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Dario Pergolizzi
Atalanta e Inter sanno quello che fanno
17 gen 2022
17 gen 2022
Due squadre fluide a modo loro hanno pareggiato una bella partita.
(di)
Dario Pergolizzi
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Uno 0-0 da fuori sembra un ossimoro visto che arriva tra le due squadre più prolifiche del nostro campionato. In realtà lo scontro tra Atalanta e Inter si è dimostrato perfettamente in linea con il livello e le ambizioni delle due contendenti. Questo nonostante le assenze, da una parte e dall’altra, e la volontà di imporsi l’un l’altra il dominio del gioco. Alla fine l’Inter ha dovuto interrompere la striscia di 39 partite consecutive in gol in Serie A, riuscendo però al tempo stesso a non subire gol per la quinta partita fuori casa consecutiva, mentre l’Atalanta ha giocato una delle partite più prevalentemente orientate alla distruzione dell’intero ciclo di Gasperini, registrando il dato più basso nel possesso palla stagionale (36%), ma rendendosi anche molto pericolosa e mantenendo un atteggiamento aggressivo per 90 minuti.

 



Gasperini, forse per via delle numerose assenze, ha scelto di cambiare assetto, rinunciando al 3-4-2-1 per un 4-2-3-1 (già utilizzato in altre occasioni). L’idea era quella di rinunciare a un uomo nell’ultima linea per poter pressare più agevolmente i tre difensori e i centrocampisti di Inzaghi e limitare quindi la qualità dell’Inter nella partenza dell’azione dal basso avvalendosi di un blocco avanzato di quattro uomini più i due mediani a supporto. In campo davanti a Musso l’Atalanta era disposta così: Djimsiti terzino destro e Pezzella terzino sinistro, Palomino e Demiral centrali; De Roon e Freuler in mezzo; Pessina, Koopmeiners e Pasalic alle spalle di Muriel.

 

La struttura di partenza in non possesso dell’Atalanta è stata un punto di riferimento importante per evitare di farsi portare troppo a spasso dalle continue rotazioni dell’Inter, che può essere definita a tutti gli effetti la squadra più fluida del campionato. Pur mantenendo una fortissima aggressività durante le azioni di pressing alto, la qualità della partita difensiva dell’Atalanta si è sorretta ancora una volta sulla capacità di scambiare le marcature e scalare in avanti.

 

Gli accoppiamenti iniziali, il sistema di pressing con cui l’Atalanta ha risposto alla costruzione dell’Inter, vedevano Muriel in pressione su Skriniar, Pasalic e Pessina in una posizione abbastanza stretta, orientati verso i due braccetti della difesa dell’Inter; Koopmeiners partiva controllando Brozovic, adeguandosi quindi ai suoi movimenti di avvicinamento o di allontanamento rispetto alla sua difesa, mentre De Roon e Freuler potevano controllare Calhanoglu e Barella. I rimanenti quattro giocatori dell’Inter, cioè le due punte Dzeko e Sanchez e i due quinti, Perisic a sinistra e Darmian a destra, erano in perfetta parità numerica con la difesa a quattro di Gasperini. Un atteggiamento, insomma, molto ambizioso, che ha dato subito l’idea di un’Atalanta per niente influenzata in negativo dalle assenze sotto punto di vista delle intenzioni, nonostante la caratura dell’avversario.

 

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La disposizione di pressing alto dell’Atalanta, che saliva di intensità insieme alla continuità di palleggio dell’Inter, ma cercando sempre di mantenere compattezza centrale.


 

Questi accoppiamenti non sono stati fissi per tutta la partita, anzi, è stato frequente vedere dei passaggi di marcature, che coinvolgevano sia i tre giocatori a presidio del corridoio centrale, de Roon, Freuler e Koopmeiners, con gli ultimi due che sono stati più frequentemente coinvolti nella marcatura del regista nerazzurro, sia i due trequartisti esterni. Può sembrare un dettaglio di poco conto diluito all’interno di una partita in cui quello che si vedeva era la capacità dell’Atalanta di non lasciare quasi mai spazio all’Inter, ma in realtà è soprattutto grazie a questa fluidità che per la squadra di Inzaghi è stato più difficile del solito trovare spazi nonostante i continui movimenti a supporto dei suoi centrocampisti e delle sue punte.

 

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Qui sopra possiamo vedere tre esempi di questa fluidità: Freuler che prende in consegna Brozovic con Koopmeiners su Barella e De Roon su Calhanoglu; Pasalic che lascia a Freuler lo smarcamento in avanti di D’Ambrosio ed esce verso Barella, che si era abbassato, mentre Muriel si abbassa per dare copertura e Pessina stringe verso il centro; e infine, con lo stesso criterio, Pessina che non segue l’avanzata di Bastoni (preso da de Roon) andando piuttosto su Perisic, con Djimsiti pronto a uscire su Barella (largo a destra) o scappare all’indietro sul lancio.

 

L’Inter ci ha messo un po’ a trovare delle uscite pulite con una regolarità accettabile, e i quattro minuti totali di Handanovic con il pallone tra i piedi sono un dato abbastanza eloquente, sia per quanto riguarda la scelta dell’Atalanta di limitare le pressioni al seppur molto coinvolto portiere sloveno, sia per la frequenza ridotta dei movimenti senza palla di fronte a lui, come accennato dallo stesso Handanovic nell’intervista post-partita, con riferimento alla necessità di non alzare troppo i ritmi dopo i 120 minuti giocati appena pochi giorni prima in Supercoppa.

 

Il risultato è stata un’Inter che ha fatto molta fatica ad arrivare nell’ultimo terzo di campo partendo da dietro per la maggior parte della gara, e che anzi ha favorito un cospicuo numero di ripartenze ad altezza medio-alta all’Atalanta, soprattutto nei primi venti minuti. Per sfortuna di Gasperini, le scelte e le esecuzioni dei suoi calciatori sono state spesso imperfette, e soprattutto Pessina ha giocato una partita di grande sacrificio ma anche di forte imprecisione. In questo senso, sicuramente le assenze hanno tolto ai padroni di casa qualche soluzione di qualità in più.

 

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Due delle ripartenze potenzialmente più pericolose dell’Atalanta a inizio partita. Koopmeiners ruba palla a Sanchez e verticalizza per Muriel, che di tacco la mette in mezzo per Freuler; Pessina piomba su una palla vagante dopo un pressing combinato di Koopmeiners e Freuler su Brozovic e Calhanoglu, ma sbaglia il passaggio verso Muriel.


 

L’Atalanta è stata quindi brillante nel pressing e nel creare occasioni pericolose dopo la riconquista, mentre al contrario quando dovevano gestire il possesso sono apparsi meno a loro agio del solito, finendo per cercare spesso l’appoggio diretto su Muriel, non molto a suo agio nei duelli spalle alla porta contro Skriniar e compagni. Pezzella e Djimsiti, inoltre, non sono stati molto propositivi sulle fasce e questo ha tolto un po’ di smalto alle combinazioni laterali, spesso uno dei punti cardine delle offensive dell’Atalanta.

 

Il cambio di modulo poi ha tolto qualche certezza anche quando si trattava di riorganizzarsi dopo la perdita del possesso: sia perché aveva un difensore in meno su cui contare, ma anche a causa della rapidità dell’Inter nel trovare l’uomo libero una volta riconquistata palla.

 

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Djimsiti sbaglia la verticalizzazione facendosi intercettare da Perisic, Barella è più veloce a giungere in avanti rispetto a quanto lo siano i ripiegamenti dell’Atalanta, che era già in proiezione offensiva. Sugli sviluppi, troverà il cross sul secondo palo per Dumfries, che può sfruttare lo spazio lasciato da Pezzella che, in emergenza, era scappato a comporre la linea.


 



La strategia offensiva dell’Inter puntava soprattutto a ricercare una progressione graduale sul campo, cercando di far saltare le marcature aggressive dell’Atalanta nella zona centrale del campo attraverso un palleggio corto piuttosto che lungo. Emblematico in questo senso è stato l’atteggiamento posizionale delle due mezzali, Barella e Calhanoglu, che hanno continuato a scambiarsi la zona d’azione per tutto il tempo in cui sono stati in campo contemporaneamente, ma anche alternandosi nelle funzioni di supporto al portatore o attacco dello spazio.

 

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Il triangolo di centrocampo dell’Inter, insomma, continuava a ruotare come una trottola, e in un paio di circostanze (come nella terza immagine qui sopra) è riuscito anche nell’intento di trovare un uomo libero facendo saltare le scalate e gli scambi di marcatura avversari, ma in linea di massima possiamo dire che l’Atalanta sia riuscita a limitare bene la costruzione della squadra di Inzaghi, un compito in cui hanno fallito quasi tutte le squadre della Serie A. Per aiutare i compagni Dzeko e Sanchez cercavano di farsi trovare nello spazio alle spalle dei mediani dell’Atalanta, che venivano portati in avanti dai corrispettivi avversari, e in qualche occasione sono anche riusciti a ricevere tra le linee e alzare il baricentro dell’Inter, ma su di loro si sono dimostrati sempre attenti Demiral e Palomino.

 

La novità maggiore vista con l’Inter di Inzaghi è la notevole partecipazione offensiva dei difensori, in particolar modo di Bastoni, che sta mostrando una sensibilità unica nel muoversi nella trequarti avversaria con e senza palla. Ieri è stato soprattutto D’Ambrosio, che operava da centrale di destra, ad essere coinvolto in attacco ricevendo almeno in un paio di occasioni ben all’interno dell’area di rigore, ma non riuscendo a concludere in maniera precisa o servire un’occasione ai compagni. Non era facile però: il pressing alto dell’Atalanta non consentiva all’Inter di fare il suo gioco, ovvero sistemarsi nella trequarti offensiva per poi manipolare la difesa avversaria con gli inserimenti dei suoi centrali. Solo nell’ultima mezz’ora di gioco, forse per via di un po’ di stanchezza sopraggiunta, la squadra di Gasperini ha fatto un po’ di fatica nell’impedire all’Inter di giocare come vuole. Non è un caso che una delle occasioni migliori per la squadra di Inzaghi sia arrivata all’89’, con D’Ambrosio arrivato a tu per tu con Musso dopo un grande assist di tacco di Barella.

 

 

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Due azioni pericolose dell’Inter passate da D’Ambrosio: nella prima, si inserisce scappando a Pasalic (in questo caso l’Atalanta non è riuscita ad assorbire l’inserimento con un cambio di marcatura); nella seconda (terza immagine) attacca l’halfspace di destra mentre la palla arriva a Dumfries, e poi verrà servito dal colpo di tacco di Barella.


 

Pur avendo giocato una partita di grande intensità e applicazione, l’Atalanta aveva comunque dei punti deboli che forse l’Inter poteva sfruttare meglio (o, quanto meno, sollecitare di più). Per esempio, il tenere i terzini alti in fase di pressing sugli esterni dell’Inter, lasciava uno spazio alle loro spalle che era difficile da coprire. Sull’esterno l’Inter avrebbe potuto creare più pericoli, e non è un caso che in una delle rare volte in cui Dzeko è andato a occupare quello spazio sono andati vicino al gol, evitato solo da un salvataggio kamikaze di Pezzella sulla linea (e contro il palo). Forse, però, questo scenario non era particolarmente invitante per le caratteristiche delle punte dell’Inter.

 


Bastoni serve Perisic, che viene attaccato da Djimsiti. Dzeko si smarca verso l’esterno prendendo il tempo a Demiral.


 

Nel finale sono arrivate diverse occasioni, da una parte e dall’altra, e entrambe le squadre avrebbero potuto vincerla. L’Inter ha trovato nuova freschezza nei cambi, e un po’ di perdita di efficacia del pressing avversario; mentre l’Atalanta è riuscita a entrare meglio in area di rigore sfruttando le caratteristiche di Pasalic. Se il risultato è rimasto fermo sullo 0-0 lo si deve alla grande risposta del pressing dell’Atalanta alla fluidità dell’Inter, alla compattezza della squadra di Inzaghi, ma anche a singole grandi giocate individuali: dal salvataggio di Pezzella a un ripiegamento di oltre 50 metri di Perisic sugli sviluppi di un corner offensivo, passando necessariamente dalle parate straordinarie di Handanovic e Musso, sollecitati più volte da Pessina, Muriel, Pasalic, Vidal, Sanchez.

 

Una partita senza gol, sì, ma comunque una delle partite più intense e piene di temi della stagione, una contrapposizione quasi complementare tra due squadre fluide in modo diverso: una quando ha il pallone e costruisce partendo dalla sua area, l’altra quando va a pressare in alto, tentando di mantenere forte il ritmo della partita e di forzare l’errore senza farsi manipolare. Atalanta e Inter escono con un punto a testa da questo scontro, forse non quello che sognavano, ma sicuramente escono anche con la consapevolezza della bontà delle idee dei loro allenatori e, a questo punto della stagione, non è poco.

 

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