Chi segue la pallavolo maschile sa che negli ultimi dieci anni c’è stata una penuria di grandi giocatori italiani. Soprattutto nel ruolo di schiacciatore, il più delicato dato il coinvolgimento in tutti i fondamentali a parte il palleggio (servizio, attacco, ricezione, muro e difesa). Dopo lo spostamento di Zaytsev da schiacciatore a opposto nel 2013 e l’addio all’azzurro alla fine dello stesso anno da parte di Savani, in posto 4 si è aperta una voragine che la federazione ha provato a colmare naturalizzando nel 2015 il cubano Osmany Juantorena, uno dei pallavolisti più forti in circolazione degli ultimi 20 anni. Proprio il suo addio alla Nazionale, al termine dei giochi olimpici, era sembrata un po’ l’inevitabile smobilitazione di un’Italia competitiva per un nuovo ciclo giovane guidato dal neo CT Fefé De Giorgi.
Invece appena un mese dopo, agli Europei in Polonia, l’Italia ha stupito tutti tornando a vincere un titolo che mancava da 16 anni, compiendo un’impresa con una squadra giovane e inesperta. Su tutti a mettersi in mostra è stato il talento accecante di Alessandro Michieletto, lo schiacciatore che stavamo aspettando da quasi un decennio.
È difficile non lasciarsi andare parlando di un giocatore che, dopo aver vinto l’Europeo da protagonista, appena un mese dopo si è portato a casa il mondiale con l’Under 21 e poche settimane più tardi la supercoppa italiana con Trento, la sua squadra di club. Anche perché si ha la sensazione di assistere a qualcosa di inedito, uno schiacciatore mancino che rappresenta la sintesi tra un opposto e un libero, e di cui non si conoscono i margini di miglioramento, visto che ha solo 20 anni e sta disputando appena la seconda stagione in Superlega.
Il primo punto di Michieletto in Italia: prima resiste al servizio di Abdel Aziz, uno dei migliori battitori in circolazione, poi supera il muro a 3 di Milano con una diagonale lunga.
In finale di CL in 3 set e mezzo Michieletto ha ricevuto 26 palloni con addirittura il 54% di doppio positiva.
Il momento esatto in cui sta per saltare: dal linguaggio del corpo sembrerebbe andare sulla diagonale. E invece...
Non ho selezionato un campione specifico, è semplicemente una rassegna in ordine sparso.
In questa rigiocata si sbilancia all’indietro fino a perdere l’equilibrio. Nel replay è ancora più evidente: il numero 18 inarcandosi rende attaccabile un pallone apparentemente fuori dalla propria disponibilità. Emblematico lo smarrimento di Jovovic di fronte a lui, che rinuncia a saltare perché non si aspetta che lo schiacciatore azzurro abbia un angolo sufficiente per schiacciare.
Nel momento successivo all’impatto con la sfera è completamente inclinato verso destra, come un motociclista in piega.