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Emanuele Mongiardo
L'apparizione di James Rodriguez
22 dic 2022
22 dic 2022
Nel 2014 il suo Mondiale sembrava promettere grandi cose.
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Emanuele Mongiardo
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Jamie Squire/Getty Images
(foto) Jamie Squire/Getty Images
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C’è qualcosa di speciale nelle partite dei Mondiali disputate a orari inusuali - intendo inusuali per noi europei, ma penso sia lo stesso anche nelle altre parti del mondo. Forse il fatto di doversi mettere davanti alla tv in un momento della giornata in cui, di solito, faremmo tutto meno che pensare al calcio, contribuisce ad incastrare meglio l’evento nella memoria, a renderlo più caratteristico: la maggior parte della gente sta facendo altro, e così ci si ritrova soli davanti alla tv, quasi in un rapporto intimo con la partita. In questo senso, James Rodriguez occuperà sempre un posto speciale nella memoria dei pochi che, la notte del 28 giugno 2014, decidono di ritardare la propria uscita serale o di andare a letto un po’ più tardi per guardare gli ottavi di finale tra Colombia e Uruguay.

In un’altra gara disputata ad un orario particolare, contro il Giappone, tra la mezzanotte e le due, il trequartista colombiano si era preso definitivamente la copertina dei mondiali in Brasile, con due assist ed un gol che, a detta di lui stesso, è il più bello che abbia segnato in quella edizione: in un contropiede al 90’, con la Colombia in vantaggio per 3-1, si ritrova solo in area contro un difensore, lo inganna facendo ondeggiare le gambe come il velo rosso di un torero, e poi supera il portiere in uscita con uno scavetto di sinistro.

È un gol di una delicatezza unica, ma in una partita trascurabile del girone e a punteggio acquisito. La notte del 28 giugno, però, James fa davvero qualcosa di speciale, che nell’afa del Maracanà sembra racchiudere tutto il fascino e la diversità del calcio sudamericano. È la mezz’ora del primo tempo, la partita scorre lenta sul risultato di 0-0, proprio come desidera l’Uruguay. In un tentativo di attacco della Colombia, Alvaro Pereira spazza di testa. La palla arriva da Abel Aguilar, mediano dei cafeteros, che la rigioca subito in avanti e pesca James, posizionato a metà tra difesa e centrocampo della Celeste. Il dieci colombiano riceve di spalle, lontano venticinque metri dalla porta. Nella sua testa, però, l’azione è già scritta. Invece di limitarsi a mettere a terra il pallone, usa il petto per eseguire un controllo orientato verso il suo sinistro, con il quale lascia cadere la sfera in un punto perfetto per il tiro. In un solo movimento James si gira, si accartoccia sulla palla e senza farla cadere la colpisce di pieno collo, alta a sufficienza per superare Muslera, battere sotto la traversa ed entrare in porta. James calcia con violenza, ma il gol racchiude una pulizia immacolata in ogni gesto, dal controllo di petto preciso al millimetro, che gli consente di girarsi sul posto, al modo in cui lascia andare il sinistro. Qualche mese dopo la FIFA lo avrebbe premiato con il Puskas Award come gol dell’anno.

È questo, probabilmente, l’istante in cui Florentino Perez si decide ad acquistarlo per 75 milioni di euro dal Monaco. James è il volto nuovo del Mondiale, il giocatore più discusso di quei giorni. Fino a qualche settimana prima era un nome noto soprattutto tra gli appassionati di calcio giovanile. Nel 2011 aveva vinto il premio di MVP del Torneo di Tolone, dopo aver trascinato la Colombia fino alla vittoria finale, e in quello stesso anno la coppia composta da lui e Muriel era stata una delle principali attrazioni del Mondiale Under 20.

Alla vigilia di Brasile 2014 il grande pubblico sapeva poco di lui. Qualcuno conosceva il suo soprannome, El Bandido, qualcuno lo aveva visto giocare in Champions League con il Porto. Molti giornalisti, però, continuavano a pronunciare il suo nome alla inglese, ignorando quel fenomeno di ibridazione tra nomi americani, diffusi in Sud America per l’influenza culturale dei vicini Stati Uniti, e fonetica spagnola. Sarebbe bastata la partita d’esordio contro la Grecia a cambiare tutto, a partire dalla pronuncia del suo nome.

La Colombia orfana di Falcao

Nel percorso verso il Brasile, la Colombia è una delle nazionali che desta maggior curiosità. Il suo allenatore è l’ex CT dell’Argentina Pekerman, un tecnico da sempre incline a mettere il sistema al servizio del talento, perfetto per accudire una generazione di calciatori colombiani piena di speranze, oltre che di giocatori affermati in Europa. Sul sicuro rendimento di Ospina, Zuniga e Yepes, Pekerman ha potuto innestare l’estro di Cuadrado, James, Teo Gutierrez e Quintero. Davanti, esplodono punte di alto livello come Bacca e Jackson Martinez. Soprattutto, però, la Colombia può contare su uno dei migliori attaccanti al mondo, Radamel Falcao. La presenza del "Tigre" dà un altro senso a tutto quel talento alle sue spalle. Per gli avversari è una minaccia costante in qualsiasi situazione, capace di creare pericoli anche dove le difese sembrano amministrare senza affanni.

Falcao segna nove gol in tredici partite di qualificazione ai Mondiali. La Colombia è la seconda miglior squadra del girone della CONMEBOL, dove si piazza ad appena due punti dall’Argentina. Nel pieno rispetto della miglior tradizione cafetera, Pekerman ha anche recuperato il 4-2-2-2 come sistema di riferimento. Sembra la nazionale destinata a sorprendere in Brasile. Poi, però, a gennaio 2014 accade l’imponderabile. In una partita di Coppa di Francia, contro una squadra di semidilettanti, Falcao si rompe il legamento crociato. Per Pekerman è il colpo più duro da incassare, perché senza il "Tigre" la squadra va ripensata. Falcao prova a recuperare fino all’ultimo, Pekerman lo convoca per il ritiro pre-mondiale. Alla fine, però, non c’è niente da fare. La Colombia parte per il Brasile senza il proprio miglior giocatore, alla ricerca di un altro punto di riferimento.

Per James arriva il momento di fare un passo avanti. Si parla di lui come grande speranza del calcio colombiano dai tempi del Banfield, quando a diciotto anni vinse da protagonista il torneo di Apertura 2009. La partita d’esordio al Mondiale con la Grecia, allora, diventa l’occasione per guadagnare in maniera definitiva i gradi di padrone della squadra. Gli bastano appena cinque minuti. James si abbassa sulla linea di centrocampo accanto ai mediani Carlos Sanchez e Aguilar, alza la testa e vede lo scatto di Cuadrado sulla destra. Da fermo scava il pallone e lo serve sulla corsa con un lancio di cinquanta metri. Mentre Cuadrado controlla palla e affronta il terzino, James scatta subito in avanti. Con una delle sue classiche sterzate Cuadrado salta l’uomo e gioca la palla a rimorchio sul limite dell’area. James ci arriva in corsa, con il marcatore che lo sbilancia leggermente, e allora decide di aprire le gambe e lasciar scorrere il pallone. Un velo geniale, che lascia sulle gambe i difensori greci e libera lo spazio per il tiro di Armero, che stringe dalla corsia opposta e segna. Dopo cinque minuti James ha già dato prova della sua influenza totale sulla Colombia. È l’inizio di una fase a gironi magica per lui: sigla il definitivo 3-0 contro la Grecia con un piattone sul secondo palo, poi contro la Costa d’Avorio segna il 2-0 di testa, su calcio d’angolo, staccando in faccia niente di meno che a Drogba. Infine, i due assist e il pallonetto contro il Giappone.

La Colombia si qualifica come prima a punteggio pieno e agli ottavi incrocia l’Uruguay, secondo nel suo girone dopo aver eliminato l’Italia con un colpo di testa di Godin.

La partita contro l’Uruguay

La Celeste è in una versione più sbiadita della rocciosa squadra di quattro anni prima. Godin e Cavani sono al picco della carriera, Josema Gimenez sorprende nonostante la giovane età, il resto dei pretoriani di Tabarez, però, è invecchiato male: deve ancora arrivare la nuova nidiata di centrocampisti a sostituire Arevalo e il "Tata" Gonzalez, mentre Diego Forlan ormai non ha più niente da dare. Soprattutto, all’Uruguay manca Luis Suarez, squalificato per il morso a Chiellini. Tabarez, allora, decide di schierare la formazione più conservativa possibile: un 5-3-2 dove tocca al crepuscolare Forlan sostituire Suarez.

La Colombia, invece, ha mutato leggermente pelle rispetto alla gara d’esordio. James non agisce più al fianco di Teo in attacco, ma parte nominalmente da mezzapunta sinistra del 4-2-2-2, con l’inserimento di Jackson Martinez in avanti. La squadra di Pekerman gioca un calcio particolare, non molto codificato, ma con dettagli di natura tattica notevoli a riguardarli oggi. Zuniga, ad esempio, invece di limitarsi a occupare la fascia, da terzino destro spesso stringe verso il centro per aiutare in impostazione. In generale, si tratta di un sistema che regge su associazioni spontanee, che dà il meglio se può dispiegarsi a campo aperto, mentre soffre un po’ di più contro difese chiuse, dove, senza la minaccia di Falcao, dipende spesso dai dribbling di Zuniga e Cuadrado.

La costante di ogni azione della Colombia, però, è l’influenza di James, percettibile ad ogni altezza del campo. Con l’Uruguay che si abbassa da subito nella propria metà campo, il dieci interviene già alla base della manovra per dare qualità al possesso, impedire agli avversari di rubare palla e mettere a proprio agio il resto della squadra. Se i compagni riescono a smarcarsi tra le linee, tocca a lui pescarli in verticale. Altrimenti gira palla sul corto, in attesa di trovare qualcuno con cui triangolare e muoversi in avanti. Delle volte si piazza in mezzo ai due centrocampisti, altre volte sul fianco del difensore centrale di sinistra. È libero di andare dove vuole, anche di collassare a destra per avvicinarsi a Cuadrado, lasciando tutta la corsia sinistra ad Armero.

James è sempre un appoggio sicuro, e la Colombia gestisce senza problemi il pallone. Nonostante il dominio territoriale, però, la squadra di Pekerman fatica a costruire occasioni. All’Uruguay interessa allungare il più possibile lo stallo, sorprenderlo con dei semplici cross è impossibile. James, allora, più che ad avere un controllo organico sul contesto, serve alla sua Nazionale per uscire dal copione della partita. Può bastare anche solo una punizione.

Il dieci della Colombia è un calciatore particolare. Ha i tratti del trequartista moderno, perché sa giocare a ritmi alti e senza palla non si risparmia, ma gli mancano altre caratteristiche fondamentali. Ad esempio, non è un gran dribblatore e non ha nemmeno la capacità magnetica di proteggere palla dei migliori enganche sudamericani. La possibilità di James di incidere sulle partite si gioca sulla sua intelligenza, sul suo dinamismo e, soprattutto, sulla sua qualità balistica, davvero senza tempo. Persino oggi, mentre sverna all’Olympiakos insieme al suo amico Marcelo, non esiste giocatore al mondo che calci come lui. James è uno spettacolo unico e lo sarà fino al momento del ritiro, perché la sua tecnica nel colpire la palla è inimitabile e non c’è declino fisico che possa minarla. Non è solo una questione di traiettorie, ma anche di gestualità, dal modo in cui abbassa la spalla quando si piega sul pallone a come va via la gamba dopo che il piede ha colpito.

Al quinto minuto la Colombia guadagna una punizione sulla destra, vicino al lato corto dell’area. James si presenta alla battuta. Potrebbe chiudere l’angolo sul primo palo per provare a sorprendere Muslera, invece si limita ad un cross a rientrare verso il secondo palo, che il portiere, con qualche difficoltà, intercetta di pugno. È una parabola morbida e ingannevole, figlia di un’esecuzione che non ha nulla di convenzionale.

James calcia con l’interno, ma sembra colpire il pallone da più sotto rispetto alla norma, come se l’avesse posizionato su una di quelle dunette che si usano per calciare sulla spiaggia. Non colpisce di pieno collo interno, ma con la parte finale del piede. Dopo aver calciato, la gamba sinistra si allarga a compasso, è quel movimento così insolito che ha arrotondato la parabola. L’esito della traiettoria è l’aspetto più importante, certo, ma dal punto di vista dello spettatore il senso di un giocatore come il colombiano risiede anche in dettagli come la postura. Il calcio degli ultimi dieci anni è pieno di colpitori straordinari, capaci di ritoccare all’insù qualsiasi dato riguardante assist, passaggi chiave o lanci lunghi. Non c’è statistica, però, superficiale o avanzata che sia, che possa cogliere l’armonia con cui James fa uscire la palla dal suo sinistro. E d’altronde, i suoi lanci, i suoi filtranti, i passaggi d’esterno con cui si diverte a costellare le sue migliori partite, non avrebbero la stessa qualità se si coordinasse in modo differente.

C’è un’espressione molto diffusa tra gli ispanofoni, che calza perfettamente per James. Di un giocatore particolarmente bravo a colpire il pallone, sono soliti dire che tiene un guante en el pie, cioè che ha un guanto sul piede. Credo vogliano dire che il giocatore calcia la palla in modo così pulito che è come se usasse le mani al posto del piede – o forse, in maniera più banale, si riferiscono al fatto di trattare la palla con i guanti. James è esattamente quel tipo di giocatore, sia quando sbuccia la palla con l’esterno del sinistro, sia quando la scava con l’interno. Il calcio di James è puro piacere tattile, non ha bisogno di fare niente di apparentemente difficile per distinguersi, basta accorgersi del modo differente in cui tratta la palla. Intorno al 40’, ad esempio, si posiziona dietro il centrocampo e riceve un filtrante di Zapata. È girato di spalle e su di lui si alza Caceres. Prima che il difensore lo raggiunga, però, James sfiora il pallone con l’esterno e ne alza la traiettoria per allungarlo in verticale su Teo. È un tocco impercettibile, che solleva la sfera come se il passaggio rasoterra di Zapata avesse sbattuto su un sasso e si fosse alzato all’improvviso, proseguendo la sua corsa lontano quanto basta da Caceres.

Dopo il gol dell’1-0, la partita per la Colombia diventa più agevole. James inizia ad alzare il suo raggio d’azione e a galleggiare tra le linee. Si smarca, riceve, poi smista il pallone in ampiezza per dare continuità al possesso. Se può, si concede qualche giocata di lusso, come ad esempio un piccolo dribbling in palleggio su Arevalo: James non ha mai avuto lo spunto per l’uno contro uno, ma se a fare la prima mossa è il difensore, può sempre ricorrere alla tecnica per saltarlo sul posto.

A cinque minuti dall’inizio del secondo tempo, arriva il gol che chiude la partita. Teo si nasconde alle spalle del centrocampo uruguagio, riceve e col contributo di Jackson Martinez ribalta l’azione sulla sinistra da Armero. James nel frattempo attacca il centro dell’area, mentre Cuadrado arriva sul secondo palo. Armero crossa proprio verso Cuadrado, e mentre la palla viaggia, James ha già capito come si sarebbe sviluppata l’azione: si sfila leggermente all’indietro alle spalle di Godin, così può raccogliere la sponda di testa di Cuadrado e segnare da pochi passi. Da lì in poi, l’Uruguay non riuscirà più a creare nulla.

La Colombia perderà ai quarti contro il Brasile, con un’altra grande prestazione del suo numero dieci, in una partita ricordata più per il brutto fallo di Zuniga su Neymar che per il resto.

A otto anni di distanza da Brasile 2014, la carriera di James non è andata del tutto come ci aspettavamo. Ha avuto annate splendide, come quella con Ancelotti a Madrid e la prima stagione al Bayern, ed ha anche vinto tanto. Molti anni, però, li ha trascorsi da comprimario. Non ha potuto contribuire più di tanto neanche alle sorti della sua Nazionale. Il canto del cigno è stato Colombia-Polonia del Mondiale 2018, dove per l’unica volta, sul palcoscenico più importante, Pekerman ha potuto contare contemporaneamente su di lui, Quintero e Falcao, la massima espressione dell’identità calcistica cafetera. Poi, però, James si è infortunato, Juanfer si è ritrovato un po’ più solo e la Colombia ha abbandonato mestamente i mondiali ai rigori contro l’Inghilterra.

In Qatar i sudamericani non si sono nemmeno qualificati. Sarebbe stata l’ultima occasione per ammirare James nel suo giardino di casa, cioè nella competizione dove, quando ha potuto giocare, non ha mai deluso. La storia non si fa con i se e con i ma, come si dice, ma sono sicuro che la presenza del numero dieci della Colombia, anche in tono minore, avrebbe dato ancora più colore a questo Mondiale.

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