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L'alba di un nuovo Milan
13 lug 2017
13 lug 2017
Un primo sguardo al Milan 2017/18.
(articolo)
14 min
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Nella grande ondata del gioco di posizione dell’ultima decade, la Serie A si è mantenuta a distanza di sicurezza, scottata anche dal fallimento di Luis Enrique; ormai siamo nella fase della risacca, viste anche le difficoltà nell’esportazione del modello, e nella prossima stagione il campionato italiano vedrà presumibilmente solo un allenatore ispirarsi a quei principi: Vincenzo Montella.

Dal “piccolo Barcellona” di Catania alla Fiorentina ispanica, Montella ha mantenuto la barra dritta sui propri principi di gioco, pur cambiando molto a livello di strategie e modulo: come evidenziava Fabio Barcellona, si tratta di “un allenatore che non fa del modulo un verbo immutabile e che adatta la disposizione dei giocatori in campo in funzione delle loro caratteristiche e di quelle degli avversari da incontrare”.

Fondamentalmente, Montella è un pragmatico del bel gioco. Ha puntato sia sull'attacco degli spazi con transizioni veloci (al Catania, per esaltare le qualità del Papu Gomez), sia sul possesso come metodo di avanzamento in campo; cioè ha puntato a controllare sia lo spazio che il pallone. Non ci sono mai scelte teoriche alla base delle sue squadre: le strategie si aggiustano in base al materiale, e il modulo è solo un’espressione numerica per indicare una fase statica di gioco. Al Catania il riferimento era il 4-3-3; a Firenze ha prima scelto il 3-5-2 per poi tornare al 4-3-3 nella seconda stagione. Gli stessi moduli usati anche nella sua prima stagione milanese, anche se la difesa a 3 in realtà è stata utilizzata solo a fine stagione, principalmente per sistemarsi a specchio contro l’Atalanta.

Un nuovo Milan?

Era una premessa necessaria, adesso che il Milan è stato inondato di nuovi acquisti, perché è possibile che Montella cambierà ancora la disposizione in campo della squadra. A rimanere intatti saranno i suoi principi di gioco, che ha usato sempre come punti di riferimento da seguire, nei limiti posti dalla realtà dei fatti. L’idea principale è che le quattro fasi di gioco sono pienamente interconnesse, e quindi la transizione offensiva è complementare a quella difensiva: solo se l’inizio azione si svolge con regolarità e porta la squadra compatta nella metà campo avversaria, allora sarà possibile riconquistare il pallone evitando di subire pericolosi contropiedi. Per avanzare sulla trequarti, si cerca la superiorità posizionale in zona pallone, occupando però anche il campo in ampiezza, così da costringere l’avversario a una scelta complicata.

Nella versione milanista della scorsa stagione, il gioco di posizione montelliano aveva perso quella componente di dominio del pallone, che nelle stagioni fiorentine serviva anche come strumento difensivo, e si avvicina di più alla versione di Antonio Conte: superiorità numerica in fase difensiva, per attivare immediate verticalizzazioni verso gli attaccanti, che con movimenti automatici permettono di attaccare la profondità.

A questa strategia corrispondeva una fase di non possesso molto meno aggressiva (rispetto al periodo fiorentino di Montella), con i difensori avversari lasciati spesso liberi di gestire il pallone.

Nonostante temporanei miglioramenti, per tutta la stagione il Milan ha sofferto scollamenti tra i reparti, dovuta alla necessità di verticalizzare immediatamente, e una certa passività nel recuperare il pallone. Difetti che, a ben vedere, possono essere in buona parte collegati alle caratteristiche dei giocatori a disposizione: Montella ha provato, come sempre, ad adattarsi alle risorse a disposizione, ma ne è uscito fuori un ibrido solo raramente in grado di esprimere fluidità e controllo della partita.

Forze fresche dietro

La campagna acquisti ha inserito titolari in ogni reparto, iniziando una vera e propria rivoluzione nella rosa, che durerà probabilmente fino al 31 agosto (soprattutto per le cessioni). Al Milan mancava qualità in quasi tutte le zone del campo, ma soprattutto in quelle fondamentali e sarà interessante capire come Montella adeguerà gli strumenti tattici ai nuovi giocatori, fedele a quell’identità tattica definita, che il Milan della passata stagione ha sempre cercato, anche nei momenti peggiori.

La difesa era chiaramente il settore su cui intervenire in modo più massiccio: non solo perché gran parte della linea difensiva non si è mostrata all’altezza, ma soprattutto perché le caratteristiche tecniche erano ben distanti da quelle richieste da Montella. La difesa del Milan andava cambiata non perché non sapesse difendere, ma perché non aiutava ad attaccare.

La fase di inizio azione è il fulcro su cui poggia l’idea di calcio posizionale: come sosteneva Cruyff, solo se il pallone esce in modo pulito, è possibile giocare bene. I rossoneri avevano già un difensore centrale abile nel far salire il pallone, cioè Romagnoli, ma non c’era un profilo complementare da affiancargli: Paletta o Zapata sono entrambi marcatori, seppur con caratteristiche diverse; mentre Mateo Musacchio sembra maggiormente a suo agio con il pallone, sia nel gioco lungo che corto, e soprattutto nel trovare la superiorità dietro la linea di pressione avversaria. Pur non eccellendo in nessuna caratteristica, l’argentino è abile nell’anticipo e nel difendere in avanti, ma sa anche correre all’indietro per coprire ampie porzioni di campo, oltre a garantire battaglia nei duelli aerei.

Musacchio viene dalla scuola del Villarreal, un blocco granitico che si muoveva all’unisono accorciando sul pallone, tenendo la linea difensiva anche a centrocampo, e con verticalizzazioni immediate dalla difesa alle due punte: tutti strumenti tattici che gli torneranno utili.

Musacchio in breve sintesi.

La coppia con Romagnoli sembra ben assortita per iniziare l’azione in modo migliore da quanto visto lo scorso anno: nella fase di costruzione, il Milan impiega sempre cinque giocatori tra difensori e centrocampisti, alternando 2+3 e 3+2 (soprattutto contro avversari a due punte).

Il 2+3 nell’inizio azione del Milan contro il Lugano.

La scorsa stagione, quando ad impostare erano tre difensori, il terzo era spesso De Sciglio. Qui interviene un altro importante fattore di cambiamento, cioè il nuovo terzino sinistro Ricardo Rodriguez. Molto a suo agio nella gestione del pallone, anche se preferisce giocare sul lungo (e potrà quindi essere importante nei frequenti cambi di campo richiesti da Montella), le sue caratteristiche lo rendono potenzialmente adattabile come falso terzino, cioè capace di entrare nel campo per creare una ulteriore linea di passaggio dietro la pressione avversaria.

Sull’altra fascia, invece, le caratteristiche di Conti lo rendono molto meno importante in fase di impostazione, ma lasciano immaginare come attaccherà il Milan in fase di possesso consolidato: molto probabilmente vedremo un 2-3-5 in cui i terzini sono davvero ali aggiunte e in particolare Conti potrà sfruttare la sua sensibilità nell’attaccare lo spazio. Con il Milan che cercherà più spesso di sovraccaricare la fascia sinistra per cambiare campo su quella destra.

Inoltre, le caratteristiche molto offensive dei terzini a disposizione fanno pensare anche che Montella dovrà necessariamente chiedere alla sua squadra di alzare il baricentro e di riconquistare il pallone molto più in avanti rispetto alla passata stagione, per non costringere Romagnoli-Musacchio a coprire porzioni di campo troppo ampie.

Anche la possibilità di una difesa a tre non è da scartare, anche se non esalterebbe le caratteristiche dei giocatori: è vero che Rodriguez ha giocato molto spesso da difensore centrale nell’ultima stagione al Wolfsburg, ma gli esiti non sono stati proprio entusiasmanti. La presenza di Conti potrebbe comunque rendere quella del Milan una difesa a tre e mezzo, con l’ex atalantino a oscillare tra difesa e centrocampo: ma questo sarà uno sbocco naturale a seconda della fase di gioco. In ogni caso, per il centrale destro, Musacchio, le uscite in copertura dello spazio dietro Conti saranno frequenti.

Tutto sommato con i nuovi acquisti la linea difensiva milanista dovrebbe diventare addirittura uno dei punti di forti della squadra, il custode dell’applicazione pratica dell’identità tattica.

Alla ricerca di un faro in mezzo

Nel Milan della passata stagione, un’intera fase di possesso consolidato sulla trequarti veniva spesso saltata: non si creavano i caratteristici triangoli di ricezione, con il giocatore in possesso circondato da possibili linee di passaggio. I rossoneri andavano dritti per dritti, cercando di trovare una ricezione sulla trequarti, e così unificando le fasi di costruzione e rifinitura praticamente in un momento unico. Il regista aveva semplici compiti di smistamento, com’è prevedibile in una squadra che non riesce davvero a dominare il pallone in zona centrale. Le caratteristiche del centrocampo del Milan rendevano molto difficile, d’altronde, ottenere questo risultato.

Con il possibile arrivo di Biglia, il Milan si doterebbe finalmente del regista in grado di rendere più fluida l’intera manovra, e soprattutto di blindare l’inizio azione (rimarrà solo un punto debole nella gestione della palla: Donnarumma che con i piedi non eccelle) senza l’obbligo di dover verticalizzare già dalla propria trequarti: i rossoneri non soffrirebbero più il pressing sulla prima costruzione, come nella passata stagione.

Sia abbassandosi per la salida lavolpiana, che mantenendosi in zona centrale dietro la pressione avversaria, Biglia permetterebbe alla squadra di gestire meglio i tempi di gioco. Il Milan diventerebbe meno frenetico: le qualità dell’argentino (o in alternativa di un profilo simile) permettono di mantenere un possesso consolidato, in grado poi di trovare gli uomini sulla trequarti per la rifinitura, senza troppe vertigini verticali (che comunque rimarranno come strumento tattico da utilizzare nel corso delle partite).

Anche in fase difensiva il ruolo di un vero playmaker è importante, sia nel portare in avanti il reparto e gestire le marcature preventive in zona centrale, sia in fase di difesa posizionale per coprire lo spazio tra le linee: nel doble pivote, invece, il sistema di coperture cambia, e generalmente rende più complessa la gestione degli spazi per un regista.

Proprio il 4-2-3-1 è un modulo che il Milan potrebbe adottare - magari anche solo nel corso delle partite - (basta una semplice rotazione del triangolo di centrocampo). In questa situazione, però, il profilo del regista potrebbe essere diverso, uno tipo Badelj, più abituato a gestire gli spazi sulla propria trequarti con un compagno; per Kessié, che diventerebbe il secondo pivote, potrebbe essere più difficile mostrare le sue qualità principali, inserimento in fase offensiva ed esplosività nella fase di recupero. L’ivoriano sarebbe costretto ad arretrare il suo raggio d’azione: nell’Atalanta, seppur giocando da centrale di centrocampo, interpretava il ruolo in modo molto più dinamico rispetto a quello che avrebbe nel doble pivote.

Anche Bonaventura vedrebbe cambiare i propri compiti, con la necessità di garantire più spesso ampiezza alla manovra: ma vista la sua capacità di inserirsi, non è detto che non possa diventare un trequartista dinamico, per attaccare gli spazi creati dal centravanti. A quel punto Calhanoglu si sistemerebbe da esterno alto a sinistra, con libertà di accentrarsi e attaccare gli spazi di mezzo, ma senza la responsabilità di dover garantire inserimenti continui.

Come superare la linea di pressione avversaria (ecco perché al Milan servirebbe Biglia).

Più probabilmente, il Milan manterrà un centrocampo a 3 con un vertice basso e due mezzali - perché così era quello della passata stagione, e così è stato riproposto nella prima amichevole stagionale contro il Lugano. Nella posizione di mezzala destra, Kessié garantisce un insieme di qualità molto diverse rispetto a quelle degli altri titolari: in particolare per la capacità di trasformare l’azione semplicemente grazie a una conduzione palla al piede. Uno stile molto peculiare, da inserire in un gioco associativo, ma che rende molto più variegato l’insieme di soluzioni del Milan, soprattutto contro squadre molto bloccate e che fanno densità sulla propria trequarti. Inoltre, anzi soprattutto, Kessié è un giocatore che può garantire un dominio fisico totale, e può rendere molto più facile alla squadra di recuperare il pallone in zone alte, suturando così una delle grandi ferite tattiche del Milan. Visto che su quella fascia ci sarà Conti, a Kessié spetterà di equilibrare la squadra, senza perdere troppo la posizione.

Le interazioni tra terzino e mezzala sono molto importanti nel gioco di Montella, e mentre la coppia sulla destra sembra avere compiti più definiti, quella sulla sinistra appare perfetta per garantire la fluidità dei movimenti: Bonaventura e Rodriguez sanno entrambi occupare la fascia per garantire l’ampiezza d’attacco, con l’altro in copertura nella zona più centrale. Nel centrocampo del Milan forse sorprende l’assenza di una mezzala di possesso, un giocatore che possa aiutare a controllare il gioco sulla trequarti: uno con le caratteristiche di Borja Valero, o di Ceballos, per citare due giocatori che hanno cambiato maglia in questa sessione di mercato. Ma per garantire fluidità sulla trequarti, probabilmente la dirigenza rossonera ha deciso di affidarsi alle due ali del tridente.

Qualità davanti

Grazie ad André Silva, Montella ha finalmente un centravanti con un set di movimenti più ampio rispetto a quello di Bacca: un giocatore capace di collegare i reparti e dettare passaggi tra le linee per poi attivare combinazioni nello stretto, come dalla descrizione di Federico Aqué. E di combinazioni, in effetti, sulla trequarti ce ne dovrebbero essere molte: perché Calhanoglu e Suso non sono affatto due ali tradizionali, ma due giocatori che tendono ad accentrarsi e occupare gli spazi di mezzo. Il loro apporto sarà fondamentale in zona gol, visto che non ci si può basare solo sull’abilità di André Silva in area di rigore. Più in generale, i gol del Milan arriveranno probabilmente da molti giocatori, considerando che in fase offensiva vedremo spesso una linea di 5 giocatori.

Suso si è già mostrato estremamente funzionale nella strategia di Montella, mentre il turco ha caratteristiche molto diverse, che andranno valutate nel nuovo contesto di gioco: una capacità di verticalizzare fuori dal comune e un’abitudine immediata alla riaggressione per riconquistare il pallone, affinate alla scuola dell’allenatore più estremista nello spettro del gegenpressing, Schmidt.

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I triangoli di passaggio permettono di giocare sempre di prima: il centravanti si abbassa a per fare da sponda, la mezzala Kessié si inserisce, mentre Calhanoglu da ala si accentra e si diletta nella sua specialità: verticalizzazione immediata nello spazio.

La capacità di trasformare l’attacco nella prima difesa è anche il simbolo delle qualità di Borini: un giocatore che ha disputato la sua miglior stagione proprio nella Roma di Luis Enrique. In quel celebre e fallimentare tentativo di esportare il gioco di posizione, Borini sembrava essere davvero uno dei pochi a suo agio, per due motivi: l’intensità nella riaggressione e la capacità di tagliare in area, dare profondità a un sistema che rischiava di piegarsi su se stesso sulla trequarti. Nel Milan queste caratteristiche serviranno entrambe: sia per garantire un esterno più offensivo e che aiuti a dettare la profondità; sia per garantire un attaccante ipercinetico.

In un eventuale rombo, Calhanoglu sarebbe perfetto per aggredire il regista avversario.

Montella ha detto di voler lavorare anche su un altro modulo di gioco, e continuano a rincorrersi le voci su un altro attaccante per i rossoneri: è possibile che il Milan quindi decida di giocare con il 4-3-1-2, che aiuterebbe a garantire maggior profondità, e che sarebbe probabilmente una versione più verticale del sistema. Con il rombo, ad avere ancora più importanza sarebbero il regista e il trequartista, per la capacità di cercare e offrire superiorità posizionale. La circolazione del pallone sarebbe molto più veloce: con più linee di passaggio a disposizione, e una maggior ricerca della profondità. In questa struttura Calhanoglu sarebbe un trequartista perfetto, sia per la sua capacità di servire i compagni nello spazio che per l’aggressione sul regista avversario (un problema classico, invece, del 4-3-3): più si alza la frequenza più il turco può esprimere le sue qualità. Con il rombo ovviamente si perderebbe qualcosa in ampiezza per ottenere maggior occupazione della zona centrale, ma si guadagnerebbe nella ricerca della profondità, con due attaccanti ad eseguire movimenti codificati.

Solo con il tempo capiremo come evolverà davvero il sistema Milan, ma si avverte la ricerca di due linee di gioco: da un lato, accorciare sempre di più nella zona della palla, alzando il baricentro e difendendo in avanti, per ridurre le fasi di difesa posizionale; dall’altro, garantire la possibilità di occupare la zona centrale e le fasce con la stessa qualità.

I giocatori acquistati (o da acquistare) finora garantiscono sia un registro molto verticale che di dominio del pallone. In ogni caso, sono profili perfettamente compatibili con le idee dell’allenatore, per garantirgli la possibilità di applicare le proprie idee in campo: toccherà a Montella non perdere la bussola tra vertigini verticali e stagnazioni, per trasformare un insieme di ottimi giocatori in una grande orchestra. Una sfida non così semplice come viene spesso presentata, ma che potrebbe garantire un’ottima riuscita: sia in termini di risultati che di qualità del gioco.

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