Chi segue la pallavolo maschile sa che negli ultimi dieci anni c’è stata una penuria di grandi giocatori italiani. Soprattutto nel ruolo di schiacciatore, il più delicato dato il coinvolgimento in tutti i fondamentali a parte il palleggio (servizio, attacco, ricezione, muro e difesa). Dopo lo spostamento di Zaytsev da schiacciatore a opposto nel 2013 e l’addio all’azzurro alla fine dello stesso anno da parte di Savani, in posto 4 si è aperta una voragine che la federazione ha provato a colmare naturalizzando nel 2015 il cubano Osmany Juantorena, uno dei pallavolisti più forti in circolazione degli ultimi 20 anni. Proprio il suo addio alla Nazionale, al termine dei giochi olimpici, era sembrata un po’ l’inevitabile smobilitazione di un’Italia competitiva per un nuovo ciclo giovane guidato dal neo CT Fefé De Giorgi.
Invece appena un mese dopo, agli Europei in Polonia, l’Italia ha stupito tutti tornando a vincere un titolo che mancava da 16 anni, compiendo un’impresa con una squadra giovane e inesperta. Su tutti a mettersi in mostra è stato il talento accecante di Alessandro Michieletto, lo schiacciatore che stavamo aspettando da quasi un decennio.
È difficile non lasciarsi andare parlando di un giocatore che, dopo aver vinto l’Europeo da protagonista, appena un mese dopo si è portato a casa il mondiale con l’Under 21 e poche settimane più tardi la supercoppa italiana con Trento, la sua squadra di club. Anche perché si ha la sensazione di assistere a qualcosa di inedito, uno schiacciatore mancino che rappresenta la sintesi tra un opposto e un libero, e di cui non si conoscono i margini di miglioramento, visto che ha solo 20 anni e sta disputando appena la seconda stagione in Superlega.
Le origini
Se Michieletto oggi gioca come schiacciatore e non come opposto, a differenza della maggior parte degli attaccanti che usano il braccio sinistro, è perché fino a 5 anni fa era un libero e i suoi allenatori vogliono continuare a sfruttarlo anche nei fondamentali difensivi. In questa foto confronto del 2016 con l’allora libero di Trento Salvatore Rossini, alto secondo Legavolley.it un metro e 84, il 15enne Michieletto lo superava di pochi centimetri. Il che significa che si è alzato di almeno una ventina di centimetri in meno di 6 anni. Lo stesso schiacciatore ha spiegato a ottobre del 2021 di essere cresciuto altri 2 centrimetri, fino ad arrivare a 2 due metri e 11.
Trento ha deciso quindi di assecondarne lo sviluppo fisico e dal 2017/18 ha iniziato a giocare da schiacciatore: in quella stagione Michieletto ha partecipato alla serie C con l’U18 trentina e, sempre da martello, ha conquistato il bronzo agli europei U18. Del resto rischiava di essere controproducente avere un libero di 2 metri, che sarebbe stato penalizzato dalla sua altezza in termini di agilità e mobilità.
Il debutto in prima squadra avviene a 17 anni, il 13 febbraio del 2019, nel ritorno dei quarti di Coppa Cev. Trento regola con un comodo 3-0 gli svizzeri del Amriswil, Michieletto entra nel secondo e nel terzo set, chiudendo la gara con un attacco in diagonale. In quel momento per le cronache Alessandro è solo un figlio d’arte: suo padre Riccardo, team manager della prima squadra e attuale responsabile del settore giovanile, ha giocato fino al 2006, vincendo pure due scudetti con la storica Maxicono Parma. Il figlio esordirà in Superlega la stagione successiva, a Ravenna, nella prima giornata della regular season 2019/20: il numero 5, che si divide tra la formazione che gioca in A3 e la prima squadra, viene inserito dal tecnico Angelo Lorenzetti due volte per rinforzare la ricezione.
Ma per trovare il primo segno tangibile di Michieletto nei senior bisogna andare al 23 gennaio 2020, nei quarti di finale di Coppa Italia a Milano. Trento è in emergenza, manca Russell e Kovacevic a mezzo servizio non è in grado di attaccare. L’allenatore lo fa partire titolare nel terzo set: Michieletto, che il mese precedente è diventato maggiorenne, contribuisce al 3-0 della sua squadra con una gara ordinata, in cui difende due volte la parallela del suo futuro compagno di squadra Abdel Aziz, fa registrare un 38% di ricezione positiva su 8 palloni e soprattutto un buonissimo 3/5 in attacco.
Il primo punto di Michieletto in Italia: prima resiste al servizio di Abdel Aziz, uno dei migliori battitori in circolazione, poi supera il muro a 3 di Milano con una diagonale lunga.
Tre giorni più tardi esordirà dall’inizio anche in Champions League, nel derby con la Lube Civitanova e a un mese di distanza, il 19 febbraio 2020, si prende nuovamente la scena. Nell’ultima giornata della fase a gironi della CL, Trento va sotto 0-2 contro i cechi dello Jihostroj Ceske Budevojice e rischia la prima esclusione dalle fasi finali della sua storia. Ma Lorenzetti a metà del secondo set inserisce Michieletto al posto di Cebulj, il cui contributo (6 attacchi vincenti, un muro e un ace) risulterà fondamentale nel successo in rimonta (3-2) dei trentini.
Alla fine di quella stagione interrotta dallo scoppio della pandemia verrà promosso definitivamente in prima squadra. Sulla carta è il terzo schiacciatore di una delle favorite per lo scudetto, in pratica nel giro di qualche settimana entra in sestetto come S2 in diagonale con Lucarelli approfittando dei ripetuti stop di Kooy. L’italo-olandese non si riprenderà più il posto da titolare in pianta stabile, Lorenzetti piuttosto li alterna a seconda dei momenti delle partite – mette Kooy quando serve più peso in attacco e il classe 2001 quando invece occorre più stabilità in ricezione – nel corso di una post season in cui Trento si sbriciola in semifinale scudetto contro Civitanova e qualche settimana più tardi perde la finale di Champions League contro i polacchi dello Zaksa.
In finale di CL in 3 set e mezzo Michieletto ha ricevuto 26 palloni con addirittura il 54% di doppio positiva.
Michieletto si è segnalato come la grande novità della Superlega 2020/21 e di riflesso un nome spendibile per la Nazionale: ha offerto subito una discreta solidità in ricezione (24,6% di rice perfetta e 47,6% di rice positiva) e si è rivelato un valore aggiunto in difesa, mentre in attacco è sembrato comprensibilmente acerbo: talvolta è apparso timoroso nel chiudere il colpo, soprattutto con il muro piazzato, ma ciò nonostante nelle varie competizioni nazionali (regular season, play-off e Coppa Italia) ha fatto registrare un interessante 45,1% di positività in attacco. In altre parole, lo schiacciatore nativo di Desenzano del Garda al suo primo vero campionato tra i grandi ha stupito per come ha saputo conquistarsi il suo spazio in una squadra di vertice e incidere nel campionato più competitivo al mondo, nel limite però dei pregi e dei difetti tipici del secondo schiacciatore, cioè la banda votata in primis ai fondamentali di seconda linea.
Durante la sfida di Coppa Italia tra Milano e Trento di due anni fa, l’attuale allenatore di Piacenza Lorenzo Bernardi – al tempo commentatore di Rai Sport – aveva sentenziato: “Michieletto diventerà il posto 4 italiano più forte in ricezione”. Una previsione molto forte, che oltre ad alimentare l’hype attorno al giocatore, ne definiva comunque lo spettro delle caratteristiche. Dopo un solo anno di Superlega l’idea è che quella profezia fosse pienamente plausibile, ma lo scatto in avanti compiuto con l’Italia la scorsa estate è andato oltre ogni più rosea aspettativa. Lo schiacciatore di Trento ha mostrato non solo di poter essere l’S2 del presente e del futuro della nazionale, ma anche un grande S1, in grado di fare la differenza in attacco ed elevarsi a punto di riferimento della distribuzione di Giannelli.
Insomma, sapevamo, o meglio speravamo che Alessandro Michieletto potesse diventare forte, ma non così forte.
L’esplosione
Oggi l’aspetto più stupefacente del suo gioco è l’imprevedibilità: ha un repertorio così ampio che il muro difesa avversario a volte non sa proprio come comportarsi. Sicuramente influisce l’anomalia del braccio preferito, anche se nella pallavolo contemporanea non è certo l’unico mancino (tra gli altri, i francesi Rossard e Lyneel, l’ex Trento Kovacevic, un’ispirazione diretta per lo stesso Michieletto, oltre al polacco Sliwka).
Eppure attaccando la palla da un punto mediamente più vicino all’asticella rispetto a un destrimano, Michieletto dovrebbe avere meno angolo per colpirla e quindi più difficoltà a cercare la parallela: un sinistro inizia la sua rincorsa già da una posizione più interna e la stringe ulteriormente al momento dello stacco, con la spalla sinistra sbilanciata in avanti e tutta la parte superiore del corpo rivolta verso la parte centrale della rete.
Il momento esatto in cui sta per saltare: dal linguaggio del corpo sembrerebbe andare sulla diagonale. E invece...
Ma schiacciare da posizione più laterale significa pure che il centrale avversario deve percorrere più strada per murare e quando non arriva a formare col posto 2 un muro composto, la banda di Trento ha la possibilità e la capacità di chiudere quanto vuole la diagonale, persino nei 3 metri. Uno schiacciatore destro da quella posizione non sarebbe in grado di stringere così tanto l’extrarotazione, ma allo stesso modo è difficile vedere opposti di braccio destro che attaccano da posto 2 (ossia da posizione speculare) chiudendo così tanto la schiacciata. In quest’azione se non avesse colpito in testa Reichert, la palla sarebbe finita nei 2 metri e mezzo. La Volley Nations League giocata in giugno nella bolla di Rimini si è trasformata nella sua palestra, in cui ha iniziato a prendere coscienza della profondità del suo talento e capire fino a che punto possa abbassare i colpi esasperando gli angoli. In una squadra ampiamente sperimentale, che ha terminato il girone da 16 al 10° posto ottenendo più sconfitte che vittorie, lo schiacciatore si è imposto comunque come il sesto bomber della competizione, il terzo tra gli schiacciatori, con un ottimo 50% di positività su 304 attacchi.
Per caratteristiche il numero 5 predilige la diagonale, ma se ha spazio non disdegna la parallela interna. Più in generale non sembrano esserci muri insormontabili per lui: se ha una traiettoria libera si infila come un coltello in un panetto di burro, quando invece ha di fronte a sé un muro composto non chiude il colpo, ma lo supera con un attacco profondo verso posto 5-6, la sua traiettoria preferita. Anche con la palla che gli arriva da dietro, anche quando attacca quasi dai 3 metri. L’altezza non può non costituire un vantaggio, malgrado l’elevazione inferiore alla media finisca per azzerare questo beneficio: Michieletto in effetti attacca “solo” a 3,57 metri, più in basso di diversi big della pallavolo mondiale.
Non ho selezionato un campione specifico, è semplicemente una rassegna in ordine sparso.
Una delle chiavi del suo gioco, più che l’altezza, potrebbe essere la rincorsa: nonostante la struttura fisica e le leve lunghe, ha una buona frequenza di passo, che può velocizzare o ritardare per prendere in controtempo il muro. In più ha una rincorsa breve, che gli permette di avere slancio e dare forza al suo attacco pure quando è molto vicino alla rete. Sono queste variazioni del tempo di salto a togliere riferimenti al muro difesa e restituirci la percezione di un giocatore in grado di rimanere sospeso in aria una frazione di secondo in più. A maggior ragione quando inarca la schiena, situazione che gli consente di correggere il timing su un’alzata troppo staccata da rete, aumentare la luce tra sé e il muro e dunque l’angolo di schiacciata.
In questa rigiocata si sbilancia all’indietro fino a perdere l’equilibrio. Nel replay è ancora più evidente: il numero 18 inarcandosi rende attaccabile un pallone apparentemente fuori dalla propria disponibilità. Emblematico lo smarrimento di Jovovic di fronte a lui, che rinuncia a saltare perché non si aspetta che lo schiacciatore azzurro abbia un angolo sufficiente per schiacciare.
Quella di Michieletto pare una sfida continua alla balistica e alla propriocezione, dato il suo equilibrio spesso precario. Quando attacca in pipe (una palla a Trento che la scorsa stagione Giannelli non provava mai con lui, ma che nei mesi successivi si è rivelata una miniera di punti) si sposta verso sinistra per attirare il centrale e aprirsi la diagonale verso 6-5. In quegli scambi in cui stringe particolarmente l’angolo, piega il corpo verso destra e mentre atterra dal salto deve appoggiare la mano destra se non vuole cadere.
Il suo sbilanciamento viene enfatizzato ancora di più al servizio: quando batte, inizia la rincorsa da zona 6-5, cioè decentrato sulla sinistra in modo da ampliare la superficie a disposizione nel caso in cui incroci la battuta. Michieletto però gioca molto sulle variazioni dai 9 metri, alternando a servizi verso posto 5 delle battute corte, frontali o in extrarotazione verso posto 1.
Nel momento successivo all’impatto con la sfera è completamente inclinato verso destra, come un motociclista in piega.
Agli europei le sue strisce al servizio hanno regalato all’Italia dei break preziosi, che gli sono valsi il secondo posto nella classifica ace/set, 0,68. Oltre alla sua efficacia, va segnalata la sua efficienza: nel torneo continentale ha messo assieme 21 ace a fronte di soli 27 errori, quasi un rapporto di 1:1. Nelle competizioni italiane da un anno e mezzo a questa parte solo 3 attaccanti di palla alta hanno un’efficienza migliore di lui, Juantorena, Petric e Garcia. Michieletto sa essere un fattore al servizio anche perché commette pochi errori diretti.
Quello dello schiacciatore trentino non è però un talento prettamente fisico, considerato che non ha la palla pesante di un Leon o di un Abdel Aziz. Lo schiacciatore semmai trasmette un’idea di leggerezza e delicatezza, con quegli arti lunghi e sottilissimi, simili a quelli di un trampoliere, che quasi si spezzano sotto il peso dell’attacco. È più giusto sottolinearne la manualità che, unita all’altezza, gli consente di mettere la palla dove vuole. La sua tecnica viene “sporcata” da uno stile non sempre elegante, eppure riesce a nascondere il colpo come pochi. Non solo, ha persino ampliato il repertorio delle cose che si possono fare su un campo da gioco, grazie all’attacco in palleggio che si è trasformato nella sua firma dalle olimpiadi di Tokio. Approfittando di arbitraggi sempre più tolleranti verso i palloni accompagnati, lo schiacciatore della nazionale lo utilizza in particolare negli scambi prolungati, in cui il ritmo si spezza e non avrebbe spazio per prendere una rincorsa adeguata. Una giocata banale quanto rivoluzionaria nella realtà dei fatti – del resto nessun altro a questi livelli la propone con la sua continuità – che gli consente una maggior precisione e rapidità rispetto a una palletta a una mano.
style="font-weight: 400;"> In queste due difese dietro al muro emerge tutta la pulizia tecnica plasmata negli anni da libero, oltre che la sua lettura del gioco. Alla luce dell’improvvisa abbondanza di schiacciatori (oltre a Michieletto, il suo compagno di club Lavia, Bottolo e Recine) e della casella di opposto che verrà liberata nel medio termine da uno Zaytsev prossimo ai 34 anni, che tra l’altro ha già saltato gli ultimi europei a causa di un’operazione al ginocchio, in chiave nazionale è stato ipotizzato https://www.oasport.it/2021/09/volley-alessandro-michieletto-e-lopposto-del-futuro-per-litalia-e-con-labbondanza-di-schiacciatori/ un futuro da opposto per Michieletto, che in carriera ha all’attivo una partita in quel ruolo, nel 2020 contro Vibo Valentia in una situazione di emergenza (15 punti e 43% in attacco). Eppure a Trento il suo allenatore, che a un opposto puro come Pinali sta preferendo un sistema con 3 schiacciatori, Michieletto, Lavia e Kaziyski, sta schierando Lavia - e non Michieletto – come finto opposto: nelle rotazioni l’ex Modena gioca in diagonale con il palleggiatore, ma rispetto a un giocatore di ruolo deve ricevere in varie rotazioni (sulla P1, P5 e P3 diventa il quarto ricettore, sulla P6 e a volte sulla P2 al posto di Kaziyski). Se De Giorgi in nazionale ha messo Michieletto come primo schiacciatore, che sulla P1 aveva così la possibilità di attaccare da destra, Lorenzetti lo ha riproposto S2 come nel 2020/21 e al massimo lo sfrutta da quel lato per qualche sporadico attacco da seconda linea nella fase punto. È plausibile che il tecnico marchigiano non voglia interrompere il percorso di crescita di un giocatore che in fondo ha meno di 6 anni di esperienza da schiacciatore e che non sappiamo se sia già arrivato a esprimere appieno il suo potenziale. Lavorare Michieletto da opposto significherebbe chiedergli di specializzarsi nell’attacco da posto 1-2, dopo che negli ultimi anni ha imparato a schiacciare da 4, toglierlo dalla parte centrale del campo in difesa, toglierlo dalla pipe e soprattutto dalla ricezione, almeno nelle rotazioni in cui si trova in posizione centrale. Sarebbe un peccato privarsi di un ex libero sui servizi avversari, in un fondamentale dove conferma un’ottima mobilità di piedi e una buona disinvoltura negli spostamenti. A dispetto di una buona parte degli schiacciatori di prima linea, che per non precludersi la possibilità di attaccare cercano di muoversi il meno possibile se chiamati a ricevere, Michieletto, forse per via del suo passato da libero, dà la priorità al primo tocco, con l’obiettivo di coprire la palla e trovare un buon piano di rimbalzo, anche a costo di andare a terra https://gfycat.com/grandioseidenticalarmednylonshrimp e non poter schiacciare. Non cerca di anticipare il pallone con il palleggio, si fida di più del suo bagher: lavora tanto con le braccia, sa orientare bene le spalle sul bagher laterale, sembra però un po’ rigido con i quadricipiti quando deve ammortizzare l’impatto col pallone. Se la ricezione e la difesa sono i fondamentali in cui era più pronto al salto tra i grandi – nonché i fondamentali in cui mostra il meglio di sé a livello estetico - quello su cui ha più margini è il muro. Va sottolineata comunque la sua progressione rispetto allo scorso campionato: oggi il numero 5 è diventato più composto nella traslocazione verso l’asticella, nell’invadenza e più lucido nel valutare il tempo di salto. Considerata la sua mole, è insidioso pure se mura da solo e con le mani esce dalla figura.
style="font-weight: 400;"> Per info chiedere a Stern.
«Io uno come Alessandro Michieletto non l’avevo mai visto giocare a pallavolo”»l’investitura di Andrea Zorzi, l’opposto della generazione di fenomeni di Julio Velasco dopo la vittoria dell’europeo.«È il prototipo del nuovo giocatore. Riesce a mantenere per tutta la partita lo stesso livello di performance: durata e intensità. Impara a velocità doppia: in un anno è praticamente diventato un altro (...), ora è uno schiacciatore con un fantastico equilibrio tra attacco e difesa». È passato in meno di un anno da promessa della pallavolo italiana a talento generazionale. La versatilità del suo gioco lo rendono unico nel panorama internazionale.
Ormai da 6 mesi si attesta sulla soglia del 50% in attacco in tutte le competizioni a cui sta partecipando: dopo la VNL, 50% netto alle olimpiadi, 52,2% agli europei e ancora 50,5% nel girone d’andata di Superlega, dove ha toccato un ancora più sbalorditivo 44% di efficienza offensiva, secondo solo a Leon tra gli attaccanti di palla alta. Ogni 2 attacchi un punto, con un margine di errore molto basso: si tratta di numeri eccellenti, ma che per un giocatore incredibilmente completo e consistente in tutti i fondamentali come lui assumono ancora più valore.
La sua nazionale al primo tentativo è riuscita laddove la generazione dei vari Zaytsev, Juantorena e Colaci si è sciolta alle prime difficoltà con un senso di impotenza e fragilità che quasi ci ha fatto dubitare del loro valore. L’Italia agli ultimi europei è partita senza particolari obiettivi ed è cresciuta partita dopo partita, fino alla semifinale imperiosa contro la Serbia, giocata con una sfrontatezza di chi non sembrava venisse da anni di sconfitte e delusioni. Contro i campioni in carica Michieletto ha confezionato la miglior partita della sua brevissima carriera: 18 attacchi vincenti su 33 tentativi, un ace, 4 muri e la sensazione che i serbi si ritrovassero di fronte a un animale esotico sconosciuto, che non sapevano come addomesticare (qui trovate alcuni highlights individuali). In una finale meno brillante, dove comunque ha totalizzato 17 punti, ha trovato la forza per resettare i primi 4 set altalenanti e dare la spallata decisiva alla Slovenia al tie break, con 5 punti praticamente consecutivi (da 5-5 a 11-7) da cui trasuda tutta la varietà del suo gioco: un muro, una diagonale nei 4 metri, un tocco spinto con la mano destra e due ace.
Nelle ultime settimane è apparso un po’ stanco, comprensibile per chi è stato spremuto come un limone lo scorso anno: tra maggio e ottobre ha disputato 4 tornei con la nazionale (VNL, olimpiadi, europei e mondiali U21) e 8 giorni dopo la finale mondiale era già in campo con la sua squadra di club per la prima giornata di campionato. Si è fermato soltanto nelle due gare successive alla distorsione alla caviglia subita contro Padova il 4 novembre, ma il 18 novembre contro Piacenza era già tornato titolare.
Eppure parliamo di un ragazzo di soli 20 anni - compiuti il 5 dicembre - che forse non dovrebbe essere caricato di così tante responsabilità e aspettative. Ma la sua crescita esponenziale l’ha reso rapidamente un’attrazione e un riferimento. La Cev lo ha scelto come uomo copertina della Champions League 2021/22 sul suo sito e per la stessa federvolley, che dopo aver puntato su Zaytsev in questi anni come ambasciatore del movimento, è possibile che inizi a investire anche sul classe 2001. Un esempio è stata l’ospitata al varietà sportivo di Rai 2 Il circolo degli anelli sotto l’albero, in cui sono stati celebrati i successi dello sport italiano nel 2021. Non vediamo l’ora di scoprire fino a che punto potrà spingersi ancora la sua crescita.
Il primo attacco viene contenuto dal muro di Piacenza, non il secondo, un arcobaleno che beffa il muro a 3 e Brizard in seconda linea che era avanzato per coprire un eventuale pallonetto.
Una forma di creatività che però poggia su un pensiero molto pragmatico: a differenza di giocolieri come Ngapeth che vivono per divertirsi e divertire il pubblico, Michieletto è mosso dalla necessità di trovare soluzioni non convenzionali con cui disorientare il muro, compresi dei colpi mutuati dal beach volley.
Passato da libero, futuro da opposto?
Michieletto si sta affermando come un giocatore sempre più completo, proprio perché l’esplosione in attacco si è andata ad aggiungere al background da libero che ha costruito nei primi anni di carriera. L’altezza ne non ha intaccato l’agilità o la reattività, al contrario quando sulla fase break si trova in seconda linea, occupa zona 6 dando l’idea di poter coprire l’intera fascia centrale del campo da solo, a maggior ragione in questa stagione in cui il libero di Trento, il tedesco Zenger, non sembra al livello dei suoi predecessori Rossini e soprattutto Grebennikov. Il martello trentino non solo è bravo mantenere una certa stabilità quando deve difendere di posizione (e quindi si deve far colpire dalla palla), ma ha una predisposizione alla compressione e al tuffo tipica di giocatori ben più bassi di lui. Un’esplosività che emerge anche quando è lui stesso a doversi autocoprire dopo un attacco respinto dal muro.
In queste due difese dietro al muro emerge tutta la pulizia tecnica plasmata negli anni da libero, oltre che la sua lettura del gioco.
Alla luce dell’improvvisa abbondanza di schiacciatori (oltre a Michieletto, il suo compagno di club Lavia, Bottolo e Recine) e della casella di opposto che verrà liberata nel medio termine da uno Zaytsev prossimo ai 34 anni, che tra l’altro ha già saltato gli ultimi europei a causa di un’operazione al ginocchio, in chiave nazionale è stato ipotizzato un futuro da opposto per Michieletto, che in carriera ha all’attivo una partita in quel ruolo, nel 2020 contro Vibo Valentia in una situazione di emergenza (15 punti e 43% in attacco).
Eppure a Trento il suo allenatore, che a un opposto puro come Pinali sta preferendo un sistema con 3 schiacciatori, Michieletto, Lavia e Kaziyski, sta schierando Lavia - e non Michieletto – come finto opposto: nelle rotazioni l’ex Modena gioca in diagonale con il palleggiatore, ma rispetto a un giocatore di ruolo deve ricevere in varie rotazioni (sulla P1, P5 e P3 diventa il quarto ricettore, sulla P6 e a volte sulla P2 al posto di Kaziyski). Se De Giorgi in nazionale ha messo Michieletto come primo schiacciatore, che sulla P1 aveva così la possibilità di attaccare da destra, Lorenzetti lo ha riproposto S2 come nel 2020/21 e al massimo lo sfrutta da quel lato per qualche sporadico attacco da seconda linea nella fase punto.
È plausibile che il tecnico marchigiano non voglia interrompere il percorso di crescita di un giocatore che in fondo ha meno di 6 anni di esperienza da schiacciatore e che non sappiamo se sia già arrivato a esprimere appieno il suo potenziale. Far lavorare Michieletto da opposto significherebbe chiedergli di specializzarsi nell’attacco da posto 1-2, dopo che negli ultimi anni ha imparato a schiacciare da 4, toglierlo dalla parte centrale del campo in difesa, toglierlo dalla pipe e soprattutto dalla ricezione, almeno nelle rotazioni in cui si trova in posizione centrale.
Sarebbe un peccato privarsi di un ex libero sui servizi avversari, in un fondamentale dove conferma un’ottima mobilità di piedi e una buona disinvoltura negli spostamenti. A dispetto di una buona parte degli schiacciatori di prima linea, che per non precludersi la possibilità di attaccare cercano di muoversi il meno possibile se chiamati a ricevere, Michieletto, forse per via del suo passato da libero, dà la priorità al primo tocco, con l’obiettivo di coprire la palla e trovare un buon piano di rimbalzo, anche a costo di andare a terra e non poter schiacciare. Non cerca di anticipare il pallone con il palleggio, si fida di più del suo bagher: lavora tanto con le braccia, sa orientare bene le spalle sul bagher laterale, sembra però un po’ rigido con i quadricipiti quando deve ammortizzare l’impatto col pallone.
Se la ricezione e la difesa sono i fondamentali in cui era più pronto al salto tra i grandi – nonché i fondamentali in cui mostra il meglio di sé a livello estetico - quello su cui ha più margini è il muro. Va sottolineata comunque la sua progressione rispetto allo scorso campionato: oggi il numero 5 è diventato più composto nella traslocazione verso l’asticella, nell’invadenza e più lucido nel valutare il tempo di salto. Considerata la sua mole, è insidioso pure se mura da solo e con le mani esce dalla figura.
Per info chiedere a Stern.
Talento generazionale
«Io uno come Alessandro Michieletto non l’avevo mai visto giocare a pallavolo» è stata l’investitura di Andrea Zorzi, l’opposto della generazione di fenomeni di Julio Velasco dopo la vittoria dell’europeo. «È il prototipo del nuovo giocatore. Riesce a mantenere per tutta la partita lo stesso livello di performance: durata e intensità. Impara a velocità doppia: in un anno è praticamente diventato un altro (...), ora è uno schiacciatore con un fantastico equilibrio tra attacco e difesa». Lo schiacciatore mancino è passato in meno di un anno da next big thing della pallavolo italiana a papabile talento generazionale per la versatilità del suo gioco, che lo rendono quasi un unicum nel panorama internazionale.
Ormai da 6 mesi si attesta sulla soglia del 50% in attacco in tutte le competizioni a cui sta partecipando: dopo la VNL, 50% netto alle olimpiadi, 52,2% agli europei e ancora 50,5% nel girone d’andata di Superlega, dove ha toccato un ancora più sbalorditivo 44% di efficienza offensiva, secondo solo a Leon tra gli attaccanti di palla alta. Ogni 2 attacchi un punto, con un margine di errore molto basso: si tratta di numeri eccellenti, ma che per un giocatore incredibilmente completo e consistente in tutti i fondamentali come lui assumono ancora più valore.
La sua nazionale al primo tentativo è riuscita laddove la generazione dei vari Zaytsev, Juantorena e Colaci si è sciolta alle prime difficoltà con un senso di impotenza e fragilità che quasi ci ha fatto dubitare del loro valore. L’Italia agli ultimi Europei è partita senza particolari obiettivi ed è cresciuta partita dopo partita, fino alla semifinale imperiosa contro la Serbia, giocata con una sfrontatezza di chi non sembrava venisse da anni di sconfitte e delusioni. Contro i campioni in carica Michieletto ha confezionato la miglior partita della sua brevissima carriera: 18 attacchi vincenti su 33 tentativi, un ace, 4 muri e la sensazione che i serbi si ritrovassero di fronte a un animale esotico sconosciuto, che non sapevano come addomesticare (qui trovate alcuni highlights individuali). In una finale meno brillante, dove comunque ha totalizzato 17 punti, ha trovato la forza per resettare i primi 4 set altalenanti e dare la spallata decisiva alla Slovenia al tie break, con 5 punti praticamente consecutivi (da 5-5 a 11-7) da cui trasuda tutta la varietà del suo gioco: un muro, una diagonale nei 4 metri, un tocco spinto con la mano destra e due ace.
A fine 2021 è apparso un po’ stanco, comprensibile per chi è stato spremuto come un limone tutto l’anno: tra maggio e ottobre ha disputato 4 tornei con la nazionale (VNL, olimpiadi, europei e mondiali U21) e 8 giorni dopo la finale mondiale era già in campo con la sua squadra di club per la prima giornata di campionato. Si è fermato soltanto nelle due gare successive alla distorsione alla caviglia subita contro Padova il 4 novembre, ma il 18 contro Piacenza era già tornato titolare. Nel girone di ritorno comunque si è abbondantemente ripreso e, al netto di una flessione in ricezione (solo 20,8% di rice perfetta) ha continuato ad attaccare con il 50% di positività e mercoledì, anche grazie ai suoi 22 punti nel quarto di ritorno con Berlino, Trento si è qualificata alle semifinali di Champions League con Perugia.
Ma Michieletto rimane pur sempre un ragazzo di soli 20 anni, che forse non dovrebbe essere caricato di così tante responsabilità e aspettative. Eppure la sua crescita esponenziale l’ha reso rapidamente un’attrazione e un riferimento per gli addetti ai lavori - la Cev lo ha scelto come uomo copertina della Champions League 2021/22 sul suo sito – e per la stessa federvolley, che dopo aver puntato su Zaytsev in questi anni come ambasciatore del movimento, non è da escludere che inizi a investire anche sul classe 2001, vedi l’ospitata in dicembre al varietà sportivo di Rai 2 “Il circolo degli anelli sotto l’albero”, in cui sono stati celebrati i successi dello sport italiano nel 2021. Non vediamo l’ora di scoprire fino a che punto potrà spingersi ancora la sua progressione, e magari ritrovarlo nuovamente in un programma generalista a parlare delle sue vittorie con l’Italia anche a fine 2022.