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12 feb 2016
12 feb 2016
Borja Valero non è un calciatore come gli altri.
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In un’intervista rilasciata a So Foot, Borja Valero ha espresso piuttosto chiaramente la sua linea di pensiero sulla figura del calciatore nella nostra epoca: «Bisognerebbe smettere di considerare i calciatori delle star, il nostro mestiere va demistificato».

Borja Valero in un certo senso vive già in un calcio demistificato, in cui il talento è affinato dal lavoro, in cui, anzi, il talento da solo non basta. Sarebbe bello se, paradossalmente, Borja Valero finisse a fare da modello per le generazioni future di calciatori, se imparassero da lui che c'è una terza dimensione, oltre a quella dei selfie su Instagram e ai movimenti preimpostati da videogioco. Una dimensione più interiore, ma non in senso spirituale. Una ricerca attiva che dia i propri risultati nel calcio, in campo. Borja Valero si è evoluto in un modo che magari è meno vistoso di quello di alcuni colleghi, ma che può fornire una valida alternativa al tipo di calciatore individualista che al momento sembra quello più diffuso.

Continuare ad imparare

Tanto per cominciare, sembra che Borja Valero studi calcio dall'interno e che le qualità delle sue prestazioni aumentino con il passare dei minuti di una partita, e cioè man mano che acquisisce conoscenza dei punti deboli degli avversari, soprattutto delle zone dove può muoversi per creare difficoltà.

Un approccio alla partita empirico, legato alle esperienze e alle conseguenze delle sue scelte: gioco corto o lungo, verticale o orizzontale, in appoggio o in profondità. È una forma di razionalità legata al riscontro diretto e alla capacità di cambiare in modo fluido il proprio piano mentale. Il contrario dell'istintività, che però può diventare una seconda natura. Un'idea di calcio in perfetto allineamento con quello che chiedeva Paulo Sousa in una delle sue prime dichiarazioni da allenatore della Fiorentina: «Cogliere il momento giusto delle partite».

L'educazione calcistica di Borja Valero è fortemente legata al “modello di calcio spagnolo” (o l'idea che che abbiamo noi di calcio spagnolo). Ha giocato quasi sempre in sistemi di gioco coniugati al controllo del pallone, al possesso e al gioco corto. Il riferimento precedente alla sua storia in Italia era il Villarreal del tiqui-taca.

Nella Fiorentina di Montella ha occupato prevalentemente la posizione di mezzala sinistra, raramente è stato impiegato da mediano e ancora più raramente da trequartista. Il ruolo di mezzala è sempre stato l'abito perfetto per lui: lì riesce a sfruttare al massimo il suo dinamismo, la capacità di smarcarsi e il palleggio corto. E giocando a sinistra ha anche la possibilità di avere il campo aperto sul piede destro, per rafforzare l'interazione con i compagni.

Nel 3-4-2-1 di Paulo Sousa, la figura di Borja Valero si è sviluppata nel ruolo di secondo trequartista. Adattarsi a un ruolo apparentemente inedito ha portato lo spagnolo a mettere in discussione punti centrali del suo gioco, come l'appoggio diretto ai difensori centrali, ma è riuscito allo stesso tempo a plasmare le proprie caratteristiche alle nuove esigenze. Borja Valero è uno dei due vertici alti – insieme ad Ilicic - del “quadrato magico” di costruzione della Fiorentina 2015/2016. Se la Viola è diventata una squadra ancora più posizionale (un aumento di oltre 100 passaggi in media a partita rispetto alla scorsa stagione; la percentuale media di possesso palla più alta della Serie A, 63%; un aumento della precisione del 3% che adesso è dell’87%, la più alta ovviamente nel campionato), parte del merito è sicuramente dello spagnolo.

Il nuovo sistema lo ha portato a concentrarsi sulla creazione di linee di passaggio prevalentemente nella trequarti avversaria oltre che a trovarsi a volte in situazioni di isolamento, una condizione lontana dalla sua inclinazione associativa. L'interazione con Kalinic è una delle opzioni offensive più ricercate ed efficaci: sia diretta – i movimenti in profondità dell'attaccante croato creano succulente linee di passaggio per Borja Valero che può esaltare la sua predilezione per il passaggio filtrante (la Fiorentina è la squadra che arriva di più al tiro in area tramite passaggio filtrante) – sia indiretta – Kalinic è bravissimo ad allungare le difese per costruire spazio tra le linee in cui lo spagnolo può concretizzare la sua mole di gioco (Borja Valero è il giocatore che nella A 2015/2016 ha completato più passaggi nella metà campo avversaria).

Il successo della sua evoluzione tattica, oltre che alla straordinaria applicazione, è dovuto soprattutto alla sua ricerca di un compromesso tra l’adattamento al sistema e il rispetto della propria natura calcistica. Borja Valero continua a sfruttare le sue caratteristiche e le sue qualità anche se in una collocazione diversa, dimostrando grande rapidità mentale e un enorme elasticità tecnico-tattica. Confrontando i dati statistici, parametrati su 90 minuti, riguardanti le tre stagioni da mezzala e questa da trequartista, non notiamo alcuna differenza sostanziale: anzi, in molti aspetti del suo gioco è migliorato.

Nelle ultime partite, per via dell'assenza di Badelj, Paulo Sousa ha impiegato Borja Valero anche come mediano o comunque in una posizione più arretrata. È ancora presto per capire se questa sia una soluzione momentanea dettata dall'emergenza oppure se il tecnico portoghese ha avuto sensazioni abbastanza positive da riproporlo con più continuità anche in futuro, magari in coppia con il croato.

Oltre allo sviluppo tattico, durante la scorsa estate, a 30 anni e con quasi 10 anni di calcio giocato ad alto dispendio energetico, ha avuto la lucidità di sottoporre il proprio fisico a una dieta low-carb che gli ha permesso di perdere peso sacrificando anche massa muscolare, tutto a vantaggio di freschezza atletica, agilità, fluidità dei movimenti e dinamismo. Un lavoro sul proprio corpo abbastanza estraneo al mondo del calcio, più vicino ad uno sport come il basket.

Abilità

Borja Valero ha una predisposizione naturale a mettersi nelle condizioni di ricevere il pallone. Il suo continuo movimento è sempre finalizzato alla creazione di linee di passaggio e soluzioni da offrire ai compagni. Spesso si allarga per dilatare le distanze tra gli avversari, altre volte si muove in appoggio oppure crea luce tra le linee. Nonostante sia un calciatore fortemente dinamico e di smarcamento, predilige la ricezione statica o semi-dinamica. Se deve attaccare in verticale senza palla per ricevere sulla corsa preferisce gli spazi più bassi – contro la difesa avversaria – alla profondità alle spalle della linea difensiva.

Quando riceve il pallone riesce a calibrare la giocata successiva anche in condizioni difficili, in spazi stretti e chiusi, raddoppi di marcatura o in equilibrio precario.

La qualità dei tempi di smarcamento e l'attitudine a fraseggiare, per diventare un valore significativo, devono essere soprattutto con la padronanza di due fondamentali: lo stop e il passaggio. Borja Valero controlla divinamente il pallone: lo stop è sempre pulitissimo e orientato verso la giocata successiva. Con la sua capacità di controllare il pallone anche in situazioni di difficoltà estrema riesce a infondere tranquillità e sicurezza al possesso palla della Fiorentina.

Fiorentina-Pacos de Ferreira. Uno stop del genere giustifica la visione di una partita del girone di Europa League.

Ogni grande giocatore ha qualche giocata speciale: Borja Valero riesce a unire controllo e passaggio con un movimento molto riconoscibile, nei pressi del limite dell'area avversario. Stoppa il pallone con il destro, usando il sinistro come piede perno alza leggermente all'indietro il destro - controllando visivamente sia il pallone che le linee di passaggio che si aprono intorno – e ruota leggermente su di sé come un compasso con dolci variazioni angolari. Sempre mantenendo fisso il sinistro sul terreno colpisce il pallone e serve il compagno in profondità. Una sorta di movimento in post basso nel basket.

E poi ci sono i passaggi. Più corti che lunghi, senza alcuna differenza verticali o orizzontali, aperti o filtranti, bassi o alti. Usa qualsiasi parte del piede.

In questa stagione nel numero totale di passaggi tentati e riusciti è dietro solo al terzetto del Napoli Jorginho-Hamsik-Albiol e a Bonucci, ed è secondo al solo Jorginho per precisione dei passaggi (89%) tra quelli che ne hanno effettuati almeno 1000.

Oltre a essere un'eccezionale passatore, Borja Valero possiede un'ottima conduzione di palla in corsa. Riesce a mantenere un movimento sempre fluido senza perdere il contatto col pallone e le distanze piede-palla. Il controllo in corsa è costantemente a testa alta e con un forte equilibrio: questo gli permette di poter sfruttare tutto il campo che ha di fronte a sé sia per servire i compagni che per continuare la corsa.

Lo skillset di Borja Valero gli permette di giocare praticamente in tutte le zone del campo con la massima efficacia. Siamo di fronte a una reinterpretazione del concetto di centrocampista box to box, solitamente legato alla quantità di cose che un calciatore sa fare ma che nel caso del giocatore viola è integrato con la qualità della produzione stessa. Lo spagnolo ha il dinamismo per proporsi come appoggio migliorativo al giro-palla difensivo, il palleggio per sostenere la manovra di centrocampo e la visione di gioco e la tecnica di passaggio filtrante per la finalizzazione nella trequarti avversaria.

La profondità del repertorio è tale da permettergli di alternare gesti tecnici “fondamentali” con altri più personali e caratteristici. Una sua particolarità è quella di armonizzare le giocate: dopo un controllo complicato preferisce alleggerire con semplicità, viceversa se ci sono le condizioni per una ricezione più semplice cerca una giocata successiva più difficile e rischiosa. Abbassare o alzare il grado di difficoltà dei gesti tecnici e delle scelte di gioco è fondamentale per non uscire mai dalla partita e per poter avere un impatto sempre positivo.

Tutte queste qualità fanno di Borja Valero un interruttore on/off di verticalità. Passare per lui significa trasformare tutta l'energia potenziale creata dai movimenti dei compagni in energia cinetica, aumentando il carattere dinamico della manovra e alimentando così il circolo virtuoso dei giocatori dinamici, come Borja, che alzano il livello delle prestazioni in sistemi dinamici.

Tirare fuori il meglio dagli altri

Borja Valero è ossessionato dalla capacità di aiutare i compagni di squadra. Quando in un’intervista rivela il suo idolo sportivo - Michael Jordan - non sottolinea la sua produzione offensiva e nemmeno le doti tecniche o fisiche. Borja Valero ammira principalmente due cose: “the clutchness” cioè la capacità di prendersi le responsabilità più importanti all'interno di un contesto sportivo di squadra - come ad esempio i tiri decisivi nel finale - e soprattutto la capacità di migliorare i propri compagni, di rendere il loro gioco migliore attraverso le proprie scelte. Questa ossessione contribuisce a renderlo uno dei migliori “facilitatori” della serie A.

«Ho amato Jordan al punto da giocare pensando: “Bisognerebbe essere come lui”. Anche se non mi è ancora mai capitato di uscire dal campo dicendomi: “Oggi sono stato un po’ Jordan”. Ancora no, un giorno chissà. (…) Tirava fuori il meglio dai compagni, li prendeva per mano anche se era in grado di vincere le partite e forse anche i campionati da solo, li esaltava: non c'è niente di più importante in uno sport di squadra, e ovviamente vale anche per il calcio».

L'inclinazione a rendere più facile il compito dei compagni è accentuata dalla ricerca di duetti, cioè dalla creazione di un allineamento ideale con un compagno, sia a livello dinamico – costruzione della superiorità numerica costante tramite lo smarcamento continuo - sia a livello posizionale come punto di riferimento. Nel primo anno alla Fiorentina, giocando quasi esclusivamente da mezzala sinistra, principalmente creava un asse con Pizarro; adesso la sua posizione di partenza più avanzata gli permette di farlo a turno con Badelj, Ilicic o Marcos Alonso, in base alla specifica zona di influenza e alla precisa situazione di gioco.

Essere un “facilitatore” si collega alle doti di passaggio. Borja Valero non è un passatore autoreferenziale, come lo sono Cassano e Pirlo, ad esempio. I loro passaggi sono tratti caratteristici, inimitabili e unici; si esaltano con il loro colpo migliore, il passaggio, anche quando sarebbe più utile per la squadra o più efficace un'altra soluzione. Borja Valero invece mette sempre e comunque al primo posto il potenziale vantaggio per i propri compagni: questo lo rende un “facilitatore” più completo.

Il dato sui key passes – 49 in stagione, secondo ad un solo passaggio chiave da Hamsik nella speciale classifica - è impressionante se rapportato con la precisione dei passaggi (89%). Un centrocampista che abbina un gioco verticale di livello altissimo a un istintivo altruismo e a una precisione elevatissima diventa un'arma tattica e tecnica devastante: nella partita contro l'Atlanta dello scorso ottobre, Borja Valero ha mandato al tiro i suoi compagni di squadra per 11 volte, record in una gara di serie A dal 2013.

Borja Valero non è un regista nel senso classico del termine. Fabio Barcellona, in un articolo sulla Fiorentina di Montella, lo ha definito come un “secondo regista”. Secondo regista sia in termini di “opzione” che di “tempo”. Perché era la seconda opzione nella costruzione della manovra dopo la ricerca del mediano, e diventava il regista della fase 2 della manovra offensiva, nella metà campo avversaria, che iniziava con la ricezione del mediano. È una definizione che può essere traslata dal particolare contesto del precedente corso tattico della Viola ed estesa al modo di giocare più generale di Borja Valero. Lo spagnolo non ha nelle proprie corde la capacità di dettare i tempi di gioco, non ha la predisposizione ad essere un punto di riferimento statico. Borja Valero segue i tempi della partita, si lascia trasportare dal flusso del match, assecondandone picchi e depressioni, alternando il gioco corto orizzontale ad improvvise ma ragionate folate verticali.

Conoscere i propri limiti

Nella sua carriera, Borja Valero ha costruito un range di soluzioni che delimitano le sue possibilità. C'è una territorialità tecnica nel suo modo di giocare, allo stesso modo di un cane o un gatto che marca il proprio territorio. Alla base di questa inclinazione c'è il tentativo di mettere in equilibrio la coscienza individuale delle proprie qualità e quello che i fattori esterni – compagni e avversari - percepiscono. Come dire che quello che gli altri pensano che tu possa fare ha la stessa importanza di quello che in realtà fai. Un repertorio vario ma ben definito è essenziale sia per i compagni di squadra che sono abituati a leggere la direzione delle scelte di Borja Valero e sanno cosa aspettarsi da lui – e quindi cosa fare per esserne agevolati - sia per gli avversari che conoscono i suoi pregi e spesso non riescono a limitarli. Allo stesso modo non uscire mai dall'insieme delle proprie possibilità, non cercare mai una giocata aliena alle proprie caratteristiche, lo ha reso un calciatore poco appariscente e incapace di trasmettere quella sensazione di stupore che si prova assistendo a qualcosa fuori dall'ordinario.

Il livello altissimo del controllo del pallone e della tecnica individuale gli permettono di essere praticamente invulnerabile al pressing individuale: non puoi lasciargli troppo spazio ma allo stesso tempo non puoi attaccarlo individualmente senza un'opportuna organizzazione collettiva. La gamma delle finte di corpo è essenziale ed abitudinaria ma funzionale al suo gioco, la gestione stessa dei movimenti corporei è elegante ma allo stesso tempo tremendamente efficace. Questo gli permette di avere sempre almeno un metro di spazio libero quando controlla il pallone. Chi invece osa andargli incontro istintivamente nella speranza di togliergli la palla viene preso sul tempo: Borja Valero non a caso è uno dei calciatori che cerca con più frequenza il tunnel ai danni dell'avversario diretto, un gesto tecnico che rappresenta la sublimazione del concetto di prendere in contro-tempo l'avversario.

L'avversario diretto ha due possibilità che portano però alla stessa conclusione: può concedere lo spazio che permette a Borja Valero di avere tempo per pensare la giocata successiva e di effettuarla, oppure può attaccarlo permettendo allo spagnolo di prenderlo sul tempo, saltarlo (o meglio evitarlo) e costruirsi lo spazio. E non è detto neanche che un raddoppio di pressione funzioni, perché Borja Valero è quasi sempre lucido negli spazi stretti e si costruisce almeno una linea di passaggio facile per scaricare il pallone e per poi muoversi per riceverlo di nuovo.

Nella prima parte di questa stagione è stata evidente la volontà di Borja Valero di colmare le sue lacune nella fase di finalizzazione diretta. Le partite giocate in posizione più avanzata lo hanno portato ad intensificare ma soprattutto a codificare i movimenti verticali senza palla all'interno dell'area di rigore, che comunque è sempre stato un tipo di movimento nelle corde dello spagnolo. Il filo conduttore delle reti realizzate fin qui è un approccio meno istintivo e più razionale ai tagli in area. Si muove negli ultimi 16 metri in modo più coordinato con i compagni rispetto alle passate stagioni, e quando decide di concludere a rete è svelto e rapido a guadagnarsi lo spazio tra sé e il difensore, cercando di restare lucido nella scelta di tiro.

La tendenza a controllare sempre il pallone, anche nei pressi o all'interno dell'area piccola, è tanto naturale quanto irreprimibile.

Da un punto di vista difensivo Borja Valero sembra trovarsi perfettamente a suo agio nell'organizzazione della Fiorentina di Sousa: è un difensore molto versatile, adatto a difendere in avanti e a offrire le giuste coperture preventive. La sua propensione a giocare insieme ai compagni in entrambe le fasi lo aiuta a mantenere le distanze corrette e a sfruttare i raddoppi di marcatura e la superiorità numerica. È anche molto bravo anche a portare un pressing individuale selettivo, per indirizzare il portatore di palla nelle zone di minore rischio. Sicuramente non possiede le doti fisiche per difendere in spazi larghi o in 1 vs 1 isolato, non ha un istinto difensivo particolarmente sviluppato e nemmeno un elevato senso delle letture difensive “pure”, ma anche da questo punto di vista è notevole come sia capace di gestire le proprie debolezze

Il dilemma della dimensione

Nella carriera di Borja Valero c'è un ricorrente punto interrogativo. Le “regole” del suo calcio, la sua qualità e il suo talento sono fattori che avrebbero potuto portarlo a giocare in contesti più ambiziosi? Adesso che Borja Valero sta lentamente uscendo dal prime della sua carriera quali sono le prospettive e quale può essere il giudizio su quello che vediamo andando a ritroso nella sua storia? Il dilemma della reale dimensione di un giocatore che, in un contesto sempre più schizofrenico e veloce nel dare giudizi (in un senso o nell'altro) non riguarda certo solo lui.

Un primo giudizio su Borja Valero è quello del “non abbastanza”. Non abbastanza cool da continuare a giocare nel Real Madrid dopo essere cresciuto nei blancos. Non abbastanza forte da competere davvero con i migliori centrocampisti delle generazione d'oro spagnola per un posto in Nazionale. Non abbastanza completo da poter essere considerato tra i migliori centrocampisti al mondo.

Per provare, però, a dare una risposta più profonda a quelle domande, dobbiamo ritornare a quella demistificazione del calciatore richiesta da Borja Valero. La scelta di Firenze e della Fiorentina – per il resto della sua carriera - è anche una forma di rigetto verso quel modello di calcio cometalent show perfettamente rappresentato dal Real.

Allo stesso modo, il giudizio di calciatore eternamente sottovalutato è un modo offensivo di considerare quello che lo spagnolo ha fatto e continua a fare: la storia di Borja semmai può aiutare a comprendere che anche nel calcio ci sia spazio per le vittorie piccole. Quelle vittorie che coincidono con le gioie personali: come giocare in una città che lo ha adottato e che ama, condividendo il sentimento con la sua famiglia. O come la possibilità di giocare con la maglia numero 10 della propria Nazionale in una terra particolarmente affascinante per lui come gli Stati Uniti.

O come portare alla vittoria la tua Nazionale, seppur Under-19, con un gol del genere al 92esimo (clutchness, per una volta Borja come Michael):

A dispetto, però, di qualsiasi vittoria o ambizione di successo, Borja Valero rappresenta un punto di riferimento: è riuscito a creare un legame empatico che trascende il livello calcistico, che umanizza, o rende più “umanistico”, lo sport.

Cosa può legittimare una carriera più di questo?

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