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Riccardo Rimondi
Guida alla squadra di atletica leggera italiana a Tokyo 2020
28 lug 2021
28 lug 2021
La squadra più numerosa di sempre, ma le speranze di medaglia non sono molte.
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Riccardo Rimondi
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La spedizione più numerosa di sempre e la speranza che un po’ di fortuna assista le punte azzurre nella corsa a una medaglia nell’atletica dal 30 luglio all’8 agosto. Il livello medio della squadra azzurro è forse il più alto da diverse stagioni, mentre l’età media si è abbassata da 30 a 27 anni. A spiccare però è la quantità di convocati: sono 76, mai così tanti nella storia dell’atletica italiana a cinque cerchi. Praticamente, un italiano su cinque alle Olimpiadi gareggia nell’atletica leggera. Per avere un metro di paragone, basta ricordare che a Rio nel 2016 gli italiani erano 36: meno della metà.

, contando le presenze alle staffette come singole, solo Usa, Gran Bretagna e Germania hanno più partecipanti degli azzurri. Avere tanti atleti presenti non alza il livello medio, ma accresce le speranze di un exploit individuale o comunque di un episodio a favore che non è mai da escludere, persino in uno sport che lascia poco al caso. L’ultima volta, a Rio de Janeiro, le medaglie furono zero: per trovare un italiano sul podio bisogna risalire a nove anni fa, quando Fabrizio Donato arrivò terzo nel salto triplo pochi giorni prima di compiere 36 anni. Nel 2008, a Pechino, i podi furono due, entrambi nella marcia: l’oro di Alex Schwazer nella 50 km e il bronzo di Elisa Rigaudo nella 20 km.

 

L’Italia ha attraversato diversi decenni di declino, ma forse il buco nero in cui è caduta ha toccato il fondo nel 2017, quando solo una grande gara di Antonella Palmisano nella 20 km di marcia evitò le zero medaglie. Nel 2019, nonostante il bottino fosse identico (grazie al bronzo di Eleonora Giorgi nella 50 km), diversi risultati individuali hanno reso più accettabile la prestazione di squadra.

dicono che anche quest’anno sul podio non salirà nessun azzurro e probabilmente è vero. Tuttavia l’Italia può ben figurare in Giappone. A contare, più che le medaglie, sarà il ‘placing table’: una specie di medagliere che assegna punteggi ai primi otto classificati di ogni disciplina, otto punti per il vincitore e poi a scalare. Ai Giochi di Rio 2016 e alle Olimpiadi di Doha 2019 gli azzurri sono arrivati ventiseiesimi, mentre a Londra chiusero addirittura 35esimi grazie al bronzo di Palmisano, al sesto posto del maratoneta Daniele Meucci e all’ottavo di Marco De Luca nella 50 km di marcia. Nelle gare disputate nello stadio, il risultato fu un clamoroso zero.

 

Per quanto riguarda il drappello azzurro pesano le assenze di Schwazer, che si è appellato senza successo al Tas per chiedere una sospensione della squalifica che lo mette fuori gioco fino al 2024, e di Larissa Iapichino, infortunata. Ma va detto che quest’anno, nonostante l’enorme potenziale, la saltatrice azzurra, figlia di Fiona May e primatista mondiale juniores nel lungo indoor, difficilmente avrebbe vinto una medaglia. Tra i presenti il volto copertina è quello di Marcell Jacobs: forse non è l’italiano più accreditato per un miracolo da podio, ma sicuramente è il più appariscente visto il 9’’95 con cui ha portato lo sprint italiano in una nuova dimensione. Le altre punte sono il saltatore in alto Gianmarco Tamberi, il pesista Leonardo Fabbri e le marciatrici Palmisano e Giorgi, con qualche possibile sorpresa dal triplo maschile, dalle siepi maschili, dalla 4x100 maschile e, allargando un po’ il campo, dalla 20 km di marcia maschile. Per tutti, però, vale una regola: il podio è possibile solo se si esprimono al meglio e se la fortuna li assiste. Fatta questa premessa, ecco i volti della spedizione azzurra in ogni settore.

 

 

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