Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
L'Algeria ha vinto soffrendo
22 lug 2019
Il Senegal pur avendo dominato si è scontrato con la sua incapacità di attaccare negli spazi stretti.
(articolo)
11 min
Dark mode
(ON)

Dopo 29 anni l’Algeria è riuscita a vincere nuovamente la Coppa d’Africa. Nel 1990 Les Fennecs avevano conquistato il trofeo nell’edizione giocata in casa, battendo in finale la Nigeria per 1-0. Stavolta la squadra guidata da Djamel Belmadi ha superato il Senegal, col medesimo risultato, al termine della partita di certo più sofferta dell’intero torneo.

Le due squadre si erano già affrontate nel girone eliminatorio e in quell’occasione ad avere la meglio era stata l’Algeria, che aveva battuto gli uomini di Aliou Cissé segnando di fatto l’unico gol subito dal Senegal fino alla finale. Il Commissario Tecnico dell’Algeria ha scelto lo stesso undici titolare di quella partita, giocata venti giorni prima, fatta eccezione per il terzino destro Youcef Atal – infortunato e sostituito da Mehdi Fezzane. Il Senegal ha cambiato invece ben 6 elementi, di cui 4 per scelta tecnica, a testimonianza del diverso cammino delle due squadre in Coppa d’Africa.

Belmadi ha infatti subito puntato su una formazione tipo che non ha abbandonato in nessun momento del torneo, rifiutandosi persino di effettuare sostituzioni nella semifinale contro la Nigeria, e le buone prestazioni dei suoi fedelissimi hanno rafforzato la convinzione del tecnico algerino. Le prestazioni non brillantissime del Senegal hanno invece spinto Cissé a cercare, in corso d’opera, la migliore soluzione possibile per elevare la qualità della fase offensiva della sua squadra, approdando infine ad un 4-3-3 fluido con Idrissa Gueye e Henri Saivet in posizione di mezzali, pronte però, con la rotazione del reparto di centrocampo, a disporsi uno al fianco del mediano Badou Ndiaye e l’altro alle spalle della linea mediana avversaria.

Più avanti a Sadio Mané è stato assegnato il compito, partendo da sinistra, di svariare lungo il fronte offensivo accompagnando i movimenti del centravanti Niang e aprendo la corsia mancina per le avanzate di Youssouf Sabaly, mentre a destra Ismaila Sarr ha garantito l’ampiezza della squadra. Pur non risolvendo del tutto i problemi di fluidità offensiva, le scelte maturate da Cissé nel corso della competizione, hanno migliorato la fase d’attacco della sua squadra e le hanno garantito, assieme alla solidità difensiva, un posto in finale.

L’inizio lampo

I primi 80 secondi di gioco hanno indirizzato in maniera determinante l'intero andamento del match. La partita è iniziata con il pallone messo in gioco dal Senegal che è riuscito ad avanzare rapidamente e ad eseguire un cross nell’area piccola con Niang, che dopo un rimpallo ha indirizzato la palla sul fondo. Il portiere M'Bohli ha rimesso in gioco lanciando lungo verso Bounedjah, sovrastato però nel duello aereo. A quel punto la palla contesa è stata recuperata da Bennacer, grazie alla sua abilità nel correre in avanti per riconquistare il pallone. Il centrocampista ha provato a servire con un rasoterra Bounedjah, marcato dal centrale Kouyaté che, con una scelta scapestrata, ha cercato di anticipare l’avversario, mancando però l'intervento e spalancando così la via verso l'area di rigore all’attaccante. La sfortunata deviazione di Salif Sané, il sostituto dello squalificato Koulibaly, ha poi regalato il gol del vantaggio all'Algeria, risultato decisivo.

Il resto della partita

Non sappiamo quali fossero i piani tattici iniziali di Belmadi e Cissé, ma dopo la rete di Bounedjah, la partita si è sviluppata secondo un copione che ha visto l'Algeria impostare una fase difensiva con un baricentro basso e il Senegal costretto ad attaccare per recuperare lo svantaggio. Les Fennecs hanno schierato nella propria metà campo il loro consueto 4-5-1, con gli esterni Mahrez e Belaïli disposti a ripiegare profondamente per difendere gli attacchi sulle fasce degli avversari e il mediano Guédioura attentissimo a schermare le linee di passaggio verso Gueye e Saivet, alle spalle delle due mezzali.

Così facendo l'Algeria ha perso la possibilità di allungare il tempo tra due fasi d'attacco del Senegal tramite il proprio possesso palla. Nel corso del torneo la squadra di Belmadi aveva dimostrato di voler sviluppare un calcio fatto di possesso, non riuscendo sempre ad attuarlo al meglio a causa della completa rinuncia, anche in fase statica, di utilizzare il portiere M'Bolhi per il gioco corto e per la tendenza dei difensori, in particolare Benlamri, di prediligere, se pressati, un prudente lancio lungo. Il Senegal è stato bravo ad impedire all’Algeria di consolidare questo possesso, dominando fisicamente la partita, vincendo i duelli e conquistando le seconde palle, recuperando sempre con grande velocità il pallone. Pur non disdegnando talvolta di attendere l’avversario per potere liberare spazi da sfruttare in ripartenza, l’Algeria è parsa costretta ad accettare una partita di pura difesa, senza riuscire mai a respirare con il possesso palla.

Il dominio fisico e aereo, la continua conquista delle seconde palle, un buon gegenpressing accompagnato alle spalle da efficaci marcature preventive e un buon pressing orientato sull’uomo nelle rare occasioni in cui l’Algeria ha provato a palleggiare, hanno permesso al Senegal di togliere il pallone dai piedi avversari e di riconquistarlo rapidamente quando lo perdeva. Il dato del possesso è piuttosto indicativo dell’andamento del match, con la squadra di Belmadi che ha tenuto il pallone solamente per il 38% del tempo, con punte negative, nei momenti di maggiore difficoltà di fronte alla pressione fisica del Senegal, del 28%, come in occasione dell’ultimo quarto d’ora del primo tempo. Altri dati testimoniano in maniera evidente la fatica nella circolazione del pallone dell’Algeria: Les Fennecs hanno avuto una precisione nei passaggi del 55% - un valore incredibilmente basso – e il 34% di questi – un valore, stavolta, incredibilmente alto – sono stati lanci lunghi, l’unica soluzione adottata dagli algerini per sfuggire al pressing avversario.

Il baricentro dell’Algeria, posizionato a solo 42.2 metri, è stato davvero arretrato

Le difficoltà offensive del Senegal

In un contesto tattico del genere però, sono emerse in maniera evidente le difficoltà offensive del Senegal, esasperate dalla necessità di operare in spazi stretti. Come già visto durante il mondiale di Russia della passata stagione, Aliou Cissé ha adottato una strategia offensiva piuttosto elementare, basata essenzialmente sui lanci lunghi verso il reparto offensivo, puntando a vincere i duelli fisici e poi le seconde palle. Una strategia che richiede spazi ampi, nei quali la velocità dei suoi giocatori offensivi può esprimersi al meglio. Contro l’Algeria, chiusa a protezione del precocissimo gol del vantaggio, il Senegal ha avuto poche alternative al suo solito piano basato sul gioco lungo verso i propri attaccanti. Inoltre la squalifica di Koulibaly ha privato Cissé della precisione dei lanci del difensore del Napoli, sia in diagonale verso la fascia destra che taglialinee in verticale, e delle sue conduzioni all’interno delle linee difensive avversarie, complicando notevolmente le cose per la nazionale senegalese.

I due difensori centrali, Kouyate e Sané sono stati, assieme a Gueye, i giocatori che hanno effettuato il maggior numero di passaggi. In particolare Kouyate ha effettuato ben 10 lanci lunghi, raggiungendo un compagno solamente in due occasioni.

Con il gioco lungo inefficace contro il blocco basso dell’Algeria, il Senegal si è quindi affidato agli strappi di Mané e Ismaila Sarr e al gioco sugli esterni. A destra, la manovra si è sviluppata tramite le continue sovrapposizioni del terzino Lamine Gassama sullo stesso Sarr, mentre a sinistra, nello spazio liberato dal movimento di Mané, ha operato il vero regista occulto della squadra, Yousou Sabaly, che ha disegnato le più efficaci azioni manovrate della sua squadra con passaggi diagonali che riportavano il pallone dall’esterno verso l’interno del campo.

La pass-map del Senegal evidenzia la catena di destra, Gassama-Sarr e la capacità dei passaggi verso il centro del campo di Sabaly

I dribbling di Sarr e Mané sono stati un’altra grossa fonte di pericolo per la difesa algerina. Il primo ha tentato per ben 8 volte di superare il proprio diretto avversario, riuscendo per 5 volte, mentre Mané ha dribblato 3 volte su 6 il suo marcatore, subendo peraltro ben 5 falli. A questo proposito va evidenziato come l’Algeria abbia davvero abusato, sia per scelta sia per difficoltà a reggere il confronto atletico con gli avversari, dell’utilizzo dei falli per fermare l’azione avversaria. La squadra di Belmadi ha effettuato ben 32 falli e solamente la cattiva qualità delle esecuzioni non ha permesso ai saltatori del Senegal di sfruttare al meglio i tanti cross sui calci piazzati derivanti dalle irregolarità dei giocatori algerini. La mediocrità tecnica con cui gli uomini di Cissé hanno eseguito i calci di punizione nell’ultimo terzo di campo e i corner è ancora meno perdonabile considerando le difficoltà offensive in azione manovrata e il potenziale vantaggio aereo sulla difesa avversaria.

Ad inizio ripresa Belmadi è passato al 4-2-3-1 affiancando Bennacer a Guédioura e alzando Feghouli alle spalle di Bounedjah. La mossa è sembrata un tentativo di variare lo scaglionamento offensivo dell’Algeria per avere un riferimento avanzato in più per potere sfuggire al pressing avversario, migliorando quindi il palleggio della squadra consentendole, in tal modo, di respirare tra un attacco e l’altro del Senegal. Cissé ha invece provato ad aumentare la qualità della squadra inserendo il trequartista Diatta al posto di N’Diaye, passando al 4-2-3-1 con Saivet e Gueye interni. A un quarto d’ora dal termine ha poi inserito il possente centravanti Diagne in sostituzione di Saivet schierando il suo Senegal con una sorta di 4-2-4.

Le mosse effettuate dai due allenatori per migliorare l’efficacia delle squadre non hanno sostanzialmente però mutato lo spartito tattico del match, che ha visto il Senegal sbattere impotente contro il muro eretto dall’Algeria.

Un bilancio finale

Ancora una volta, per il Senegal, l’appuntamento con la prima vittoria in un torneo internazionale è rimandato. Nel 2002 proprio un errore dal dischetto dell’attuale Commissario Tecnico Aliou Cissé aveva condannato i Leoni del Teranga alla sconfitta nella finale di Coppa d’Africa decisa ai calci di rigori contro il Camerun. Anche in quest’occasione il Senegal può aggiungere alla delusione per il risultato della partita, una dose supplementare di amarezza per l’andamento del match. Gli uomini di Cissé hanno subito il gol che li ha condannati alla sconfitta dopo soli 80 secondi di gioco, con una beffarda traiettoria dopo la deviazione di Salif Sané, in quello che, incredibilmente, si è rivelato l’unico tiro verso la porta nell’intera partita della nazionale algerina.

12 tiri a 1 per il Senegal e solo 0.04 l’xG del tiro di Bounedjah che si è insaccato dopo la deviazione di Mané. Solo 0.5 gli xG per il Senegal con una media di 0.04 xG/tiro, indice della cattiva qualità delle occasioni create.

Non si può però parlare esclusivamente di sfortuna per il Senegal. Dopo un anno dai mondiali di Russia, Cissé non è ancora riuscito ad aumentare la brillantezza e la varietà del suo gioco d'attacco. Se la fase difensiva appare efficace e ben rodata, la fase offensiva è ancora eccessivamente dipendente dalla possibilità di avere spazi in cui sfruttare la velocità dei giocatori d'attacco, ma è incapace di attivare il talento delle punte in maniera diversa dal lancio lungo. Se il Senegal riuscirà nel futuro ad associare allo strabordante atletismo della squadra, e al talento dei migliori giocatori offensivi, una fase di costruzione e rifinitura più varia e qualitativa, potrebbe davvero finalmente vincere il primo trofeo internazionale della sua storia.

L'Algeria ha vinto il torneo meritandolo più nel corso della manifestazione che nella sofferta finale. Contro il Senegal la squadra di Belmadi non è riuscita né a sviluppare il suo gioco di possesso né una partita di ripartenze. In un match ridotto alla sola fase difensiva ha brillato la resistenza e la concentrazione dei centrali Mandi e Benlamri, l’abnegazione di Mahrez, che sorprendentemente, con 7 tackle tentati, è stato il giocatore della sua squadra più impegnato in questo fondamentale difensivo e l’infaticabile partita di Bennacer e del mediano Guédioura autore di 5 tackle, 4 intercetti e 5 spazzate.

Più in generale l’Algeria è sembrata la squadra con le idee più chiare e dotata di giocatori di talento. Oltre al notissimo Mahrez, ha brillato la stella di Bennacer che, impiegato con funzioni diverse da quelli con cui è esploso all’Empoli, è riuscito a vincere il trofeo di miglior giocatore del torneo, a riprova del plasmabile talento in ogni fase del gioco del centrocampista algerino. Ma si sono messi in evidenza anche il ventitrenne terzino destro del Nizza Youcef Atal, nel mirino del PSG e i due attaccanti Youcef Belaïli e Baghdad Bounedjah, entrambi ventisettenni ed entrambi fuori dal calcio europeo. Il primo gioca in patria all’Esperance Tunisi e ha tolto il posto da titolare a Brahimi, mostrando sulla fascia sinistra una conduzione palla, un dribbling in corsa e una sensibilità per l’ultimo passaggio di alto livello. Buonedjah è balzato agli onori della cronaca per i suoi 38 gol in 20 partite, record mondiale per il 2018, all’Al Saad in Qatar, e ha fatto vedere, oltre alla prontezza e decisione delle sue conclusioni verso la porta, un repertorio da centravanti di lotta, capace di fungere da perno per la risalita della squadra. Il materiale umano a disposizione di Belmadi è notevole e se il tecnico riuscirà ad affinare il suo progetto tattico, l’Algeria potrà confermarsi per parecchio tempo ai vertici del calcio africano.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura