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Emiliano Battazzi
Analisi Mondiali: Brasile - Croazia
13 giu 2014
13 giu 2014
Anche se il Brasile resta il favorito per il titolo, dopo l'esordio di ieri contro la Croazia mette un po' meno paura. La vittoria è arrivata anche grazie agli errori di Kovač e di Nishimura.
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Emiliano Battazzi
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I PENSIERI DELL’ESORDIO Fare l’allenatore della vittima predestinata nel giorno dell’esordio contro il Brasile padrone di casa non deve essere una cosa semplice. Camminare in giro nell’albergo del ritiro, forse senza neppure aver dormito, pensando alla formazione, alle contromosse, alle dinamiche di gioco. La Nazionale croata era data per spacciata, e c’era anche chi parlava di possibile umiliazione. Niko Kovač allora ha deciso di giocarsela sul serio, e ha inserito i tre giocatori di classe della sua squadra, senza preoccuparsi troppo di avere uno schermo davanti alla difesa. Non deve essere stato facile neppure essere il numero 10 del Brasile, erede di una tradizione immensa, con il tuo Paese e tutto il mondo che guardano, immaginando che sarai tu a risolvere la partita, e magari mentre passeggi nella hall ed ascolti la musica con le tue cuffie, pensi che il calcio però è un gioco di squadra e non è giusto caricare di responsabilità un solo giocatore. Neymar poi è sceso in campo e ha deciso di eliminare ogni dubbio, da subito, e dimostrare che è un fuoriclasse che sa prendersi le responsabilità che gli spettano, a soli 22 anni. Brasile-Croazia, partita di apertura del Mondiale, chissà quanti pensieri s’è portata via. GLI SCHIERAMENTI Il Brasile di Felipe Scolari è sceso in campo con il classico 4-2-3-1 finora utilizzato, con i soliti undici: due pivot difensivi davanti alla difesa (Luiz Gustavo e Paulinho) e i due esterni di attacco (Oscar e Hulk) che provano i tagli verso il centro, liberando spazi per gli inserimenti dei terzini, Dani Alves e Marcelo, sempre molto alti sul campo. La novità è costituita dalla posizione di Neymar, che solitamente parte dalla sinistra per tagliare verso l’interno ma contro la Croazia gioca dietro Fred, al centro, forse per sfruttare il buco davanti alla difesa dei croati, forse per liberarlo dai compiti difensivi che avrebbe avuto se avesse giocato sulla fascia. Hulk a sinistra finisce spesso vicino a Fred, quasi da seconda punta, mentre Oscar si posiziona sulla destra, dove giocherà una splendida partita, anche grazie alle difficoltà di Vrsaljko fuori posizione. Anche la Croazia ha scelto il 4-2-3-1, con la particolarità del “triangolo magico” di centrocampo: Modric e Rakitic nella propria metà campo a impostare, con il ventenne Kovacic dietro l’unica punta Jelavic, che sostituisce lo squalificato Mandzukic. Sulla fascia sinistra c’è Vrsaljko, che abitualmente nel Genoa gioca a destra, adattato a causa dell’infortunio di Pranjic. È una formazione piuttosto spregiudicata, ma l’allenatore croato ha capito di dover puntare sul talento: non sarà un centrocampista difensivo in più a salvarlo, e anzi la partita dimostrerà l’esatto contrario. Niko Kovač è un personaggio particolare: nato e cresciuto in Germania ma giocatore storico della Nazionale croata con ben 83 presenze, è il secondo allenatore più giovane del Mondiale ma soprattutto il meno esperto: solo 10 panchine in partita tra Under 21 e Nazionale maggiore, e fino a ieri nessuna sconfitta. È giovane, inesperto, ma ha le idee chiare e confida molto nello studio del calcio per ottenere un vantaggio sull’avversario: seguace del professor Schöllhorn dell’Università di Mainz (che ha collaborato con Klopp e con il Barcellona) e del suo differential training (ogni giocatore è un pezzo unico da allenare in modo diverso, a livello fisico, tattico e tecnico), sulla sua scrivania si depositano montagne di statistiche.

Olic avrà anche 35 anni, ma il suo lavoro sulla fascia è stato continuo: suo il cross su cui Marcelo fa autogol, ma anche molta copertura difensiva (ben 5 tackle, recordman insieme a Srna). Il triangolo blu nella parte delle giocate difensive indica un errore che ha portato a un gol avversario.

LA PARTITA Le cose sembrano mettersi subito bene per la Nazionale croata: il Brasile non parte all'arrembaggio come sempre era accaduto nelle partite di Confederations Cup, dove andò in vantaggio in 3 partite su 5 entro i primi dieci minuti. Il Brasile inizia a far girare il pallone in ampiezza senza trovare spazi, e senza forzare. Nel frattempo, invece, la Croazia trova subito il canale giusto, sulla sinistra, con Dani Alves in grande difficoltà, e allora comincia a giocare sempre su quella fascia: oltretutto l’eterno Olic (35 anni e 47 infortuni in carriera – 47!) sembra in forma smagliante. Il Brasile non se ne accorge ma cade nella trappola dei croati, ben contenti di lasciare il possesso agli avversari e di attendere con una linea difensiva bassa, per non concedere spazi e profondità alle tre mezzepunte brasiliane. La Croazia difende con un ordinato 4-4-2, anche questa una sorpresa: Kovacic rimane sempre vicino alla punta, mentre i due esterni offensivi coprono le fasce, e nessuno tra Modric e Rakitic scivola a coprire la linea difensiva; così tutte le linee di passaggio in verticale sono chiuse per il Brasile che non riesce a creare gioco ed è spesso costretto a ritornare nella propria metà campo. Nei primi minuti, Scolari riceve una serie di avvertimenti: nelle transizioni offensive la Croazia va veloce, e i due playmaker Rakitic e Modric cercano sempre diagonali offensive verso gli esterni. Prima un cross basso di Olic, che era andato via sulla fascia sinistra, viene respinto dalla difesa; poi dall’altro lato anche Perisic va in transizione offensiva per servire Olic sul secondo palo. Alla fine, dopo 11 minuti, ecco il gol, con la stessa dinamica: ancora Olic dalla sinistra con un cross rasoterra per Jelavic, e ci pensa Marcelo a portare in vantaggio la Croazia. La partita non cambia granché, il Brasile continua ad avere difficoltà, anche se a volte riesce ad allungare la Croazia e così a creare spazio tra la linea difensiva e quella di centrocampo. Proprio da quello spazio nasce il pareggio di Neymar: i tre centrocampisti croati vanno inspiegabilmente sullo stesso pallone, e perdono il contrasto. Il numero 10 brasiliano ha campo e tempo per mirare, e il portiere Pletikosa non stacca bene da terra (in tutti i gol, in realtà, sembrerà molto statico, quasi pachidermico). Il Brasile ha spesso provato a riconquistare il pallone nella trequarti avversaria, e quindi il pareggio non è stato proprio casuale. Anche in questo caso è stato fondamentale Oscar, che ha giocato una partita incredibile anche dal punto di vista difensivo con ben 4 tackle e 3 anticipi.

La differenza di qualità individuale è abbastanza netta.

ERRORI DECISIVI Nel secondo tempo, il Brasile prova a crearsi gli spazi, visto che non li trova: lascia cioè per un periodo il pallino del gioco alla Croazia, che in effetti comincia a ragionare di più con Modric e Rakitic, ma soprattutto fa salire i terzini Srna e Vrsaljko. Non c’è più il pressing forsennato del primo tempo. Ciò nonostante, la Croazia si mantiene ordinata sul campo e non corre troppi pericoli. Almeno fino a quando Kovač abbandona la sua sfrontatezza e decide di diventare più prudente: entra Brozovic, centrocampista difensivo, al posto di Kovacic. A me era sembrata una buona mossa per liberare Rakitic dei compiti difensivi e sistemarlo sulla trequarti. Invece, dietro la prima punta Jelavic va proprio il nuovo entrato, in un ruolo da incursore (come Perrotta con Spalletti). Il Brasile non impostava l’azione con i due pivot, e quindi l’idea di mettere un corridore in pressing è sembrata piuttosto inutile, oltre che difficile da capire. Scolari intuisce subito l’opportunità, e prova con Hernanes, al posto di Paulinho, ad aumentare la qualità della circolazione di palla e ad avere un’ulteriore risorsa sui tiri da fuori. La Croazia adesso si abbassa in modo anche disordinato, creando spazio tra le due linee. Il Brasile però continua a seguire il solito copione: i due terzini attaccano molto (soprattutto Dani Alves, mentre Marcelo sembra più un interno di centrocampo, in fase offensiva; ma di Dani Alves va detto che ha limitato il suo gioco a prendere palla molto in alto e tagliare verso il limite dell'area senza mai scendere sul fondo), ma per il resto non si vedono molte idee. I quattro davanti sembrano puntare più su combinazioni individuali, sperando che qualcosa di buono succeda. In effetti, qualcosa succede, ma loro c’entrano poco o niente: l’arbitro Nishimura si ricorda dell’antica amicizia nippo-brasiliana (in Brasile vive la più grande comunità giapponese al di fuori del Giappone) e fischia un rigore per fallo di Lovren su Fred, appena sfiorato. Sebbene Lovren sia riconosciuto in patria come una calamità in area, questa volta non ha fatto quasi nulla. Dopo il secondo gol di Neymar, la Croazia prova a reagire aumentando il gioco in ampiezza: i terzini si sovrappongono sempre, soprattutto Srna, ma il Brasile adesso aspetta con una linea difensiva bassa, ben contento di far partire dei contropiede rapidi, probabilmente la migliore arma a sua disposizione anche se non lo vuole ammettere. Nel frattempo, sfrutta benissimo gli spazi a centrocampo: la Croazia si è allargata in orizzontale, lasciando necessariamente più campo al centro, e il gol di Oscar nasce proprio da questa situazione. Al momento in cui il numero 11 del Brasile calcia verso la porta, nessuno dei tre centrocampisti croati è nelle vicinanze.

Non è solo l’impressionante percentuale di dribbling riusciti (quasi il 70%), è che Oscar ha anche lavorato molto in fase difensiva: sia nella trequarti avversaria (due tackle), che nelle propria metà campo (2 tackle). Aggiungeteci anche il bellissimo gol che chiude la partita e avrete il Man of the Match.

CONCLUSIONI Il Brasile ha vinto la partita dell’esordio ed era forse l’unica cosa importante. Però questa vittoria potrebbe essere meno positiva per il morale di quanto possiamo pensare. La squadra di Scolari ha mostrato molte debolezze, alcune risapute (i problemi nelle transizioni difensive, con i due terzini così alti), altre invece meno (la difficoltà delle mezze punte di creare gioco). Persino alcune certezze hanno cominciato a vacillare: la coppia di difensori centrali Thiago Silva-David Luiz è sembrata molto a suo agio con il pallone tra i piedi; è stata molto più traballante, invece, quando ha dovuto affrontare verticalizzazioni a palla scoperta, e persino nel difendere i cross dall’esterno. È come se ieri ci fosse stato un grande ricevimento a casa di un personaggio illustre, ritenuto da tutti di grande carisma. Gli ospiti però l’hanno visto litigare con il personale di servizio e persino con le figlie, e sono tornati a casa con l’impressione che quel personaggio non sia poi così grande e illustre. Adesso lo sanno tutti: questo Brasile è il favorito per la vittoria finale, ma non è affatto una squadra imbattibile.

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