La Roma ha completato l'acquisto del "Pichichi" della Liga, Artem Dovbyk. La cifra non è bassa: 32 milioni più 6 di bonus. Una trattativa che segue di pochi giorni quella di Matias Soulé e che sembra però ancora più ambiziosa.
Se per Soulé la Roma ha battuto la concorrenza di squadre secondarie della Premier League, per Dovbyk pare aver vinto l’asta contro un club d’élite, che gioca la Champions League, come l’Atlético Madrid. Un club da cui, a inizio mercato, aveva provato a prendere un attaccante per loro di riserva - Samu Omorodion.
Una dimostrazione di forza insolita, sul mercato, per una squadra italiana, e per la Roma in particolare che viene da anni di restrizioni e mercati fatti con rape e cipolle. Hanno trovato un borsone pieno di soldi?
L’economia aziendale, si sa, è materia complessa, e per quanto ormai da anni i tifosi cerchino di capirci qualcosa, non ci si improvvisa. Qui AS Roma Data ha provato a dimostrare che questi soldi spesi dalla Roma non arrivano dal nulla ma da una razionalizzazione delle risorse - e dai vincoli meno stringenti del FFP. Dovbyk era uno dei giocatori più ambiti del mercato, per varie ragioni.
I centravanti forti sono pochi e molto ricercati. Quando ne esce fuori uno i club d’élite ci si buttano sopra appena possono, per evitare anche che il prezzo lieviti. Dovbyk ha segnato 24 gol e messo a referto 8 assist nell’ultima stagione di Liga: numeri eccezionali per un giocatore relativamente giovane (27 anni, per un centravanti siamo nel prime) e all’esordio in uno dei cinque maggiori campionati europei. È stato il primo giocatore non di Barcellona, Atletico e Real Madrid a diventare "Pichichi" della Liga dal 2009, per dire la straordinarietà della stagione di Dovbyk.
Ma Dovbyk vale davvero le cifre che stanno circolando ora? E alla Roma serve davvero un profilo del genere?
Un finalizzatore d’élite
La Roma deve rimpiazzare i 21 gol stagionali di Romelu Lukaku e non sembra avere fiducia che possa riuscirci Tammy Abraham. Il centravanti inglese sta avendo una parabola strana: rientrato dal grave infortunio al legamento crociato ha segnato solo 1 gol in 12 presenze, ma già l’anno prima aveva avuto una stagione difficile, con 9 reti segnate: meno di un terzo delle 27 della stagione d’esordio. È un giocatore generoso, ma confusionario e impreciso. La sua precisione tecnica dipende troppo spesso dalla sua condizione emotiva.
Insomma, un centravanti alla Roma serviva e i nomi circolati nelle prime settimane di mercato sono stati tanti: Omorodion, David, Sorloth, En Nesyri. Profili leggermente differenti accomunati da una fascia di prezzo simile. Tra questi, il tipo di numero nove più vicino a Dovbyk è senz’altro Sorloth.
Come lui, Dovbyk è un finalizzatore mancino con un grande impatto fisico nei duelli e preciso in area di rigore. I due sono arrivati a contendersi il titolo di capocannoniere della Liga fino all’ultima giornata, quando l’ucraino ha segnato un rigore del 7-0 contro l’ultima in classifica. Il confronto statistico tra i due, comunque, offre due profili leggermente differenti, soprattutto per il modo in cui si sono integrati nella squadra e hanno svolto il loro mestiere di finalizzatori.
Il volume di tiri e occasioni di Dovbyk è decisamente più alto. Un aspetto su cui ha inciso il gioco iper efficiente del Girona, ma anche l’abilità del centravanti nei movimenti senza palla e negli smarcamenti.
Il Girona di Michel è stato la rivelazione della scorsa Liga, e col suo gioco dominante creava un volume di occasioni altissimo. È stata la seconda squadra della Liga per passaggi riusciti all’interno dell’area di rigore; la squadra che produceva in media più xG per tiro e la terza - dietro a Madrid e Barcellona - per xG creati (dati StatsBomb).
Insomma: Dovbyk poteva beneficiare di una squadra che lo serviva in modo spesso ideale. La fase di rifinitura era impreziosita da talenti assoluti come Savinho o Tzygankov. Messa così, però, il lavoro di Dovbyk sembra scontato, ma fare gol non lo è mai.
Nella sua stagione al Girona Dovbyk ha tirato molto, sempre da posizioni pericolose, e con buona efficienza. I suoi gol sono in linea con le occasioni avute a disposizione. Insomma, Dovbyk ha approfittato di una squadra che produce molto per lui, e si è fatto trovare pronto, senza performance particolarmente anomale - a differenza di Sorloth, per esempio, che ha 10.2 sopra gli xG previsti.
Il suo tiro col mancino è quello di una grande punta: secco, efficiente e senza fronzoli. Dovbyk ha potenza e precisione, ma cerca di calibrare sempre la conclusione più efficiente possibile. La qualità migliore di Dovbyk è lo smarcamento. Ha movimenti in profondità notevoli, dietro la linea difensiva e ai suoi lati. In area di rigore sa prendere spazio sul difensore con slittamenti laterali fatti con i tempi giusti. Nella sua compilation di gol spiccano quelli in cui è a contatto col difensore centrale, prima di staccarsi lievemente verso il secondo palo - e concludere spesso di testa.
Come i migliori centravanti, è sempre molto freddo in area: non solo nella precisione del tiro, ma anche nella sua preparazione. In quest’azione, per esempio, all’Europeo, ha un guizzo notevole su Skriniar in area. In generale non affretta mai i tempi, sa prendere posizione, usare il corpo e scegliere il momento migliore per finalizzare.
Calcia solo col sinistro (un gol di destro in questa stagione), ma queste qualità nelle scelte - unite al fatto che se prende posizione è difficile da spostare - nascondono in parte la mancata ambidestria.
Fuori dall’area
Il gioco fuori dall’area è stato poco sviluppato nella sua stagione al Girona, come dimostrano i dati. Dovbyk ha aiutato poco la risalita del campo della squadra. La squadra di Michel preferiva usarlo in area, per farlo concludere con pochi tocchi. Aveva una media misera di 13 passaggi completati per 90 minuti. Spalle alla porta è un giocatore limitato, con un primo controllo grezzo, impreciso negli scambi corti e con poca mobilità. Dialoga con difficoltà nella risalita del campo con i compagni vicini, e non porta palla. Tutti limiti emersi più chiaramente all’Europeo con la maglia dell’Ucraina. Su questo aspetto i tifosi della Roma, abituati al gioco di sponda brutale ma efficace di Lukaku, dovranno eventualmente armarsi di pazienza.
E tuttavia quando si sta nei pressi dell’area il gioco associativo di Dovbyk si affina, mostrando intuizioni non banali. Del resto i suoi numeri sugli assist e gli xA non sono da sottovalutare. È un aspetto in cui contano delle letture non scontate, nel modo in cui gioca di sponda con i compagni. Nell’azione sotto vediamo la sua intelligenza nei movimenti e nel dialogo tecnico. Il tocco di tacco è bello ma non è quello su cui concentrarsi: di questi tocchi Dovbyk ne fa pochi e altri ne sbaglia, ma è l’intenzione a essere raffinata.
Cosa vuole farci la Roma
Dovbyk ha avuto fin qui una parabola strana. In Ucraina si era messo in mostra da giovanissimo ed era stato comprato dal Midtylland, uno dei club europei che pone maggiore attenzione sullo scouting. Non è andata come previsto: il primo anno segna un solo gol, poi si rompe il crociato, finisce al Soderyjsk, segna altri due gol. Il Dnipro lo riprende e ci mette tre anni per assumere i contorni di un centravanti prolifico: 14 gol al secondo anno e 24 al terzo. Lo scorso anno avevano provato a prenderlo Bologna e Lazio ma lui finisce al Girona.
Con un suo gol di testa al 120' ha qualificato l'Ucraina ai quarti di finale di Euro 2020.
Il suo agente ha detto di aver rifiutato l’Atlético perché non vedevano un progetto serio, ma che progetto ha la Roma?
Dovbyk è un centravanti diverso da Lukaku, e diverso anche da Abraham. Non è un giocatore su cui appoggiarsi troppo per risalire il campo, e non può essere influente nella manovra della squadra. Non è il tipo di attaccante autosufficiente che può costruire occasioni da solo. Sembra banale dirlo, ma la Roma dovrà giocare bene per sfruttare Dovbyk: dovrà costruirgli occasioni pulite e attaccare meglio di quanto abbia fatto di recente. Soprattutto, dovrà restringere il campo attorno al suo attaccante, perché in transizioni lunghe Dovbyk è un’opzione meno interessante di Lukaku, e forse anche di Abraham. In pressing lavora poco e i suoi dati non sono promettenti da questo punto di vista.
Il mercato della Roma, finora, è stato fatto per costruire una squadra con più qualità tecnica e che potenzialmente può controllare di più il pallone. Dovbyk è un attaccante efficace per raccogliere i frutti del proprio dominio territoriale, bravo ad allungare le difese avversarie, una minaccia costante in area di rigore. Un profilo che si associa bene con i rifinitori d'alto livello che ha oggi in rosa la Roma: Dybala, Pellegrini, Le Fée e Soulè. La Roma di De Rossi, però, ha bisogno di diventare una squadra più dominante col pallone, più a proprio agio col palleggio.
Il margine di rischio è alto. Dovbyk ha mostrato eccellenti doti da finalizzatore, ma sembra carente in altri aspetti del gioco. Avere un profilo di questo tipo può rivelarsi un'arma a doppio taglio. È un fattore in squadre molto organizzate, ma può diventare un lusso in squadre con equilibri meno consolidati. Con una sola stagione di alto livello in un grande campionato, Dovbyk dovrà dimostrare quella continuità che è la qualità più preziosa per un finalizzatore.
A Roma negli ultimi anni il centravanti è stato spesso trattato come il deus ex machina, capace di risolvere problemi da solo: a Dzeko, Abraham, Lukaku è stato chiesto di superare i limiti collettivi con la loro forza e il loro talento. Anche Dovbyk, col fisico e lo sguardo da soldato d'élite, può ispirare sentimenti simili, ma ad alzare troppo le aspettative aumenta anche il rischio di rimanere delusi.
A quanto pare l'intervento di De Rossi, con le sue telefonate, pare sia stato decisivo per convincere Dovbyk. Per certi versi un segnale incoraggiante: se lo voleva così tanto avrà chiaro come sfruttarlo al meglio.