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Marco D'Ottavi
Addio Higuain e grazie per tutti i gol
13 ott 2022
13 ott 2022
Un saluto sentito a un centravanti meraviglioso.
(di)
Marco D'Ottavi
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Michael Reaves/Getty Images
(foto) Michael Reaves/Getty Images
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Dopo aver battuto i Toronto FC con un gol all’ultimo minuto, in conferenza stampa Gonzalo Higuain piange. Sembra il solito Higuain, troppo emotivo, nel bene e nel male, che si lascia andare dopo una vittoria perché, parole sue, «Sono calmo con me stesso, in pace, e quando sei allineato con te stesso, è difficile che le cose vadano male». Nelle ultime settimane ha giocato il suo miglior calcio da anni a questa parte. Ha segnato 14 gol nelle ultime 16 partite. Gol suoi, mai banali, di quelli che segnava con la maglia del Napoli o del Real Madrid o della Juventus. Praticamente da solo ha portato la sua squadra, l’Inter Miami, ai playoff di MLS. Allora perché piangere?Le ragioni più profonde - che non escludono Higuain potesse genuinamente star piangendo di gioia per una partita - le abbiamo scoperte qualche giorno dopo, quando di nuovo in lacrime, questa volta paonazzo, senza neanche provare a trattenersi, ha dato l’addio al calcio. L’ha fatto in maniera molto consapevole - «Ho processato, analizzato, per giungere alla fine a questa decisione» - senza nascondere nulla o cercare di rendere migliore la sua storia. Ha parlato del calcio, di quello che gli ha dato «con i suoi momenti belli e non così belli». Ha mostrato una serenità nuova dietro quelle lacrime, una serenità che raramente ha avuto in carriera, un’epifania che lo ha trovato all’improvviso nel suo esilio americano, a quasi cinque anni di distanza da quella che era stata la sua ultima stagione veramente buona.

Pochi più di lui hanno sofferto tutto quello che c’è intorno al campo: le critiche, le imposizioni, l’esposizione mediatica, il dover sempre rappresentare qualcuno o qualcosa. Se vogliamo giudicare, in molte di queste scelte, Higuain si è mostrato insicuro, sempre a metà tra voler essere un eroe e voler far il cattivo. Ma è stato anche tra i più umani. La sua sofferenza è stata vera, sentita. Vederlo con il cranio rasato e la barba lunga ci da quasi una misura reale di cosa sia stata - per lui - la sua carriera, i segni che ha lasciato. Solo poche settimane fa, in un’intervista piuttosto intima, diceva di aver «vissuto 15 anni in modo innaturale. La gente pensa che abbiamo una vita facile e già definita, ma no, per niente. Non possiamo permetterci di andare per strada, ti insultano e non puoi reagire, perché se lo dovessi fare, le conseguenze sono doppie. Se perdi una partita, sbagli un gol o perdi una partita importante, non puoi uscire per strada. Il calciatore vive condizionato dal risultato. È uno sport, un lavoro, e non c’è da far casino se qualcosa va male. Siamo tutti esseri umani». Qualche giorno dopo l'annuncio del ritiro, quando gli hanno chiesto cosa pensava di fare dopo, ha parlato di voler esplorare il mondo della cucina, imparare l'inglese e la chitarra, cose normali insomma, tutto tranne che restare nel mondo del calcio: «È un mondo che ogni giorno diventa sempre più tossico e non mi ci vedo più dentro». Higuain ha odiato il calcio o il suo talento? Anche questo finale, arrivato così improvviso, in un momento in cui aveva ritrovato la brillantezza di un tempo, sembra un auto sabotaggio, l’ultima ripicca contro il suo mestiere. Fosse stato un altro, magari, avrebbe implorato per un posto al Mondiale, cercato di salire su un treno che dopo le ultime prestazioni poteva anche appartenergli (possiamo pensare quello che vogliamo della MLS, ma andate a vedervi i suoi gol). Sarebbe stato così assurdo vederlo far parte dell’ultimo tango di una Nazionale di cui ha vissuto tutti i dolori per cercare un’ultima meravigliosa gioia? https://youtu.be/CX_k3s8nD9I Non è facile raccontare la sua storia, soprattutto oggi, nel momento della celebrazione. Pochi calciatori hanno definito la propria carriera attraverso le sconfitte come Higuain. E ancora meno in queste sconfitte hanno avuto una presenza così forte. Higuain che segna in fuorigioco nella finale dei mondiali, poi sbaglia un occasione facile; che è un fantasma a Cardiff, che cicca i rigori decisivi in Copa America, che è - come dicono gli argentini - un pecho frío. Anche a voler vedere le luci, il suo bottino, in relazione alle squadre in cui ha giocato e al talento che ha avuto, ci sembra misero: 3 Liga, nel calderone del Real Madrid, di cui due giovanissimo e poco impiegato; 3 Scudetti con la Juventus, che ne ha vinti prima di lui e dopo di lui, qualche coppa nazionale e un'Europa League da comprimario col Chelsea, con una finale che non gli appartiene. Certo, è un giudizio ingeneroso: lui potrà ricordare il gol all’Inter, decisivo per lo Scudetto e i tifosi bianconeri lo ameranno sempre per quello, se non ha vinto la Champions League, in carriera ha segnato gol decisivi qui e lì. Può sfoggiare una Coppa Italia e una Supercoppa con il Napoli, una piazza dove ogni vittoria è amplificata, ma rimane la sensazione che giudicarlo per i trofei sia quasi un torto, una diminuzione lì dove con altri grandi calciatori è il modo più neutrale che abbiamo per trovargli un posto nella storia. E allora qual è la grandezza di Higuain? In un’epoca in cui il calcio ci ha mostrato la sua versione più mostruosa, fenomeni che hanno riscritto la storia coi numeri e le vittorie - chi aveva prima le Champions di Cristiano Ronaldo? Il suo numero di gol? I campionati di Ibra? Tutto quello che Messi è e sarà? - Higuain è riuscito a lambire quel mondo senza farne davvero parte, per fisico e per fame. È stato un’opera d’arte senza bisogno del piedistallo, delle luci giuste a illuminarla. Lo è stato soprattutto per noi, pubblico italiano intendo, che abbiamo potuto ammirarne la versione più pura, al di là del tifo e dei tradimenti. In un campionato che ha progressivamente perso la capacità di attirare o creare il meglio, è stato il nostro meglio, con i suoi punti oscuri che l’hanno reso più umano, vicino. Nessuno ha raggiunto i suoi picchi in Serie A, nessuno si avvicinerà alla sua stagione da 36 gol. Immobile lo ha eguagliato, ma non è stata la stessa cosa; Lukaku ha dominato; ma senza la stessa versatilità, Vlahovic - forse chissà - diventerà altrettanto forte, ma senza essere così sensibile con il pallone tra i piedi. Higuain ci ha regalato dei gol che non sapevamo potessero esistere. Non è mai stato il più veloce, il più fisico, il più acrobatico, il più feroce, Higuain è stato il migliore, ed è anche difficile spiegare il perché. Forse lo spiegano meglio i suoi gol. Nel mio ricordo, il più inspiegabile è stato uno segnato con la maglia della Juventus alla Roma. https://youtu.be/MmzZn_bNLHY?t=35 Una danza di tempi e controtempi, un gol che - onestamente - non ho mai capito. "Come ha fatto?" È stata spesso questa la domanda con Higuain, ma è una domanda che intende qualcosa di più profondo del “come ha fatto a calciare così forte”,” ad andare così veloce”. Nel gol segnato all'ultimo respiro contro i Toronto FC e che ha spalancato la strada verso i playoff alla sua squadra, Higuain fa un controllo orientato con la coscia sinistra mandando a vuoto l’avversario, in uno spazio di campo così ristretto che doveva saperlo prima. Aveva - è strano parlarne al passato, ma credo dovrò abituarmi o continuare il presente, visto che cose così non si perdono - come una precognizione verso quello che avrebbero fatto gli avversari, verso come si sarebbe mosso il pallone. In uno dei primi gol nella stagione dei 36 al Napoli, in campo aperto, evita l’entrata in scivolata di Hoedt, come se avesse già vissuto quel momento, ma questa sensazione si può sentire in tutti i gol di quella meravigliosa collezione, dove questa capacità era come accentuata. Ogni tocco, ogni sterzata, ogni tiro aveva una pulizia essenziale, una leggerezza contagiosa. Higuain capiva. Capiva i compagni, gli avversari, i rimbalzi, la geometria del calcio. Tra i grandi centravanti mi è sembrato il più euclideo, il più legato a una versione a due dimensioni di questo sport, forse a causa di quel fisico tutto sommato normale che si portava dietro. https://youtu.be/igf0GSCVAcc

Metto i gol segnati alla Juventus perché, purtroppo, non si trova un video ufficiale o comunque ben fatto della stagione da 36 gol, dove questa sensazione è come amplificata dal suo stato di forma.

Ora gli resta una partita, forse due, massimo tre: difficile pensare l'Inter Miami possa arrivare in fondo alla MLS e poi vedere Higuain vincere una finale nell'ultima partita della carriera sarebbe quasi ironico, non necessario. Dopo potrà sentirsi a suo agio con sé stesso, forse, smettere di guardare indietro ai fantasmi, pensare ai bei momenti e non ai fischi, alle critiche. Forse, non appena appenderà gli scarpini al chiodo, riuscirà ad avere una visione più chiara della sua storia, la stessa chiarezza che aveva in campo nei momenti migliori. Perché una cosa è chiara: se per Higuain il calcio è stato "tossico", Higuain per il calcio è stato l'esatto contrario. Un calciatore che ha espresso armonia, che spesso ci ha riconciliato con l'aspetto più essenziale del gioco. Anche chi adesso lo odia, magari a ragione, ha una sua visione di Higuain, un suo Higuain preferito. Sono pochi i calciatori che sono riusciti a incarnare questo spirito, essere tanto amati e tanto odiati, due sentimenti che solo apparentemente si escludono l’un con l’altro. Con Higuain non si poteva essere indifferenti, come davanti a un qualcosa che ti invita alla riflessione, alle emozioni. Probabilmente, chissà andrebbe chiesto a lui, non è come segnare in una finale Mondiale, ma è già qualcosa. Che Higuain questo amore l’abbia capito o meno, a noi non ci resta che ringraziare.

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