Di solito quando riguardo nei miei appunti ci trovo annotazioni su questioni tattiche, di struttura, oppure su connessioni tra due o più giocatori che hanno rotto l’equilibrio in un momento specifico. Qui, al 49esimo minuto di gioco, trovo solo scritto: “Che gol sarebbe stato”. L’azione è durata poco più di un minuto, in cui il Real Madrid ha fatto possesso eseguendo una delle richieste fatte da Ancelotti ai suoi giocatori a fine primo tempo: cercate di tenere di più il pallone.
Il City pressa il Real Madrid sul centro destra e lo spinge fino quasi alla propria area di rigore ma, per mantenere la superiorità in difesa su Benzema, lo fa comunque con un uomo in meno. Camavinga e Modric si sono scambiati di posizione ma anche se il francese scivola alle spalle della pressione è irraggiungibile per via dello schermo di Grealish, che chiude la linea di passaggio al croato. Quando la palla torna ad Alaba, però, Walker stringe comunque la posizione su Camavinga e libera Vinicius Jr. che può ricevere sulla linea laterale. Rodri dal centro stringe su Vinicius Jr. e così facendo libera Valverde che alle sue spalle può ricevere e portare palla verso la metà campo.
Saltata la pressione alta, il City si riorganizza nella propria metà campo. La squadra di Guardiola va a destra da Rudiger ma torna rapidamente a sinistra, il suo lato forte. Stavolta ci sarebbe la parità numerica (Valverde è rimasto a destra) ma basta che Kroos si alzi tra De Bruyne e Haaland affinché riceva libero di guardare in avanti. A quel punto si attiva la connessione Benzema-Vini Jr. sul lato sinistro. Dopo aver tenuto palla insieme con l’aiuto anche di Camavinga, e con Modric a supporto dietro, l'esterno brasiliano stringe improvvisamente, girando intorno a Benzema che fa cardine e riesce a restituirgli la palla, anche se sul brasiliano hanno provato a chiudere Rodri e Gundogan e lo spazio è minimo.
Ma - e qui entra in gioco l’imponderabile sintonia tra i giocatori del Real Madrid - allo scambio si è inspiegabilmente unito anche Carvajal. Che ci fa il terzino destro al limite dell’area avversaria, a sinistra? Vini Jr. di prima si appoggia su Carvajal che, tanto per rendere l’azione più interessante, chiude il triangolo con Benzema con una specie di tacco. Il City in questo momento è persino in superiorità ma non riesce a leggere nessuna delle giocate del Madrid abbastanza velocemente e solo una scivolata di Stones evita che il tiro di Benzema da dentro l’area di rigore finisca in rete.
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Potete riguardarla quest’azione, provare a studiarla e a scomporla come ho fatto io, ma non riuscirete a capire in che modo il Real Madrid è riuscito a superare la pressione e a penetrare il blocco difensivo del City. Controllo tecnico, certo, la capacità di giocare la palla in spazi minimi, di sfruttare ogni piccola apertura lasciata dal City (Walker che stringe su Camavinga); e poi la fluidità con cui si muovono attorno alla palla, la conoscenza reciproca che porta Carvajal, ad esempio, a capire, non appena Vini Jr. si muove verso l’interno, che ci sarà bisogno di un uomo su una linea più avanzata, e che quell’uomo non può che essere lui.
Questo Madrid mi ha fatto pensare a una cosa che ha detto Freddie Hubbard, trombettista, a proposito di Sonny Rollins, sassofonista: “Non si preoccupa del ritmo, non deve farlo”. Insieme avevano registrato uno dei capolavori della storia del Jazz, East Broadway Run Down. “Mi sembra che vada a un ritmo diverso ogni volta che lo ascolto. Non rimane mai nello stesso posto”, ha aggiunto Hubbard.
Quanto è diversa questa qualità nelle letture, questa naturalezza, dal gioco posizionale - altrettanto efficace se non, come nella prima mezz’ora, persino più efficace - del Manchester City; dai movimenti ad alzarsi di John Stones che, a volte, più che centrocampista aggiunto diventa trequartista, a proprio agio al limite dell’area avversaria, con la palla tra i piedi, quanto lo sarebbe un uomo che arrivato in ufficio si accorge di avere le pinne ai piedi.
Anche il City sa parlare la lingua del Real Madrid, quando vuole. Appena passato il 31esimo di gioco, con il punteggio ancora sullo 0-0, Vinicius Jr. prova a scappare a Rodri, che arpiona la palla e fa ripartire l’azione sul lato destro, dove Bernardo Silva e De Bruyne risalgono il campo con un doppio triangolo, chiuso dal portoghese con un tocco di esterno che pareva una diretta citazione di Modric che lo inseguiva (non era l'unico, sulle loro tracce c'erano anche Camavinga, Valverde e Kroos).
Ma sono stati momenti troppo brevi in una partita in cui la squadra di Guardiola sembrava soffrire il miedo escenico del Bernabeu anche quando controllava il pallone. Quando mai si è visto De Bruyne crossare da trequarti di campo con l’area di rigore vuota, senza guardare prima dove si trovava Haaland? Eppure lo ha fatto proprio ieri che è uscito dal campo col premio di Man Of The Match (ottenuto soprattutto grazie al grande gol con cui ha pareggiato il conto), intorno al quarantesimo minuto di gioco.
Poco dopo, Bernardo Silva dribbla Camavinga verso l’interno e serve Gundogan tutto solo sul lato destro dell’area di rigore. Gundogan alza la testa, vede lo sprint di Graelish tra Rudiger e Carvajal, e non vede Haaland rimasto solo sul dischetto del rigore. Il cross è teso e forte, troppo teso e troppo forte e sfila imprendibile davanti a Graelish. È mancato poco, in questo caso. Gundogan avrebbe potuto aspettare una frazione di secondo in più, mettere una palla più lenta, cercare Haaland. Ma il Real Madrid non ha dovuto fare niente per impedire il gol.
La superiorità del Madrid si vede per contrasto. Se le squadre avversarie sapessero attaccare come fa il Madrid probabilmente lo batterebbero, ma quanto è difficile creare questo tipo di sintonia, di connessioni?
Prendiamo il passaggio fantascientifico che Vinicius ha visto e tentato al 24esimo.
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Anzitutto il Real Madrid recupera palla sfruttando un errore in costruzione del City. Ruben Dias allarga il gioco su Kyle Walker con un lancio lungo, che non finisce in fallo laterale solo perché Walker colpisce la palla di testa all’indietro per Rodri. Lo spagnolo ci pensa troppo e pressato da Vinicius Jr. e Modric finisce per perdere palla. L'esterno brasiliano punta Stones e in area c’è Benzema che gli fa cenno, indicando lo spazio dietro a Ruben Dias. Difficilissimo da raggiungere, quasi impossibile.
Vini Jr. fa un paio di finte, potrebbe saltare Stones nella metà dello spazio che ha a disposizione verso la riga di fondo ma, invece, sceglie per una sterzata rapida e un cross forte e teso, che passi nello spazio tra Stones e Dias, e che scorra davanti ad Ederson, fino ad arrivare a Benzema sul secondo palo. Il cammello che passa per la cruna di un ago. E per poco non ci riesce, ancora una volta ci vuole un intervento miracoloso di un difensore del City, una scivolata di Ruben Dias, perché dal niente, o quasi dal niente, il Real Madrid segni un gol stupendo.
Chi ieri ha visto una superiorità della squadra di Ancelotti, l’ha vista in queste cose. Nella capacità di variare ritmo e di trovare le giocate individuali dove serviva. Nell'azione del gol che sembrava aver compromesso la partita definitivamente, per il City, Camavinga è partito quasi dall’altezza della propria area di rigore, scambiando con Modric - il solito esterno sublime - ed è arrivato al limite dell’area opposta. Vinicius Jr. ha segnato un gol apparentemente facile, non si capisce neanche se Ederson avrebbe potuto fare di più o se il tiro è semplicemente troppo secco e improvviso. “Non era neanche un’occasione, non una vera e propria, ma qui le occasioni possono nascere da ogni cosa”, ha commentato Sid Lowe sul Guardian.
Vinicius Jr. è sempre l’esterno più forte al mondo, quello che a partita quasi finita prova una bicicletta su un difensore veloce come Walker (e, ancora, per poco non gli riesce); Toni Kroos e Modric due leggende viventi; Rodrygo sembra improvvisamente diventato un attaccante totale, capace di fare tutto; ma nessuno tra i giocatori di Ancelotti ha giocato benissimo. Karim Benzema, anzi, persino malino a mio giudizio.
Per tutta la prima parte di gara il Real Madrid ha lasciato la palla al City, non l’ha pressato, ha concesso occasioni che sarebbero potute costargli caro, eppure la squadra di Guardiola con un attaccante da più di 50 gol in una stagione avrebbe perso la partita se non fosse stato per un gesto tecnico piuttosto eccezionale del suo giocatore migliore. C’è voluto il colpo di genio e, ancora, il City l’ha chiusa soffrendo. Sono usciti dal campo soddisfatti, ottimisti per il ritorno.
Quanto cambiano le cose in un solo anno: la passata stagione, quando il Real Madrid ha eliminato il Manchester City la partita di andata era finita 4-3 per la squadra inglese e, anzi, era un risultato che andava loro stretto. Al ritorno sono stati in vantaggio di due gol fino al novantesimo. Ne hanno presi 3 nei cinque minuti di gioco successivi. In quel caso però si era giocato il ritorno a Madrid e c’è del realismo nel modo in cui il City oggi si accontenta di essere uscito dal Bernabeu con un 1-1. Le cose potevano andargli peggio. E di solito le cose, al Bernabeu, vanno nel modo migliore possibile per il Real Madrid.
Forse niente rappresenta meglio il cambiamento del contesto della prestazione di Rodrygo. Lo scorso anno è entrato a fine partita e l’ha cambiata con due gol. Sembrava essersi specializzato nel ruolo di finalizzatore, con i suoi tagli in area e la tecnica minimale. Adesso è presente nel gioco del Madrid quanto lo sono Vinicius Junior e Benzema, con una capacità di tenere palla anche sotto pressione, di dribblare e scambiare coi compagni in spazi strettissimi, che lascia col fiato sospeso a volte (come al 63esimo, quando se ne è andato con una croqueta ad Akanji).
Rispetto allo scorso anno Ancelotti ha aumentato il tasso tecnico e le connessioni: ha rinunciato alle coperture di Casemiro e ha arretrato Valverde in mezzo al campo; ha spostato nel ruolo di terzino un centrocampista centrale tecnico e ragionatore come Camavinga, che al Rennes giocava con la 10 sulle spalle: chi ha bisogno di terzini “registi” come Cancelo o Zinchenko quando si può mettere direttamente un regista a terzino?
Nel frattempo Guardiola ha cambiato quasi tutto. Ha alzato Bernardo Silva sull'esterno e aggiunto Gundogan a centrocampo, ha messo Grealish al posto di Foden e tolto Mahrez dall’undici titolare. Ha messo nel ruolo di terzino sinistro, doveva avevano giocato Cancelo al ritorno e Zinchenko all’andata, appunto, un difensore centrale come Akanji. Ha aggiunto Haaland e sostituito Laporte con Stones (che all’andata lo scorso anno aveva giocato terzino destro, in assenza di Walker) a cui ha chiesto di aggiungersi a centrocampo per aumentare l’aggressività in fase di recupero. Il classico, cervellotico, mai esausto, Guardiola, alla ricerca della macchina perfetta.
Il City ha bisogno di giocare a un ritmo alto, sempre, di rubare palla e farla girare veloce, di restringere il campo ai suoi avversari e di sfruttare gli spazi profondi con Haaland lanciato alla massima velocità come uno dei quattro cavalieri dell’Apocalisse a cavallo. E con il Real Madrid non ci è riuscito: ha giocato al loro ritmo, nei loro spazi, con e senza palla, forse intimorito dalla cornice, forse ancora traumatizzato dallo scorso anno.
Non sono lontani dal riuscirci, per carità. Al ritorno gli basterà giocare meglio di come hanno giocato ieri - malino, soprattutto dal punto di vista tecnico - per inclinare il piano della partita a proprio favore, per giocare al proprio ritmo e liberare Haaland in campo aperto. Gli strumenti li hanno, Guardiola e i suoi, tutto dipende da come li sapranno suonare. Per ora, dopo novanta minuti, la musica più armoniosa, brillante, libera, vitale, è quella del Real Madrid.