Lazio – Bayer Leverkusen
di Dario Saltari (@dsaltari)
Il sorteggio della Lazio per i playoff di Champions League non ha dato una risposta chiara alla domanda che tipicamente si pone in seguito all’accoppiamento: “È andata bene?”. Da una parte c'era il sollievo per aver evitato le due squadre più blasonate, Manchester United e Valencia, dall’altra la sensazione di aver pescato una squadra la cui pericolosità non va sottovalutata. Anche il coefficiente UEFA riflette in qualche modo questo sentore (per quanto possa essere indicativo dei reali valori in campo), con il Leverkusen che è la prima squadra dopo inglesi e spagnoli.
Effettivamente, la Lazio non può sentirsi tranquilla. Innanzitutto per questioni fisiche. L’annosa questione della preparazione estiva delle squadre italiane (un fattore che comunque finirà inevitabilmente per pesare, con la Bundesliga iniziata una settimana prima rispetto alla Serie A) sarà ulteriormente messa in discussione da una squadra che fa dell’intensità di gioco uno dei suoi punti forti. Il Leverkusen rappresenta l’ultima avanguardia del cosiddetto gegenpressing, un pressing intenso e meticolosamente organizzato volto a recuperare il prima e il più in alto possibile il pallone. Una caratteristica tipica delle squadre di Klopp e Guardiola, ma che Schmidt ha portato alle estreme conseguenze.
In fase di non possesso, le “Aspirine” portano molto alto il pressing, cercando di ostruire le linee di passaggio centrali, in modo da spingere gli avversari sugli esterni e sfruttare così il vantaggio naturale garantito dalla linea del fallo laterale. Il Leverkusen è una squadra estremamente aggressiva, che fa di tutto per impedire all’avversario di ragionare: l’anno scorso è risultata seconda in campionato per numero di falli commessi.
Il gegenpressing del Bayer Leverkusen applicato.
Anche in fase di possesso il Leverkusen non abbandona uno stile estremamente adrenalinico. I tedeschi sono alla continua ricerca della porta avversaria (la fase difensiva alta e aggressiva non è altro che l’altra faccia della medaglia della fase offensiva verticale) e la via per arrivarci deve essere sempre la più breve possibile. Per fare ciò la squadra rossonera non disdegna il lancio lungo per sfruttare le seconde palle. Per facilitare questo compito, i tre trequartisti del 4-2-3-1 di Schmidt, Son, Çalhanoglu e Bellarabi, giocano molto vicino alla punta centrale, Kiessling (il giocatore che ha vinto più duelli aerei in tutto il campionato tedesco l’anno scorso), per poi tagliare verso l’esterno.
La trequarti offensiva è senza dubbio il reparto in cui il Leverkusen possiede le maggiori qualità tecniche. Il numero 10 turco è un vero e proprio regista alto, capace di creare occasioni pericolose anche in condizione di pressione intensa, mentre Bellarabi e Son rappresentano due ali ipercinetiche capaci di saltare l’uomo e sfruttare i movimenti senza palla (il tedesco di origini marocchine è il giocatore ad aver realizzato più dribbling nella scorsa stagione di Bundesliga).
Il lancio lungo ha anche una funzione difensiva, com’è nella filosofia di Schmidt, essendo un mezzo facile e immediato per evitare errori d’impostazione vicino alla propria porta (il Leverkusen ha finito la scorsa stagione con solo dieci errori difensivi, solo il Bayern Monaco ha fatto meglio).
La ricerca quasi ossessiva della porta avversaria spinge anche il Leverkusen a tirare molto spesso dalla distanza, in base all’idea di recuperare e calciare, (il Leverkusen è la squadra che ha tirato di più da fuori area la scorsa stagione e in generale arriva al tiro con grande facilità: è arrivata terza per numero di tiri totali) e a farlo anche discretamente bene: sul podio dei giocatori che hanno segnato più gol da fuori area nella scorsa stagione di Bundesliga troviamo Çalhanoglu al primo posto (7 gol) e Son al terzo (4 gol).
Da sottolineare, infine, la pericolosità del Leverkusen sulle palle da fermo, che esse siano punizioni dirette o cross in area. L’anno scorso è arrivato quarto per gol segnati su situazione di palla inattiva (14) solamente dietro a Werder Brema, Wolfsburg e Mainz.
Com’è facile comprendere, il gioco di Schmidt è però estremamente rischioso, necessitando continuamente della massima concentrazione tattica e della massima condizione fisica per poter essere eseguito. In questo senso la Lazio ha ricevuto segnali incoraggianti dalla prima partita giocata dal Leverkusen nella nuova stagione di Bundesliga, vinta 2-1 contro l’Hoffenheim.
La squadra guidata da Gisdol ha risposto con le stesse armi del Leverkusen, mettendolo ripetutamente in difficoltà. Più in particolare, la squadra di Schmidt si è dimostrata particolarmente fragile una volta perso il pallone nella propria metà campo. In questo caso, i due centrali di difesa (Tah e Papadopoulos) hanno dimostrato grossi limiti nel sapersi coordinare come reparto nel salire contemporaneamente e nel coprire la profondità alle proprie spalle. Allo stesso modo i due mediani (Kramer e Bender) non hanno dimostrato di avere il dinamismo necessario per assorbire gli inserimenti dei centrocampisti avversari, lasciando costantemente in inferiorità numerica i terzini (va letto forse in quest’ottica l’acquisto del talentuoso Aránguiz, una delle principali rivelazioni della Copa America).
La genesi del momentaneo vantaggio dell’Hoffenheim. Il Leverkusen ha perso palla nei pressi della linea di centrocampo e Tah è salito per accorciare sul centrocampista avversario. Il suo movimento, però, non viene seguito dal suo compagno di reparto, il cui ritardo apre una voragine alle sue spalle che può essere sfruttata da Zuber per andare in porta e segnare (da notare inoltre come il terzino sinistro, Wendell, sia preso in inferiorità numerica).
In questo senso, sarà interessante capire l’atteggiamento che vorrà adottare in questa gara d’andata la Lazio, una delle migliori squadre in Italia per organizzazione del pressing alto. Pioli nella rituale conferenza stampa prepartita ha dichiarato di volersi prendere dei vantaggi già nella partita di questa sera, sottolineando le somiglianze tra le due squadre. Questo potrebbe significare l’adozione di un atteggiamento molto aggressivo, quasi speculare rispetto agli avversari. Una scelta che potrebbe pagare, come abbiamo visto, ma che mantiene i suoi rischi, soprattutto considerando la differente abitudine a giocare ad alti ritmi e il peso che avrebbero eventuali gol in trasferta dei tedeschi.
Nella preparazione del piano gara, Pioli deve affrontare anche un enigma di difficile soluzione: come permettere un inizio azione lineare, in grado di superare l’asfissiante pressione tedesca? Contro la Juventus in Supercoppa è bastata una buona pressione dei due attaccanti (con Sturaro a supporto) per spingere i biancocelesti a lanci lunghi verso Klose (e mancherà Djordjevic per infortunio, una risorsa utile in questa situazione). In questo senso, servirà un Biglia formato Mondiale per garantire qualità di linee di passaggio e velocità nella circolazione del pallone.
La Lazio ha giocatori in grado di mettere in difficoltà il dispositivo difensivo di Schmidt: la costante pressione verso l’alto spinge spesso i terzini del Leverkusen fino alla trequarti. Felipe Anderson può essere l’elemento in grado di scardinare questo sistema, grazie alla capacità di saltare l’uomo e di condurre transizioni offensive estremamente rapide. Candreva sull’altra fascia potrebbe essere molto utile attraverso i cambi di gioco, punto debole costante di tutte le squadre che accorciano moltissimo nella zona del pallone.
La Lazio ha quindi le armi per battere il Leverkusen, forse più di quante ne abbia il Leverkusen per battere la Lazio. Ma non deve essere il nome a ingannare, se persino Guardiola l’ha definita “una delle migliori squadre al mondo”.
Valencia - Monaco
di Daniele V. Morrone (@DanVMor)
Dopo un’estate travagliata come quella che stanno vivendo a Valencia, sono convinto che tutti i tifosi preferirebbero un cambio della regola per far giocare i preliminari al termine della vecchia stagione e non all’inizio di quella nuova. Si fosse giocato a giugno Valencia - Monaco probabilmente la squadra di Nuno avrebbe passato il turno in modo deciso, forte dell’entusiasmo per un quarto posto arrivato dopo un campionato giocato alla grande e con tanti scalpi eccellenti (come quello del Real Madrid di Ancelotti) e di un gioco che si sposava perfettamente con gli interpreti in campo.
Sono passati due mesi e il Valencia deve ricostruire di nuovo il rapporto con i tifosi, altamente diffidenti dopo un mercato di difficile interpretazione e un’estate dalle poche soddisfazioni in amichevole, che ha segnalato che la squadra deve ritrovare la bussola del proprio gioco. A dimostrazione del fatto che la testa conta tantissimo, con le tante nubi ferme sopra l’ambiente, in estate la squadra è sembrata lontana parente di quella 2014-15. Il Valencia non regge la concentrazione per un periodo prolungato di partita e non è in grado di forzare le transizioni in modo potente e deciso come un tempo. Praticamente è sia vulnerabile dietro, per i tanti errori che commette, che prevedibile davanti, non giocando in velocità. A rincarare la dose ci si mette l’assenza del miglior giocatore della scorsa stagione, Otamendi, che da totem della difesa si è trasformato in disertore che chiede a chiare lettere di non essere inserito nella lista per la Champions. Togliere Otamendi al centro della difesa è un colpo enorme che peserà tanto nelle sorti del doppio scontro, essendo l’argentino il giocatore a guidare la linea e a pulire gli errori dei compagni.
Dicevamo del mercato interdittorio che ha portato a Valencia praticamente solo giocatori in orbita Jorge Mendes e che ha puntato solo a consolidare la squadra invece di provare a migliorarla e l’ha fatto spendendo cifre esagerate, come nel caso di Negredo e Rodrigo, pagati circa 60 milioni in due. Con il blocco a centrocampo confermato, e con la sicura assenza per infortunio del portoghese André Gomes, la scelta di Nuno dovrebbe essere un centrocampo a tre con il mediano Javi Fuego dietro all’energico Enzo Pérez e al regista e capitano Parejo. Le tante opzioni offensive possono permettere anche di togliere un centrocampista e aggiungere un posto sulla trequarti, visto che si può pescare con profili diversi, ma sempre di livello, mentre come punta centrale tra Paco Alcácer e Negredo l’allenatore portoghese ha profili simili e la scelta dovrebbe essere fatta in base alla forma.
Il momento delicato del Valencia però non può essere sfruttato appieno dagli avversari, che nella seconda partita di campionato contro il Lille hanno perso la stella della squadra Moutinho per tutta l’eliminatoria. Jardim avrebbe gli uomini per mettere in difficoltà la difesa attuale del Valencia, ma in Moutinho perde un giocatore fondamentale nell’iniziare la transizione e affondare proprio il punto debole degli avversari. Il Monaco si difende compattando le linee e cercando di bloccare il centro (cosa dettata anche dalle caratteristiche dei due centrali Raggi e Carvalho) e poi distendersi fino quasi a spaccarsi quando la palla viene recuperata per sfruttare tutta l’ampiezza del campo e dare spazio di manovra ai giocatori veloci della trequarti. Nonostante i tanti volti nuovi, il Monaco sa a cosa vuole giocare e sta già sviluppando i meccanismi adatti per farlo, come ad esempio quello utilizzato per aprirsi completamente in cui viene chiesto al capitano Toulalan (per cui gli anni passano, ma il rendimento rimane sempre di livello) di abbassarsi, accennando la discesa tra i centrali per poi andare con il lancio incrociato con il destro sui piedi del terzino sinistro Kurzawa (che spinge tanto e lo fa anche bene) o dell’ala sinistra Cavaleiro.
Quando attacca posizionalmente il Monaco si apre completamente, invertendo la tendenza della difesa posizionale. Qui Toulalan si abbassa a ricevere per poi aprire su Kurzawa o Cavaleiro, entrambi larghissimi.
La squadra non sta ancora girando a pieno regime e quando in possesso in attacco posizionale, in teoria il Valencia dovrebbe saper difendere questo Monaco anche senza Otamendi, vista la prevedibilità dei movimenti, se non fosse per la presenza di Bernardo Silva, che con i suoi movimenti continui e la visione di gioco sopra la media sembra essere fatto apposta per posizionarsi alle spalle di Javi Fuego e giocare con la concentrazione della linea difensiva avversaria. Il portoghese tenta l’assist ogni volta che intravede il varco giusto sul taglio degli esterni alle spalle di Gayà e Barragán.
La nuova politica di mercato della squadra, volta a finanziarsi tramite le plusvalenze, ha portato Jardim a poter disporre di un reparto offensivo giovane, in cui solo l'esperto Dirar a destra sembra avere il posto fisso. A sinistra a seguire le sovrapposizioni di Kurzawa ci possono essere il potente Cavaleiro o magari a partita in corso El Shaarawy, che quando in campo ha fatto vedere di non aver per nulla perso la voglia di sacrificarsi tatticamente, oltre che ovviamente sapersi muovere quando in possesso. Il ruolo di punta ancora rimane in sospeso, con Jardim che ha provato sia il ragazzino Martial che l'argentino Carrillo, ancora sembrati in attesa della prestazione che li sblocchi. Tutto il reparto ha giocatori adatti al gioco di Jardim e vedono chiaramente in questa versione del Monaco una rampa di lancio (o rilancio nel caso di El Shaarawy) per la propria carriera.
La fatica in fase di transizione difensiva del Valencia poi non può che aiutare il Monaco, che può difendere posizionalmente per poi distendersi in velocità. Mi sembra quindi che ci siano tutti gli ingredienti per una sfida alla pari.
Manchester United - Club Brugge
di Francesco Lisanti (@effelisanti)
L’ultimo campionato vinto dal Brugge risale al 2005. Nei successivi otto anni la dirigenza ha cambiato nove allenatori, finché nel 2013 il neoeletto presidente Bart Verhaeghe ha identificato in Michel Preud’homme il profilo che potesse restituire stabilità e competitività alla squadra. Non ha deluso le attese, riportando a marzo dopo otto anni di astinenza un trofeo nelle Fiandre, la Coppa del Belgio. Il campionato è poi andato al Gent nonostante in regular season il Brugge fosse stato sempre al comando, a causa di una strana formula playoff, ma il percorso in Europa League fino ai quarti di finale è stato la grande vetrina per la nuova leva Brugeois.
Preud’homme alterna, in base al piano di gara, il 4-3-3, più reattivo, e il 5-3-2, per una migliore gestione del possesso, ma in entrambi i casi il gioco è costruito sul triangolo di centrocampo, con un mediano e due interni molto aggressivi, e sulla spinta costante dei terzini. Fa ampio uso del turnover, ruotando la ventina di effettivi in rosa, mantenendo però alcuni punti fermi.
Il primo di questi è Víctor Vázquez, titolare nel Barcellona B di Guardiola e ora il fulcro tecnico del gioco dei belgi, sia da interno di centrocampo, sia da ala destra, sia da seconda punta nel 3-5-2. Seguono il 38enne Timmy Simons, capitano e eroe locale, perno davanti alla difesa o difensore centrale, la mezzala Ruud Vormer, sempre il primo ad aggredire il portatore di palla e brillante incursore, e il Piqué costaricano, Óscar Duarte, leader difensivo con qualità da regista.
Saranno tanti i giovani in mostra. Del ’92 il centrocampista Vanaken, leve lunghe e grandi capacità di inserimento, e il terzino sinistro De Bock, un difensore più che un cursore. Del ’93 il centrale di difesa di piede sinistro Mechele, uno dei più corteggiati. Del ’95 l’ala destra Dierckx, già titolarissimo, e l’esterno sinistro Bolingoli-Mbombo, che può coprire qualunque ruolo sulla fascia. Del ’96 la punta Oularé, la cosa più simile a Lukaku che si riesca a immaginare, e il neo-arrivato sulla fascia destra, il belga-malese Dion Cools, che alla prima ufficiale ha già regalato un gol e un assist. E mancherà per infortunio Meunier, terzino completissimo accostato anche a Napoli e Inter.
Come difende il Brugge (qui schierato con una linea a cinque). Aggressione a uomo nella zona della palla, sfruttando quando possibile un collaudato sistema di raddoppi. Contro il Manchester sarà più complesso trarne vantaggi.
Rispetto al finale della scorsa stagione, van Gaal ha sostanzialmente rimosso un uomo davanti alla difesa per spostarlo alle spalle dell’unica punta Rooney, ricavandone una squadra più equilibrata nell’ottica del gioco posizionale. Lo United si schiera, come ai tempi dell’AZ, in un lineare 4-4-2 in fase di non possesso, con evidente aumento della qualità nel primo pressing, e una sorta di 4-2-3-1 molto elastico in fase di possesso.
Schneiderlin e Schweinsteiger saranno utilissimi, perfettamente a loro agio nel controllo anche di spalle all’attacco, intelligenti nel gestire i passaggi all’indietro per allungare le linee avversarie e in grado di verticalizzare immediatamente. L’anno scorso l’unico giocatore con queste caratteristiche era Carrick, che rimane il primo cambio e giocatore apprezzatissimo da van Gaal.
La scarsa densità in mezzo al campo è compensata dai movimenti a rientrare e dall’abilità di ricevere negli spazi di Mata e Depay (su cui van Gaal dovrà lavorare molto, soprattutto sull’eccessiva tendenza a saltare l’uomo e puntare la porta a testa bassa). Alle loro spalle viaggiano il ritrovato Shaw e Darmian, che ha avuto un ottimo impatto. In supporto a Rooney, Januzaj si è mosso bene, e pare van Gaal vorrà sperimentare anche Herrera. In difesa i titolari a oggi sono Blind (sempre più in controllo di qualunque aspetto del gioco) e Smalling (sempre più disinvolto nell’avanzare con la palla tra i piedi), e i gol subiti zero.
Le rapide verticalizzazioni del Manchester e lo sfruttamento delle catene laterali. Mata riceve al centro e serve Rooney, che si allarga lasciando spazio per l’inserimento di Januzaj, mentre Darmian sale in supporto. In situazioni simili sono nati i gol contro Tottenham e Aston Villa.
Il Manchester soffre principalmente nelle transizioni rapide, quando gli avversari riescono a sfruttare i difetti della difesa alta e del centrocampo non rapidissimo, e sui cambi di gioco, dato che questo 4-4-2 senza ali pure ha difficoltà a coprire il campo in ampiezza. Il Brugge proverà a sfruttare il dinamismo dei propri esterni, e sicuramente ad aggredire il possesso centralmente, ma considerando lo squilibrio tecnico, una volta saltate le prime coperture i Red Devils dovrebbero essere in grado di trovare i gol-qualificazione.
Sporting Lisbona - CSKA Mosca
di Emanuele Atturo (@Perelaa)
Solo una posizione divide nel ranking UEFA Sporting Lisbona e CSKA Mosca (rispettivamente 33esima e 34esima), eppure è difficile immaginare un confronto equilibrato tra i due club. Il CSKA sarà stretto nel consueto ruolo dell’antieroe est europeo, un accidente passeggero nel percorso di una delle squadre più hipster della nuova stagione continentale.
A suo modo però la sfida è affascinante proprio nello scontro tra immaginari: il romanticismo iberico di Jorge Jesus contro la disciplina statalista di Leonid Sluckij, i punti di incontro linguistici tra la tecnica sovietica di Alan Dzagoev e quella cafetera di Teo Gutiérrez.
Leonid Sluckij e la sua perfetta imperturbabilità sono una buona rappresentazione del potere russo. Leo allena anche la Nazionale dopo l’addio di Fabio Capello.
Come in ogni prima parte di stagione, il CSKA potrà trarre vantaggio dallo sfasamento atletico rispetto agli avversari. Il campionato russo è già iniziato da cinque giornate e l’ex squadra dell’armata rossa è saldamente al comando, a 3 punti dallo Zenit e a 5 dallo Spartak, battuto nell’ultimo turno di campionato.
Il CSKA non ha subito grandi cambiamenti. Il ritorno di Doumbia dovrebbe ripristinare quasi totalmente l’undici dello scorso anno, a cui si deve aggiungere il rientro dall’infortunio di Pontus Wernbloom. Lo svedese, che lo scorso anno ha giocato solo cinque partite, è il fattore d’equilibrio per una squadra tecnica, ma che spesso soffre un gap di forza fisica e personalità. Wernbloom è un centrocampista durissimo, bravo in entrambe le fasi, e che nel 4-2-3-1 offre copertura ai quattro offensivi davanti: Eremenko, Tosic, Musa e Dzagoev, tutti rapidi e tecnici, bravi nell’interpretazione delle ripartenze. Il CSKA, che in patria è costretto a un calcio di possesso, in Europa riesce a trasformarsi con disinvoltura in una squadra che gioca in transizione. Così è stato anche nel primo turno preliminare contro lo Sparta Praga, dove la squadra ha segnato i primi due gol in ripartenza e il terzo grazie a una giocata individuale di Dzagoev, il giocatore di maggior talento, quasi sempre inespresso.
Potrebbe finalmente essere la stagione della consacrazione per il fantasista russo.
Lo Sporting Lisbona è invece una delle formazioni più interessanti di questa stagione. Nessuna squadra può schierare, uno vicino all’altro, due talenti tanto unici e affascinanti quanto Bryan Ruiz e Teo Gutiérrez. L’infinito set di combinazioni flessuose e vellutate che i due fantasisti potranno mettere in scena quest’anno fanno venire voglia di accendere la TV sulla tradizionale malinconia del campionato portoghese.
Ma a generare attesa è soprattutto l’arrivo sulla panchina dello Sporting di Jorge Jesus. Il passaggio dal Benfica è stato un terremoto che ha scosso dal torpore il calcio portoghese, solitamente letargico tra oligarchie e possesso palla ostentato. Il tecnico ha ricevuto minacce di morte, sia telefoniche che personali, e la dirigenza del Benfica ha parlato apertamente di ingratitudine da parte di un allenatore «interessato solo a sé stesso». La versione coincide con alcune dichiarazioni di Jorge Jesus, che al termine di un campionato vinto arrivò a dichiarare: «Sono il miglior allenatore del mondo, nessuno conosce il calcio meglio di me». Lo Sporting ha invece offerto una versione romantica della vicenda, accogliendo l’allenatore con questo tweet.
Un giovane David Bowie con la maglia dello Sporting Lisbona.
La foto risale agli anni ’70: Jorge Jesus è cresciuto nelle giovanili dello Sporting Lisbona, dove militava anche il padre, il quale pare gli chiese di fare l’allenatore dei biancoverdi, un giorno.
L’ingresso in campo del tecnico alla presentazione al José Alvalade fa capire quanto l’avventura di Jesus con lo Sporting somigli a una guerra santa: «Da questo momento lo Sporting lotterà per tutti i trofei nazionali». I biancoverdi non vincono un campionato dal 2002 e ne hanno vinti solo due negli ultimi 33 anni. Il primo atto di redenzione e vendetta è andato in scena nella Supercoppa portoghese, dove lo Sporting ha battuto proprio il Benfica per 1 a 0. Il passaggio di questo turno preliminare è il presupposto per evitare di trasformare una possibile epopoea romantica in un fallimento precoce.
Il fatto che la pressione pesi quasi tutta sui portoghesi è uno dei fattori, ma non l’unico, a rendere non completamente chiuso il pronostico. Ci sono anche ragioni più legate al campo.
I trequartisti dello Sporting—Ruiz, Carrillo e Gutiérrez—tendono tutti a convergere per giocare il pallone incontro, e anche al centravanti Slimani piace venire verso il centrocampo per scambiare con i trequartisti. A quel punto il 4-2-3-1 si schiaccia, creando un imbuto centrale e lo Sporting fatica a trovare sia ampiezza che profondità.
Teo Gutiérrez porta palla in zona centrale, il terzino non si sovrappone sulla destra e nessuno fa un movimento in profondità o ad allargarsi. Sia Slimani che Ruiz vanno invece incontro al pallone, non offrendo linee di passaggio pulite al portatore. Il possesso verrà perso, avviando la ripartenza del Benfica.
Solo Teo Gutiérrez, tra gli offensivi, tenta a volte dei movimenti ad allargare le linee avversarie (soprattutto a sinistra) o dei tagli alle spalle della difesa sul movimento incontro di Slimani, ma potrebbe essere complicato contro una difesa bassa come quella del CSKA trovare questo tipo di spazi e movimenti.
Se i russi saranno bravi a compattarsi in una difesa bassa, ma intensa, potranno esasperare i problemi di profondità dello Sporting e a quel punto potrebbero sfruttare le proprie capacità di recupero del pallone (soprattutto di Wernbloom) per innescare rapidamente le transizioni. Lo Sporting difende con un baricentro molto alto, ma i centrali—Naldo e Olivera—potrebbero faticare a gestire la velocità degli offensivi russi con molto campo da difendere alle spalle. Per lo Sporting allora anche la fase difensiva dipenderà da una giusta applicazione di quella offensiva. Per questo non è detto che Jorge Jesus rinunci a Fredy Montero o a Mané al posto di uno dei suoi trequartisti per avere più profondità. Se i portoghesi riusciranno ad applicare la giusta intensità e organizzazione in fase offensiva sarà difficile non far valere la maggiore qualità tecnica.
Le altre partite
di Emanuele Atturo (@Perelaa)
Celtic Glasgow - Malmoe
Il Celtic è un universo culturale prima ancora che una squadra di calcio e la programmazione della società sembra più dedicata a preservare la patina di culto del club che a ottenere risultati sportivi. Per questo il Celtic può permettersi un capitano che potrebbe essere tranquillamente scambiato per il più pazzo dei suoi tifosi.
Due maschi che giocano a calcio intralciati da un arbitro.
I suoi giovani talenti si distinguono per interpretare in campo scene dei film di Robert Carlyle e quando vincono i trofei festeggiano facendo a botte negli spogliatoi.
Sebbene le loro apparizioni europee siano ormai ridotte a brevi e ingloriose comparsate—con pure momenti abbastanza alti—la fase a gironi di Champions League senza di loro perderebbe qualcosa. Peccato solo abbiano ceduto John Guidetti.
Del Malmoe bisogna sapere due cose: 1. Che ha il suo giocatore più interessante in Oscar Lewicki, centrocampista centrale con un passato nelle giovanili del Bayern ed elemento chiave della Nazionale che ha vinto gli Europei Under-21; 2. Che è l’unica squadra scandinava ad aver mai giocato una finale di Coppa dei Campioni.
1979, Nottingham Forest – Malmoe. I colori sono così belli che verrebbe voglia di screenshottare ogni istante della partita e metterselo come foto copertina di Facebook.
Basilea - Maccabi Tel Aviv
Il 30 luglio del 2013 Basilea e Maccabi Tel Aviv si affrontano in Svizzera per il terzo turno preliminare di Champions League. A inizio partita Mohamed Salah rifiuta di stringere la mano ai giocatori israeliani del Maccabi, scatenando feroci accuse di antisemitismo.
Salah ha negato di essersi rifiutato ma il “pugnetto” è inspiegabile rispetto alle strette di mano che concede agli arbitri. A quanto pare prima della partita il calciatore è stato messo sotto pressione da una parte dei suoi tifosi egiziani perché non scendesse in campo contro la squadra israeliana. Sebbene le percentuali che possa capitare sono piccolissime, se il Maccabi passasse il turno di qualificazione potrebbe affrontare la Roma nello stesso girone e ritrovare così Mohamed Salah.
Rapid Vienna - Shakhtar Donetsk
Quest’anno Mircea Lucescu non è riuscito a inserire nel suo menù nessun nuovo gustoso talento brasiliano. I prospetti più interessanti sono rimasti gli stessi: Alex Teixeira, Fred, Taison e Bernard. La situazione interna difficile nel paese sta deprimendo la competitività del campionato nazionale, al punto che Lucescu si è lamentato di non riuscire più a convincere i talenti sudamericani a trasferirsi allo Shakhtar.
Mai come quest’anno gli ucraini appaiono poco competitivi e l’ultima sconfitta casalinga contro il Dnipro ha tutti i contorni inquietanti che possiamo immaginare. La partenza di Luiz Adriano non è stata compensata dall’arrivo di nessuna vera punta—se non il malinconico ritorno dal prestito di Facundo Ferreyra. Allora neanche contro questo modesto Rapid Vienna gli ucraini potranno considerare sicura la loro qualificazione. Gli austriaci hanno del resto già commesso il delitto di togliere dalla vetrina tutti i talenti dell’Ajax nel precedente turno preliminare, squadra ben più in salute dello Shakhtar.
Tra gli austriaci bomber Beric ha, comunque la si voglia vedere, la notevole media di quasi un gol a partita con la maglia del Rapid. Da tenere d’occhio anche il talento di Louis Schaub, ventenne trequartista autore della doppietta decisiva contro i lancieri: se volessimo esagerare col parossismo giornalistico potremmo definirlo “Il Messi d’Austria”.