A maggio, il calcio si fa spesso battaglia di nervi. Il traguardo è sempre più vicino, le energie iniziano a mancare e diventa anche difficile controllare l’equilibrio emotivo della partita, perché le squadre in campo hanno tutto da perdere o niente da giocarsi. Era quello che ci si poteva aspettare da Torino-Napoli, dove la squadra di Sarri era chiamata a riconquistare il secondo posto dopo aver a lungo occupato il primo, mentre quella di Ventura non aveva particolari pressioni, se non quella di salutare il proprio pubblico con un’ultima grande prestazione.
Alla fine battaglia di nervi è stata, e Allan ne è uscito vincitore solitario. Il talento difensivo di Allan spesso sfugge alle primitive rilevazioni statistiche, ed è il caso della partita contro il Torino, in cui ha registrato solamente un contrasto e un intercetto (i numeri però riaffiorano estendendo il campione: Allan è quarto nella lega tra i centrocampisti per contrasti a partita, nono tra i centrocampisti con un sufficiente minutaggio per contrasti ogni 90 minuti).
Il modo in cui scherma al venticinquesimo la corsa di un ispiratissimo Bruno Peres è un chiaro esempio. L’esterno granata gli scappa alle spalle, e Allan non può vederlo perché ha lo sguardo fisso sulla palla, però lo percepisce, ne intercetta la traiettoria e muove le braccia in quella zona grigia del regolamento: abbastanza perché Bruno Peres gli rimbalzi addosso, non abbastanza perché l’arbitro gli fischi fallo. Non è un contrasto e non è un intercetto, ma è una palla recuperata dal Napoli.
Allan non è solamente un ligio orchestrale che si limita allo spartito delle marcature individuali – è uno scanner che monitora costantemente la palla, e fa della difesa una questione di sensibilità. Un errore comune degli interni di centrocampo, anche ad alti livelli, è perdere il ritmo degli inserimenti degli avversari alle loro spalle. Succede ad esempio a Jorginho, mentre ad Allan non succede mai (e qui è bravissimo a lasciare Benassi al momento giusto per prendere Martínez, prima ancora che Acquah vada al cross).
Negli ultimi minuti della partita, Allan è parso completamente fuori di sé, ma soprattutto fuori contesto. La gara procedeva sostanzialmente su ritmi blandi, il Torino ci provava ma neanche tanto, mentre il Napoli ha provato ad assumere un approccio speculativo non troppo nelle sue corde. I ritmi si sono abbassati ulteriormente, mentre Allan continuava ad apparire ovunque. All’ottantacinquesimo ha cancellato dalla partita Immobile, da poco entrato, spezzandogli così la progressione (e la residua fiducia).
Poco dopo Baselli commette l’imprudenza di provare a controllare la palla spalle alla porta e in tempo zero si ritrova a compiere un giro completo su se stesso. È ovviamente fallo, e ovviamente l’arbitro fischia. In questo preciso momento Allan realizza di aver raggiunto un livello di aggressività così fuori luogo da urlarsi addosso di tutto per alleggerire la tensione. Se potesse entrerebbe in scivolata su se stesso.
D’altra parte però sente di aver definitivamente conquistato il controllo della partita, al punto che poco dopo prova a sovvertire l’assegnazione di una rimessa laterale con la sola imposizione delle mani. L’arbitro non può far altro che dargli ragione e fischiare possesso per il Napoli.
Ogni partita dai ritmi tendenzialmente blandi vive delle improvvise folate di fiducia dei giocatori in campo, ma ormai per Allan la fiducia è diventata moneta di scambio e può decidere di regalarla e sottrarla a suo piacimento. Era successo pochi minuti prima a Immobile e ricapita al novantaduesimo a Vives, che è in grande fiducia dopo un sombrero a Jorginho e si vede spuntare Allan dal nulla. Entrataccia, secondo giallo, espulsione: uno dei rari momenti salienti del secondo tempo.
Del Napoli si dice che deve imparare a diventare grande. La squadra di Sarri ha giocato una stagione obiettivamente sopra ogni aspettativa, perché ottanta punti è un numero incredibile, ma ha pagato la cattiva gestione di alcuni momenti decisivi della stagione, dal Villarreal fino alla Roma passando per la Juventus. La naturalezza con cui Allan è passato dalla lotta per la salvezza alla lotta per le prime posizioni è la personalissima lezione del brasiliano ai suoi compagni di squadra: a diventare grandi si impara in fretta.