Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Olga Campofreda
Arianna Errigo e il progetto della doppia arma
28 dic 2017
28 dic 2017
Sarà la prima donna della storia a gareggiare alle Olimpiadi sia nella sciabola che nel fioretto.
(di)
Olga Campofreda
(foto)
Dark mode
(ON)

Negli anni trenta del novecento il giornalista e schermidore Nedo Nadi distingueva l’atto del “tirare di scherma” – riservato agli uomini – da quello del “giocare di scherma” – espressione secondo lui più adatta alle donne. Delle schermitrici si descriveva la grazia e la leggerezza nel maneggiare l’arma del fioretto come in una danza: il combattimento presupponeva la perdita del controllo e un conseguente affronto alla femminilità. Al commento si aggiungevano anche dei suggerimenti per l’arbitraggio delle gare di scherma tra donne, che avrebbero dovuto considerare la grazia del portamento nella simulazione del colpo, invece degli esiti di un duello vero e proprio. Di fatto, quello a cui si alludeva era niente più che una coreografia.

 

Con le olimpiadi di Los Angeles del 1932 lo stesso Nadi sente la necessità di tornare sulle sue affermazioni: «La lotta, mai disgiunta dalla grazia che sempre dovrebbe accompagnare la donna, ebbe uno svolgimento interessante». C’era qualcosa in quelle donne e nei loro scontri all’arma bianca, qualcosa che non poteva essere contenuto nelle forme armoniche della danza. L’elemento, secondo Nadi, era la tenacia.

 




 

L’argento ottenuto nella sciabola dalla fiorettista Arianna Errigo nel Grand Prix di Cancun lo scorso 16 dicembre è la storia di una scommessa personale che sta rivoluzionando l’intero mondo della scherma internazionale. Nella scherma moderna l’idea della specializzazione su un’unica arma è ormai un dato di fatto. Gli atleti tendono a fare della propria carriera sportiva la loro unica professione – in Italia supportati dai gruppi sportivi di esercito, forestale, aeronautica, polizia e carabinieri. A partire circa dagli anni sessanta, con l’introduzione degli apparecchi elettrici per la segnalazione dei punti e i rispettivi tempi di accensione per ciascuna arma, regolati dalla Federazione Internazionale (FIE), le tre armi sono diventate sempre più distanti tra loro per la velocità con cui vengono condotti gli assalti e per il tipo di preparazione fisica affrontata dai singoli atleti. La sciabola, in particolare, tra le tre armi è fortemente caratterizzata dall’utilizzo di un tipo di forza esplosiva e azioni che si consumano in tempi molto brevi, mentre i match di spada e fioretto tendono spesso ad utilizzare lo scorrere tempo anche come strategia (tre round da tre minuti). La resistenza diventa quindi fondamentale.

 

La maggiore compatibilità tra spada e fioretto non sta solo banalmente nell’utilizzo della punta piuttosto che del taglio. Non è solo un discorso di precisione del colpo, ma di tempi di recupero fisico che richiederebbero tipi di allenamento differenti. Quando Arianna Errigo aveva accennato all’idea di portare avanti un discorso tra due armi così incompatibili come il fioretto e la sciabola, sulle prime la faccenda deve essere sembrata uno scherzo.

 

Per capire come la fiorettista di Monza stia sfidando (e vincendo) tutte le leggi fisiche di questo sport, è necessario da un lato ricostruire il contesto della scherma moderna, ormai caratterizzata dalla specializzazione degli atleti in una singola arma, mentre dall’altro si deve disegnare il ritratto di una schermitrice incredibilmente dotata, capace di percepire e possedere il tempo, un aspetto fondamentale nel duello schermistico, a prescindere dall’arma di riferimento.

 



Il Grand Prix è possibilmente la gara più difficile per uno schermidore, e, proprio per questo, anche la più remunerativa in fatto di punti, che raddoppiano rispetto a una normale prova di coppa del mondo. Arianna Errigo era arrivata a Cancun come 59° prima dei gironi, cominciando da 24° il tabellone delle eliminazioni dirette.

 

Da lì, è stata una scalata fino alla finale, interrotta per 15 a 6 solo dalla regina indiscussa della sciabola mondiale, Olga Kharlan, bronzo a Rio e Londra, tre volte campionessa del mondo, cinque volte oro europeo. Il primo podio per Arianna nella sciabola mondiale è un argento che vale oro: nessuno, prima di questa gara, avrebbe scommesso un risultato del genere.

 

La sciabola è un’arma di attacco, proprio come il fioretto, ma la velocità raggiunge ritmi elevatissimi, talvolta a discapito del controllo dei movimenti: è tutto qui il gap di quel 15 a 6 che ha girato a favore della Kharlan, la difficoltà di Arianna nel costruire un avanzamento composto, non semplicemente diretto ma anche velocissimo.

 

In effetti non è stata la velocità dell’attacco a portare la Errigo in finale nel Grand Prix di Cancun, né le indiscusse doti fisiche dell’atleta, che ha dalla sua l’altezza e il fatto di essere mancina, particolare che mette spesso in difficoltà molti schermidori. Il segreto di Arianna sta nella sua finissima abilità di gestire il tempo dell’azione e la distanza che la separa dalla sua avversaria. In altre parole: la preziosa dote di prevedere il futuro dell’incontro. Questo fa parte non tanto di elementi tecnici, quanto di accorgimenti tattico/strategici: inducendo il tuo avversario a compiere una determinata azione, di conseguenza sarà anche possibile prevedere l’azione stessa ed annientarla con una parata adatta. Se questo tipo di tattica è molto comune nella spada e nel fioretto, nella sciabola risulta molto più difficoltoso da attuare, proprio per i ritmi elevati a cui viaggiano le azioni sulla pedana. Quello che ha portato Arianna in finale a Cancun non è stata la precisione tecnica di un’arma relativamente nuova alla fiorettista, ma l’esattezza tattica della scelta del tempo e della distanza (misura) dell’azione, con cui da sempre la Errigo è abituata a giocare. A prescindere dalle differenze dell’arma utilizzata, la fiorettista ha dimostrato che la scherma è sostanzialmente una sola.

 

Questo tipo di tattica è evidente per esempio nell’assalto della semifinale contro la francese Cecilia Berder, attualmente quarta nel ranking mondiale. L’azione della Errigo è un gioco sulla distanza mirato ad annientare l'azione dell'avversaria, mandandola a vuoto o parando, per poi colpirla di risposta.

 



 

Se avesse giocato semplicemente in attacco, affidandosi a finte e svincoli dalla lama avversaria, Arianna non avrebbe mantenuto la leadership in un match in cui – secondo tutti i pronostici – non era la favorita. “Errigo is incredibly strong on the blade”, la Errigo è incredibilmente forte a giocare sul ferro, dice il commentatore sull’undicesimo punto di Arianna. La fiorettista si costruisce da sola la sua comfort zone nella sciabola e segna. La rincorsa della Berder sul 14 pari non serve a fermare il quindicesimo punto dell’italiana: una parata seguita dalla risposta. Da manuale.

 



Lo scetticismo con cui tecnici e atleti avevano salutato il “progetto della doppia arma” della Errigo, dopo l’impresa di Cancun si è trasformato in timore: in primo luogo quello delle avversarie internazionali, sciabolatrici professioniste come la stessa Berder, o Charlotte Lembach, battuta 15-11 nel tabellone dei trentadue e attualmente ottava nel ranking mondiale; il timore è anche quello delle italiane, in particolare di chi lotta per un posto nella squadra di sciabola di Tokyo 2020, come Loreta Gulotta e Martina Criscio; infine, la paura del commissario tecnico del fioretto, Andrea Cipressa, preoccupato che un gesto tecnico così peculiare quale quello della sciabola, possa minare la precisione della sua fiorettista più forte. Delle tre discipline schermistiche la sciabola resta in effetti un mondo unico rispetto al fioretto e alla spada: se con il fioretto condivide il fatto di essere un’arma convenzionale, legata cioè alla priorità dell’attacco, con conseguente sviluppo di parate per riacquisire il diritto ad un colpo valido, rispetto alla spada e al fioretto è la sola arma che prevede la possibilità di segnare con la lama.

 

Il progetto della doppia arma coincide con l’obiettivo della Errigo di una doppia qualificazione per le olimpiadi di Tokyo 2020, sia nella sciabola che nel fioretto. L’impresa assume una portata storica, se si considera che prima di lei c’erano state solamente Margherita Zalaffi e l’ungherese Ildico Mincza. La Zalaffi aveva vinto un argento nel fioretto a squadre alle olimpiadi di Seoul nel 1988, doppiato quattro anni dopo a Barcellona, nel 1992. La fiorettista era poi passata alla spada, sempre a squadre, nel 1996 ad Atlanta, quando la specialità era stata appena introdotta per le donne, fino ad allora ammesse ai giochi solo nel fioretto: l’argento ottenuto in quell’occasione aveva di fatto premiato una gara di fiorettiste che per la prima volta si affrontavano giocando secondo regole diverse, pur mantenendo lo stile inconfondibile dell’arma di provenienza. Nessuna di loro, ad Atlanta, nasceva come spadista specializzata, l’equilibrio internazionale dunque non ne sarebbe uscito eccessivamente sconvolto, come in effetti i risultati hanno dimostrato.

 

La storia di Mincza è anche meno brillante di quella della Zalaffi: fiorettista fino al 1992, con l’apertura della spada alle donne ha ottenuto il suo primo podio a Pechino 2008, la sua quarta olimpiade.

 

La grandezza e la follia del “progetto della doppia arma” di Arianna Errigo è ancora più evidente nel confronto con i due precedenti, se si aggiunge il fatto che Zalaffi e Minzca si erano messe in gioco con due armi, ma nessuna delle due aveva tentato la doppia disciplina nella stessa edizione dei giochi. Nessuna delle due, inoltre, si era addentrata in un territorio così tecnicamente distante, come appunto quello della sciabola. Una follia.

 



L’idea della doppia arma era entrata nella testa di Arianna Errigo poco prima delle olimpiadi di Londra 2012, incoraggiata da un oro nel campionato italiano a squadre giocato per l’arma dei Carabinieri, più come esercizio di stile che come impresa a lungo termine. Era il 2011, di lì a poco ci sarebbe stata Londra 2012, che Arianna avrebbe affrontato nella sua disciplina ufficiale: anche quella fu un’impresa storica, se si pensa che da debuttante la Errigo aveva sottratto l’argento proprio a Valentina Vezzali, costringendo la jesina a chiudere una carriera da record sul gradino più basso del podio.

 

Poi c’era stata la grande, inattesa disfatta di Rio 2016. La carriera di Arianna sembra divertirsi a non regalare mai emozioni scontate: la fiorettista arrivava alla sua seconda olimpiade da favorita assoluta - prima nel ranking mondiale di fioretto, campionessa del mondo uscente per due edizioni consecutive nel 2013 e nel 2014 – ma la corsa alla medaglia mancante viene bloccata dalla canadese Harvey in un incontro a dir poco surreale, che ha sottratto all’Italia una medaglia da tempo erroneamente pronosticata. L’oro olimpico individuale è, almeno fino ad oggi, la sola medaglia importante che manca al curriculum di Arianna Errigo. Portare due armi a Tokyo per rifarsi dell’oro mancato di Rio? Un bel modo per emendare la storia.

 

 

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura