La Nigeria era l’unica squadra a reti inviolate in tutto il Mondiale e visto che aveva incassato solo 4 gol nelle qualificazioni (su 8 partite) si poteva addirittura pensare che la difesa nigeriana fosse la migliore del mondo: per passare da seconda nel girone F le bastava un pareggio.
L’Argentina delle prime due partite, poco fluida e senza troppe idee, sembrava avere un po’ di problemi nel creare gioco, ed era andata in gol solo con Messi: per arrivare prima nel girone le bastava un pareggio.
Insomma lo 0-0 squallido sembrava dietro l’angolo. Poi invece succede che lo streaming funziona, la partita si accende subito, e rimani incollato davanti al pc (o alla tv).
C’è chi ha bisogno del bunjee jumping o di lanciarsi con il paracadute per provare delle emozioni forti e una scarica di adrenalina. C’è chi ha bisogno di vedere giocare Messi. Dopo questa partita, Lionel è capocannoniere del Mondiale con 4 gol (insieme a Neymar), si è caricato la squadra sulle spalle (finora oltre a lui ha segnato solo Rojo, il terzino sinistro), eppure non ha ancora dimostrato niente: è il tremendo destino dei favoriti, che entrano davvero nel Mondiale solo a partire dagli Ottavi. Forse Messi è partito troppo forte, e cosa succederà quando l’Albiceleste dovrà giocare contro l’Olanda o il Brasile? Nessuno ricorda le prime 4 partite di Paolo Rossi nel 1982, perché segnò 6 gol nelle ultime tre. Rimane il fatto che Messi si è sbloccato subito, e se non fosse andato in gol sin dall’inizio sarebbe stato un inferno a livello mediatico. In ogni caso, spero che sulla trequarti, con il pallone incollato al piede sinistro, possa continuare a farci sentire tutti legati alla corda del bungee jumping, fino a quando il Mondiale brasiliano dovrà per forza di cose terminare (poveri noi).
FORMAZIONI
La Nigeria è scesa in campo con uno schieramento quasi audace, che ricalcava quanto visto nelle prime due partite. L’allenatore Stephen Keshi, nigeriano, artefice del miracolo Togo del 2006 (lui lo portò ai Mondiali, ma il Togo non portò lui: preferirono affidare la squadra ad un allenatore tedesco, era più cool, visto che i Mondiali si giocavano in Germania), ha scelto di mantenere l’identità di gioco della squadra e non aumentare la copertura al centro del campo: le Super Aquile hanno adottato un 4-2-3-1 abbastanza scolastico ma efficace, con la doppia copertura davanti alla difesa (Mikel del Chelsea e Onazi della Lazio), e con 3 mezzepunte dietro il centravanti Emenike, molto mobile. L’unica novità è un cambio di posizione sulle fasce: Babatunde nel ruolo di incursore centrale, mentre Musa, il giocatore più veloce tra i 22 in campo, parte sulla fascia sinistra, con il compito di attaccare sempre la profondità dietro Zabaleta. Ci riuscirà benissimo.
L’idea della Nigeria è abbastanza semplice: linea difensiva bassa, scarsa pressione nella metà campo avversaria, ma appena il pallone entra nella propria metà campo grande pressing con Onazi e Mikel, per poi verticalizzare immediatamente verso il centro o verso gli esterni.
L’Argentina, dopo il cervellotico 3-5-2 dell’esordio con la Bosnia, è ritornata al classico 4-3-3, che sarebbe una sorta di 4-3-*-2, e l’asterisco sta per Messi, che letteralmente non ha una posizione in campo, e siccome gioca sia sulla destra sia da centravanti sia da regista, facciamo finta che in media giochi da trequartista. Siccome nel calcio bisogna che quegli 11 che rincorrono la palla (eh sì, durante i Mondiali questa frase vi passa per le orecchie molte più volte del solito) siano organizzati, la libertà assoluta di Messi va a discapito di diversi altri. Uno per tutti, Higuaín, che mi ha ricordato il Delvecchio faticatore della Roma di Capello: solo che il numero 9 argentino è un bomber di razza (180 gol in carriera) dai piedi buoni. Si conferma quindi che Higuaín rappresenta pienamente l’evoluzione del centravanti, capace di far tutto con grande qualità, costantemente in movimento per aprire la difesa avversaria. Anche Di María deve svolgere un triplo lavoro (attaccare sulla fascia, inserirsi dietro la linea difensiva e pressare sul primo possesso avversario), ed è il classico “todocampista” che finisce la partita stremato. È lui il giocatore chiave dell’Argentina, che altrimenti sarebbe quasi sempre spezzata in due.
LA PARTITA DEGLI ERRORI
Lo spettro del sonno e della noia che girava intorno allo stadio di Porto Alegre prima della partita è stato immediatamente catturato dai due Ghostbusters Di María e Messi, con la significativa partecipazione della squadra nigeriana, quasi per intero. Il numero 10 argentino, infatti, al secondo minuto, riceve un pallone a metà campo, e subito si ritrova in una gabbia di 4 avversari nigeriani. Fa la cosa più facile: la passa subito dietro per Mascherano, che si accorge di uno strano movimento sulla fascia sinistra, e manda il pallone lì, sui piedi di Di María, completamente solo. Per motivi sconosciuti a noi profani del gioco, il terzino destro Ambrose si era avvicinato ai due difensori centrali, in una sorta di bizzarra difesa a tre, lasciando la fascia scoperta; Odemwingie, l’ala destra, si era già arresa, e aveva abbandonato l’idea di poter fare la fase difensiva forse già dal tunnel degli spogliatoi. Risultato: l’uomo chiave argentino attacca la profondità dietro al suo avversario, entra in area da solo, tira e colpisce il palo. Ne scaturisce un rimpallo sulla nuca del portiere Enyeama e un’incertezza che sembra infinita, fino a quando Messi si scaglia sul pallone con una violenza forse mai vista prima, e chiude il siparietto comico nell’area nigeriana. 1-0, palla al centro e pareggio della Nigeria.
La confusione nella difesa nigeriana è talmente grande che non riesco a capire dove sia finito il terzino sinistro e neppure gli scarpini colorati mi aiutano. Mascherano sta per passare il pallone verso Di María, in basso a sinistra, che ha tanto campo davanti a sé. Messi, che vedete nella gabbia dei 4 nigeriani, arriverà in area giusto in tempo per segnare.
L’Argentina, infatti, nel tentativo di chiudere subito la partita, era ripartita all’attacco. Persa la palla davanti l’area nigeriana, e con 4 uomini ormai saltati (i tre attaccanti più Di María), Mascherano prova ad attaccare il possesso avversario invece di aspettare. Viene ovviamente saltato di netto dall’avversario in corsa, e la difesa si ritrova in un pericoloso 3 contro 3 (Rojo non ha il passo giusto per coprire tutta la fascia): a quel punto Zabaleta si accentra, lasciando libero Musa sulla sinistra, che riceve il pallone, se l’aggiusta sul destro e pareggia. In questa azione si evidenziano diversi problemi strutturali argentini: la divisione tra l’attacco e tutto il resto della squadra; la difficoltà del centrocampo nel recuperare palla (a parte Mascherano, che però sbaglia il tempo dell’uscita); la difficoltà dei due terzini nelle transizioni difensive; infine, il portiere Romero, che stacca da terra in ritardo e si posiziona male (il gol è molto bello, ma Musa poteva tirare solo ed esclusivamente sul secondo palo).
L’Argentina vuole vincere ma ha sempre difficoltà nell’impostazione di gioco. In particolare, non aiuta l’allergia per le fasce: i tre davanti giocano vicinissimi in zona centrale, forse giustamente, con l’obiettivo di creare triangolazioni strette, teoricamente imprendibili per qualunque avversario. Solo che Agüero mi sembra un po’ fuori da questo gioco, almeno per il momento, e la sua sostituzione è decisiva in positivo.
In questa azione, Messi, Agüero e Higuaín giocano così vicini da coprire visivamente persino il pallone. L’idea è giusta ma nelle prime partite ha funzionato male.
Si sapeva da tempo, che qualcosa nel tridente offensivo poteva essere ritoccato, e forse il CT Sabella nella sfortuna ha trovato la soluzione: Agüero è uscito per infortunio ed è entrato Lavezzi, che è in effetti un equilibratore del gioco per l’Argentina. Riesce a coprire sulla fascia destra (spesso incustodita, visto che Messi poi si accentra), riesce a dare più ampiezza al gioco e anche più profondità. Gli manca il fiuto del gol, ma il gioco della squadra sembra migliorato.
L’Argentina ha appena perso palla, e attacca ferocemente l’avversario (il terzino sinistro) per riconquistarla: subito, davanti all’area nigeriana. Difende in attacco perché Sabella sa che nella propria trequarti l’Argentina è troppo debole. In questo caso, non ci sono linee di passaggio facili per il difensore nigeriano che infatti la passerà al portiere, poi costretto al lancio lungo.
Ormai sul finire del primo tempo, Messi ci lancia tutti con il paracadute, regalandoci una scarica di adrenalina con quella punizione pennellata il cui obiettivo sembra quello di carezzare la rete alla sinistra di Enyeama. L’Argentina vince 2-1 alla fine del primo tempo.
A volte l’Argentina si spezza in due e per superare il centrocampo, che non sa bene come posizionarsi, basta un passaggio in verticale: qui si formerà un pericoloso 3 vs 4.
Il secondo tempo inizia come il primo, cioè con tanti errori: passa un minuto e pareggia la Nigeria. Nell’intervallo l’allenatore Keshi deve aver sottolineato le carenze della fase difensiva argentina: giocare con ampiezza, attaccare la profondità sulle fasce, e posizionare almeno un uomo tra le linee. Siccome Garay e Fernández hanno difficoltà di impostazione, la Nigeria accenna anche un pressing altissimo, e almeno in avvio sembra la mossa giusta.
Il gol della Nigeria mostra di nuovo le preoccupanti lacune difensive argentine: a difesa schierata, Emenike riceve un pallone spalle alla porta. Garay sbaglia il tempo dell’intervento; lui e Fernández sono vicinissimi, ma Rojo, il terzino sinistro, non capisce che deve fare la diagonale. Si apre uno spazio immenso in zona centrale, che neppure Mascherano (molto disattento in fase difensiva) riesce a coprire. Emenike gira il pallone a Musa, che in corsa da dietro attacca lo spazio centrale liberissimo. Gol, e pareggio.
Guardate il buco al centro, davanti alla lunetta. Quello in alto a sinistra è Rojo; Mascherano corre verso il pallone e poi si ferma; Gago non fa la fase difensiva dalle giovanili del Boca. Garay ha sbagliato l’uscita su Emenike, che ha ancora il pallone vicino e lo girerà in profondità per l’omino verde che corre verso il centro, Musa.
Il secondo tempo scorre a ritmi più lenti, con Di María che prova il tiro da ogni posizione (ma tutti nello specchio: 100% di precisione), e Lavezzi che prova spesso a saltare l’uomo sulla fascia. L’Argentina avrebbe la possibilità di attaccare con veloci transizioni offensive, ma non gli riesce quasi mai; un po’ per stanchezza e un po’ per imprecisione. Il terzo gol è il frutto di un calcio d’angolo e di un colpo di testa di Garay che finisce sul ginocchio di Rojo, che in questo modo si fanno perdonare l’errore sul secondo gol nigeriano.
Nel frattempo Onazi trova il tempo di rompere involontariamente il polso (almeno così sembra) a un compagno con una pallonata, in una situazione che ha ricordato molto le partite dei bambini nel parco.
La Nigeria continua ad attaccare lo spazio dietro la linea difensiva avversaria, e a volte va vicina al pareggio. Il movimento funziona sempre: la punta arretra tirandosi via un difensore centrale e creando alle sue spalle una voragine, attaccata da una delle mezzepunte o dai centrocampisti.
Fernández è uscito fuori tempo, mentre Zabaleta (in basso a destra) e Garay sono troppo distanti. Onazi è in possesso del pallone e davanti a sé non ha nessuno (potrebbe anche passarla a sinistra per Musa), ma scivola. Adesso cambiate il colore delle maglie e passate dal verde all’arancione. Con Robben questo sarebbe gol.
CONCLUSIONI
L’Argentina ha vinto il suo girone, Messi segna sempre, tutto è bene ciò che finisce bene.
Le prestazioni viste in campo, però, non sono ancora sufficienti per poter arrivare alla vittoria finale: la fase difensiva è ancora troppo casuale (gli attaccanti devono partecipare, i centrocampisti devono chiudere le linee di passaggio, i terzini fare la diagonale). È vero che l’Argentina ha un grande attacco, ma finora anche i tre davanti hanno dimostrato scarsa capacità di giocare insieme, e praticamente la squadra è andata avanti grazie alle singole invenzioni di Messi.
Tra tutte le squadre del continente americano (in senso esteso), finora le più deludenti sono state proprio Argentina e Brasile, che sembrano affidarsi esclusivamente su iniziative dei singoli. Anche per questo sono le favorite: stanno giocando a nascondersi, per allentare la pressione, e perché i gironi sono un piccolo Mondiale nel Mondiale, una specie di rodaggio. Dagli Ottavi si fa sul serio, e sono sicuro che vedremo una maggior compattezza nell’Argentina. Però non potrà più sbagliare: con le gravi lacune viste nella partita di ieri, il confine tra trionfo e disfatta si fa sempre più sottile. Nei piedi di Messi, fino alla fine.