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Leonardo Mazzeo
Ascesa e declino della vuvuzela
20 dic 2022
20 dic 2022
Non dimenticheremo mai quel suono.
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Leonardo Mazzeo
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I Mondiali del 2010 verranno ricordati per molti motivi: sono sono stati i primi giocati in Africa, ma anche quelli del tiki taka; sulla panchina dell’Argentina c’era Maradona, su quella dell’Inghilterra sedeva Fabio Capello; in campo siamo rimasti di stucco davanti alle gesta di Tshabalala. I Mondiali del 2010 sono stati quelli di Waka Waka di Shakira, che forse è una delle canzoni più iconiche della storia della Coppa del Mondo.

La mascotte era Zakumi, un leopardo dalla criniera verde, il pallone era l’Adidas Jabulani, che ha creato pure qualche problema per via delle sue traiettorie pazze. Difficile però dare la colpa al pallone per certe prestazioni della Nazionale italiana: la disastrosa avventura sudafricana, nata male e proseguita peggio, è difficile da scordare. Tra le cose che sicuramente non riusciremo a dimenticare, inoltre, ci sono le vuvuzela. Se volete un’esperienza di lettura completa, potete scorrere questo articolo lasciando in sottofondo 10 ore di vuvuzelaCosa diamine è una vuvuzela?Una trombetta di plastica: è bastato questo per dare fiato alle polemiche, per sconvolgere i Mondiali, per creare un disagio continuo sia ai giocatori in campo che ai milioni di tifosi che seguivano le partite da casa. Strumento ad aria di lunghezza variabile, di base misura circa 65 cm ed emette un suono monocorde, identificato col sibemolle. Ci sono variazioni di lunghezza, potenza, forma e colore, ma il fastidio resta sempre lo stesso. Per suonarla basta semplicemente appoggiare le labbra e farle vibrare: questo l’ha resa utilizzabile da chiunque. Le vuvuzela erano dappertutto e suonavano sempre, non solo quando una squadra andava in gol: per novanta minuti si diffondeva questo rumore incessante, straniante, che copriva ogni altra cosa. In questo articolo ho trovato la spiegazione del perché quel suono sia così fastidioso per le orecchie. Se data in mano a un musicista, la vuvuzela suonerebbe come un corno da caccia; dalle labbra di una persona comune, invece, quello che esce dallo strumento è “il barrito di un elefante stonato”. Il punto è che il nostro udito non è fatto per sentire suoni monocordi: è stato sviluppato per avvertirci del pericolo, quindi tende ad escludere i rumori continui; quando però quel suono ha un volume così alto, evitare di prenderlo in considerazione diventa impossibile. E così il nostro cervello va in tilt. Nel video postato sopra, quello delle dieci ore di vuvuzela, alcuni commenti centrano il senso esperienziale della cosa: «Se apri questo video in 20 tab è come se stessi guardando il calcio dal vivo»; «Al mio funerale dirò al prete di consegnare vuvuzelas a tutti, e saranno costretti a suonarle per tutta la cerimonia finché non verrò seppellito». Chi ha inventato la vuvuzela?Non sappiamo bene chi bisogna ringraziare per l’invenzione della vuvuzela: ci sono varie parti che rivendicano di aver avuto l’idea di realizzare lo strumento destinato a mettere in crisi gli apparati uditivi di tutto il mondo. Uno dei primi a farsi avanti per reclamare i diritti di brevetto della vuvuzela è stato Freddie "Saddam" Maake, tifoso dei Kaiser Chiefs. ll Mail&Guardian lo ha intervistato nel 2010, lui ha tirato fuori una cartellina dove aveva raccolto tutto il materiale per rivendicare l’invenzione. Ha mostrato al giornale foto che lo ritraevano con una vuvuzela di alluminio negli anni ‘70, sostenendo che quella fosse la prima mai realizzata (ammettendo di averla utilizzata anche negli scontri con altri tifosi). Lui avrebbe addirittura coniato lo stesso termine “vuvuzela” dalla lingua Zulu. Nell’intervista c’è tutta la storia dell’idea, dalle prime creazioni al tentativo di produrla. E alla fine è arrivato Neil Van Schalkwyk: stando a quanto dice Maake, Neil avrebbe di fatto rubato la sua idea, brevettando la vuvuzela, registrando il marchio e poi lanciandola sul mercato nei primi anni Duemila. Ancora oggi, Van Schalkwyk viene ricordato come “il padre della vuvuzela”. Come se non bastasse, è spuntata anche la Chiesa Battista Shembe, che sostiene che l’invenzione della vuvuzela risalga addirittura al 1910 e che vada attribuita al profeta Isaiah Shembe. Bonus: qualcuno ha ipotizzato che le vuvuzela non siano altro che una copia delle “trummettelle” napoletane. A prescindere dalle sue origini, una cosa è certa: la vuvuzela durante i Mondiali è diventata parte integrante del tifo da stadio in Sudafrica, un elemento culturale a sé stante. E per questo la FIFA ha permesso che venisse introdotta negli stadi, ai Mondiali del 2010.

Immaginate questo, ma per 90 minuti.

La vuvuzela a Sudafrica 2010«Uno strumento del demonio», lo definì il giornalista Jon Qwelane; «Non riusciamo a sentirci tra compagni in campo, né a dormire la notte, visto che continuano a suonarle tutto il tempo», aggiunse Evra; «La FIFA dovrebbe vietarle», concordò Xabi Alonso. E invece proprio la FIFA permise alle vuvuzela di fare il loro ingresso negli stadi, per i Mondiali in Sudafrica: come si legge in questo comunicato uscito all’epoca sul sito ufficiale della federazione, la South African Football Association aveva addirittura contribuito alla loro realizzazione. Già dalla prima partita, però, si era capito quanto potesse essere fastidioso e straniante il suono continuo delle vuvuzela. In molti hanno cominciato subito a scagliarsi contro le trombette da stadio, ma Blatter aveva frenato le proteste su Twitter.

Ieri come oggi la FIFA spiega tutto accusandoci di sguardo coloniale.

Come Blatter, anche altri hanno difeso l’utilizzo delle vuvuzela negli stadi. L’obiettivo della FIFA era anche nobile, in partenza: l’organizzazione voleva permettere al Sudafrica di esprimere al massimo tutte le sue tradizioni, la sua cultura, facendo trapelare appieno l’atmosfera del Paese, anche perché erano i primi Mondiali che si svolgevano in quel continente. Nessuno, però, si sarebbe mai aspettato di sentire solo un incessante zzzzzzzz. Dopo aver permesso il loro utilizzo nella Confederations Cup del 2009, quindi, un anno più tardi le vuvuzela erano pronte per spaccare i timpani di ogni persona. A partire dagli stessi giocatori: oltre ai già citati Evra e Xabi Alonso, hanno protestato contro le vuvuzela anche Cristiano Ronaldo, il tedesco Friedrich, i serbi Pantelic e Ivanovic, mentre il CT dell’Olanda, Bert van Marwijk, le ha vietate durante i suoi allenamenti: «Non riuscivo nemmeno a farmi sentire dai miei calciatori, è stata una sessione pressoché inutile». Nel frattempo, per abituarsi alle condizioni negli stadi, gli arbitri si allenavano con il suono delle vuvuzela in sottofondo.I telespettatori hanno dovuto sin da subito affrontare il problema, correndo ai ripari: chi seguiva le partite da casa si è lamentato, sul web venivano pubblicati consigli su come rimuovere artigianalmente il suono delle vuvuzela dall’audio della tv, alcuni chiedevano aiuto sui forum, altri hanno invitato all’uso di un filtro per il pc. Alla fine alcune televisioni hanno filtrato il suono delle vuvuzela, migliorando così l’esperienza di visione per chi seguiva le partite da casa. Per chi era sugli spalti, invece, nulla da fare, se non tapparsi le orecchie. Nel mentre, uscivano notizie pazze sulle vuvuzela: circolava una storia su una donna di Cape Town che, per suonare la vuvuzela alla massima potenza, era arrivata a lacerarsi la trachea; in Uruguay, invece, visti i promettenti risultati della Celeste c’era chi aveva pensato di chiamare la propria figlia “Maria Vuvuzela”; una vuvuzela gigante era stata costruita dalla Hyundai a Cape Town: misurava 35 metri e avrebbe dovuto suonare all’inizio di ogni match, ma è stata vietata dalle autorità locali. Le vuvuzela più piccole invece continuavano a sciamare dentro e fuori dagli stadi, generando volumi di affari impressionanti: nonostante polemiche e controversie, da ottobre del 2009 a giugno del 2010 erano state vendute 1,5 milioni di trombette solo in Europa, mentre l’app per riprodurre il suono delle vuvuzela aveva ricevuto 750.000 download.

Maradona si cimenta nell’antica arte del suono della vuvuzela.

Il definitivo NO alle vuvuzelaIl neonato Post nel 2010 realizzò diversi articoli sul tema vuvuzela, uno dei quali parlava dei cinque motivi per vietare il loro utilizzo negli stadi: la prima ragione aveva a che fare con i possibili danni alla salute. Secondo alcuni studi, una vuvuzela produrrebbe un suono da 127 decibel e potrebbe causare seri problemi di udito. Stando agli esperti, il pericolo deriva sia dalla vicinanza alla fonte del suono, sia dalla sua intensità. Il titolo di una ricerca sul tema parla chiaro: Vuvuzela - buone per la tua squadra, cattive per il tuo udito. Le trombette, usate per creare disturbo alla squadra avversaria e per supportare la propria, finivano per dare fastidio un po’ a chiunque, mettendo a rischio la salute di chi era sugli spalti. Inoltre, secondo un altro studio, le vuvuzela contribuivano anche alla diffusione di virus per via aerea. Immaginate oggi come potrebbero essere benvolute, dopo lo scoppio della pandemia da Covid. L’allenatore dell’Arsenal Mikel Arteta, qualche tempo fa, ha preparato la sua squadra in vista della partita di Anfield contro il Liverpool mettendo i cori dei Reds in sottofondo durante gli allenamenti. Ecco: nessuno avrebbe potuto fare lo stesso, nel 2010, semplicemente perché nessuno era pronto per le vuvuzela. Dopo qualche indecisione e al termine di un mondiale spaccatimpani, però, le evidenze erano troppe: le vuvuzela sono state definitivamente vietate. Nel settembre del 2010 è arrivato un comunicato ufficiale sul sito della UEFA con il quale veniva impedito ai tifosi di introdurre le vuvuzela negli stadi nel corso delle competizioni europee “per evitare rischi di effetti negativi negli stadi dove si giocano gare di competizioni UEFA e per proteggere la cultura e la tradizione del calcio europeo”. Allo stesso tempo, si chiedeva alle federazioni affiliate di seguire le medesime linee guida. Anche FIFA, dal canto suo, dopo aver inizialmente difeso le vuvuzela, ha optato per il ban: niente trombette per i Mondiali del 2014, né per quelli a seguire. Vari campionati, come ad esempio quello turco, hanno espressamente vietato le vuvuzela. Oggi le vuvuzela si possono ancora comprare su Amazon a prezzi tutto sommato abbordabili, ma negli stadi sono off-limits. Nel 2014 qualcuno ha provato a lanciare la versione 2.0 della vuvuzela, la “diabolica”, ma senza ottenere il successo della sua parente africana. Ai Mondiali in Russia sono state sostituite dai più modesti e meno fastidiosi lozhki, che sono di fatto dei cucchiai di legno. Nel 2021, in occasione della Coppa d’Africa, è riapparsa la vuvuzela quasi come un miraggio, ma non ha avuto la stessa eco del 2010: i fasti delle vuvuzela sono ormai storia passata. Sarà contento Aldo Grasso, che nel 2010 le definiva «noiose come uno sciame di zanzare inferocite, moleste come i bongo nelle notti estive, irritanti come i «ma va là» di Ghedini». Con buona pace dell'arcivescovo sudafricano Desmund Tutu che, nel giugno del 2010, durante un incontro rivolto ai giovani, li invitava a diffidare da chi diceva di smettere di suonare le vuvuzela: «Soffiateci dentro più forte».

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