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Dario Pergolizzi
L'Ajax è tornato a brillare
03 nov 2021
03 nov 2021
La squadra di ten Hag è una delle avanguardie più ambiziose del calcio europeo.
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Dario Pergolizzi
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L’Ajax ha cominciato la stagione alla grande. In un girone di Champions League sulla carta equilibrato la squadra di ten Hag ha vinto le prime tre partite, segnando 11 gol e subendone appena uno, e in campionato ha portato il proprio dominio a livelli semplicemente ridicoli. La squadra di ten Hag ha vinto 8 partite su 11, subendo complessivamente la miseria di due gol (sì, avete letto bene), e pochi giorni fa ha battuto la seconda in classifica (il PSV Eindhoven) per 5-0. Certo, non mancano le ombre: in campionato, ad esempio, ha pareggiato l'ultima giornata contro l'Heracles per 0-0 e, nonostante il dominio dimostrato sul campo, l'Ajax ha ancora una distanza molto ridotta dalle inseguitrici.


 

Nonostante questo, con la brillantezza di molte sue prestazioni, a partire dal 4-0 rifilato al Borussia Dortmund, l'Ajax è tornata ad attirare su di sé l’hype che si era generato nella storica stagione 18/19, in cui la squadra di Amsterdam era arrivata ad un passo dalla finale di Champions League. Anche se quest'anno tornare a raggiungere un risultato simile sembra più difficile, è comunque notevole che al quarto anno sulla panchina dei lancieri, l’allenatore olandese stia riuscendo a riproporre un Ajax temibile in coppa, dopo la sfortunata uscita ai gironi del 2019/20 (contro Valencia, Chelsea e Lille) e quella più netta dell’anno successivo (nel girone con Atalanta, Liverpool e Midtjylland).


 

Identità e certezze


Per fare ciò con una squadra abbastanza diversa rispetto a quella della cavalcata di tre stagioni fa, ten Hag è ripartito dalle certezze, ossia da quei principi di gioco che sono radicati tanto nel suo gioco quanto nella stessa identità del club. Anche quest’anno l’Ajax è una squadra arrembante, a tratti straripante, che gioca le sue partite con un turbinio costante di movimenti e un piglio aggressivo anche senza palla, rendendo un inferno la vita delle difese che la affrontano. Con il passare dei mesi la formazione titolare sembra essersi stabilizzata intorno a undici nomi che, per il momento, danno sufficienti garanzie a ten Hag, e che hanno permesso alla squadra olandese di avere anche una panchina piuttosto lunga e di qualità. Ad esempio ci sono Neres e Tagliafico, che proprio nella stagione 2018/19 avevano avuto un ruolo importante, ma anche il ritrovato Klaassen.


 


 

In Champions e nelle partite più impegnative di Eredivisie l’Ajax ha giocato prevalentemente con Pasveer in porta, Mazraoui, Timber, Lisandro Martinez e Blind dietro, Edson Alvarez e Gravenberch in mediana, Antony, Berghuis e Tadic alle spalle di Haller. Questi sono i nomi, mentre è più difficile identificare moduli fissi. Per esempio: ha poco senso perdere del tempo a discutere se questa sistemazione sia più fedelmente descrivibile come un centrocampo a tre o a due. A volte Gravenberch e Berghuis si trovano ad agire più o meno alla stessa altezza, soprattutto quando il baricentro dell’azione è molto alto, e il secondo ha anche una certa partecipazione nella circolazione del pallone sul lato destro, ma non mancano i momenti in cui sembra orientare la sua posizione in base ai movimenti di Haller, agendo da pesce pilota e cercando di inserirsi negli spazi che libera dietro la linea difensiva avversaria. E questo non esclude brevi momenti in cui invece Berghuis si ritrova a muoversi in orizzontale o diagonale verso sinistra.


 

La manovra dell’Ajax comincia in maniera abbastanza paziente da dietro, con Edson Alvarez che solitamente è il primo riferimento per il portiere e i due difensori centrali, mentre i terzini si mantengono alti già dai primi passaggi. Alvarez può anche abbassarsi sulla stessa linea dei difensori, lateralmente o in mezzo, ma se c’è la possibilità l’Ajax preferisce far salire in conduzione gli stessi difensori, così da poter aumentare il numero di riferimenti sopra la linea della palla. L’assetto dell’Ajax vede spesso i due difensori centrali molto larghi, anche contro squadre particolarmente aggressive.


 

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Nonostante l’apparente svantaggio numerico, Pasveer sceglie di giocare su Alvarez, che si appoggia a Timber, che non si fa mai pregare due volte quando c’è la possibilità di condurre per attirare, anche in situazioni di grande densità nella zona della palla.


 

L’Ajax insiste sulla costruzione bassa praticamente sempre, anche in situazioni di parità numerica, o forse sarebbe più corretto dire effimera parità numerica, dato che la fluidità costante e il grande livello di interpretazione degli spazi consente in una frazione di secondo di trovare, attraverso scambi di posizione e corse senza palla, l’uomo libero per progredire, anche a costo di giocare qualche secondo in potenziale inferiorità numerica. Tutto questo è reso possibile dalla grande qualità dei difensori (a partire da Lisandro Martinez) e dei giocatori che gestiscono la prima costruzione, e da una profonda intesa collettiva che consente all'Ajax di liberare e attaccare spazi in maniera fluida.


 

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L’arte di riconoscere degli spazi: Alvarez si abbassa per dare appoggio al portiere, Timber si alza come vertice alto, Mazraoui si inizia ad accentrare. La palla viaggia verso il difensore permettendo di accelerare la verticalizzazione senza lanciare lungo e sfruttando gli spazi creati tra le maglie dell’avversario.


 

L’obiettivo principale, se gli spazi centrali sono chiusi, è quello di far arrivare la palla nella maniera più pulita possibile verso i triangoli laterali. Le rotazioni che avvengono sulle fasce dalla metà campo in su, infatti, hanno un ruolo determinante nella qualità delle azioni dell’Ajax, ma non si tratta di pattern meccanici e speculari. Anche in questo caso è fondamentale l’interpretazione del giocatore, sempre all’interno dei principi di gioco condivisi a livello collettivo.


 

L’ampiezza minima e i sovraccarichi laterali


Ten Hag, come in passato, pone enfasi su due cardini per gli sviluppi offensivi: il sovraccarico laterale "dinamico", se mi concedete una definizione mia, e l’occupazione minima dell’ampiezza (questa invece è proprio di ten Hag). Si tratta di due principi strettamente collegati tra loro, perché sovraccaricando di giocatori la zona della palla da un lato del campo (ma in maniera dinamica, cioè facendo ruotare continuamente i giocatori e occupando in maniera fluida gli spazi) si punta anche ad aprire gli spazi sul lato opposto, dove l'Ajax attacca l'ampiezza di solito con un giocatore che anche in questo caso si pone in una posizione che varia a seconda delle situazioni di gioco. In questo senso minima, perché il giocatore in questione si tiene largo quanto basta per restare fuori dal cono visivo dell'ultimo difensore ma stando comunque più vicino possibile all'azione. L'Ajax, comunque, cerca di non allontanare mai troppo i propri giocatori dalla palla.


 

Ma l’Ajax non vuole limitarsi a trovare l’attacco al lato debole attraverso i cambi di gioco diretti e soprattutto non vuole far sì che questa diventi la sua unica o principale risorsa offensiva. L’obiettivo piuttosto è quello di avvicinare più giocatori possibile sulla trequarti per provare a sfondare attraverso triangolazioni rapide e corse alle spalle della linea difensiva avversaria. Oppure, se non si trovano spazi in questo modo, allargare il gioco, senza che ci sia troppa distanza tra il giocatore aperto sul lato debole e il resto della squadra (e degli avversari). Vedere l’Ajax che attacca a ridosso dell’area avversaria, insomma, è un po’ come guardare un ruscello che corre verso un cumulo di sassi, attraversandoli, passando per ogni pertugio lasciato libero. La squadra di ten Hag, cioè, utilizza il pallone per creare spazi e per adattarsi continuamente a quelli che trova.


 


 

Qui sopra vediamo un esempio di occupazione minima dell’ampiezza sul lato debole, con Antony pronto sia a tagliare dentro che a fungere da appoggio se l’azione dovesse svilupparsi orizzontalmente. Alle sue spalle a dare copertura e una soluzione di passaggio a sostegno c’è Mazraoui che teoricamente sarebbe il terzino destro.


 

A questo proposito bisogna dire che le combinazioni laterali cambiano a seconda delle fasce. A destra Mazraoui tende a inserirsi internamente, anche in maniera preventiva, con Antony che riceve più frequentemente in posizione aperta e con Berghuis pronto ad avvicinarsi. Dallo stesso lato le capacità di conduzione e protezione della palla di Timber consentono all’Ajax di guadagnare campo senza abbassare costantemente uno dei suoi giocatori più avanzati.


 


Tipica salita a destra con la conduzione profonda di Timber e l’avanzamento di Mazraoui tra le linee, con Antony aperto largo e Berghuis che si avvicina.


 

A seconda del tipo di avversario o di partita, poi, l’Ajax può aggiustare il posizionamento di uno o più giocatori per enfatizzare lo sfruttamento di alcune combinazioni. Per esempio, come avvenuto contro il PSV, il galleggiamento frequente di Alvarez sul centro-destra della linea difensiva serviva a favorire ancora più gli avanzamenti in conduzione di Timber che a loro volta davano tempo a Mazraoui di posizionarsi tra le linee insieme ad Antony.


 

L’alchimia raggiunta tra i due è fondamentale per ten Hag: il brasiliano è uno dei giocatori più creativi della squadra e ha una grande influenza sugli avversari. L’Ajax può sfruttare le sue doti in maniera diretta, ossia creare occasioni sfruttando le sue doti nell'uno contro uno, ma anche approfittando di tutti i raddoppi che vengono portati su di lui per attaccare gli spazi che si aprono nelle linee avversarie.


 

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Nella prima immagine la classica situazione in cui Antony è isolato contro uno o più avversari e tenta il dribbling rientrando sul mancino e guadagnando fallo; nella seconda, Mazraoui si infila nel buco creato per un attimo dal PSV, che aveva tutta l’attenzione sul brasiliano.


 

A sinistra, invece, Gravenberch si inserisce più o meno regolarmente in profondità o tra le linee quando la palla arriva al terzino sinistro, diventando così il terzo uomo a completamento del triangolo con Tadic, che invece va a ricevere largo o dentro al campo a seconda della situazione.


 


 

A differenza della fascia destra, da questo lato le azioni partono prevalentemente dalle conduzioni di Blind, che per l'Ajax sono fondamentali sia per avanzare il pallone che per controllare il possesso e le marcature preventive. Lo spostamento sulla fascia sinistra dell’ex giocatore del Manchester United, per quanto sorprendente, ha tolto forse intensità rispetto all’interpretazione di Tagliafico ma in compenso ha dato qualcosa in più in termini di lettura dinamica delle situazioni, degli spazi da occupare e degli atteggiamenti di difesa preventiva da tenere. C'è da dire che l'Ajax tende a costruire proprio su questo lato, sfondando attraverso triangolazioni dirette o spostandosi solo in un secondo momento sul lato opposto, in entrambi i casi con passaggi corti. In questo secondo caso è particolarmente interessante la possibilità di trovare Antony in inserimento sul lato debole.


 

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In questa azione Tagliafico trova Haller in diagonale, che a sua volta fa da terzo uomo per Gravenberch, mentre Berghuis è l’anello di congiunzione con Antony, che arriva dal lato opposto. L’arte di svuotare e riempire gli spazi dell’Ajax in situazioni come questa è quasi un unicum a livello europeo, soprattutto per questo utilizzo della diagonalità corta e rapida.


 

L’Ajax aveva già costruito le sue fortune del 18/19 con principi simili di attacco alla linea avversaria, ma in quel caso facendo leva su Tadic falso nove e sul senso dello spazio di Donny van de Beek, che era un vero e proprio attaccante ombra. Oggi Tadic è stato dirottato sulla fascia e davanti viene utilizzata una punta molto più fisica e presente in area come Haller. Nonostante la buona partecipazione dell’ex attaccante di Eintracht e West Ham anche fuori dall’area, si è presentata la necessità di aggiungere un ulteriore riferimento mobile tra le linee, che potesse sia dare quantità a livello di rifinitura, che inserirsi negli spazi. L’evoluzione di Berghuis, arrivato dal Feyenoord con lo score impressionante di 18 gol e 14 assist stagionali, in questo senso è stata la ciliegina sulla torta.


 

Berghuis è un mancino versatile, che nelle ultime stagioni ha agito prevalentemente da esterno destro con la facoltà di accentrarsi, mantenendo un certo peso offensivo nella rifinitura della sua squadra, e agendo da regista offensivo. Nell’Ajax non si sta solo limitando a far fruttare le sue qualità in tal senso (secondo i dati Statsbomb raccolti da FBref ha 1.5 xA ogni 90’ e un totale di 16 passaggi chiave in Champions), ma è fondamentale proprio per la capacità di andare a riempire gli spazi che si vengono a creare in maniera irregolare in occasione degli spostamenti dei compagni verso l’esterno.


 


Qui, per esempio, sfrutta il decentramento del difensore centrale, che segue Haller, per occupare il centro dell’attacco.


 

I movimenti decisi verso l’esterno attirano l’attenzione dei difensori, specialmente quelli di Haller, che parte dal lato cieco del difensore più lontano tagliandogli davanti e costringendolo di fatto a seguirlo, mentre il difensore sul lato debole deve preoccuparsi sia dell’inserimento di Berghuis, sia della posizione defilata di Antony.


 

Attraverso questo atteggiamento posizionale abbastanza aggressivo, con tanti giocatori a occupare la trequarti vicino al pallone, l’Ajax può creare tante possibili soluzioni di passaggio per il portatore, ma anche far emergere nuovi spazi fissando gli avversari, gettando le migliori basi per salire tutti insieme ed essere pronti per la riaggressione a palla persa.


 

L’Ajax come sintesi delle opportunità del calcio offensivo contemporaneo


Non ci sono stati dunque cambiamenti macroscopici in questa quarta versione dell’Ajax di Ten Hag. Al contrario, il lavoro dell'allenatore olandese sembra proprio seguire l'utopia di creare una squadra sempre imprevedibile e allo stesso tempo sempre perfettamente ricamata sulle caratteristiche dei singoli pur rimanendo all’interno di una struttura tattica delineata e riconoscibile. Un progetto, insomma, che sembra dimostrare che il dualismo tra identità tattica e caratteristiche tecniche dei giocatori appartenga più al passato che al futuro. In un contesto tattico che per adeguarsi alla crescente abilità delle squadre dal carattere offensivo nel muovere il pallone partendo da dietro spinge sempre più squadre a curare il pressing e ad avere strutture fluide in fase di non possesso, l'Ajax ci fa riflettere su quanto sia sensata l’ambizione di voler codificare ogni eventualità offensiva. Se le squadre senza palla stanno diventando fluide e imprevedibili nel prevenire ogni rischio tanto quanto quelle con la palla, inevitabilmente i margini per costruire le risalite e le combinazioni a tavolino sono ancora più ridotti di quanto non lo fossero già.


 

L’Ajax dimostra come si possa creare un’intelligenza collettiva condivisa partendo dalle interpretazioni dei giocatori sul momento, perché in questo contesto mutevole nessuno meglio di chi sta in campo può riconoscere ritmo e spazi ideali per sviluppare l’azione, incentrando la propria identità più su aspetti generali e principi di massima piuttosto che su una serie di indicazioni binarie spacchettate per situazione. Allo stesso modo, pur rimanendo ancorata ad alcuni principi condivisi (la diagonalità, lo sfruttamento costante del terzo uomo, l’attrazione del pressing e l'occupazione degli spazi), la squadra di ten Hag per paradosso è riconoscibile rispetto a tutte le altre proprio perché in alcuni casi sembra giocare apparentemente in antitesi con quei principi: basti pensare all'abbandono della ricerca a tutti i costi della superiorità numerica sotto palla per costruire l’azione da dietro, oppure al disinteresse nel garantire un’ampiezza massima costante in fase di attacco posizionale.


 

Vedendolo giocare ci si rende immediatamente conto che l'Ajax non segue interpretazioni mnemoniche predefinite ma le interpretazioni ogni volta diverse dei propri singoli. E proprio attraverso quest'ultime come poche altre squadre in Europa riesce a restituire una sensazione di armonia di gioco che poi dovrebbe essere il fine ultimo di qualunque sport di squadra. L'Ajax è molto di più della semplice somma del talento dei propri giocatori e il fatto che ten Hag ci sia riuscito un'altra volta gli fa onore, al di là dei risultati che raggiungerà da qui alla fine della stagione.


 

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