
Il progressivo schiacciamento verso il basso della quota per accedere alla prossima Champions League ha creato una strana distorsione prospettica in vista di Atalanta-Roma. Con una vittoria la squadra di Gasperini si sarebbe assicurata la qualificazione aritmetica alla prossima Champions League, ma con una sconfitta sarebbe stata rigettata nel calderone delle quattro, cinque squadre che da settimane ormai si contendono il quarto posto con la forza della disperazione.
Era quasi letteralmente una questione di vita o di morte, almeno sportivamente parlando, e una situazione che sfiorava il paradosso se si pensa che l’Atalanta, che per almeno tre quarti di campionato aveva sfiorato il miracolo di competere per lo scudetto solo un anno dopo aver vinto l’Europa League, adesso se la giocava con la Roma, che fino a novembre flirtava con la zona retrocessione.
Già in settimana, ancora prima di scendere in campo, si è capito che sarebbe stata decisiva la presenza di Ademola Lookman, che da giorni ormai era alle prese con un’infiammazione al tendine d’Achille. L’Atalanta non ha un suo vero sostituto né da un punto di vista tattico né soprattutto da quello dello spessore tecnico, delle potenzialità offensive che offre alla sua squadra con la sua semplice presenza, e anche questa è un’altra conferma che nel calcio il tempo passa molto più velocemente che nella nostra vita di tutti i giorni. Lookman era arrivato a Bergamo da Leicester nemmeno tre anni fa come un acquisto un po’ esotico, un giovane talento della Premier League di cui non erano nemmeno chiare le prospettive, e ieri dopo appena nove minuti ha segnato il suo gol numero 52 con la maglia dell’Atalanta, il 39esimo in Serie A in appena 92 partite (in Premier ne aveva segnati 11 in 96 partite). Oggi Lookman è indiscutibilmente uno dei migliori giocatori della Serie A.
Sulle condizioni di Lookman l’Atalanta ha fatto scendere il mistero, e ancora domenica si diceva che la decisione sulla sua inclusione nell’undici titolare sarebbe stata presa in extremis. Così è iniziata Atalanta-Roma, instillando il dubbio in Claudio Ranieri sulla zona di campo più sensibile della sua formazione. Da lavagnetta tattica, infatti, Lookman dovrebbe giocare sulla trequarti, nel mezzo spazio di sinistra, ma nella pratica l’inglese si allarga fino in fascia, andando a sovraccaricare l’esterno con le sovrapposizioni di Zappacosta, e lasciando i corridoi centrali del campo a un trequartista più puro come De Ketelaere.
Proprio lì a sinistra, dove Lookman riceveva palla per puntare il diretto avversario, Claudio Ranieri ha costruito le fortune dell’ultimo quarto di campionato della Roma. Dopo l’infortunio di Dybala, uscito di scena didascalicamente con un infortunio rimediato provando un colpo di tacco, l’allenatore romano è riuscito a sbloccare finalmente le potenzialità di Matias Soulé spostandolo in una posizione di “finto” esterno a destra, da dove l'argentino è riuscito a creare il suo grande finale di stagione. A destra Soulé può venire dentro al campo, creando dei dubbi nelle linee difensive avversarie con le ricezioni nel mezzo spazio, ma anche dribblare girandosi sull’esterno, correndo sulla linea del filo laterale come un sonnambulo su un filo teso tra due palazzi. Soulé difensivamente non è un novellino ma, all’idea di vederlo andare in uno contro uno con una lince come Lookman, Claudio Ranieri deve aver avuto un brivido, e al suo posto in quella posizione gli ha preferito un esterno “vero” come Devyne Rensch.
In uno sport come il calcio quello del protagonista inaspettato è un topos irresistibile, e in questo caso fa impressione pensare che questa partita sia stata decisa anche da un giocatore arrivato in Serie A a gennaio, quasi per caso, tra lo sbigottimento generale di chi gravita nell’universo Ajax, che di certo non è conosciuto per il suo apporto alla scuola difensiva. «Non ha alcuna abilità calcistica», aveva detto Marco van Basten con la tipica, brutale franchezza olandese, quando stava iniziando a concretizzarsi il suo passaggio alla Roma. «Con la palla, non ha idee. Senza palla, sbaglia sempre. Commette un errore a partita. Sembra un ragazzo amichevole, ma per il livello dell'Ajax non è all’altezza e onestamente non sarebbe un problema perderlo soprattutto se dovesse arrivare un’offerta buona».
Che la partita si sarebbe decisa lì, a destra (o a sinistra, se volete guardare il campo dalla porta di Carnesecchi), si è capito subito. Al 5’ Zappacosta ha messo un primo cross molto pericoloso nell’area di rigore della Roma, proprio sfruttando l’incertezza nelle scalate che si era venuta a creare da quella parte con lo spostamento di Soulé. L’esterno argentino era troppo in alto sul campo per rifarselo tutto all’indietro a seguire Zappacosta, e a quel punto all’Atalanta bastava far gravitare Retegui sul centro-sinistra per attirare Celik (ieri schierato da “braccetto”) e isolare quindi il povero Rensch contro Lookman e Zappacosta. Per fortuna della Roma, nell'occasione in questione nessuno degli attaccanti dell'Atalanta aveva attaccato la porta di Svilar.

Pochi minuti dopo anche la Roma ha avuto l’illusione di poterla vincere da quel lato, dove alzare Soulé poteva sembrare una buona idea, anche per via dell’emergenza difensiva dell’Atalanta. Con le assenze di Hien, Kolasinac, Scalvini e Posch, infatti, da quella parte Gasperini era stato costretto ad arretrare De Roon, che era continuamente tirato fuori dai movimenti ad uscire di Soulé. All’8’ proprio uno di questi movimenti ha creato per Cristante un corridoio che portava dritti al tiro dal limite dell’area, ma la conclusione è uscita centrale ed è stata respinta con i pugni da Carnesecchi.

È stato il preludio all’1-0 dell’Atalanta, che in definitiva racchiude tutti i temi della partita. La squadra di Gasperini batte velocemente una punizione sul cerchio di centrocampo e improvvisamente si ritrova ad attaccare la difesa della Roma fronte alla porta in parità numerica. La palla viene recapitata a Lookman, in area, dopo una bella progressione di De Ketelaere, e a quel punto Rensch è di nuovo costretto a prendere una decisione in uno contro due. Il terzino olandese fa l’errore di fare la prima mossa verso Zappacosta e a quel punto per Lookman è troppo semplice girarsi verso la porta e mandarla all’angolo sul palo più lontano. Un gol che è raro veder prendere a una squadra di Ranieri, uno degli allenatori più prudenti della Serie A, non solo per il mismatch tattico sulla destra, ma anche per l’incredibile leggerezza sulla palla da fermo da cui nasce.

Utilizzando parole simili si potrebbero descrivere le occasioni per l’Atalanta che dopo l’1-0 sono iniziate a piovere sulla difesa giallorossa come una grandinata estiva. Il tiro da dentro l’area di Ederson, all’11’; l’occasione a porta vuota incredibilmente mandata a lato da De Ketelaere, al 19’; l’ennesimo miracolo di Svilar su un altro tiro sgonfio di De Ketelaere, che al 23’ ha sprecato la seconda occasione dal dischetto: tutte sono nate sfruttando la confusione della Roma in marcatura a destra.
Si potrebbe andare avanti facendo un flash forward verso il secondo tempo, e citare anche il tiro da dentro l’area di Zappacosta al 48’; quello di Lookman al 58’, ribattuto dalla coscia di Celik; quello di Sulemana al 69’, respinto miracolosamente da un intervento in scivolata proprio di Rensch. L’Atalanta ha continuato a battere su quel dente che la Roma insisteva a ignorare e alla fine di nuovo lì ha trovato il gol con cui ha vinto la partita, e ottenuto finalmente l’aritmetica qualificazione in Champions League.
Pochi secondi dopo l’uscita del terzino olandese per Pisilli, Lookman si è involato sulla sinistra costringendo Celik a uscire in marcatura e ha messo una palla pericolosa dentro l’area, che un rimpallo tra Samardzic e Angeliño ha trasformato in un facile appoggio per il tiro di Sulemana. Anche qui, a voler essere pedanti, c'è una piccola disattenzione da parte della Roma, che ha sostituito un uomo dal lato dove l'Atalanta stava per battere una rimessa laterale, costringendo Pisilli a una disperata e inutile corsa all'indietro.
Ranieri, comunque, ha deciso di continuare a giocarsela così. Non sappiamo se è stato il gol di testa di Cristante, imbeccato dal solito Soulé, a convincerlo; se è stata semplice disattenzione, una lettura troppo tardiva della partita; o se pensava che alla fine il vantaggio di avere l’esterno argentino in costante uno contro uno con De Roon avrebbe pagato. Come detto, non era un’idea del tutto campata in aria - tutt’altro - ma per ottenere quei dividendi la Roma avrebbe dovuto fare una partita qualitativamente e strategicamente di tutt’altro spessore. La squadra di Ranieri non riusciva ad appoggiarsi direttamente sulle punte, soprattutto su Dobvyk, mangiato vivo dalla difesa dell’Atalanta e ha tenuto il pallone troppo poco per attivare il suo esterno destro, decidendo deliberatamente di privarsene in alcuni momenti decisivi della partita. Dall’inizio del secondo tempo, con l’inerzia dalla propria parte dopo aver ottenuto l’1-1, al gol di Sulemana, il possesso dell’Atalanta ha superato il 75% e così i palloni a disposizione della Roma sono diventati davvero troppo pochi per sperare che Soulé si inventasse qualcosa.
Certo si poteva anche pensare che il pareggio alla Roma potesse andare bene, ma l’idea che una difesa strenua della propria area sia necessariamente la strategia meno rischiosa alla fine ha mostrato le sue crepe. L’Atalanta alla fine ha creato meno nel secondo tempo (0.50 xG, secondo i dati Hudl StatsBomb) rispetto al primo (1.46), è vero, ma di certo non ha creato poco. Insomma, segnare un gol da 0.50 xG per una squadra di Gasperini non può certo definirsi un miracolo.
Non è di certo la prima volta che dopo aver recuperato il risultato la Roma decide di rintanarsi nella sua area, ma contro una squadra come l’Atalanta - che, come ha detto lo stesso Ranieri nel post-partita, «quando parte in quelle praterie è micidiale» - una gestione più fredda del pallone forse avrebbe aiutato. Non è un caso che il giocatore ad aver dato più fastidio alla squadra di Gasperini alla fine sia stato Koné, che con le sue conduzioni irresistibili girava letteralmente intorno alla pressione nerazzurra facendo saltare il suo sistema di marcature a uomo. E in questo senso viene da chiedersi il senso dell’esclusione di Paredes dalla rosa nel momento migliore della sua stagione, e forse anche della sua carriera (secondo i più maligni, già smentiti dalla società giallorossa, la Roma starebbe cercando di evitare di pagare al PSG un bonus legato alle sue presenze), di fronte a una qualificazione alla Champions League che come ha ammesso l’allenatore giallorosso «dopo la gara di stasera non so se sia fattibile».
Purtroppo di tutti questi temi non potremo mai sapere granché dai diretti interessati perché le interviste post-partita sono state monopolizzate dalla discussione sul rigore revocato per l’intervento di Pasalic su Manu Koné. La partita di ieri ci ha presentato diversi temi - non solo le scelte di Ranieri ma anche il bilancio sulla stagione dell’Atalanta, le grandi partite di Ederson e Lookman, tra gli altri - e invece rimarrà come l’ennesimo memento di quanto le decisioni arbitrali siano al centro della nostra cultura sportiva. Insomma, era una delle partite più importanti della stagione di Serie A ed è finita con una litigata in televisione tra uno degli allenatori italiani più conosciuti all’estero e un ex arbitro il cui unico ruolo è quello di commentare le scelte dei suoi colleghi. Certo, Ranieri ci ha messo del suo e non voglio nemmeno fare lo snob: anche qui su Ultimo Uomo parliamo di VAR e a volte sono anche discussioni stimolanti, o per lo meno divertenti. Mi chiedo solo se tutta questa importanza che diamo agli episodi arbitrali alla fine non ci faccia perdere di vista tutto il resto, e quanto alimenti il fatalismo che circonda da sempre le nostre discussioni sul calcio, in cui un singolo momento tra i milioni che compongono una partita diventa davvero l'unico rilevante. È davvero così?