Che Arcane avesse le potenzialità per essere un fenomeno mondiale lo si capiva già dal trailer. L’animazione messa sul piatto da Fortiche Production aveva l’afrore che senti prima dell'arrivo di una tempesta. Prima di quel trailer, l'ultima cosa interessante proveniente dal mondo dell’animazione restava Spiderman: Into the Spiderverse. Ma quello era un film che proveniva da un universo cinematografico rodato, con diversi esperimenti già alle spalle, e non doveva affrontare lo scoglio di prendere la propria materia narrativa da un videogioco, sfida che si era rivelata impossibile fino ad oggi. Arcane, in questo senso, sembrava voler fare scuola giocando in un campionato tutto suo, non solo perché per l'appunto era il prodotto narrativo dell'universo di League of Legends, storico videogioco di Riot Games e esport di fama internazionale, ma anche per l'ambizione estetica, con un tratto deciso e pittorico, in grado di essere tridimensionale ma anche fluido e bello da vedere, come se i bozzetti preparatori di League of Legends prendessero improvvisamente vita.
Non basta però la bellezza del disegno per spiegare il successo che ha avuto Arcane, che in poco tempo è diventata la serie più vista su Netflix in diversi paesi rubando il trono da poco conquistato da Squid Game. Per sviscerarlo fino in fondo non si può non parlare anche del suo rapporto con uno dei giochi più famosi degli ultimi 20 anni, e questo è già una notizia. Non solo perché è riuscita nella rarissima impresa di partorire un successo globale senza scontentare i fan con un prodotto audiovisivo di intrattenimento derivante da un videogioco - vi ricordate i film su Super Mario? - ma anche perché League of Legends, per quanto conosciuto, rimane un titolo incredibilmente complesso, estremamente stratificato e che si porta dietro una community con cui non è facilissimo comunicare. Avere circa 180 milioni di giocatori che già conoscono di cosa si parla nel 2021 è sicuramente è un vantaggio da un lato, ma dall'altro ma può essere un boomerang considerando le aspettative altissime che i fan del videogioco inevitabilmente avevano riposto in questa serie. E le ripercussioni a livello di immagine di queste aspettative nel caso in cui la serie non fosse piaciuta. Arcane, però, è riuscita ad andare oltre, convincendo non solo la community di affezionati ma riuscendo a bucare la bolla e trasformandosi in pochissimo tempo in un fenomeno trasversale che ha coinvolto anche persone che non hanno assolutamente idea di cosa voglia dire “pushare mid”, “junglare” o “teamfight”.
E quindi come ha fatto Arcane ad avere successo là dove in tanti hanno fallito, anche Blizzard, che fino a qualche tempo fa col film di World of Warcraft sembrava pronta a lanciarsi in una nuova avventura produttiva e invece ora deve occuparsi soprattutto di tamponare i danni di un pessimo ambiente di lavoro?
La prima considerazione da fare è che League of Legends è un universo con una forte identità ma con legami abbastanza laschi. C’è senza dubbio una narrazione condivisa fra tutti i suoi personaggi, ma fino ad oggi è sempre stata vista come un di più, una costruzione di senso non necessaria, pensata per quei pochi che volevano aggiungere un tocco di personalità al personaggio che guidavano in campo, partita dopo partita. Questo ha comportato un ampio spazio di manovra quando si è trattato di decidere quale storia sviluppare e come. Non c’erano anni e anni di canone da rispettare e da far combaciare perfettamente, cercando di non scontentare fan pronti a farti le pulci su ogni scelta narrativa, ma solo pedine da posizionare nel modo giusto, cercando di raccontare una storia abbastanza classica di dualismi e disuguaglianze senza uscire troppo dai bordi della caratterizzazione minima dei personaggi. In questo modo il risultato finale piace ai fan, perché ritrovano i personaggi e il mondo che hanno comunque imparato a conoscere in questi anni, ma anche chi non sa assolutamente niente può godersi una storia scritta bene con personaggi interessanti e senza dover per forza giocare. In questo senso, Arcane ha dimostrato di aver imparato la lezione degli universi cinematografici di successo, come quelli Marvel, che sono riusciti a conquistare sia gli appassionati che gli spettatori neutrali muovendosi negli spazi vuoti lasciati dai fumetti.
Poi c’è l’altro dettaglio banale, ma che va ripetuto: Arcane è una serie tv bellissima da vedere, ne comprendi il valore anche se non sei un esperto di animazione. La visione artistica è tale per cui personaggi e ambientazione possono essere verosimili senza però invecchiare pericolosamente dopo un anno. Fortiche non ha cercato un’animazione che fosse verosimile, non ha puntato al fotorealismo, ma a qualcosa che fosse bello e senza tempo, con una fortissima caratterizzazione grafica, fondendo disegno e 3D senza che lo spettatore ci faccia troppo caso. Giustamente è stato evitata l’idea di una serie live action - strada intrapresa con i videogiochi già in passato con risultati pessimi, come i film su Tomb Raider - che avrebbe portato a una resa visiva povera e a un pericoloso effetto “cosplayer che girano un fan movie”. In questo modo, Riot Games è riuscita a gestire con rispetto ed equilibrio le potenzialità del progetto. Non si è fidata troppo del fatto che sarebbe bastato il nome e ha cercato di costruire su archetipi che fossero per tutti.
Le vicende di Arcane infatti poggiano su dualismi che si intersecano: quello fra classi sociali, fra visioni politiche opposte, tra sorelle con un destino differente, tra chi vuole solo lottare e chi cerca comunque una trattativa. Jinx, in particolare, è il classico personaggio che si sviluppa di trauma in trauma fino a diventare una anti-eroina psicotica ma fragile sulla falsariga di un altro personaggio che in questi anni ha ritrovato nuova fama: Harley Quinn.
Inoltre, pur volendo incuriosire i non iniziati con ambientazioni sconosciute, Arcane non parte in media res ma ha cercato di raccontare le origini di alcuni dei suoi personaggi più iconici e sui cui era più facile lavorare e far empatizzare il pubblico, inserendo un aspetto fuori dal comune che facesse da biglietto da visita per gli scettici. Ha scelto inoltre di fare una serie e non un film, mossa saggia perché i videogiochi si prendono del tempo per entrare nei nostri cuori, tempo che spesso non basta a un lungometraggio.
Ovviamente a dirlo così sembra facile, ma Arcane dimostra un controllo e una consapevolezza che raramente si è vista fino a oggi. Soprattutto perché oggi, grazie ad Arcane, League of Legends ha le potenzialità di diventare uno degli universi condivisi più importanti dei prossimi anni perché è un qualcosa di vasto ma anche vago, e che quindi può essere sviluppato in tantissimi modi che ancora non immaginiamo. La finalità ultima è farti giocare a League of Legends, certo, ma nessuno vieta di poter guardare Arcane, leggere un libro, comprare un Artbook senza mai sfiorare il materiale originale. E non è un caso che anche dal punto di vista del gaming più puro Riot Games sta espandendo moltissimo il marchio con giochi di ogni tipo, dal titolo single player (Ruined King: A League of Legends story) al picchiaduro in stile Street Fighter 2 (Project L), proprio per offrire a ciascuno un pezzo di Runeterra (il "mondo" di League of Legends, per l'appunto) da chiamare casa.
Questa strategia, con le dovute proporzioni, ricorda un po’ quella adottata da Games Workshop col marchio di Warhammer 40.000. In questo caso stiamo parlando di uno degli ultimi baluardi di nerdismo complesso - un gioco di soldatini spaziali con regole bizantine e mutevoli dove devi pure dipingerti l’armata da solo - ma allo stesso modo di quello che sta facendo League of Legends anche in quel caso si trattava di un universo che poggiava su una narrazione condivisa complicata, piena di libri, film d’animazione, fumetti e quant’altro. In tutti e due i casi l'esperimento ha funzionato, in primo luogo perché ci sono tantissimi modi per entrare nell'universo: anche in Warhammer 40.000 c’è chi si appassiona solo alle storie senza mai tirare un dado in vita sua.
Riot, in questo senso, ha trovato il momento perfetto per far uscire Arcane, aspettando finché non c’erano le condizioni giuste. Oggi si ritrova con un tesoro in mano, fatto di storie che hanno potenzialmente tantissimo ancora da raccontare (e infatti è stata già commissionata la seconda stagione). Al di là di come andranno le cose in futuro, comunque, già oggi Arcane dal punto di vista visivo e narrativo senza dubbio è uno di quei momenti dove metti una bandierina che segnano il prima e il dopo.