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Arteta sta trasformando il calcio in un gioco oscuro e maligno
30 ott 2025
Il suo Arsenal sta raggiungendo una nuova perversione nel gioco difensivo.
(articolo)
11 min
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Foto IMAGO / News Licensing
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Quando José Mourinho ha salutato Marco Materazzi nel tunnel degli spogliatoi del Santiago Bernabeu non stava solo cambiando squadra: stava partendo per una missione. La sua esperienza al Santiago Bernabeu come allenatore del Real Madrid può essere considerata una Guerra Santa: non si trattava solo di battere sul campo il Barcellona di Pep Guardiola ma di dimostrare che il Gioco di Posizione non era l’unico modo per giocare a calcio. Come i teologi medievali, Mourinho era disposto a perdere tutto, la dignità, la sanità mentale, per dimostrare una tesi; e cioè che in Europa si potesse ancora vincere senza nemmeno sfiorare gli strumenti del gioco di posizione.

La sua è una missione terroristica: mentre il gioco del calcio vuole diventare sempre più pulito, organizzato, addomesticato, Mourinho vuole creare squadre sporche, di sudore e sangue. Ogni strategia è buona: oltranzismo difensivo, utilizzo sistematico del fallo tattico, provocazioni contro l’arbitro, acquisto di giocatori con precedenti penali, inaridimento tattico spinto fino al metafisico.

Sono trascorsi quindici anni e possiamo dire che José Mourinho abbia perso. Guardiola nel frattempo ha vinto 25 titoli e Mourinho solo 8. Guardiola ha vinto altre due volte la Champions League, Mourinho nessuna. Oggi Guardiola siede ancora sulla panchina di un club ricco e potente come il Manchester City, mentre Mourinho deve accontentarsi di scelte più romantiche come la Roma, il Fenerbahce o il Benfica. Club che non possono aspirare ai maggiori trofei del calcio per club.

Insomma: la loro disputa ideologica ha un chiaro vincitore e un chiaro sconfitto. Oppure no?

***

Oggi c’è una squadra che si promette di dominare il calcio mondiale attraverso le strade del terrorismo calcistico, la destabilizzazione, la strategia della tensione. Una squadra che applica la dottrina che José Mourinho ha saputo portare avanti in diverse sue esperienze, e di cui possiamo riconoscere i tratti più estremi.

Questa squadra si chiama Arsenal, ed era nota fino a dieci anni fa per il suo gioco bello e inconcludente; il suo allenatore si chiama Mikel Arteta, ed è cresciuto sotto ai precetti del maestro del gioco posizionale Pep Guardiola.

Nel 2016 Arteta si è infatti insediato come assistente di Guardiola al Manchester City. Lo ha affiancato nei suoi successi in Inghilterra curando la parte tattica. Arteta sembrava uno dei segreti del successo di Pep, capace di circondarsi di persone abili e competenti, con cui condivide degli ideali di campo. Come Otello, Guardiola non si era accorto che stava coltivando un nemico interno. Qualcuno che non solo lo avrebbe poi minacciato sul campo, ma che avrebbe tradito i suoi stessi ideali. Non aveva capito che Arteta era il suo Iago.

Quando è diventato allenatore dell’Arsenal non avevamo ancora capito, non potevamo immaginare, che Arteta avrebbe instaurato un regime del terrore all’Arsenal, capovolgendo la filosofia di Guardiola, assorbendone alcuni principi per utilizzarli a scopi malvagi. Più che Iago, allora potremmo inquadrare Arteta come Saruman, il mago dell’ordine degli Istari mandato nella Terra di Mezzo per contrastare Sauron, e che invece si unisce a lui, utilizzando i propri poteri con scopi malvagi.

Oggi Arteta è primo in Premier League e primo in Champions League. È primo avendo subito 3 gol in 12 partite. In Champions i “Gunners” hanno subito zero gol. Zero. In Premier ne hanno subiti 3 in 9 partite: un gol subito ogni tre partite. Sono numeri che rimandano al maestro occulto José Mourinho. Per ritrovare una performance difensiva simile bisogna tornare al biennio di terrore mourinhano in Inghilterra: dal 2004 al 2006 il Chelsea di Mourinho ha subito 37 gol - 15 in una stagione, 22 in quella successiva.

Chiaramente l’Arsenal di Arteta primeggia in tutte le statistiche difensive. È la squadra con meno tiri, meno xG, meno gol concessi. Sembra impossibile far gol all’Arsenal, anche perché tutta la squadra sembra concentrare la maggior parte delle sue energie nel distruggere il gioco avversario.

Arteta però sta arrivando allo stesso risultato da una strada diametralmente opposta. Ha capito che il modo migliore per creare delle mega-fortezze difensive è utilizzare il gioco di posizione, non rifiutarlo: più struttura, non meno struttura. Non basta più l’accumulazione di corpi in area di rigore. Non basta restringere lo spazio verso la porta, come ancora fanno gli antichi stregoni del calcio difensivo italiano. Il terrorismo di Arteta è sofisticato, universitario. Non ci si improvvisa: la prevenzione di qualsiasi rischio, la prudenza assoluta, l’azzeramento degli eventi di una partita, va organizzata nel dettaglio. Per esempio, l’Arsenal è la squadra che difende più lontana dalla propria porta in Premier League, eppure è sotto la media per tiri prodotti da recupero alto. La fase di pressing è stata del tutto asciugata dai suoi risvolti offensivi ed è rimasta come strumento di dissuasione.

Passa per esempio per la costruzione di un centrocampo coi tre generalissimi: Zubimendi come vertice basso e comandante della struttura, Merino e Rice due mezzali ingigantite col raggio laser. Nessuno capace di creare disordine, nessuno capace di giocare tra le linee. Perfetti per mantenere il pallone - e l’Arsenal ha quasi il 60% di possesso medio di possesso - e sterilizzare la partita dalle transizioni. Poi in area di rigore diventano difficili da marcare. Mikel Merino è uno degli esecutori più spietati nei colpi di testa ed è in grado di segnare con schemi provati il giorno prima della partita.

La sua è un’abilità addirittura dinastica, visto che nell’intervista qui sopra racconta come suo padre era specializzato nell’arte di quel preciso colpo di testa a scavalcare il portiere sul secondo palo. È questo il motivo per cui Arteta ha voluto Merino? Stiamo esagerando, ma nemmeno troppo. Questo è il livello di dettaglio, di eccellenza professionale, che l’Arsenal è riuscito a raggiungere su queste situazioni specifiche del calcio.

L’obiettivo dell’Arsenal è far diventare il calcio una guerra di deterrenza, in cui il gioco di transizioni per cui è nota la Premier League viene completamente abolito. Il nulla pazientemente costruito rappresenta poi la premessa per un gol improvviso da calcio da fermo. Una specialità che Arteta ha raffinato fino alla perversione, grazie al suo gerarca più devoto, Nicolas Jover. Un coach tedesco di cui ormai saprete tutto, la cui abilità nell’allenare i calci da fermo è paragonabile a quella di Heinz Guderian di manovrare i carri armati sul fronte ucraino. Negli articoli a lui dedicato viene chiamato “Stregone”, “Mastermind”. Lo scorso anno l’Arsenal ha segnato 19 gol da calcio piazzato. Un numero abnorme e un trend che si è diffuso per tutto il campionato come un virus. In questo articolo di BBC si fanno un po’ di conti: il 19% dei gol segnati in Premier League quest’anno sono arrivati da calcio d’angolo: la percentuale più alta della storia del campionato; i gol da calcio piazzato invece sono il 27%, la seconda percentuale più alta della storia del campionato.

Inutile dire che l’Arsenal contribuisce in modo drastico a queste percentuali. Nelle ultime tre stagioni ha segnato 37 gol da calcio d’angolo: nessuno in Europa ne ha segnati così tanti. Le statistiche però diventano davvero paurose non in termini assoluti ma relativi. I numeri offensivi dell’Arsenal sono scioccanti. Pur avendo segnato 16 gol in Premier League (quarto migliore attacco), solo 7 di questi sono arrivati su azione e quindi 9 da calcio piazzato. Per percentuale di gol su azione sul totale l’Arsenal è ultimo in Premier, mentre è penultimo per quanto riguarda gli xG su azione sul totale. Non c’è praticamente nessuna squadra che crea meno dell’Arsenal su azione. Arteta forse vuole dimostrare un ideale massimalista: vincere la Premier League, il miglior campionato del mondo, smettendo di segnare su azione.

Pur essendo ancora ascritto alla categoria dei “giochisti”, nelle strampalate cartografie dei nostri giornali, Arteta è forse il maggiore profeta di un calcio maligno; di un calcio che ha sacrificato ogni piacevolezza estetica per raggiungere i suoi risultati. Il suo stile ricalca il suo grigiore tattico. I pantaloni slim fit, i piumini sotto ai cappottini tagliati grezzi. Tutti quei vestiti grigi o neri. Una maglia della salute sciatta che sbuca sotto un maglione con la zip tirata giù. Pensandoci bene è perfetto: se il male oggi dovesse incarnarsi sembrerebbe un manichino di Zara.

Capite che i numeri dell’Arsenal descrivono una squadra radicale: così estremista da farci domandare se quello che stiamo guardando è ancora calcio. Sembra piuttosto una strana forma di Football, o comunque uno sport in cui l’avversario non si batte ma si sopprime, e i punti si segnano solo attraverso situazioni studiate in ogni movimento sulla lavagnetta.

Questo tipo di eccellenza gelida l’Arsenal l’ha pagata cara. Se calcoliamo il periodo che va dalla stagione 2019/20, i “Gunners” hanno speso un miliardo e 250 milioni di euro. Il saldo negativo è di quasi un miliardo complessivo: solo il Manchester United ha speso di più al mondo. Di fronte a questa montagna di investimenti, l’Arsenal produce comunque vittorie con scarti minimi. Nessun giocatore brilla particolarmente, e nessuno si può dire che giochi male. Del resto sarebbe sbagliato dire che l’Arsenal gioca male, anzi: è forse la squadra più efficiente vista in questo inizio di stagione 2025/26. E gli investimenti fatti in estate sicuramente stanno contribuendo a questo dominio; eppure è come se tutti i grandi acquisti offensivi dell’Arsenal - Gyokeres, Eze, Madueke - siano scaglie della corazza della squadra, sempre più solida e capace di vincere per inerzia. Vittorie che sanciscono il successo burocratico del più forte.

Nello stile in cui l’Arsenal sta cercando di eccellere c’è un cambio di paradigma, nella relazione tra denaro e stile di gioco: per anni ci è sembrato che un calcio difensivo fosse il rimedio ai difetti strutturali di una rosa. Un modo per colmare il gap competitivo con squadre più ricche e potenti. Ci siamo raccontati che chi ha soldi può permettersi il lusso di giocare un calcio offensivo e spettacolare. L’Arsenal ci mostra invece la possibilità di un calcio difensivo costruito sul benessere economico. Qualcosa che in Europa non si vedeva in effetti dai tempi del Chelsea di Mourinho. Un paragone ancora migliore forse è il Manchester City 2022/23, una squadra costruita su un’ingente quantità di investimenti ma asciugata su uno stile di gioco brutale, ossessionata dall’equilibrio e dal controllo, di cui ricordiamo la maestria di Rodri a centrocampo e le letture difensive di John Stones. Come quella squadra, l’Arsenal ambisce a ciò a cui mirano tutti - sebbene in modi e con gradi diversi: il controllo assoluto del calcio. Secondo i dati Statsbomb, è la squadra più lenta a percorrere la strada che la separa dalla porta.

Quella evoluzione distopica del gioco di posizione, rigida e fordistica, in grado di mortificare la creatività individuale, all’Arsenal sta arrivando a un nuovo vertice. Quello che manca ad Arteta per affermare il suo successo come teologo negativo è vincere un titolo. Il suo progetto procede ormai dal 2021 e il quasi miliardo di sterline speso finora non ha prodotto altro che una FA Cup appena arrivato. Quest’anno però si parla dell’Arsenal come di una squadra che ha già vinto, forse anche perché questa forma che ha assunto, estremamente pragmatica, aumenta la percezione di una squadra imbattibile.

In questo articolo sono stato iperbolico, ma di certo se l’Arsenal vuole vincere il titolo quest’anno deve riuscire a costruire qualcosa di più della propria solidità difensiva e dei gol da calcio d’angolo. A dire il vero qualcosa di nuovo si vede. Quest’anno l’Arsenal ha più rotazioni e più soluzioni offensive a disposizione. Ha una rosa lunga e più giocatori creativi e nella vittoria dell’Emirates contro l’Atletico si è vista una squadra, a tratti, addirittura brillante. Contro il Brighton si sono visti i talenti offensivi della squadra conoscersi meglio e coordinarsi in giocate di alta qualità. In particolare Eze ha portato una creatività vitale nell’ultimo terzo di campo, importante soprattutto in questo periodo di assenza di Odegaard. Finalmente si riesce a intravedere qualcosa al di là dell’organizzazione ferrea, delle corse di Rice, carroarmato sopra le difese, degli uno contro uno sterili di Martinelli, dei colpi di testa di Merino.

Sotto il video i commenti scherzano tutti sul fatto che non è un gol da calcio piazzato.

Migliorare offensivamente è l’unico modo che ha l’Arsenal per ambire davvero a vincere un trofeo. La solidità difensiva è lì ormai da qualche anno ma la squadra è sembrata a tratti troppo concentrata sulla propria arte distruttiva, mancando vittorie cruciali durante le scorse stagioni.

Da qualche anno i tifosi dell’Arsenal pubblicano una fanzine intitolata Poison Lasagna; molto bella, molto curata esteticamente. In un’uscita del 2023 sulla copertina un’illustrazione raffigura Mikel Arteta incombere sopra l’Emirates. Arteta versa liquidi velenosi da ampolle malefiche. Nel frattempo ci guarda e ride, perfido. Arteta non ride mai nella realtà, ed è in questa illustrazione che mostra il suo vero volto da stregone praticante delle arti oscure, che sta distorcendo decenni di tradizione offensiva in qualcosa di malato e perverso. Di certo interessante da guardare, chissà se anche vincente, prima o poi.

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