
Scena strana. Gli occhi da pazzo di Paleari sgranati, la sua faccia lunga ancora più lunga del solito, Paleari chiede a un raccattapalle (che non ci sono più, lo sappiamo, al loro posto oggi abbiamo dei simpatici conetti), a un fotografo o a chiunque fosse lì a bordocampo, di dargli la palla. Perché? Non ha senso. È stato lui ad aver messo la palla in angolo, non ha diritto al pallone. Jonathan David infatti allunga il braccio, sempre verso la persona a cui si rivolgeva Paleari, come per fermarlo. Forse Paleari voleva rallentare il gioco, impedire alla Juventus di battere il calcio d’angolo troppo rapidamente. Forse era semplicemente strafatto della sua stessa adrenalina, a rota di se stesso.
Paleari aveva appena fatto un miracolo su un colpo di testa ravvicinato di McKenny che, a venti minuti dalla fine, con la Juventus che circumnavigava l’area di rigore granata come una flotta di pirati che cerca di abbordare, rischiava di essere decisivo. Non ha esultato Paleari, e viene da chiedersi se si è goduto l'eccezionalità di quella parata, la brillantezza dei suoi riflessi, il tempismo con cui ha spinto sulle gambe per arrivare sul pallone; così come viene da chiedersi se si sta godendo questo momento fuori dall’ordinario, incredibile.
Ma certo che se lo sta godendo. La prova è arrivata venti minuti dopo, quando gli è stato dato il premio di migliore in campo e lui lo ha festeggiato mandando un messaggio ai suoi tifosi sui social del Toro: «Vi voglio bene. Ci vediamo tra una settimana». Poi si è ricordato che c’è la sosta per le Nazionali e si è corretto: «Tra due settimane, cazzo». Troppo felice e spontaneo per non dire parolacce. Ma anche un po’ impreparato, d’altra parte chi si sarebbe mai aspettato che a novembre 2025, a 33 anni, sarebbe diventato improvvisamente uno dei migliori portieri della Serie A?
La storia di Alberto Paleari l’avrete già letta o sentita ma vale la pena riassumerla brevemente: nelle 14 stagioni da professionista che hanno preceduto quella attuale, Paleari ha giocato in tutto quattro partite in Serie A. La prima volta col Genoa nella stagione 2020/21, tre partite, e sembrava già quella la massima soddisfazione che si sarebbe tolto in carriera. La quarta presenza l’ha fatto la scorsa stagione e ancora sembrava un’eccezione, una casualità per un portiere che ha trascorso la maggior parte della propria carriera tra Serie B e Lega Pro.
Poi Israel - il portiere titolare del Torino, uruguaiano, di otto anni più giovane di Paleari - si è infortunato alle costole, contro il Napoli. Sembrava un altro piccolo regalo del destino per Paleari, un’altra soddisfazione da raccontare quando, tra non molto, avrà appeso i guanti al chiodo. E invece no. Dopo quattro partite è tutto cambiato. Chi è, oggi, il portiere titolare del Torino? Come troverà il coraggio di togliere Paleari dalla porta, Baroni?
Le cose hanno cominciato a cambiare davvero nei minuti di recupero della partita col Genoa. Tra 95esimo e 96esimo minuto di gioco. In cui Paleari compie due parate in sequenza, entrambe nel corso della stessa azione.
Prima devia di piede, o di stinco, una punizione di Vitinha che Ekuban gli ha deviato da un metro di distanza:
Poi, sempre con la gamba, l’altra, la sinistra, riesce in qualche modo a schiacciare a terra e a deviare sopra la traversa un sinistro a botta sicura di Cornet, su sponda di Thorsby. Dopo questa parata persino Pedersen, suo compagno di squadra, ha le mani nei capelli dallo shock.
Sono quattro partite in cui il Torino non ha perso, allungando la striscia positiva a otto pareggi o vittorie consecutive. A inizio stagione, quando Baroni sembrava smarrito i tifosi granata erano pessimisti, nella guida di inizio stagione scrivevamo che questo Torino ci sembrava "troppo forte per la zona retrocessione, ma non abbastanza per tornare in Europa", e i tifosi commentavano: sicuri sia troppo forte per non retrocedere? Oggi invece viene da chiedersi se non sia davvero abbastanza per un piazzamento europeo. E Paleari ha partecipato a questo eccitante ritorno di forma del Torino. Una sorpresa all’interno di un inizio di stagione sorprendente.
Paleari sta passando alla cassa e riscuotendo tutto quello che anni di allenamenti e sacrifici gli hanno fruttato. A quanto pare già prima del suo passaggio ufficiale, dal Benevento, stava per andare a Torino. All’epoca, sei anni fa, giocava nel Cittadella e quell’opportunità sfumata ce lo aveva fatto rimanere male. «Fu un brutto periodo». Ecco, Paleari si sta rifacendo con gli interessi di questo genere di fregature a cui la stragrande maggioranza dei calciatori va incontro nella propria carriera.
Ma qualcosa non torna nel raccontare la rivincita di Paleari come la rivincita dei “normali”, il suo successo come il successo dell’uomo comune. Perché quello che ha fatto Paleari, seppur in solo quattro partite, è effettivamente eccezionale. Nel senso di: non alla portata di tutti.
Contro il Bologna ha fatto un paio di parate belle ma normali, contro il Pisa ha subito due gol, uno su rigore, l’altro su cui non poteva fare niente. Poi però contro la Juventus ha fatto quella parata su McKenny e, poco prima, un’altra piuttosto eccezionale su Jonathan David.
Qui la giocata più eccezionale sembra quella di Yildiz: un filtrante da fermo visionario, che trova lo spazio per il taglio di David dove lo spazio sembrava non ci fosse. Paleari esce e la palla viene allungata leggermente dall’uscita di Maripan. Un tocco che potrebbe metterlo fuori causa, David lo ha aggirato sull’esterno e ci sarebbe lo spazio sul primo palo per segnare, ma Paleari modifica in corsa la propria uscita e riesce a sbarrargli la strada con il braccio. Era un’uscita, è diventata una parata vera e propria.
Bisogna guardarla al replay questa parata per apprezzarla davvero. Per capire davvero come ha fatto a non prendere gol Paleari. Così come per le due parate di piede col Genoa, non è chiaro se è Paleari che vede e reagisce più velocemente di quanto ci si aspetti o se invece è la palla che gli va incontro, attratta dal suo corpo come un satellite dal suo pianeta.
Insomma è difficile capire se Paleari stia vivendo solo un momento molto fortunato, in cui le sue qualità, lavorate negli anni, stanno venendo premiate da circostanze favorevoli, o se sia piuttosto lui ad aver colto l’occasione giusta per salire ulteriormente di livello, per evolversi in qualcosa che in tutti questi anni non è stato. Oppure, ultima ipotesi, è pieno di portieri così forti nelle categorie inferiori ed è solo che gli mancano le opportunità per dimostrarlo?
Poco importa, in fin dei conti. Che sia per una ragione o per un’altra, ci rivediamo tra due settimane cazzo.


