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Valentino Tola
Analisi Mondiali: Olanda - Cile
24 giu 2014
24 giu 2014
L'ultimo match del gruppo B è stato equilibrato e di altissimo livello tattico. Forse anche troppo, di talento in campo se ne è visto poco e non è stata una grande partita di calcio.
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Valentino Tola
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INTRODUZIONE Sarà il Cile a doversi sorbire il Brasile. Questo il verdetto di una partita di altissimo livello tattico che però non è stata una grande partita di calcio. L’esaltazione della tattica nel senso più ristretto, troppo ristretto: come semplice spostamento di pedine da una parte all’altra del campo, mai come capacità dei giocatori di creare situazioni interessanti col pallone tra i piedi. In fondo, giocandosi sempre undici contro undici e rimanendo sempre quelle le dimensioni del campo, le mosse e contromosse possibili prima o poi si esauriscono: rimane solo il talento a poter rendere ogni partita diversa da tutte le altre. Il talento visto ieri non era abbondante, decisamente. PRIMO TEMPO Se uno come Louis van Gaal decide di giocare cedendo il pallone all’avversario, vuol dire che è molto probabile che non ci siano le condizioni per fare altrimenti (soprattutto a partire dall’infortunio di Strootman). Detto questo, il sistema difensivo della sua Olanda è piuttosto raffinato. Già nella prima contro la Spagna avevamo visto una specie di marcatura a uomo nella zona, coi giocatori che più che mantenere la distanza giusta dal compagno di reparto seguono l’avversario più vicino (sistema che richiama quello di Bielsa all’Athletic Bilbao). Con due soli mediani nel 5-2-3 (o 5-2-1-2 a seconda della posizione di Sneijder), spesso anche un difensore esce dalla linea arretrata a marcare un trequartista. Contro i palleggiatori spagnoli ciò aveva creato qualche scompenso nel primo tempo (una volta che Iniesta e Silva ricevevano, per il marcatore uscito dalla difesa era troppo tardi e dietro di lui si apriva un buco), ma contro il Cile il sistema si dimostra già più compatto: prima perché il Cile non ha come la Spagna tanta qualità tra le linee per tenere palla, proteggerla, chiamare fuori il marcatore e creare il buco; poi perché anche se un difensore esce dalla sua zona per seguire l’avversario, il blocco olandese nel suo complesso è molto corto e quindi la copertura del compagno resta comunque molto vicina. Il blocco olandese è corto perché il sistema è misto: le marcature “a uomo nella zona” scattano solo nella trequarti difensiva olandese: Robben e Lens sono le due punte e si limitano a presidiare il cerchio di centrocampo, non allungando mai la propria squadra nel tentativo di seguire i tre difensori cileni (sempre Gato Silva, Medel e Jara) che impostano; di Marcelo Díaz, la chiave del gioco cileno, si occupa invece chi a turno capita fra Sneijder, Wijnaldum e (più raramente) de Jong, sempre rispettando la regola di seguirlo solo fino al cerchio di centrocampo.

Tre difensori cileni lasciati liberi di impostare, ma Díaz non è lasciato libero di ricevere e girarsi. Chi capita nella sua zona lo segue fino al cerchio di centrocampo.

Bloccato Díaz, il Cile ha campo libero coi tre difensori ma ribadisce carenze già intraviste con la Spagna. Due alternative, visto che non si può passare dal centrocampo: o il lancio lungo alle spalle della difesa olandese, o la palla diretta sugli attaccanti, in particolare su Alexis Sánchez, che viene incontro a ricevere il pallone, liberato dal movimento dei centrocampisti che scattano avanti per creargli lo spazio, perché i giocatori cileni sanno sempre cosa fare quando non hanno il pallone, ma un po’ meno quando l’hanno. Vista la defezione di Díaz, Alexis con un’apprezzabile dimostrazione di personalità si propone come leader della manovra: il blaugrana si agita, si dimena, frulla le gambe come un esagitato, è un po’dappertutto ma non è che vada da molte parti. Va detto che il sistema cileno rispetto a quello del Barça ne tollera molti di più di errori tecnici, anzi in alcuni casi li incentiva persino, se servono a rendere ancora più frenetica la sequenza verticalizzazione—palla persa—pressing—nuovo attacco, ma l’Olanda detta le condizioni di una partita nella quale il Cile non può far valere la frenesia e, pur in una prestazione individuale non disprezzabile di Alexis, ne emergono comunque le carenze di tempi e visione di gioco.

Robben e Lens intorno al cerchio di centrocampo, il resto a uomo. Il Cile scambia le posizioni dei suoi centrocampisti per liberarne uno davanti alla difesa ma niente da fare. Guardate dov’è finito Sneijder in questa azione! Kuijt terzino sinistro a tutti gli effetti.

La partita rimane equilibrata perché il Cile non indugia nel palleggio a centrocampo ed evita errori che scatenino Robben (a parte un paio di situazioni inquietanti che l’indemoniato giocatore del Bayern comunque prima o poi deve creare), e perché comunque l’Olanda ripiega davvero tanto: sulla sinistra Kuijt è a tutti gli effetti un terzino speculare a Janmaat sulla destra, e Daley Blind, il vero geometra di quest’undici (de Jong e Wijnaldum non hanno capacità per dettare i tempi), rimane forse troppo sacrificato come terzo difensore centrale. Magari alzando Kuijt per disturbare assieme a Lens e Robben i tre difensori cileni ci sarebbe stato più spazio anche per Blind, ma la strategia del rischio minimo scelta da van Gaal (negare lo spazio tra le linee e alle spalle della difesa ai piccoletti cileni) alla lunga ha pagato. SECONDO TEMPO Nella ripresa Sampaoli prova mischiare le carte, Beausejour, ala sinistra, per Gutiérrez, mezzala: ora tre punte pure. Beausejour e Alexis allargando Vlaar e Blind potrebbero creare spazio, ma in realtà il 3-3-1-3 proposto ora da Sampaoli ha solo due riferimenti a centrocampo, Díaz vertice basso e Aránguiz vertice alto. Troppo pochi, e un difensore di troppo, ancora di più vedendo quanto poco hanno approfittato i tre della retroguardia cilena dello spazio lasciato loro dall’Olanda per impostare. L’ingresso di Valdivia, il fantasista di questo Cile, per il Gato Silva, è quindi più che logico, ma avviene forse tardi, al 70esimo. Depay per Lens aggiunge qualità al contropiede olandese, e approfittando della debolezza cilena (fisica ma anche tattica) sulle palle inattive, gli oranje passano all’incasso.

Il Cile dopo il cambio di Beausejour: allarga il gioco ma non crea vantaggi al centro. Forse 25 minuti di troppo giocando così.

CONCLUSIONE Vedendo Robben galoppare così libero, vedendo le marcature a uomo, il contropiede e il rifiuto del possesso-palla mi viene da sorridere pensando all’epoca in cui van Gaal allenava il Barcellona, Rivaldo giocava a sinistra e si dichiarava prigioniero tattico di un uomo che per la sua scarsa flessibilità i “Guiñoles” di Canal+ raffiguravano come un muro di mattoni parlante. E invece Louis van Gaal non smette di meravigliare.

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