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Analisi Mondiali: Germania - Argentina
14 lug 2014
Le due migliori squadre viste al torneo brasiliano si sono affrontate in una Finale vera, combattuta e ben giocata tatticamente. Alla fine ha vinto il lavoro paziente di Joachim Löw.
(articolo)
17 min
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È stata una bella partita di calcio. Nulla di clamoroso come il 7-1 della prima Semifinale. O nessun fuoco di artificio con gol, rimonte, sorpassi e cose del genere. Ma una partita di calcio ben giocata, combattuta. Vera, nel senso che è stata piena di tutto quello che il calcio può offrire: apporti tattici dei due allenatori, doti tecniche dei calciatori, carattere e contributi atletici di tutti i giocatori. A pensarci bene, la dimostrazione che alla Finale sono arrivate le due migliori squadre di questo Campionato del Mondo.

LE FORMAZIONI IN CAMPO

Le immagini dei giocatori nel sottopassaggio mostrano tra i tedeschi un viso poco conosciuto. La grafica ufficiale della FIFA conferma la formazione annunciata, ma la telecamera che inquadra i volti di tutti i calciatori al momento dell’inno rivela l’assenza di Khedira, che Löw decide di sostituire con Kramer del Borussia Mönchengladbach, alla terza presenza in Nazionale e già visto nei supplementari della partita contro l’Algeria. L’infortunio di Khedira durante il riscaldamento costringe il tecnico tedesco a una decisione veloce e Löw sceglie in giocatore in rosa più simile per caratteristiche al centrocampista del Real Madrid. La Germania quindi conferma il suo 4-3-3: Neuer tra i pali; Lahm, Boateng, Hummels e Höwedes da destra a sinistra nella linea difensiva; Schweinsteiger in mediana, con Kramer mezzala destra e Kroos dal lato opposto; in attacco a destra c’è Müller, a sinistra Özil e in mezzo Klose.

Nessuna sorpresa invece nell’Argentina di Sabella: davanti a Romero i terzini sono Zabaleta a destra e Rojo a sinistra con Demichelis e Garay difensori centrali; a centrocampo Mascherano e Biglia sono i due interni, Lavezzi a destra e Pérez a sinistra i due esterni; Messi e Higuaín di punta.

IL MATCH TATTICO: I PRIMI TRENTA MINUTI

Al di là dell’assenza di Khedira, l’inizio della partita è, tatticamente, proprio quello che ci si aspetta. L’Argentina concede ai tedeschi 60 metri di campo e l’onere di tenere il pallone tra i piedi. Quello di Sabella è un 4-4-2 molto attento, che in fase di non possesso cerca e riesce a ridurre le distanze verticali tra le linee di difesa e centrocampo e quelle orizzontali tra il primo e l’ultimo uomo delle linee. Il baricentro è tenuto piuttosto basso e il lavoro richiesto alle due punte in queste fasi di gioco non è eccessivo. L’idea è quella di ridurre gli spazi utili ai movimenti senza palla della Germania, non concedere profondità al gioco dei tedeschi e ripartire velocemente in verticale per cercare di colpire i punti deboli della squadra di Löw: una non perfetta transizione difensiva e la copertura della profondità della linea difensiva. Nei principi generali lo stesso piano di gioco messo in campo dall’Algeria, la squadra che maggiormente aveva messo in difficoltà la Germania fino a questo momento.

L’Argentina si schiera con un 4-4-2 col baricentro piuttosto basso.

Dall’altro lato la Germania non ha timore nel prendersi l’onere di fare la partita: in fase di possesso i tedeschi cercano attraverso il gioco palla a terra e tanti movimenti per trovare smarcamenti utili, a superare il doppio sbarramento avversario e, quando la palla è tra i piedi dell’Argentina, gioca un pressing aggressivo in posizione avanzata.

Le direttrici del gioco tedesco nella fase di possesso palla sono quelle consuete: i due centrali si aprono e giocano le fasi iniziali della manovra, i due terzini si allargano, Schweinsteiger si smarca basso per ricevere il pallone. Delle due mezzali, Kroos si muove orizzontalmente supportando Schweinsteiger nella costruzione e fornendo sempre un appoggio sicuro al portatore di palla, mentre Kramer si muove in verticale partendo dalla posizione di centro destra, liberando spazio per le avanzate di Lahm e inserendosi nella linea avanzata.

In attacco, con Klose fisso in posizione centrale, Müller e Özil si muovono con frequenti tagli interni: il primo più spesso alle spalle di Klose, il secondo cercando spazio tra le linee argentine. Non infrequente è lo spostamento di uno dei due esterni nella fascia occupato dall’altro finalizzata alla creazione di zone di superiorità numerica; questa particolare situazione tattica si rivelerà decisiva nella partita.

La salida lavolpiana della Germania. I tedeschi la giocano solamente quando i due difensori centrali sono pressati da due attaccanti. Schweinsteiger si pone tra i due centrali, Kroos fornisce un sostegno. I terzini, Lahm e Höwedes non superano la linea di centrocampisti avversari per potere ricevere il pallone comodamente. Quante differenze con l’analoga situazione tattica giocata dal Brasile.

All’interno di questo disegno è l’Argentina a prevalere tatticamente. L’attenzione dei giocatori nel mantenere le distanze reciproche, sia orizzontali che verticali, e la precisione nelle marcature/coperture negano alle Germania qualsiasi spazio tra le linee, fondamentale nelle fasi di finalizzazione del gioco tedesco.

Le linee argentine di difesa e centrocampo sono ravvicinatissime.

La squadra di Löw non riesce mai a liberare un uomo alle spalle della linea di centrocampo argentina fronte alla porta: ci provano Kramer inserendosi dal centro destra e Özil partendo dalla fascia sinistra, ma gli spazi tra i centrocampisti argentini sono ridotti e la palla non riesce a passare tra di loro e, quelle poche volte che riesce a farlo, la distanza della linea difensiva da quella di centrocampo è così ridotta che l’uomo tra le linee è preso con relativa facilità dall’uscita di uno dei centrali difensivi.

Per una volta la palla riesce a passare tra le maglie del centrocampo argentino e raggiungere Özil, ma le distanze tra le linee argentine sono ridotte e bastano tre passi in avanti al centrale Demichelis per chiudere sul giocatore tedesco.

Impossibilitata dalla densità argentina a rendersi pericolosa per vie centrali, alla Germania non rimane altro che cercare di sfruttare a proprio favore la coesione orizzontale della squadra argentina che si compatta sul lato forte lasciando inevitabilmente un po’ di spazio sul lato debole.

Pérez, l’ultimo uomo sul lato debole dell’Argentina è posizionato all’altezza del centro del campo. C’è spazio sul lato debole per Lahm.

Per tale motivo, sviluppando il proprio possesso palla preferibilmente sul lato sinistro del campo dove operano i palleggiatori Özil e Kroos, la giocata più efficace per attaccare l’ultimo terzo di campo argentino è, dopo avere spostato con il palleggio le linee argentine verso il lato del pallone, il repentino cambio di gioco per l’inserimento esterno di Lahm.

Il terzino può provare a giungere direttamente al cross o, approfittando del movimento interno-esterno di Müller, sull’uscita di Rojo, servire in verticale il compagno attirando fuori dall’area il centrale di sinistra Garay.

Lahm, ricevuto il pallone dal lato sinistro del campo, ha il tempo per giungere al cross.

In entrambi i casi, i dividendi in termini di pericolosità delle azioni sono piuttosto scarsi per merito della grande attenzione nelle marcature dentro l’area degli argentini, con Mascherano puntualissimo ad abbassarsi accanto a Demichelis quando Garay è attirato esternamente dal movimento di Müller.

Pérez è troppo interno per uscire su Lahm che riceve il pallone sul lato debole. Deve uscire Rojo e Müller gioca una traccia esterna che tira fuori dal cuore della difesa Garay. Mascherano copre lo spazio sguarnito dal centrale.

Disinnescata la pericolosità tedesca, il piano tattico di Sabella sembra prevalere anche nelle fasi di ripartenza: la Germania tiene sempre la linea difensiva molto alta e, attaccando con tanti uomini, le marcature preventive non sono, come spesso è capitato, sempre attente. Ciò consente all’Argentina di essere pericolosa sia appoggiando la ripartenza su un movimento verso il pallone di un uomo avanzato, che, meno frequentemente, con giocate verticali alle spalle dei difensori tedeschi.

L’Argentina appoggia la propria ripartenza su Higuaín che si abbassa a ricevere il pallone, marcato altissimo da Boateng. Höwedes però non marca Lavezzi che può ricevere il pallone in solitudine e puntare la difesa altissima della Germania.

Nei primi 30 minuti di gioco la Germania non tira mai in porta su azione, mentre l’Argentina ha un buona occasione in ripartenza con Higuaín, oltre a quella capitata tra i piedi dello stesso centravanti del Napoli su sciagurato retropassaggio di testa di Toni Kroos e al gol annullato per fuorigioco.

L’INFORTUNIO DI KRAMER

Alla mezz’ora di gioco Löw si trova costretto a sostituire per infortunio, il sostituto di Khedira, Christoph Kramer. La scelta del tecnico è quella di inserire Schürrle e di arretrare la posizione di Mesut Özil. La Germania si schiera con una sorta di 4-2-3-1 con il nuovo entrato sulla fascia sinistra e Özil alle spalle di Klose. I movimenti della mezzapunta sono quasi contrapposti a quelli di Kramer: se quest’ultimo partiva arretrato e, dalla zona di centro destra cercava spazio tra le linee avversarie, Özil partendo da posizione più avanzata cerca spazio per le sue ricezioni arretrando verso il fianco destro di Schweinsteiger.

La lavagna tattica di Özil dall’infortunio di Kramer alla fine del primo tempo. “Non ha trovato la posizione.”

UN’ALTRA ARGENTINA È POSSIBILE

Al rientro in campo l’Argentina sostituisce Lavezzi con Agüero. Lavezzi era stato uno dei migliori della sua squadra nel primo tempo, attento a coprire la propria zona di competenza in fase di non possesso palla e prontissimo a sfruttare la sua velocità per ribaltare il fronte del gioco in ripartenza. Il cambio è però essenzialmente tattico e mostra la volontà di Sabella di mutare la propria squadra in funzione delle mutate condizioni dopo la sostituzione di Kramer con Schürrle. L’Argentina si dispone con una sorta di 4-3-1-2 con Messi alle spalle di Agüero e Higuaín. L’idea è quella di creare superiorità numerica a centrocampo con i quattro giocatori del diamante contro i soli tre (i due interni più Özil) della Germania. E la mossa tutto sommato funziona, specie nel primo quarto d’ora della ripresa.

In realtà Özil gioca, dall’intervallo in poi, prevalentemente da mezzala destra e pertanto teoricamente la Germania, concedendo libertà al vertice basso Mascherano, potrebbe giocare con le due mezzali su quelle argentine e Schweinsteiger in zona Messi. In realtà le carenze di Özil in fase difensiva e la posizione particolarmente avanzata assunta da Messi rendono inattuabile questo piano.

Il giocatore dell’Arsenal non marca attentamente la mezzala del suo lato, Biglia, che lo prende frequentemente alle spalle, e Schweinsteiger è costretto a uscire, spesso in ritardo, sulle ricezioni del giocatore della Lazio e a lasciare libero un avanzatissimo Messi. Quanto auspicato da Sabella funziona e l’Argentina riesce a creare superiorità numerica in zona centrale, a giocare una fase di possesso più manovrata (nei primi dieci minuti del secondo tempo il possesso palla è essenzialmente alla pari) e ad alzare il baricentro del gioco.

Con il passaggio al centrocampo a tre Biglia si smarca alle spalle di Özil ed è disponibile a ricevere alle spalle della linea delle mezzali tedesche.

La mossa di Sabella crea anche i presupposti tattici per l’occasione da gol al minuto 47 di Leo Messi. È una mossa che paga da un punto di vista tattico, che però tutto sommato avrebbe potuto essere sfruttata in maniera ancora migliore. La superiorità creatasi in campo viene utilizzata dall’Argentina per trovare prima possibile un centrocampista che a palla scoperta effettui un passaggio in profondità e punire così la linea difensiva sempre alta della Germania. Sebbene cambiata tatticamente, l’idea dei giocatori di Sabella rimane sempre quella di attaccare velocemente la profondità, mentre invece le condizioni tattiche createsi avrebbero potuto generare un maggiore e forse più proficuo controllo del gioco.

Biglia riceve fronte alla porta tedesca. Schweinsteiger è in ritardo e la linea difensiva tedesca deve affrontare una situazione di palla scoperta contro tre attaccanti dell’Argentina. Messi calcerà fuori.

L’enorme partita in termini di dinamismo e attenzione tattica di Pérez, Mascherano e Biglia consente all’Argentina di non perdere quasi nulla nella copertura orizzontale del campo pur sottraendo un uomo alla linea dei centrocampisti.

La linea dei centrocampisti argentina ha perso un uomo.

All’inizio è il più fresco Agüero che, in fase di inizio azione si occupa di Schweinsteiger per poi provare ad abbassarsi nella zona di sinistra del centrocampo argentino. Ma dopo circa un quarto d’ora di gioco il sacrificio di Agüero si riduce e Pérez e Biglia sono chiamati a coprire immense porzioni orizzontali di campo, peraltro riuscendoci.

La soluzione dei problemi difensivi della Germania risiede sempre nella gestione del pallone e dopo i primi 15 minuti del secondo tempo, i tedeschi riescono a riprendere il controllo del pallone, ma non a sfruttare i potenziali problemi nella copertura del campo del centrocampo a 3 dell’Argentina. Oltre ai grandissimi e già citati meriti dinamici di Pérez e Biglia, la presenza di tre punte vicine nell’Argentina rende Lahm e Höwedes più attenti nell’abbandonare la linea difensiva e meno disponibili all’inserimento esterno, facilitando in tale maniera il lavoro in fase di non possesso del centrocampo argentino.

La partita si apre tatticamente solamente negli ultimi 10 minuti del secondo tempo con Özil che accentua i suoi movimenti verso l’esterno del campo e Müller che taglia dentro: viene disegnato in corsa una sorta di 4-2-4 che sul lato sinistro della difesa albiceleste crea difficoltà all’Argentina nel coprire tutta la larghezza del campo.

La lavagna tattica di Özil dall’intervallo alla fine della partita. Non ha giocato alle spalle del centravanti, ma sul centro destra.

TEMPI SUPPLEMENTARI

Il primo tempo supplementare ricalca tatticamente le orme del secondo tempo. L’Argentina ha sostituito Higuaín con Palacio, che con continuità attacca lo spazio alle spalle di Höwedes, provando ad allargare Hummels. In mezzo al campo Gago ha sostituito Enzo Pérez, regalando un non disprezzabile contributo in fase di possesso palla.

La Germania ha invece sostituito Klose con Mario Götze, che consente una totale interscambiabilità delle posizioni dei tre giocatori d’attacco.

La partita si mantiene molto ben giocata tatticamente e, nonostante la fatica, le squadre riescono a mantenere le distanze corrette.

La squadra di Löw continua imperterrita a giocare la propria partita, fatta di ricerca della pericolosità tramite la paziente ricerca degli spazi e transizione difensiva coraggiosa, sebbene non sempre precisa. Le occasioni per ripartenze pericolose degli argentini non mancano.

Un possibile 3 vs 2 a favore dell’Argentina in ripartenza.

E proprio l’Argentina riesce a rendersi pericolosa, su un errore di Hummels che libera Palacio.

Palacio si muove alle spalle di Hummels che lo perde e sbaglia l’intervento.

Il secondo tempo supplementare vede, per la prima volta nella partita, l’affiorare della stanchezza nelle gambe e nelle teste degli argentini, che subiscono più passivamente il possesso palla della Germania senza riuscire a ripartire e alleggerire la pressione.

In una della non poche situazioni in cui la Germania pone due attaccanti dallo stesso lato del campo per creare zone di superiorità numerica, nasce il gol mondiale di Mario Götze. Subìto il gol, gli argentini non hanno più le energie fisiche e mentali per provare convincentemente a recuperare la partita.

Ad inizio azione Schürrle e Götze sono sullo stesso lato del campo. Schürrle decide di portare palla, Götze taglia in mezzo. Demichelis è attirato fuori dal movimento di Müller, Zabaleta dentro da quello di Götze. Mascherano non riesce per la prima volta a contrastare e Zabaleta è in ritardo a causa del movimento di Götze: Schürrle riesce a crossare. Demichelis è in ritardo su Götze perché attirato fuori da Müller e Garay, libero, non stringe la sua posizione. Götze segna un gol tecnicamente fantastico.

LA PARTITA DI MESSI

All’inizio la partita era stata descritta un po’ come Germania contro Messi, con il resto della squadra argentina impegnata a difendere e a provare a portare la palla verso il numero dieci, sperando che questi inventasse qualcosa. In realtà l’Argentina ha fatto un’ottima partita di squadra, e, semplificando è stato un bel match tra due squadre vere e non tra una squadra e un singolo fuoriclasse. In questo contesto, che partita ha giocato Lionel Messi?

La vera questione è da quale prospettiva bisogna giudicare il match del campione argentino. Se si parte dalla prospettiva “Messi in questa finale avrebbe dovuto effettuare le giocate decisive per vincere la partita e battere (da solo) la Germania” la partita di Messi è stata insoddisfacente, essenzialmente per la discontinuità del suo apporto al gioco argentino e soprattutto per l’occasione fallita a inizio ripresa. Se invece, ed è la mia prospettiva, si guarda al Messi di quest’ultima stagione e di questo Mondiale, il giocatore del Barcellona ha giocato meglio di quanto ci si poteva attendere. Perché, e di questo non conosco le ragioni, da un anno a questa parte Messi letteralmente passeggia per il campo. Le sue prestazioni atletiche nelle partite sono realmente inadeguate per il livello richiesto e solo le immense capacità del calciatore gli consentono, comunque, di segnare 4 gol e mettere 3 assist in questo Mondiale.

Alla fine della partita Messi è il giocatore che, giocando 120 minuti, ha percorso meno Km: 10.721. C’è più distanza tra i Km percorsi da Messi e quelli percorsi da Schweinsteiger (15.338) che tra quelli del dieci argentino e quelli percorsi dal portiere Neuer (6.985). Della corsa effettuata da Messi, ben il 92% è stata a bassa intensità, la percentuale maggiore tra tutti i giocatori di movimento.

Se la premessa sono le attuali condizioni atletiche, la partita di Messi è stata sufficiente e di certo la migliore tra quelle giocate nella fase a eliminazione diretta.

Con la discontinuità che ormai lo contraddistingue Messi è stato capace di giocare qualche buona ripartenza, di servire buoni palloni per i compagni e di giungere al tiro.

Messi riceve senza essere marcato e punta Hummels. Lo semina per tutta la metà campo e giunge al cross dal fondo in posizione estremamente pericolosa. Ma siamo solo al nono minuto di gioco.

La sua prestazione è però scaduta atleticamente col passare del tempo. Nei tempi supplementari Lionel Messi è davvero sparito dalla partita. Ma come non aspettarselo dopo avere visto le sue condizioni di forma nell’intera passata stagione?

Il poverissimo contributo di Messi dall’inizio dei tempi supplementari al gol di Götze (22 minuti).

HA VINTO LA GERMANIA. VIVA LA GERMANIA

Sì, ha vinto la squadra più forte del Campionato del Mondo. La Finale però è stata molto equilibrata e ben giocata da entrambe le squadre e l’Argentina ha avuto almeno tre clamorose occasioni per andare in vantaggio. È stata una bella sfida tattica: la Germania ha giocato il suo calcio, credendo ciecamente nel lavoro fatto negli anni dal suo tecnico. Le imprecisioni in fase di transizione difensiva e nella gestione della profondità degli avversari ci sono state come spesso è capitato in questo Campionato del Mondo, ma l’idea è sempre stata, anche in questa partita, che il piano generale fosse quello corretto e che non andasse cambiato. Il problema era ed è stato solo giocarlo il meglio possibile. Di contro l’Argentina si è dimostrata una squadra molto attenta in tutti gli aspetti che compongono il gioco e che ne definiscono in definitiva la riuscita: precisione nelle marcature e nelle coperture, distanze reciproche rispettate, concentrazione altissima e sfruttamento dei difetti avversari. L’unica imprecisione in fase di non possesso è arrivata probabilmente per la fatica, ed è costata la Finale all’Argentina. È stata l’Argentina di Mascherano, Pérez e Biglia, commoventi nell’arginare senza sosta la rete di passaggi della Germania. E Sabella ha sorpreso tutti, con l’ingresso di Agüero al posto di Lavezzi e il passaggio al centrocampo a tre: ha provato a sparigliare tatticamente la partita e stava quasi per riuscirci, mostrando che tutto sommato, un’altra Argentina era possibile. L’assenza di Di María è stata innegabilmente un grande handicap per l’albiceleste, che avrebbe potuto con la presenza del giocatore del Real provare a ottenere superiorità in mezzo al campo senza rinunciare al centrocampo a 4. Ma alla fine, per quanto visto complessivamente in questo mese, la vittoria del Mondiale è andata alla squadra che più lo ha meritato. Ha vinto la Germania, viva la Germania.

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