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Umberto Preite Martinez
Arudinamico
22 lug 2016
22 lug 2016
Fabio Aru fa una grande cronometro e si prepara ad attaccare il podio, con quante speranze?
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Umberto Preite Martinez
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La cronometro è un'arte antica, molto amata e molto odiata. Ciclisti e appassionati da sempre si dividono sull'argomento e molto spesso questa disciplina è finita al centro di polemiche. Ancora più complicata è la storia delle particolari tipologie di cronometro, come le cronosquadre e le cronoscalate.

 

La cronometro è sempre stata una specialità fondamentale per vincere il Tour de France, anche più delle montagne. Perché in un percorso fatto di salite morbide e pedalabili, anche i cronoman, grandi e grossi, riescono spesso a spianare le montagne e a ridurre i distacchi, per poi martellare tutti gli avversari nelle prove contro il tempo.

 

Le loro vittime preferite sono da sempre gli scalatori puri.

 

Come Fabio Aru, agile e grintoso

, cresciuto fra le alture della Sardegna che da quando è arrivato terzo al Giro d'Italia del 2014 ha fatto innamorare i tifosi italiani.

 

Fabio Aru nel 2014 si fa conoscere soprattutto per la vittoria della tappa di Montecampione, dove ha staccato quello che era il nuovo fuoriclasse del ciclismo mondiale, cioè Nairo Quintana, che vincerà quell'edizione della “Corsa Rosa”.

 

L'anno successivo si ritrova a battagliare per la vittoria al Giro d'Italia contro Alberto Contador, ma riuscirà a piazzarsi solo al secondo posto, dopo però aver emozionato con la vittoria di due delle tappe più belle di quell'edizione, sul Cervinia e sul Sestriere. Anche in quell'occasione, i 2'47” accusati dallo spagnolo nella cronometro di Treviso-Valdobbiadene si rivelarono fatali.

 

Il dubbio che aleggiava nell’ambiente, almeno fino a ieri, è che fosse troppo debole a cronometro per competere a grandi livelli. Troppo leggero, troppo scoordinato per poter ottenere risultati in una specialità tanto bella quanto trasparente.

 

 



 

La posizione in bicicletta durante una cronometro fa tutta la differenza del Mondo. Per questo Fabio Aru ha passato l'inverno in una galleria del vento per cercare di perfezionare il suo modo di stare in sella, per limare anche gli ultimi dettagli in vista del suo primo Tour de France in carriera.

 


Fabio Aru nella galleria del vento.



 

La prima cronometro individuale di Aru in questa Grande Boucle era stata imbarazzante. Il sardo aveva preferito non usare la ruota lenticolare posteriore, al contrario di tutti i suoi avversari, ma anche considerato questa attenuante, la sua prestazione era stata inspiegabile.

 

In soli 37,5 km era riuscito a perdere addirittura 4'25” dal vincitore di tappa, Tom Dumoulin. Di gran lunga il peggiore fra gli uomini di classifica, Aru era scivolato in decima posizione riducendo di molto le speranze di poter arrivare sul podio.

 


Le spalle immobili, la schiena dritta, l'eleganza e la potenza di Tom Dumoulin.



 

Eppure nella tappa di ieri ha sorpreso tutti, anche i suoi più strenui sostenitori, piazzandosi al terzo posto di una cronoscalata molto particolare. Aru ha ridotto il suo distacco da Adam Yates, che al momento occupa il gradino più basso del podio, a meno di due minuti e ora sembra proiettato nelle prossime due tappe all'attacco delle posizioni più alte della classifica. Il podio odorerebbe di vittoria e rappresenterebbe per Aru il giusto trampolino di lancio verso una carriera che tutti si aspettano a grandi livelli.

 

Ma com'è stato possibile questo cambio di rotta in così pochi giorni? Cos'è cambiato rispetto alla cronometro del 15 luglio?

 

Tutto, se ci limitiamo a osservare l'ordine di arrivo. Nulla, se consideriamo la storia dello scalatore sardo.

 

La tappa era una cronoscalata atipica di 17 km. Atipica perché piena di tratti in falsopiano in cui bisognava fare velocità e con solo un breve strappo oltre il 10% in cui bisognava salire su con il proprio passo, cercando di salvare la gamba ma sempre con un occhio al tempo.

 


L'altimetria della 18esima tappa, da Sallanches a Megève.



 

Osservando l'altimetria si nota che la salita procede a scale, con tratti più impegnativi intervallati da settori più morbidi. Non è la solita cronoscalata che tira su lunga e costante fino alla vetta, ma è una cronometro molto strana da interpretare. Sia dal punto di vista dei materiali da utilizzare, sia per la distribuzione dello sforzo.

 


Quasi tutti gli uomini di classifica hanno preferito usare una normale bici da strada con l'aggiunta delle protesi da cronometro sul manubrio. Alcuni, fra cui Chris Froome, Tom Dumoulin e Alejandro Valverde, hanno invece scelto la bici da crono con tanto di ruota lenticolare posteriore.

 

Joaquin Rodriguez ha invece optato per la classica tattica da cronoscalata: partire per i primi chilometri di pianura con una bici da cronometro e poi sostituirla con una bici da strada normale all'inizio della salita. Una scelta strana per una prova del genere, vista la brevità della pianura iniziale, ma che è servita a Rodriguez a minimizzare i danni nel primo tratto e sfruttare le sue doti da scalatore nei settori più duri.

 

La scelta della maggior parte degli uomini di classifica di usare una bici normale era pensata per sfruttare la leggerezza nei passaggi più duri della salita e cercare di mantenere un'alta velocità nei falsopiani grazie alle protesi sul manubrio.

 

Ma le nuove bici da cronometro, in particolare la nuova Pinarello Bolide TT usata da Chris Froome, sono molto più leggere rispetto a qualche anno fa, tanto che la Bolide TT di Froome pesa solo 300 grammi in più di una normale bici da corsa. In più, si ha il vantaggio di poter sfruttare tutta l'aerodinamicità possibile nei lunghi tratti

e

Non è un caso che i primi due classificati di questa tappa siano stati proprio Chris Froome e Tom Dumoulin.

 

Entrambi hanno utilizzato una bici da cronometro, ma la strategia di gara è stata completamente opposta. L'olandese è partito fortissimo per poi difendersi nel secondo tratto, mentre il britannico è andato più lento all'inizio per poi esplodere nel finale. Dopo 6.5 km Dumoulin è in vantaggio di 14” su Froome. All'arrivo i valori sono completamente ribaltati e Froome vince con 21” di vantaggio sul campione olandese.

 

Una tattica simile a quella di Fabio Aru, che al 2° rilevamento cronometrico perdeva 23” da Dumoulin, mentre all'arrivo il suo distacco si è ridotto a 12”.

 

Quella di Fabio Aru è stata una prova sorprendente. Lui stesso ha dichiarato di volere fortemente riscattare la delusione della prima cronometro, ma una prestazione del genere è completamente fuori da ogni previsione della vigilia. Certo, nel 2014 era arrivato secondo nella cronoscalata del Monte Grappa dietro a Nairo Quintana, ma era un altro tipo di percorso.

 

Oggi c'era da fare velocità, c'era da saper spingere con forza sui pedali cercando di sprigionare la maggior potenza possibile. Era una tappa più per gente come Froome o Porte, entrambi molto forti nelle prove contro il tempo e non a caso erano i favoriti della vigilia, o per cronoman atipici come Tom Dumoulin. Le previsioni sarebbero state rispettate, se fra questi tre non si fosse inserito uno scalatore puro, purissimo, quale è Fabio Aru. Ha dimostrato che la sua condizione sta crescendo e che il lavoro fatto quest'inverno non è stato tempo sprecato. Certo, la sua pedalata anche oggi sembrava più spinta dal cuore che dalla testa, ma si sono visti dei confortanti passi in avanti, sia per le prossime tappe che per i prossimi anni.

 

 





A due tappe dal termine Aru è a 6'08” da Chris Froome, ma è a solo 1'52” dal terzo posto. Il podio è allora ancora possibile?

 

Davanti a lui in classifica ci sono Mollema, Yates, Quintana, Bardet e Porte e per arrivare sul podio bisogna superarne almeno quattro fra questi cinque (senza contare, ovviamente, Froome).

 

Di questi, Mollema è sembrato quello maggiormente in difficoltà già nella tappa di Finhaut-Emosson quando ha perso contatto dal

prima che davanti cominciasse la vera battaglia ed è arrivato al traguardo con 40” di ritardo da Porte e Froome, 21” da Aru. Ieri ha perso altri 52” dal sardo proseguendo un trend negativo che potrebbe trascinarlo giù dal podio.

 

Adam Yates è l'incognita maggiore. Mercoledì è stato il più brillante fra i pretendenti al podio, ma nella cronoscalata ha perso anche lui 50” da Fabio Aru. Potrebbe pagare le ultime due tappe con molte salite vista la sua giovane età e la poca abitudine a correre nelle tre settimane.

 

Nairo Quintana è la più grande delusione finora fra gli uomini di classifica. Ha dichiarato di star male per un'allergia, ma non sembra una scusa sufficiente. See dovesse piovere avremmo una risposta definitiva sul suo stato di salute ma nel frattempo è una mina vagante: potrebbe naufragare definitivamente come riprendersi di colpo e togliersi almeno qualche soddisfazione.

 

Romain Bardet e Richie Porte invece sembrano i più solidi e costanti fra gli altri. Non sarà semplice per Aru recuperare terreno a questi due che, a meno di crisi improvvise, dovrebbero riuscire a mantenere le loro posizioni in classifica, se non addirittura agguantare il podio.

 

A complicare il tutto c'è lo strapotere del Team Sky che ha fin qui controllato e addormentato la corsa a piacimento. Questa esasperante superiorità ha fin qui ucciso la lotta per le posizioni di rincalzo, inibendo qualsiasi velleità di attaccare.

 

Non sarà semplice per Fabio Aru scalare tutte queste posizioni in classifica generale, ma bisogna sempre ricordarsi che dopo più di 3000 km percorsi in meno di tre settimane, quando si corre su e giù per le Alpi in bicicletta, l'imprevisto è sempre dietro l'angolo.

 

 

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