e possibilità tattiche totalmente nuove per il sistema di Simeone. L'Atletico non è più solo una squadra che difende in un campo piccolo per attaccare in un campo grande. Il talento dalla cintola in su permette al Cholo di impostare piani partita più aggressivi, in cui la squadra, anche in maniera disordinata, può pensare innanzitutto a passare in vantaggio. Un cambiamento significativo soprattutto in campionato, dove l'Atleti non può pretendere di lasciare il controllo del pallone a tutti gli avversari.

 

È incredibile in questo senso pensare alla metamorfosi compiuta nel corso degli ultimi anni. Nel 2014 l'Atletico aveva raggiunto la finale di Lisbona grazie a due bisonti come Diego Costa e Raul Garcia: spesso bastava lanciare sui due attaccanti per permettergli di caricare a testa bassa le difese o comunque di generare seconde palle in zone di campo pericolose. Oggi Diego Costa è rimasto, ma alle sue spalle agiscono trequartisti tecnici come Griezmann, Correa e Lemar, pronti a lanciare l'ex Chelsea in porta grazie a triangolazioni nello stretto e filtranti ad alto coefficiente di difficoltà.

 



Insomma, se la fase difensiva difficilmente avrebbe potuto essere migliorata, Simeone ha cercato margini di crescita col pallone tra i piedi. Il Cholo ha cercato di innestare principi coerenti col talento dei suoi migliori uomini, dislocati secondo il solito 4-4-2/4-2-3-1. In fase offensiva l'Atletico vorrebbe essere una squadra diretta, che riesce a portare subito palla ai trequartisti in modo da attaccare per vie centrali. Lo spazio per le ricezioni va creato attraverso il lavoro dei terzini e della punta.

 

I primi devono alzarsi oltre il centrocampo in modo da tenere occupati i terzini avversari e dilatare le difese in ampiezza. Diego Costa invece ha il compito di attaccare appena possibile la profondità, così da abbassare i difensori e rendere più ampie le zone di ricezione per i centrocampisti. A quel punto i trequartisti possono combinare tra di loro oppure possono giocare in verticale su Costa, che riesce più o meno sempre a farsi strada verso la porta avversaria.

 

Queste, a grandi linee, sono le idee su cui sta lavorando Simeone. È un progetto ambizioso: attaccare per via centrali non è semplice, le squadre che lasciano palla ai "colchoneros" fanno di tutto per togliere respiro agli uomini dietro la punta. In più, restano irrisolte alcune contraddizioni nell'atteggiamento degli undici in campo che alcune volte impediscono all'Atletico di interpretare bene il piano gara. L'Atleti comunque sta pian piano assorbendo le nuove indicazioni, anche perché il talento dei singoli spesso permette di evitare che i meccanismi si inceppino.

 



Mentre in fase difensiva siamo abituati a vederlo col 4-4-2, col pallone tra i piedi l'Atletico si dispone secondo un 4-2-3-1 in cui i terzini si alzano per garantire ampiezza. Nelle intenzioni di Simeone, i suoi dovrebbero giocare palla a terra sin dalla prima costruzione. Oltre a Oblak, ci sono sempre quattro giocatori di movimento coinvolti nel possesso basso: i due centrali e i due mediani. A volte per offrire una linea di passaggio uno dei terzini, solitamente Felipe Luis, può decidere di rimanere più basso. Altre volte invece Koke segue il suo istinto da centrocampista centrale e rientra per aiutare la costruzione.

 

La tecnica per praticare questo tipo di calcio non manca: Godin negli anni ci ha abituato alle sue cavalcate palla al piede. Lucas Hernandez e Savic, pur non partendo sempre titolari, sono dei difensori di buona tecnica, mentre Rodri per la sua abilità in distribuzione è considerato l'erede naturale di Sergio Busquets. Eppure, l'Atletico non ha ancora la confidenza per giocare sempre il pallone sotto pressione.

 

Contro l'Eibar ad esempio, una delle squadre più organizzate della Liga per quanto riguarda la difesa in avanti, l'Atletico è stato costretto spesso a riciclare il pallone sui terzini, a quel punto pressati a ridosso della linea laterale, a volte addirittura costretti a lanciare lungo. Contro il Real Madrid invece, che ancora non ha un grande tempismo nel pressing alto, spesso gli uomini di Simeone sono riusciti a giocare il pallone dal basso: Koke, che si abbassava per ricevere alle spalle di Modric in pressione sul centrale di difesa, mentre Asensio, che avrebbe dovuto stringere per controllarlo, restava nella terra di mezzo tra lui e Felipe Luis. Insomma, la tecnica per ora permette ai "colchoneros" di aggirare sistemi di pressing non troppo sofisticati; tuttavia, contro squadre più organizzate nell'aggressione, l'Atleti rischia di andare facilmente in confusione.

 

Il fatto è che non sembra esserci ancora un'organizzazione ben strutturata nei movimenti. In situazioni statiche i mediani possono provare ad occupare lo spazio tra i difensori e i terzini, oppure possono variare la propria posizione così da formare un rombo con i centrali: Rodri si allarga tra Godin e Filipe Luis, Saul fa da vertice alto e Gimenez si allarga a destra. Spesso però i due difensori e Saul non sanno come muoversi e invece di dare una linea di passaggio al compagno la eliminano. Rodri, il migliore per senso della posizione, prova sempre a spostarsi per dare un senso al possesso basso, ma i movimenti dei compagni non coincidono con le sue intenzioni e finiscono per inaridire il possesso colchonero. Soprattutto Godin sembra totalmente disabituato a muoversi in funzione del possesso palla: contro l'Eibar spesso lo si è visto alzarsi al fianco di Rodri, lasciando dietro Gimenez in posizione da simil-libero, senza linee di passaggio a disposizione.

 


Rodri si posiziona più avanti rispetto ai centrali per formare con loro un triangolo. Godin però si alza e in questo modo rende inutile il posizionamento di Rodri e cancella una linea di passaggio per Gimenez, costretto a lanciare su Felipe Luis che verrà pressato.


 



Simeone avrà tempo di affinare le uscite palla della sua squadra. Forse però non è un'arma di cui ha davvero bisogno. Negli anni abbiamo visto come l'Atleti sia in grado superare in maniera sporca ogni difficoltà, rendendo il contesto della partita una vera e propria guerriglia.

 

Certo, con Correa e Lemar al fianco di Griezmann il potenziale tecnico dell'Atletico è davvero d'élite. Ma ciò che rende davvero unica la squadra di Simeone è la combinazione di fisico e tecnica a centrocampo, il motivo per cui il "Cholo" può permettersi di non preoccuparsi troppo del possesso basso. Rodri e Saul, e Thomas alle loro spalle, sono dei giocatori davvero speciali. Forse non esistono in nessun'altra squadra dei singoli in grado di coniugare così bene atletismo e tecnica. Simeone non ha bisogno di bilanciare compiti di distribuzione e di recupero perché ognuno dei suoi centrocampisti eccelle in entrambe le fasi.

 

Molte volte Oblak decide di rinunciare a priori alla costruzione palla a terra per rinviare lungo. Lo fa proprio perché sa di poter contare su Rodri e Saul, oltre che su Diego Costa. Quando c'è da alzare il pallone, è davvero incredibile la loro complementarità. Quasi tutto l'Atleti, ad eccezione del terzino del lato opposto, si muove verso la zona di caduta: Costa ha il compito di ingaggiare il duello aereo e sporcare il pallone giocandolo verso i suoi due mediani. A quel punto entra in gioco il tempismo e la fisicità della coppia di centrocampo. È incredibile la capacità di Rodri e Saul di far nascere letteralmente i fiori dal fango: entrambi amano aggredire l'avversario in avanti ed entrambi hanno la forza e l'intelligenza per uscire vincitori da ogni palla contesa.

 

Saul vince i contrasti in maniera dirompente, grazie ad un atletismo che gli permette di creare mismatch contro pari ruolo, esterni e terzini. Anche Rodri sa farsi valere fisicamente, ma lavora più attraverso le letture, magari affidandosi alle sue gambe lunghe per togliere il pallone direttamente dai piedi dell'avversario. In più, il suo metro e novanta di altezza lo scorso anno gli permetteva di vincere 2,7 duelli aerei a partita, a fronte di appena 1,1 persi; una risorsa utile per una squadra che non disdegna giocare col pallone alto.

 

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Ogni pallone ripulito da Rodri e Saul deve essere trasmesso il più velocemente possibile ai trequartisti. Le situazioni sporche quindi possono trasformarsi in nuove occasioni di gioco. Ecco perché l'Atleti cerca di stringere il più possibile il campo anche sulle rimesse laterali, specie nella metà campo avversaria. Se i centrocampisti riescono a calamitare il pallone, allora la squadra può costruire l'attacco in una zona già avanzata di campo, magari con l'avversario non disposto al meglio e senza passare da una situazione a volte scomoda come la circolazione bassa.

 



I veri protagonisti del nuovo corso restano però i trequartisti, quelli che più di tutti col loro stile influenzano il sistema di gioco. Aiutato dal loro talento, Simeone sembra già a buon punto per quanto riguarda l'elaborazione di un sistema offensivo più sofisticato nella metà campo avversaria.

 

È una necessità dettata più dalla Liga che dalla Champions. Certo, qualche problema strutturale persiste anche contro le squadre che preferiscono difendere più basse. Se l'avversario copre il centro, la zona in cui il Cholo preferirebbe attaccare, l'Atleti non sempre riesce a disordinare le linee di centrocampo e di difesa con gli interscambi dei suoi giocatori. A volte c'è poi troppa distanza tra chi costruisce dal basso e chi dovrebbe rifinire. Nel peggiore dei casi i difensori o i centrocampisti provano comunque a verticalizzare verso i trequartisti, col rischio però di farsi intercettare il filtrante e dar vita a una transizione difensiva problematica, con ben sei uomini (i terzini, i trequartisti e la punta) sopra la linea della palla.

 

Altre volte invece la palla scorre in orizzontale, soprattutto verso il lato di Juanfran, dove la maggior parte delle squadre cerca di indirizzare la costruzione dell'Atletico per poter pressare vicino alla fascia.

 

Simeone vuole trovare la risposta alle distanze troppo lunghe e al giro palla perimetrale nei piedi dei suoi uomini migliori. In particolare, è interessante analizzare i movimenti di Koke e Lemar, i due giocatori chiamati a dare più verticalità al possesso contro squadre dal baricentro basso. Entrambi possono decidere di muoversi incontro per offrire una linea di passaggio, ma il loro apporto è modulato sulle loro diverse caratteristiche.

 



Lemar è

dell'estate colchonera, l'ennesima ala giunta in questi anni alla corte di Simeone. L'ex Monaco aggiunge però caratteristiche inedite, che lo rendono differente da Carrasco e Vitolo. Anche a lui piace condurre palla, sia verso il fondo, sia verso il centro del campo, tuttavia il francese è molto più associativo. Lemar non si muove solo su un binario verticale ma ama spezzare continuamente la corsa, per cambiare prospettiva e zona di campo in cui agire. Può giocare su entrambe le fasce, ma soprattutto, quando si muove palla al piede cerca sempre di creare triangolazioni con i compagni. Con la continua ricerca di pareti e conduzioni, Lemar vuole espandere il più possibile la sua influenza sulla squadra. Negli esperimenti pre-mondiali di Deschamps spesso si muoveva più da mezzala che da esterno.

 

Simeone cerca di incanalare la sua attrazione verso il pallone per forzare i sistemi difensivi dal baricentro basso. Lemar può decidere di abbandonare la trequarti per farsi dare palla direttamente da mediani o difensori. Grazie al dribbling e alla capacità di connettersi con Griezmann può essere un'arma efficacissima per creare vantaggi posizionali. Tuttavia spesso sembra agire in maniera troppo istintiva, col rischio di creare scompensi per la squadra. Ad esempio non si fa problemi ad abbassarsi per ricevere spalle alla porta. È una situazione in cui sarebbe preferibile appoggiare al compagno per poi cercare una ricezione migliore. Lemar invece non ha paura di forzare il dribbling anche con l'uomo dietro, data la sua capacità di virare palla al piede davvero in un fazzoletto. Nel migliore dei casi, il francese lascia l'avversario sul posto e si gira fronte alla porta. Quando va male, però, regala un possesso in zona pericolosa, costringendo i compagni a scappare all'indietro.

 

Lemar ha bisogno di migliorare nelle scelte per poter dividere i compiti di regia avanzata con Griezmann. Tuttavia, i vantaggi garantiti dal francese sono già evidenti. Oltre alla capacità di connettersi coi compagni più talentuosi, ha la visione di gioco per servire i compagni oltre la difesa. Per non parlare poi delle doti balistiche davvero eccellenti e della possibilità di mantenere la palla incollata al piede anche negli spazi più angusti, permettendo alla squadra di cercare più spesso il gioco corto tra le linee.

 


Il primo gol di Lemar in maglia Atletico. La palla colpisce la traversa e rimbalza sulla schiena del portiere, ma la tecnica di tiro del francese è straordinaria.


 



Gli anni passati a rientrare per mantenere la linea da quattro a centrocampo non ci devono far dimenticare quanto Koke sia un centrocampista dotato e intelligente col pallone tra i piedi. Può decidere di abbassarsi rimanendo sul lato di Rodri se questi si allarga tra centrale e terzino, oppure può spostarsi centralmente per formare un centrocampo a tre, con l'ex Villarreal che resta più basso e Saul che si alza sul centro destra. Con i suoi movimenti Koke cerca di dare un senso più razionale al sistema di Simeone, cercando la posizione che gli permetta di generare più dubbi nella struttura difensiva avversaria, così da liberare spazio per i trequartisti. Da una zona più arretrata ha il piede per cercare il pallone in verticale per gli uomini dietro Diego Costa. Insomma, il compito di Koke è quello di eliminare la distanza tra costruzione e rifinitura.

 

Sull'apporto di Koke, davvero di altissimo livello in questo inizio di stagione, non va dimenticata l'influenza di Rodri. Il mediano, oltre a coprirgli le spalle, ama comprimere gli spazi in avanti quando l'Atleti occupa la trequarti avversaria. Saul e Koke sono i primi a beneficiare della mentalità proattiva del loro mediano, perché possono accompagnare meglio la fase offensiva della squadra nell'ultimo terzo di campo. Lo si è visto chiaramente nel derby di sabato, in quelle fasi di gioco del primo tempo in cui l'Atletico ha provato ad alzare il baricentro nella metà campo del Real Madrid.

 

In questo modo Saul non è limitato dal ruolo di interno di un centrocampo a quattro e può proporsi per calciare dal limite o, in alcuni casi, per attaccare l'area in corsa. Anche Koke grazie a Rodri può decidere di muoversi verso l'area; da lì, può assumere direttamente compiti di rifinitura, data la sensibilità dei suoi passaggi, ma soprattutto, può inserirsi con più continuità nel dialogo palla a terra con gli altri trequartisti, la situazione da cui Simeone vuole trarre più vantaggio.

 



Il giocatore principe del progetto del Cholo resta Griezmann, alla sua quinta stagione con l'Atletico. Con i suoi movimenti e con la sua capacità straordinaria di mettere in ritmo i compagni con preziosi tocchi di prima, le "petit diable" è l'attaccante/trequartista col compito di indirizzare le scelte di squadra a ridosso dell'area avversaria. Griezmann può fare da parete per gli scambi con Lemar e Correa, oppure può decidere di usare il sinistro per innescare Costa in profondità. Per Simeone è fondamentale coinvolgere il più possibile il suo numero sette in fase di rifinitura: il francese ormai ha raggiunto un'intelligenza unica nelle letture offensive e sa sempre prendere la scelta migliore per sé e per i compagni. Un talento che due giocatori come Lemar e Correa, a volte ingolositi dal dribbling, ancora non hanno sviluppato.

 

In ogni caso, la razionalità di Griezmann non esclude il talento istintivo dei compagni, anzi, se è possibile serve proprio ad amplificarlo. Lemar e Correa, che si alternano soprattutto nel ruolo di mezzapunta di destra, data l'importanza di Koke sull'altro lato, sono giocatori capaci di lasciarsi l'avversario alle spalle solo col controllo orientato. La loro capacità di ritrovarsi fronte alla porta al limite dell'area grazie al dribbling è il motivo per cui Simeone cerca di insistere sugli attacchi nel corridoio centrale. A creare le condizioni migliori per le ricezioni ci pensano i compagni: Costa con i suoi attacchi alla profondità e Rodri e Koke con la loro capacità di giocare precisi rasoterra taglialinee verso i mezzi spazi. Il miglior modo per provare ad arginare i trequartisti di Simeone è aggredire subito i centrocampisti, così da negargli l'imbucata tra le linee. Non a caso l'Atleti ha giocato le sue partite migliori dal punto di vista offensivo contro Rayo e Huesca, due squadra che hanno pensato a difendere la propria metà campo senza mettere pressione a Koke e Rodri, che hanno potuto cercare con continuità i compagni ai fianchi dei mediani.

 

Contro le squadre che però riescono a chiudere le linee di passaggio in verticale, l'Atletico spesso è costretto ad allargare sui terzini, di solito molto alti se la squadra consolida il possesso. Simeone sa quanto sia difficile sviluppare sempre al centro, per questo ha cercato di armonizzare al meglio gli spostamenti dei suoi uomini quando la palla va sulla fascia. Quando Juanfran o Felipe Luis ricevono, l'Atleti cerca di creare superiorità numerica sul lato forte, con i trequartisti che si avvicinano per connettersi con i terzini e i mediani che scivolano in zona palla per coprire un'eventuale perdita del possesso. Gli automatismi sul lato palla hanno raggiunto già un buon livello e Simeone sembra essersi concentrato particolarmente sulla sincronia dei movimenti.

 

Con la palla al terzino, la mezzapunta del lato palla prova a muoversi in avanti, in modo da far abbassare il mediano avversario. Si crea così lo spazio per il trequartista centrale, solitamente Griezmann, che può venire incontro per ricevere il passaggio e girarsi fronte alla porta. A quel punto per il francese si apre un ventaglio di soluzioni interessante: Diego Costa può provare a muoversi alle spalle della difesa per dettare il filtrante, oppure la terza mezzapunta può venire incontro per cercare la triangolazione. Sul lato opposto invece il terzino prova il “movimento Callejon” per scattare alle spalle della difesa; se Griezmann riesce a calibrare bene il filtrante in diagonale, la difesa si ritrova tagliata fuori e il terzino può decidere se tirare o mettere in mezzo il pallone a rimorchio.

 

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In definitiva, nella metà campo avversaria l'Atleti sembra aver assorbito bene la volontà di Simeone di creare un sistema offensivo più articolato. D'altronde, con giocatori come Lemar, Correa, Griezmann e il centrocampo alle loro spalle sarebbe stato difficile pronosticare il contrario. Non vanno però dimenticati i vecchi punti di forza dei colchoneros, quelli che ancora oggi definiscono l'identità dell'Atletico Madrid in Europa e contro le grandi squadre.

 

È bastato giocare una partita contro un avversario come il Real per ricordarci quanto Godin, Gimenez e compagni fossero straordinari nel difendere la propria porta abbassandosi nell'area piccola se necessario. Il 4-4-2 e la zona con riferimento sull'uomo restano i cardini del progetto di Simeone, la certezza a cui aggrapparsi per provare a raggiungere la finale di Champions al Wanda-Metropolitano.

 

Insomma, per Simeone è bene mantenere le vecchie abitudini. La rosa di quest'anno però in alcuni casi gli permette di aggiornarle. Lo si nota soprattutto nelle transizioni, principale arma offensiva dell'Atletico contro i giganti d'Europa. Fino allo scorso anno, Filipe Luis, Carrasco e Vitolo provavano a risalire il campo palla al piede anche dalla propria trequarti, senza preoccuparsi più di tanto di connettersi coi compagni. L'avvento di Lemar e Rodri invece permette di dare più ordine anche alle transizioni offensive. Se prima le ripartenze erano frutto del talento individuale, oggi i "colchoneros" non si limitano a correre palla al piede, ma cercano anche trame complesse per coinvolgere più uomini nel contrattacco e rendersi sensibilmente più pericolosi.

 



La transizione del 2-0 contro il Getafe, iniziata da un recupero palla di Lucas al limite della propria area. Griezmann aspetta che Saul si proponga per scaricare il pallone su di lui. In questo modo l'Atleti può coinvolgere anche Lemar sul lato opposto. Il francese decide poi di tornare al centro da Griezmann che di tacco va da Koke. Lemar taglia dietro la difesa e lo spagnolo lo serve con un filtrante al bacio.


 

Lemar cerca sempre le combinazioni tecniche ad alta velocità con i compagni. Potersi appoggiare a un perno come Griezmann, perfetto nello smistamento di prima del pallone, permette all'ex Monaco di rimanere sempre in ritmo e di ricevere il passaggio di ritorno già fronte alla porta.

 

Rodri invece alza il baricentro e tiene la squadra corta sui recuperi palla. Se ad inizio transizione non è possibile andare subito avanti, lo spagnolo accorcia sempre sulla zona palla; in questo modo gli uomini in possesso possono sempre appoggiarsi su di lui, che ha una prospettiva migliore per decidere dove indirizzare il pallone.

 

Se poi gli avversari riescono ad impedire all'Atleti di ripartire con ordine, Diego Costa è pronto a chiamare il pallone in profondità e caricare la difesa come un toro anche in inferiorità numerica.

 

Potenzialmente Simeone si ritrova tra le mani la rosa più forte del suo ciclo. Lemar è un prototipo di esterno che non aveva mai avuto e Rodri invece sembra avere un talento superiore rispetto a tutti i mediani degli ultimi anni. Griezmann viene da una stagione da pallone d'oro e Angelito Correa sta dando continuità a un rendimento che tocca picchi da fuoriclasse assoluto. Senza dimenticare le conduzioni di Gelson Martins e Vitolo dalla panchina.

 

I "colchoneros" insomma hanno le armi difensive per competere in Champions e quelle offensive per affermarsi in Liga, in un'annata in cui il Real Madrid si trova all'inizio del ciclo Lopetegui e Valverde fa fatica a trovare le giuste alchimie per il suo Barcellona. L'Atletico Madrid non è più un'outsider e mai come quest'anno ha la possibilità di imporsi in ogni competizione.

 

 

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