Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Alfredo Giacobbe
Analisi Mondiali: Brasile - Cile
30 giu 2014
30 giu 2014
Contro un grande Cile battuto soltanto ai calci di rigore, la Nazionale guidata da Scolari si rivela ancora una volta dipendente da Neymar. Senza di lui non c'è nessun Piano B.
(di)
Alfredo Giacobbe
(foto)
Dark mode
(ON)

 


Vincere quasi non è una delle opzioni. Questo Brasile è condannato a stravincere il Mondiale in casa e Felipe Scolari in conferenza stampa si è lamentato dell’eccessiva pressione sulla sua squadra, ma sa che non può essere diversamente. Ha avuto modo anche di lamentarsi con la sorte, Felipao, che gli ha regalato un Ottavo di finale complicato con la squadra rivelazione di questo Mondiale, il Cile di Jorge Sampaoli. L’ultima partita del girone, contro l’Olanda, ha tolto però qualche certezza ai cileni che erano sembrati invincibili nella sfida alla Spagna di Del Bosque. Ma le rotazioni e un naturale senso di appagamento, che abbiamo visto in maniera diffusa nel terzo round di partite, non possono trovare spazio nella prima partita “dentro o fuori” del Mondiale 2014.

 


Ci si aspettava una partita dai ritmi elevati, soprattutto per quello che il Cile ha fatto vedere contro gli spagnoli, e così è stato fin dalle prime battute. Anche per merito del Brasile, che ha iniziato a pressare alto dimostrando di temere la capacità dei tre centrali avversari di ribaltare l’azione col lancio lungo. Fred, Neymar e Oscar schermano rispettivamente Silva, Medel e Jara, con Fernandinho che sale a pressare Diaz. Le difficoltà iniziali nell’impostazione costringono i terzini Mena e Isla a restare più bassi del solito e a lasciare isolati i compagni d’attacco.

 

Così come aveva fatto contro la Croazia nella partita d’esordio, Scolari schiera Hulk a sinistra e Oscar a destra, con Neymar a supporto di Fred. Il suo intento è chiaro: fare ampiezza con le ali è dato il compito e creare spazi per gli inserimenti di Neymar e Fernandinho. Sulla fascia sinistra, Hulk impegna severamente Isla—i due daranno vita a un bel duello a tutto campo—mentre sulla fascia opposta Mena controlla uno spento Oscar. Da notare che Silva e Jara non raddoppiano quasi mai nella zona dei terzini, con movimenti dall'interno verso l'esterno, segnale che la squadra di Sampaoli preferisce coprire la zona centrale del campo.

Centralmente i brasiliani sono in inferiorità numerica dato che Luis Gustavo e Fernandinho sono controllati da Vidal, Diaz, Aránguiz. L’impostazione del gioco verdeoro passa dai piedi dei due difensori centrali e, soprattutto, da quelli dei due terzini. Dani Alves e Marcelo hanno spazio davanti a loro e tendono a occuparlo—Marcelo è il primo dei suoi ad arrivare al tiro—anche se le posizioni di Oscar e Hulk li costringono a sovrapporsi quasi sempre internamente (cosa che, per altro, è nelle caratteristiche sia di Marcelo che, sopratutto, Dani Alves). La qualità dei passaggi dei due terzini non è eccellente, ma le loro discese permettono ai brasiliani di ristabilire il vantaggio nei numeri ed eludere così il pressing di Vargas, Sánchez, Aránguiz e Vidal.


Dani Alves e Marcelo hanno dovuto cercare la rifinitura verso gli attaccanti, con risultati rivedibili.



Il gol arriva solo su calcio piazzato—il Cile paga dazio avendo una delle squadre più “piccole” del Mondiale—e la partita cambia completamente. Il Brasile passa a un dispositivo di pressing molto simile a quello adottato nelle partite del girone: grande aggressività quando si perde palla, nel tentativo di riconquistarla subito o quanto meno far perdere tempo alla transizione offensiva avversaria; quando invece il Cile imposta: difesa bassa e linea dei centrocampisti stretta e vicina. La formazione del Brasile somiglia più a un classico 4-4-2 con Fred che si abbassa per offrire la sponda o per cercare di prendere fallo e Neymar a cercare la profondità sfidando Medel sulla velocità.

Dopo il gol il Cile rompe gli indugi e porta un numero considerevole di uomini oltre la linea della palla: Mena e Isla si alzano più di quanto già facessero, Aránguiz e Vidal cercano spazio alle spalle di Fernandinho e Luiz Gustavo. In particolare Vidal parte dalla posizione centrale e va nella zona di Marcelo per crare la superiorità con Isla. Luiz Gustavo è spesso portato fuori posizione dal movimento del centrocampista juventino e lascia spazio ad Alexis Sánchez per agire da playmaker offensivo davanti alla difesa avversaria. Da un lancio di Sánchez per Vidal scaturisce la rimessa con le mani in zona d’attacco che porta al gol del pareggio dello stesso Sánchez.


Quando Vargas ruba palla, Sánchez scatta alle spalle di Luiz Gustavo e sfrutta l’eccessiva distanza tra Thiago Silva e David Luiz.


 


I primi dieci minuti della ripresa sono ad appannaggio del Brasile, che arriva anche al gol con Hulk, poi annullato per fallo di mano dell’attaccante brasiliano. Al cinquantacinquesimo Sampaoli richiama Vargas per inserire Gutiérrez, spostando Vidal nel ruolo di punta e Aránguiz a trequartista. Il nuovo entrato dà nuova linfa al pressing cileno, la chiave del loro gioco offensivo: il Cile è una squadra che attacca quando non ha la palla.


I cileni raddoppiano su Fernandinho che non può servire in avanti Marcelo, braccato da Isla; Vidal legge il gioco e parte su David Luiz prima ancora che a questo arrivi il pallone. Il difensore brasiliano sarà costretto a spazzare e il possesso diventa cileno.


 

I brasiliani perdono campo e per tutto il secondo tempo cercheranno di eludere il pressing avversario lanciando lungo per gli attaccanti. Scolari sembra solo prendere atto di quello che sta accadendo in campo e prova a inserire un attaccante veloce come Jo a supportare Neymar. La partita di Medel su Neymar è praticamente perfetta, alla stella brasiliana sono concesse poche chances e mai nessuna sul suo piede destro. Dopo aver creato due chances in contropiede sul risultato di 1-0 nel primo tempo, l’azione di Neymar si fa via via meno incisiva. La percentuale di passaggi riusciti da parte del Brasile, già bassa nel primo tempo, scende ulteriormente al 68%, la più bassa per il Brasile dal Mondiale del 1966.


La partita di Medel, perfetto nelle due fasi: 12 palloni spazzati via, 3 intercettati e 81% di passaggi completati con successo.


 

Il Cile gioca con la difesa alta ad accorciare la squadra, formata da uomini di statura inferiore rispetto ad altre squadre ma veloci nel recuperare la posizione sugli attaccanti avversari. Dei tre difensori centrali, due sono centrocampisti di ruolo quindi più abili nell’impostazione. In ogni situazione di gioco e in ogni zona del campo, il Cile porta un gran numero di giocatori, anche merito di una condizione fisica straripante: tutto il Cile compie 573 scatti: 124 in più dei brasiliani; con Sánchez e Aránguiz che ne fanno più di tutti: 68 a testa. Proprio Aránguiz spreca l’occasione più limpida del secondo tempo, calciando dalla corta distanza su Júlio César dopo una combinazione tra Isla e Vidal—quest’ultimo autore di un no-look “à la Pirlo”. Il Brasile galleggia sulle iniziative dei singoli e Hulk è uno dei più pericolosi, soprattutto quando Scolari lo riporta sulla sua fascia destra.

 


Poco prima del novantesimo Vidal, che aveva forzato i tempi del recupero dall’operazione al menisco, alza bandiera bianca. Sampaoli inserisce il cagliaritano Pinilla, che prova a stare al di sotto della linea della palla ma la sua partecipazione al pressing è discontinua. Il Brasile, così, alza il proprio baricentro e il Cile è costretto ad abbassare la linea dei cinque difensori fino al limite dell’area. I cileni “vedono” i calci di rigore ma l’unica chiara occasione dei supplementari è loro: Pinilla colpisce la traversa da fuori area con Júlio César ormai battuto. Il Brasile si qualifica per i Quarti ai calci di rigore—errori di Pinilla, Sánchez e Jara per il Cile—confermando una tendenza: nelle ultime otto occasioni, la squadra che è andata sul dischetto per prima ha poi vinto. La pressione di calciare un rigore quando si è in svantaggio è evidentemente un fattore.

 


Il Brasile è costruito intorno a Neymar: il sacrificio di Oscar, Hulk e—in una misura che va oltre i limiti del giocatore—di Fred è teso per tirar fuori il massimo dalla propria stella. Se Neymar esce dalla partita, com’è accaduto nel secondo tempo contro il Cile, il Brasile non ha alcun Piano B. Quello che mi è sembrato chiaro nelle prime tre partite—e credo che la scelta di Scolari di schierare Fernandinho per Paulinho mi dia ragione—è che questo Brasile non è in grado di gestire le transizioni. È una squadra che va a mille, altrimenti è ferma. E contro la Colombia nei quarti, Scolari perderà per squalifica l’unico uomo d’ordine, Luiz Gustavo. Cosa farà il vecchio Felipao? Potrebbe mantenere lo stesso impianto di gioco, riportando Paulinho tra i titolari, ma a me piacerebbe vedere un centrocampo a tre con uno come Hernanes a gestire le operazioni. In ogni caso, da qui a venerdì, la pressione sulla Seleçao è destinata solo a salire.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura