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Daniele V. Morrone
Arthur Melo, sulle orme di Xavi
01 mag 2019
01 mag 2019
Il centrocampista brasiliano si è adattato subito al calcio della squadra catalana.
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Daniele V. Morrone
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Questo è Arthur in una semifinale di Copa Libertadores che serve una verticalizzazione filtrante d’esterno che apre la strada al compagno Cicero per un uno contro uno col portiere.




 

L’esordio in blaugrana

Acquistato a marzo 2018 (per di 31 milioni + 9 di bonus), dall’estate successiva ha un posto nella prima squadra del Barcellona. La dirigenza blaugrana era sicura che Arthur avesse il fantomatico “DNA del Barça”, quell’insieme di capacità tecniche e di pensiero che permettono a un giocatore di essere protagonista con il pallone tra i piedi.

 

L’eccezionalità di Arthur Melo, però, sta nel fatto che alla sua prima esperienza fuori dal Brasile non solo si è preso il posto da titolare nel Barcellona, ma si è reso anche indispensabile per il gioco della squadra di Valverde.

 

In Arthur sembravano evidenti, da subito, la capacità di resistere alla pressione avversaria e la tecnica di passaggio, con letture in grado di aiutare l’avanzamento della manovra. Il suo gioco ha avuto un impatto immediato nel Barcellona, portando Leo Messi a sottolinearne le qualità già dopo la preparazione estiva: «Tutti i nuovi giocatori sono di ottimo livello, però se devo sceglierne uno da sottolineare è Arthur. Mi ha sorpreso: è molto affidabile e sicuro».





 

Al suo arrivo in Catalogna, El País lo presenta come “il fondamentalista del passaggio”; viene paragonato prima a Iniesta e a Thiago Alcantara, due giocatori con cui però non condivide lo stile: Arthur è più vicino al paragone, ormai consolidato, con Xavi Hernandez.

 

Anche Arthur parla di Iniesta come del suo idolo, il giocatore con cui è cresciuto guardandone ne giocate, ma sembra modellato dal gioco di Xavi. Nel modo di vedere il calcio è incredibilmente xavista, basta prendere una sua risposta e notare come sembri uscire dalla testa del regista catalano: «Nel calcio, per quanto si dica, è molto più importante la testa che i piedi. Devi pensare molto rapidamente e qui in Europa, devi eseguire anche molto rapidamente. La cosa più importante è osservare cosa succede in campo per prendere la decisione giusta. Puoi essere molto forte, molto rapido, molto aggressivo, però se la testa non pensa non ti servono a niente quelle qualità».

 

Somiglia a Xavi anche per la muscolatura ben strutturata, soprattutto sulle gambe, e il baricentro basso, perfetto per chi deve proteggere il pallone utilizzando anche l’equilibrio. Da Xavi, poi, sembra aver preso il repertorio di finte a protezione del pallone, come il giro a 360 gradi. La celebre pelopina.





La sensibilità con cui controlla la palla è la sua qualità migliore, anche grazie al suo uso del corpo per orientare la giocata nel verso giusto, e sfuggire al tentativo di pressione senza perdere il tempo di gioco. Come prima di lui aveva mostrato bene proprio Xavi, un controllo orientato vale spesso più di un dribbling, se si gioca come mezzala.

 

Arthur si indirizza verso il pallone scandagliando con la testa il campo attorno a sé prima di ricevere: «In Brasile ricevi il pallone e poi ti guardi attorno, con tempo per tutto. Qui è il contrario: devi guardarti attorno prima di ricevere. E non una sola volta, devi guardare più volte».

 

Riesce ad utilizzare l’interno del piede per girarsi in senso anti orario; il collo come la suola, sia da fermo che in movimento, per girarsi in senso orario, con le gambe posizionate oltre la proiezione delle spalle per rimanere in equilibrio e soprattutto tenere lontano dalla palla l’intervento dell’avversario.

 

Ha una frequenza alta di tocchi di palla, per correggere l’andamento della palla o rubare il tempo all’avversario, che riesce appena a intravedere il pallone quando il controllo non è abbastanza preciso. 



 



 

 

Detto, quindi, dell’incastro perfetto tra le sue qualità e quello che cerca il Barcellona in una mezzala di possesso, la grande domanda sul suo impatto riguardava (come per gli altri centrocampisti di scuola brasiliana) quanto tempo ci avrebbe messo ad adattarsi al ritmo delle giocate. Se, cioè, il suo gioco cerebrale non avrebbe risentito dell’aumento del ritmo, considerando che lui stesso ammette di non essere molto istintivo nella giocata: «Io provo ad avere in testa il passaggio che voglio fare prima di eseguirlo. Per me questa è la chiave».

 

Ma Arthur ha dimostrato che anche in Europa è in grado di mantenere la calma necessaria per eseguire il suo calcio al meglio. Anche se non è stata una cosa proprio immediata: «All’inizio ho avuto un po’ di difficoltà per la questione della velocità di esecuzione, però è una cosa normale». Ma dalla partita di Champions League contro il Tottenham del 3 ottobre 2018, è diventato a tutti gli effetti titolare del Barcellona, e ha cambiato le prospettive del lavoro di Valverde.


 

Come Arthur può cambiare il Barcellona

In questa stagione Valverde non è riuscito a dotare il Barcellona di un sistema di gioco paragonabile a quello della scorsa: a inizio stagione, con Coutinho mezzala sinistra e Ousmane Dembélé esterno d’attacco, il Barça non riusciva minimamente ad avere il controllo di quanto succedeva in campo.

 

Era una squadra offensiva che viveva di puro talento, e questo portava a fiammate continue e letali, ma anche ad imprevedibili transizioni difensive dopo dolorosissime perdite del pallone (troppo spesso proprio nella zona di Coutinho e Dembélé) con uno scaglionamento che lascia troppo solo Busquets al centro del campo.

 

Un problema che si è fatto sempre più manifesto con l’andare avanti della stagione, fino alle due partite contro Leganés e Athletic Club di fine settembre (la prima sconfitta della stagione e un pareggio), in cui Arthur Melo è rimasto in panchina tutta la gara. Queste due partite, in cui gli avversari hanno attaccato sfruttando le perdite del pallone del Barcellona, hanno probabilmente portato alla svolta di Wembley.  

 

Dal momento in cui si è preso la titolarità, Arthur ha cambiato il sistema stesso di Valverde. Con il suo gioco aiuta a controllare il ritmo della partita, rimette ordine nel rapporto tra perdita e riconquista del pallone: il Barcellona perde meno palloni a centrocampo con Arthur, e la riconquista avviene più in alto. Arthur si muove continuamente, anche dopo un passaggio, così da rimanere sempre visibile per i compagni e rendere l’azione il più fluida possibile.

 

La presenza di Arthur aiuta anche i due compagni di reparto, Busquets e Rakitić, a fare meglio. Busquets può evitare di guardare sempre a sinistra dopo la perdita, come faceva con Coutinho ad inizio stagione, e Rakitić è libero di muoversi e in caso anche di avanzare seguendo la manovra, cosa per lui fondamentale visto che il meglio lo dà avvicinandosi all’area (piuttosto che abbassandosi ad inizio azione).

 

Arthur non si mette sempre in diagonale in avanti rispetto a Busquets, come vorrebbe la teoria, ma è libero di venire incontro al pallone finendo anche più indietro. Si muove incontro alla palla, ed è quello di cui ha bisogno una squadra che fatica altrimenti a resistere alla pressione avversaria in uscita del pallone. Arthur, in realtà, ha personalità e tecnica per intervenire dove meglio crede.



 



E le statistiche avanzate lo amano.






 





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In questo caso Arthur scende a prendersi la palla per accelerare l’uscita della difesa, mentre riceve con il corpo verso la palla, ha già lo sguardo verso la sua destra per capire se Jordi Alba è partito. Con un controllo orientato si gira e lancia subito per Jordi Alba trovandolo libero.






Arthur ha messo in mostra tutto il suo potenziale nel ritorno degli ottavi contro il Lione, forse non a caso il miglior primo tempo della stagione del Barcellona: in 74 minuti ha perso un totale di 2 palloni su 79 toccati, sbagliando solo un passaggio sui 72 fatti.

 

In stagione ha sbagliato solo 107 passaggi in totale, che significa sbagliarne solo 3.4 di media a partita. In tutta la stagione ha perso palla a seguito di un contrasto subito un totale di 11 volte.

 

Da notare anche che ad Arthur il Barcellona chiede anche di eseguire passaggi lunghi per cambiare gioco: non il lancio illuminante o l’ultimo passaggio decisivo, quanto piuttosto il passaggio che ordina la squadra attraverso una circolazione sicura e che trova il compagno libero dietro la linea di pressione con continuità. Arthur al massimo è il giocatore che fa il passaggio prima dell’assist.

 




 

Questo si è visto bene proprio contro il Lione, in occasione del secondo gol del Barcellona: Arthur viene a prendersi il pallone dalla difesa poco oltre l’altezza del cerchio di centrocampo, con una pausa attende che Messi si muova per ricevere incontro, dietro la linea del centrocampo del Lione, poi lo serve in verticale con un filtrante, muovendosi subito dopo in avanti per ricevere il pallone su un’altra linea di passaggio.

 



 



 

 

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