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Fondamentali: Atalanta-Lazio 3-2
25 giu 2020
25 giu 2020
La squadra di Gasperini ha restituito ai biancocelesti la rimonta subita all'andata.
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Se è vero che, da quando si è ripreso a giocare dopo l’interruzione per la pandemia di Covid-19, il fattore campo ha perso d’importanza, l’Atalanta rappresenta un’eccezione. Dopo il 4-1 rifilato al Sassuolo appena tre giorni prima, la squadra di Gasperini (per l’occasione squalificato e sostituito in panchina dal suo secondo, Tullio Gritti) ha battuto anche la Lazio, nonostante i due gol di svantaggio arrivati in soli undici minuti. Quasi un regolamento di conti dopo la rimonta subìta all’andata. In quel caso era stata l’Atalanta a essere rimontata sul 3-3 dopo aver chiuso il primo tempo in vantaggio per 3-0. Lo sviluppo, però, è stato diverso e, come ormai ci siamo purtroppo abituati a constatare, la partita “vera” è durata poco più della metà del tempo regolamentare.

Sarà curioso anche notare i diversi approcci di partita in partita per le varie squadre, cioè come gestiranno la densità di calendario dopo un’inattività così lunga, infortuni a parte. Poco prima di Atalanta-Lazio si è giocata Inter-Sassuolo, con entrambe le squadre piene di cambi rispetto alla gara precedente. Gasperini invece ha confermato ben 9/11 rispetto a domenica, cambiando solo Pasalic con Malinovskyi e Caldara con Toloi. La Lazio invece era all’esordio assoluto e ha proposto il blocco titolare, sostituendo gli indisponibili Lulic, Luiz Felipe e Lucas Leiva con Jony, Patric e Cataldi.

La Lazio parte (e riparte) bene

Nella partita contro il Sassuolo era stato abbastanza sorprendente, fatte le doverose premesse post-lockdown, vedere l’Atalanta concedere così tanto, al di là del risultato finale. Data la peculiarità della situazione e la particolare soluzione adottata da De Zerbi, però, un po’ tutti avevamo pensato che fosse difficile intravedere difficoltà simili contro un avversario così diverso come la Lazio, abile sì a giocare sul lungo e a sfruttare le seconde palle, ma meno rodato nell’assorbire l’onda d’urto del pressing alto solitamente efficace dei bergamaschi.

In realtà, però, l’Atalanta ha passato buona parte del primo tempo in balìa delle azioni in campo aperto della Lazio, create sia su azione manovrata partendo da Strakosha, che tramite ripartenze conseguenti ai calci piazzati, accompagnate con tanti uomini e a velocità incredibili. Ecco, se dovessimo trovare delle somiglianze nel modo in cui la Lazio e il Sassuolo hanno messo in difficoltà la difesa dell’Atalanta, una di questa sarebbe sicuramente la pazienza nella costruzione a partire dal portiere. Consigli aveva attirato l’attenzione grazie alla sua posizione avanzata e a tanti lanci, verso la punta o alle spalle della difesa, mentre Strakosha è stato su zolle più canoniche, e comunque ha collaborato molto con i compagni (in particolare Patric) nella costruzione della manovra, in verticale, ma anche più sfalsata nei tempi e negli angoli di passaggio. Contro un’Atalanta non ancora al meglio nel pressing alto, utilizzare l’unico uomo in più nella propria metà campo, a costo di rischiare molto sulla costruzione, sembra dare buoni frutti, un atteggiamento che potremmo ritrovare anche nelle sue prossime avversarie.

L’azione che porta all’autogol di de Roon è una costruzione da manuale: Patric temporeggia e copre il pallone innescando il pressing, Acerbi si smarca addirittura in verticale mentre Cataldi viene incontro. Quest’ultimo la gioca morbida, di prima, su Milinkovic-Savic, che a sua volta verticalizza di prima verso la punta. Ad abbassarsi è Immobile, che attira a sé Palomino, ma la palla arriverà a Correa, libero di girarsi e servire Lazzari nello spazio.

Va detto che l’Atalanta aveva rischiato di trovarsi in vantaggio dopo pochissimi minuti forzando proprio un paio di errori nella costruzione della Lazio attraverso il pressing, ma senza capitalizzare. Sono bastate però un paio di risalite veloci e l’autogol di de Roon a instillare un po’ di preoccupazione: l’Atalanta ha iniziato a temere molto le iniziative degli ospiti e forse di conseguenza ad attaccare in maniera meno rapida e furiosa. L’assegnazione delle marcature prevedeva Djimsiti su Milinkovic-Savic, Palomino su Correa e Toloi su Immobile. Il compito di controllare Luis Alberto spettava a de Roon, mentre Freuler andava a prendere Cataldi, vertice basso. Malinovskyi, Zapata e Gomez avrebbero dovuto affrontare quindi i tre centrali della Lazio, lasciando i quinti Gosens e Hateboer a scontrarsi con i diretti avversari.

La Lazio ci ha messo qualche minuto a trovare tranquillità nella gestione del pallone, ma appena ci è riuscita ha saputo creare i presupposti per attaccare in campo aperto trovando soprattutto Lazzari alle spalle di Gosens, attraverso delle combinazioni con Milinkovic-Savic, dominante nella gestione del pallone e dei tempi. I movimenti di Immobile e Correa, nella fascia centrale, erano perfettamente alternati e sincronizzati, e sono riusciti a dilatare le distanze tra i difensori. Le combinazioni sulla catena di destra sono state il tema dominante delle risalite della Lazio.

Due azioni che, oltre a quella del primo gol, descrivono bene l’importanza di Milinkovic-Savic nella prima parte di gara. Nelle prime tre slide lo vediamo ricevere da Lazzari, proteggere la palla, allontanarsi dalla marcatura (che forse doveva essere più stretta), e lanciare nuovamente al compagno con un elegante tocco di sinistro poco dopo essersi voltato. Nell’ultima, un colpo di tacco puntuale libera l’inserimento di Cataldi.

L’Atalanta ci mette un po’ a prendere le misure

Le ripartenze della Lazio nella prima mezz’ora sono state così decise e rapide che, probabilmente, hanno influito anche nella preparazione offensiva dell’Atalanta. I difensori centrali, tipicamente molto coinvolti anche nell’ultimo terzo, non sono parsi particolarmente rapidi a proporsi in avanti, forse condizionati dalla marcatura preventiva su Immobile, Correa e Milinkovic-Savic. Anche per i padroni di casa la catena di destra è stata quella dominante nel primo tempo, ma con risultati meno efficaci. La rotazione prevedeva de Roon ad abbassarsi alle spalle di Hateboer, che saliva, e Malinovskyi in appoggio nell’halfspace. La Lazio era però rapida a scalare e precisa nella marcatura sulle rotazioni, così spesso Hateboer si è trovato isolato dai compagni e non è riuscito a rifinire.

Tre azioni esemplificative delle difficoltà dell’Atalanta sulla destra. La prima è quella che innesca la ripartenza che produrrà il gol di Milinkovic-Savic, nelle successive invece possiamo notare lo sfiancante lavoro in raddoppio di Luis Alberto.

Al centro, invece, Zapata ha giocato un primo tempo molto più statico del solito, finendo inghiottito nella sontuosa partita di Acerbi, puntuale negli anticipi e reattivo sulle palle sporche. Col senno di poi è lecito chiedersi se il colombiano non sarebbe stato più utile defilandosi sulla sinistra con costanza, andando quindi a gravitare nello spazio tra Patric e Lazzari, forse più semplici da attaccare in coppia con Gosens e sfruttando il sovraccarico con Gomez piuttosto che quello sulla catena di sinistra, oltre a portare fuori posizione Acerbi, magari con qualche movimento incontro in più.

Insomma, per tutta la prima parte l’Atalanta ha fatto molta fatica a chiamare fuori le marcature dal blocco basso della Lazio e dunque a costruire occasioni pulite come suo solito, ritrovandosi spesso in inferiorità numerica sull’esterno e con i due fantasisti imbottigliati e con poco tempo e spazio per inventare, e limitando la maggior parte delle sue occasioni ai calci piazzati. Il gol del 2-1, però, ha dimostrato come muovendo la palla rapidamente e in più direzioni la Lazio potesse andare in affanno: la bella verticalizzazione di Malinovskyi verso Zapata, seguita da un appoggio verso l’esterno di quest’ultimo, ha finalmente trovato Hateboer libero di crossare per il solito Gosens, dominante su Lazzari.

Il ritmo della Lazio ha iniziato a diminuire tra il 35esimo e il 40esimo del primo tempo, e negli stessi minuti l’Atalanta ha invertito le marcature di Toloi (che ha preso in consegna Milinkovic-Savic) e Djimsiti, spostatosi su Immobile. Toloi è riuscito a disturbare meglio Milinkovic-Savic, mentre Djimsiti sul centro-destra ha riacquistato sicurezza e reattività. Due degli sbocchi sul lungo della Lazio hanno dunque perso di efficacia, e l’Atalanta è riuscita finalmente a imbastire un attacco posizionale più armonioso e continuo, diminuendo le corse all’indietro, muovendo la palla anche da un lato all’altro rapidamente, coinvolgendo ancora di più Gomez nello sviluppo. L’Atalanta ha controllato anche meglio la profondità, scoprendosi un po’ meno quando andava a pressare alto, e beneficiando forse anche dell’uscita di Correa.

Il gol di Malinovskyi è una perla, un coronamento individuale all’assedio dell’Atalanta che durava ormai da diversi minuti. A spaventare di questa conclusione non è solo la velocità raggiunta (106 km/h) o il perfetto controllo orientato con cui l’ucraino si è preparato, ma il fatto che questa dimostrazione di puro strapotere neuromuscolare sia arrivata al 66esimo di una partita estenuante dopo un lungo periodo di inattività, a dimostrazione del grande patrimonio tecnico, genetico e atletico di Malinovskyi, che fino a quel momento aveva giocato una partita elegante e caparbia, ma sostanzialmente priva di spunti.

Come la Lazio si era portata sul 2-0 con un gran tiro da fuori di Milinkovic-Savic, anche l’Atalanta ha pareggiato con un missile da fuori area di Malinovskyi. Quella del centrocampista della Lazio era però stata una soluzione diversa, meno sovrastante dal punto di vista fisico, ma di un livello tecnico eccelso, non solo per la qualità del calcio, un mezzo collo interno secco e carico di effetto, ma anche per la rapidità di riconoscimento dell’opportunità e per la mira. Certo, in questa occasione è pesata abbastanza la scarsa reattività di Djimsiti nell’uscire a schermo, ma sarebbe ingeneroso togliere merito alla giocata di Milinkovic-Savic.

Insomma, una partita che probabilmente ricorderemo soprattutto per questi due gesti tecnici, ma che in realtà ha regalato anche una sfida strategica di alto livello, dalla versatilità della Lazio tra costruzione bassa e ripartenze nella prima parte, al cambio di marcatura in corsa dell’Atalanta che ha ripristinato un equilibrio difensivo necessario per ritrovare tranquillità nel solito forcing. In attesa che queste partite riescano a durare per più di un’ora, andremo avanti godendoci questi distillati di 30, 40, 60 minuti che ci ricordano a che punto eravamo rimasti.

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