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Perché il Benevento ha scelto Adolfo Gaich
02 feb 2021
02 feb 2021
Prospettive e limiti del nuovo attaccante della squadra di Filippo Inzaghi.
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Quando ci si avvicina a La Cumbrecita la vegetazione inizia a cambiare. Gli alberi tipici della Patagonia lasciano il posto a pini e abeti inusuali nell’emisfero sud. Entrando nel paese i cartelli sono scritti in tedesco; ai fianchi delle strade spuntano case a graticcio, balconi in legno pieni di gerani, siamo in Argentina ma sembra di essere sulle alpi svizzere. I locali servono birra lager accompagnata da goulash e schnitzel. Il paese è stato creato negli anni ’30 da una coppia di immigrati tedeschi sullo stile architettonico dei paesi bavaresi. Sono loro ad aver portato le conifere in Patagonia e i terreni ceduti avevano un vincolo preciso: ci si potevano costruire case sullo stile alpino che portavano nel cuore. La Patagonia ha una storia profonda di immigrazione tedesca, la loro epopea di esuli è stata raccontata anche da Bruce Chatwin nel suo romanzo più famoso. I lupini blu che circondano i loro giardini, le porcellane che arredano le loro case. A qualche ora da Cordoba, nascosti nella foresta, vicino al fiume Paranà, si possono trovare i ruderi di alcuni rifugi costruiti dai nazisti sempre negli anni ’30. Si diceva fossero la casa di Martin Bormann, il segretario di Hitler che si sarebbe rifugiato nella giungla della regione di Misiones. Una storia falsa che

ancora più incredibile: i rifugi erano stati costruiti dal partito nazista per nascondervisi nel caso in cui la Germania avesse perso la guerra.

 

È sempre in questa regione, a pochi chilometri da Cordoba, a Bengolea, che è nato da Adolfo Julian Gaich, il nuovo centravanti del Benevento. Alto un metro e 90, mascella dura, occhi azzurri vacui, Gaich non sembra avere niente della sensualità ombrosa che associamo ai sudamericani. Rasa i capelli ai lati e tira il ciuffo all’indietro con uno stile da Repubblica di Weimar; da quando li ha platinati ha assunto un’aria ancora più gelida. Il suo fisico è scultoreo, le spalle ampie, le braccia enormi. In campo le maglie, tutte le maglie che indossa, sembrano stargli risicate, come se il suo corpo crescesse durante la partita in modo ipertrofico. Se un altro centravanti gigante come Haaland almeno ha delle labbra carnose e un sorriso dolce che lo rendono buffo, in Gaich no, non c’è niente che non comunichi brutalità. I suoi soprannomi, “El Genocida del Gol”, il “Fuhrer”, cercano di racchiudere con un po’ di ironia questa impressione cupamente violenta da Wehrmarcht. Soprannomi da cui, va detto,

. Non deve essere piacevole prendere il soprannome dal dittatore più sanguinario della storia occidentale. Preferisce i più normali “Tanque”, o “Gringo”, o l’imperscrutabile “Il dromedario del gol”, che si è forse guadagnato per la sua velocità non banale quando corre in campo aperto e sembra un grosso mammifero.

 

Gaich ha giocato in quasi tutte le selezioni giovanili argentine, e attorno a lui ronzavano piccoli centrocampisti ed esterni offensivi piccoli e maliziosi. Lui, al centro dell’attacco, aveva l’aria dei

, le guardie personali che Federico il Grande di Prussia voleva attorno a sé. Alte almeno un metro e 88, non erano semplici da trovare nel ‘700; il Re le cercava in tutta Europa e Pietro il Grande decise di spedirgliene un po’ dalla Russia. Con l’under-20 Gaich ha segnato 9 gol in 18 presenze ed è ai mondiali di categoria che ha attirato gli occhi su di sé. Attorno a lui, da quel momento, si è creato un piccolo culto sempre sul limite del ridicolo. Si parlava di lui più per il suo personaggio da fumetto, per i suoi soprannomi assurdi, che per il giocatore che era. Dietro alle battute, sin da quando Gaich ha esordito tra i professionisti è considerato uno dei giovani più interessanti del calcio sudamericano. Quindi se è vero che il Benevento ha una solida tradizione di calciomercati incredibili, l’acquisto di Gaich ha un tono certamente diverso, più interessante, rispetto a quelli di Guilherme e Cheick Diabaté di due anni fa. Le modalità del suo acquisto lo confermano: al termine del prestito di un anno e mezzo c’è un’opzione per il suo acquisto fissata a 11 milioni di euro. Teoricamente stiamo parlando di uno dei trasferimenti più costosi di questa sessione invernale in Serie A.

 

Gaich arriva dal CSKA Mosca, dove si era trasferito in estate dal San Lorenzo circondato da grandi aspettative. In primavera si parlava di lui per Inter, Milan e circolavano video intitolati «Questo è il perché tutti i grandi club vogliono comprare Gaich». La squadra più vicina ad acquistarlo era stato il Leeds di Bielsa, che poi ha preso Rodrigo. In Russia ha finito per non giocare praticamente mai. Complessivamente è partito titolare, tra campionato ed Europa League, appena tre volte. Per il resto qualche ingresso in partite compromesse, in un senso o nell’altro. Ha provato a trasformare in oro le briciole di tempo concesso, ma non ci è riuscito. Ha chiuso la sua esperienza con appena un gol segnato in Europa League contro il Wolfsberger. Un tiro incrociato dal limite dell’area su cui il portiere è stato troppo lento a scendere a terra. Per il resto gli è spesso stato preferito il talento locale Fedor Chalov.

 

A dire il vero, pur giocando centravanti, i gol non sono mai stati la cosa che riesce più facile a Gaich, se escludiamo le nazionali giovanili. Nonostante l’aria brutale, è uno di quei numeri nove il cui sogno è sempre stato essere un numero dieci. Gli piace ricevere la palla sui piedi, cominciare a toccarla con l’esterno per puntare l’uomo davanti a sé. Per questo è un po’ insofferente a rimanere troppo al centro, a lottare con i difensori. Si allarga sulla fascia destra, o meglio ancora quella sinistra, da dove può esercitarsi nel dribbling. A volte gli riescono cose assurde, tipo questa.

 



 

Altre volte incespica, va a sbattere sui suoi limiti o semplicemente sul corpo dei difensori avversari. Il suo primo controllo in particolare è molto ruvido, ed è sempre un po’ meccanico nei suoi movimenti col pallone. Il suo talento, molto spesso, non è all’altezza delle sue ambizioni. Altre volte riesce in cose impensabili, e non è chiaro quale sia il limite di Gaich, sempre in bilico tra essere un “intruppone” o un centravanti capace di fare questi gol.

 

https://youtu.be/EUTV-PP7Wt8?t=17

Forse dei dribbling un po’ casuali, ma comunque una sontuosa preparazione al tiro.


 

In un calcio contemporaneo in cui è sempre più difficile trovare centravanti affidabili, Gaich affascina per il suo potenziale. Quello del numero nove capace di dominare fisicamente i suoi avversari, e di abbinare però un gusto tecnico per il gioco. Ma è un’immagine a cui corrisponde solo a sprazzi per ora. Al momento è un attaccante che si muove per il campo in modo istintivo, dalle letture acerbe e che sembra dover ancora imparare a mettere a frutto il suo potenziale fisico. Per esempio ha ammesso che, nonostante la stazza, il colpo di testa non è tra i suoi punti di forza. Quando è arrivato al San Lorenzo, ha detto, sapeva a malapena saltare. Dice che le giovanili non lo hanno formato abbastanza: era troppo più alto di tutti e non aveva bisogno di saltare o “pensare” il colpo di testa. Nei duelli con i difensori non sa sempre mettere bene il corpo, non gli manca l’intensità ma un po’ di malizia. È sempre un po’ lento e impacciato al momento della conclusione. In alcuni momenti però attacca bene la profondità, posizionandosi bene sulla linea, e sceglie tiri di collo pieno di potenza non indifferente. In quei momenti corrisponde davvero all’immagine del “Tanque”, del centravanti che passa sopra i difensori avversari. La somiglianza con German Denis - il torace ampio, la mascella squadrata che si apre nelle esultanze come a divorare il mondo - è chiara.

 

A vederlo, non stupisce che Gaich sia nato col mito del calcio inglese e non di quello sudamericano. A 7 anni chiese alla madre di poter studiare inglese perché un giorno avrebbe giocato in Premier League. Il trasferimento al Benevento sembra un passo indietro per le sue ambizioni, ma avrà modo di mettersi alla prova in un contesto per molti versi meno complicato di quello del CSKA.

 

Per il Benevento è una scommessa. La squadra ha giocato un girone d’andata sorprendente, ma ha mostrato qualche problema a concretizzare il gioco creato. Lapadula, per esempio, lavora tanto sul piano fisico con le difese e negli smarcamenti, e sotto porta non è sempre lucido. Il Benevento è la squadra di Serie A con la percentuale più bassa di conversione dei tiri in porta. Gaich in più aggiunge una fisicità in area di rigore che alla squadra campana manca, visto il roster di brevilinei formato da Lapadula, Caprari, Sau, Iago Falque. Un attaccante mancava anche a livello numerico, e uno di un metro e 90 offrirà a Filippo Inzaghi soluzioni diverse per attaccare e difendersi. Lapadula per esempio oggi è uno dei centravanti con la percentuale più bassa di duelli aerei vinti in Serie A. Gaich aiuterà quindi il Benevento a risalire il campo anche attraverso il fisico.

 

È interessante che una squadra che teoricamente lotta per non retrocedere, in un mercato conservativo come quello di gennaio, faccia una scelta così coraggiosa in un ruolo chiave come quello di prima punta. Il Benevento non si è affidato a un numero nove navigato della categoria come Pavoletti, per esempio, di cui pure si parlava, ma ha preferito investire su un giovane dalla figura e dal gioco suggestivo, che ancora non è chiaro quali margini abbia, in alto o in basso, nel suo rendimento. Ha appena 34 partite giocate con i club tra i professionisti ed è quindi difficile capire quale possa essere il suo impatto con l’Italia. Se però vi piacciono i centravanti giganti che sfidano i propri limiti a ogni azione, con un certo senso di disperazione, non perdetevi le sue partite.

 

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